A.C. 1902-A
Grazie, Presidente. Questo è l'ennesimo decreto che presenta, purtroppo, tante criticità, a partire dal fatto che è un nuovo decreto omnibus con misure emergenziali e parziali che mancano di coerenza tra di loro e, dunque, non in grado di giustificare, dal punto di vista costituzionale, una decretazione d'urgenza.
Il provvedimento è riconducibile a 5 distinte finalità che, peraltro, coinvolgono la competenza di 3 diversi Ministri. Anche le misure sulla scuola sono a loro volta parziali e confuse, votate esclusivamente all'emergenza e senza alcuna visione d'insieme.
È certamente condivisibile la volontà di intervenire sul sostegno, tuttavia non ne condividiamo le modalità. Per questo abbiamo presentato un pacchetto articolato di emendamenti, evidenziando le numerose criticità contenute in questo provvedimento. Puntavamo nei nostri emendamenti, che sono stati tutti bocciati in Commissione, a rafforzare il merito sulle 3 questioni chiave su cui si articola questo provvedimento: il percorso di formazione dei docenti di sostegno, la continuità didattica per gli alunni disabili e l'integrazione degli studenti con background migratorio.
Sul sostegno, chiedevamo di superare il percorso parallelo temporaneo, che qui voi proponete, puntando, invece, sul potenziamento del TFA. In particolare, abbiamo proposto strumenti per incrementare l'offerta formativa dei percorsi esistenti senza abbassarne gli standard formativi. Per la continuità didattica, chiedevamo interventi per contrastare la precarietà endemica, che non garantisce l'organico di diritto. Per rendere la continuità didattica davvero esigibile, infatti, è necessaria la progressiva stabilizzazione dei posti in deroga e l'implementazione dell'offerta formativa dei percorsi di specializzazione, favorendone l'accesso e adeguandola al fabbisogno regionale. Non servono, a nostro avviso, misure spot demagogiche e populiste, che generano, invece, confusione piuttosto che risolvere i problemi.
Infine, per l'accoglienza degli stranieri avevamo proposto di rivedere il limite del 20 per cento per assegnare un docente L2, assicurando interventi stabili in orario curricolare.
Le scuole hanno certamente bisogno di docenti di sostegno e gli alunni con disabilità di continuità didattica, sì, ma siamo certi che la soluzione sia creare un percorso parallelo e temporaneo di formazione dei docenti di sostegno, realizzato da INDIRE, rivolto ai precari storici e agli specializzati all'estero e una conseguente sanatoria? Riteniamo che una simile disposizione di legge finisca per rendere più scadente e insufficiente la preparazione e la specializzazione degli insegnanti di sostegno, senza trascurare che la specializzazione di tutti questi docenti non è più di esclusiva competenza degli atenei, ma diventa di un ente, come INDIRE, che, a onor del vero, con la formazione e la specializzazione sul sostegno didattico agli allievi con disabilità non ha avuto mai granché a che fare. In questo senso, a rafforzare le nostre obiezioni ci sono tutti i rilievi contenuti nelle memorie depositate da numerosi soggetti auditi, nelle quali è stata evidenziata la necessità di rivedere questo percorso abbreviato che certamente comporterà l'acquisizione del titolo con un percorso che, ahinoi, sarà meno qualificante rispetto al tradizionale TFA.
A ciò si aggiunga che quanto disposto dall'articolo 7 delinea l'ennesima sanatoria rispetto all'incapacità di provvedere, in tempi congrui, alla procedura di riconoscimento dei titoli di specializzazione conseguiti all'estero, con la difficoltà di far coesistere percorsi formativi diversi per caratteristiche e qualità a fronte di alunni e alunne con disabilità, che necessitano, tutte e tutti, di professionalità qualificate per l'inclusione scolastica.
Di fronte a problematiche croniche e strutturali, che richiederebbero, magari, un serio e ponderato ragionamento, a cominciare dal tema degli organici relativi al sostegno, si mette qui una pezza parziale e inadeguata.
Il Ministero, che tanto ideologicamente ha il merito nel suo nome, fa un condono, l'ennesimo, cercando procedure parziali e imperfette. Addirittura, sempre rispetto al sostegno e nascondendosi dietro un tema serio e importante, come la continuità didattica, si inserisce la possibilità di creare percorsi di conferma del docente di sostegno a tempo determinato nel caso di richiesta da parte della famiglia. In tal modo, voi conferite, però, a soggetti esterni alla scuola, a prescindere dalla loro competenza e senza alcuna garanzia di obiettività, il potere di esprimere una valutazione con conseguenze dirette sul lavoro di chi insegna, ignorando, peraltro, che l'insegnante di sostegno non agisce isolatamente, ma in un rapporto di interazione con l'intero team docente.
Abbiamo proposto in Commissione un emendamento correttivo, che avete ovviamente bocciato, in cui cercavamo di coinvolgere certo la famiglia, sentendola, senza però prevedere che fosse lei a richiedere la conferma e facendo valutare al dirigente scolastico l'interesse dell'alunno, anche in base agli esiti della verifica del processo di inclusione approvata dal gruppo di lavoro operativo per l'inclusione. Noi riteniamo che, in questo modo, si garantisca solo la continuità del lavoro precario, smantellando il sistema di reclutamento attraverso le graduatorie basate sulla trasparenza e su regole certe, per sostituirlo, invece, con un sistema clientelare soggetto a vincoli. Non dovremmo, al contrario, valorizzare il modello di inclusione della scuola, stabilizzando i docenti di sostegno, garantendo loro una formazione adeguata e riconoscendone il ruolo fondamentale?
L'attuale assetto di strumenti e pratiche che garantisce l'inclusione di tutte le alunne e gli alunni nelle scuole italiane è il frutto di un percorso lungo e complesso, che oggi garantisce davvero una scuola per tutti, fondata sui principi di non discriminazione e accesso universale. Per rendere la continuità didattica davvero esigibile, dunque, è necessaria questa progressiva stabilizzazione dei posti in deroga.
Pare evidente, dunque, che questo provvedimento, non all'altezza delle sfide di prospettiva, non sia risolutivo rispetto alle problematiche che si intendono affrontare e non sia adatto a rispondere adeguatamente alla complessità dei bisogni educativi delle alunne e degli alunni con disabilità. Anche sull'integrazione degli studenti stranieri non si tiene conto delle molte e buone esperienze didattiche che in tante scuole del nostro Paese si sperimentano, senza distinguere tra studenti con background migratorio nati in Italia e stranieri neoarrivati che richiederebbero misure e interventi differenziati.
Nelle nostre previsioni prevedevamo di rivedere il limite del 20 per cento per assegnare un docente di “Lingua 2”, assicurando interventi stabili in orario curricolare. Mi spiego meglio: l'assegnazione di docenti di lingua italiana per stranieri solo nelle classi con più del 20 per cento di studenti neoarrivati in Italia rischia di produrre un effetto molto limitato. Andrebbe rivisto quel limite e, più in generale, servirebbero azioni di integrazione stabili per tutti gli studenti con background migratorio in orario curricolare, e non solo extracurricolare, con interventi che accertino, in modo uniforme sul territorio nazionale, le competenze linguistiche possedute e con una presenza stabile e strutturata nell'organico di potenziamento degli istituti di docenti di lingua italiana per discenti stranieri.
È necessario che l'implementazione di progetti e attività finalizzate all'inclusione delle alunne e degli alunni con background migratorio non si limiti alla sola acquisizione della lingua italiana; occorre costruire le condizioni affinché la differenza sia valorizzata come risorsa e occasione di arricchimento per tutti, in processi di apprendimento basati sull'elaborazione collettiva e condivisa. Si segnala, tra l'altro, che la previsione normativa rischia di rimanere inapplicabile, in quanto gli alunni con cittadinanza non italiana sono circa il 10 per cento della popolazione studentesca e il 66 per cento è nato in Italia. Risulta molto improbabile, quindi, che si possa andare a costituire una classe con più del 20 per cento di alunni neoarrivati non italofoni.
Siamo riusciti a portare a casa un emendamento, frutto del lavoro di ANCI, che in questa sede ringraziamo, con cui si estendono anche agli studenti con deficit linguistici le azioni previste per gli studenti neoarrivati in Italia. Scuola e integrazione, questo è il tema. Si tratta davvero soltanto di numeri? Il percorso formativo, per considerarsi non solo efficace, ma anche inclusivo, può basarsi soltanto sulla quota di alunni italiani e stranieri presenti in una classe? Noi dovremmo, in realtà, lavorare a un sistema nazionale che garantisca le stesse opportunità educative su tutto il territorio, sulla base delle esperienze locali, e migliorare l'apprendimento linguistico, con un focus sulla centralità delle relazioni, la professionalità degli insegnanti e la flessibilità organizzativa, garantendo l'uguaglianza educativa per i migranti e considerando la loro età, le competenze e le risorse necessarie.
Ma questo Governo, ahinoi, non vuole realizzare una piena inclusione, bensì ha l'obiettivo di dividere tra studenti italiani e studenti stranieri, alimentando un'idea di integrazione ridotta a mero apprendimento della lingua italiana, attraverso momenti strutturati di separazione. Noi, al contrario, riteniamo che la differenza, come risorsa e occasione di arricchimento per tutti, sia fondamentale, e qui, invece, si sembra dimenticare che l'apprendimento è un processo, ripeto, di elaborazione collettiva e condivisa. Noi puntiamo ad ascoltare e incontrare chi sul territorio promuove e realizza buone pratiche, con l'obiettivo di metterle a sistema e realizzare, appunto, un modello standard.
Per farlo, occorrono meno proclami ideologici e più risorse, meno slogan e più proposte per costruire un sistema nazionale per il superamento delle barriere linguistiche. Per questo, nei mesi scorsi, siamo stati a Prato, provincia con il più alto numero di alunni con cittadinanza non italiana, per ascoltare chi l'integrazione la pratica ogni giorno e per capire quali siano le strategie migliori per potenziare l'apprendimento degli alunni stranieri, migliorando le competenze e riducendo i tassi di dispersione e abbandono.
E lo abbiamo fatto anche lanciando azioni concrete: dal monitoraggio delle competenze alla mediazione, dalla promozione dei servizi educativi 0-6 tra le famiglie con background migratorio all'insegnamento dell'italiano per gli alunni neoarrivati, dal potenziamento dell'italiano come lingua di studio alle attività extracurriculari da svolgersi nell'ambito della comunità educante. Mentre voi pensate di poter mandare via gli alunni per mantenere rigide percentuali, noi crediamo che tutti abbiano diritto a una scuola di prossimità, che è poi anche quello che la Costituzione ci impone di fare: accogliere e garantire a tutti le stesse opportunità.
L'Italia è un Paese interculturale e il contesto scolastico deve essere capace di riflettere questa multiculturalità. La differenza è una ricchezza, non una minaccia, e la scuola deve essere una comunità aperta e inclusiva, non un ghetto in cui i bambini vengono discriminati per le loro origini. Noi siamo convinti che dalle esperienze territoriali si possano trarre importanti suggerimenti. Mettiamo anche a vostra disposizione il nostro documento, che è frutto del lavoro portato avanti dal Tavolo scuola del PD e dal Tavolo nazionale sulle varie povertà educative del nostro partito. Questa destra, compreso il Ministro dell'Istruzione, lancia una crociata contro l'inclusione scolastica, anzi, arriva a proporre classi differenziali o un tetto alla presenza degli studenti migranti nelle aule.
Speravamo che la maggioranza, dopo le moltissime audizioni in Commissione, aprisse un confronto costruttivo sulle nostre proposte migliorative e su quelle che sono arrivate, nell'ottica di rafforzare il merito del provvedimento a sostegno della scuola. Ovviamente, questo non è successo. Infine, il Governo ha usato questo decreto omnibus per attaccare l'indipendenza di istituti e organismi la cui autonomia non era mai stata messa prima in discussione, e mi riferisco a INDIRE, l'Istituto nazionale per la documentazione, l'innovazione e la ricerca educativa in Italia. INDIRE è da quasi 100 anni il punto di riferimento per la ricerca educativa in Italia, e voi, dopo il commissariamento di INPS e INAIL, sferrate oggi un attacco anche a INDIRE, che ha la delicatissima responsabilità di sostenere il miglioramento della scuola italiana.
Da un lato, con questo provvedimento, gli date nuovi compiti, che poi, in realtà, la stessa relazione illustrativa al testo spiega che facevano già parte delle sue funzioni; dall'altra, lo commissariate, senza avere dato nessuna motivazione, ma solo per avere la possibilità di defenestrare l'attuale vertice. Il timore è che la vostra ansia da controllo politico-culturale, oggi, non risparmi nemmeno un pilastro laico e autonomo come deve essere la scuola italiana. Noi difenderemo in ogni sede l'autonomia e l'indipendenza di questi organismi.
Volete sostituire gli attuali vertici, che avrebbero ancora un anno di incarico davanti a loro, per mettere qualcuno che risponda esclusivamente al Ministro Valditara. INDIRE, da anni, svolge un lavoro importante nello sviluppo di nuovi modelli didattici, nell'utilizzo delle nuove tecnologie nei percorsi formativi, nella ridefinizione di spazi e tempi dell'apprendimento e dell'insegnamento, come nella formazione in servizio del personale docente, amministrativo, tecnico e ausiliario e dei dirigenti scolastici.
Questo Governo vuole prendersi ogni presidio di democrazia, a partire dai luoghi di elaborazione culturale e di pensiero critico. L'unico obiettivo che noi vediamo è assumere il controllo politico di ogni organismo pubblico, e ora lo si vuole fare anche a scapito di un istituto che accompagna l'evoluzione del sistema scolastico italiano, investendo in formazione e innovazione e sostenendo i processi di miglioramento della scuola.
Si tratta di una scelta che, come ho detto, mina l'indipendenza dell'istituto. Volete condizionare l'autonomia degli enti terzi.
Tuttavia, il Ministro del merito è riuscito anche ad avallare una vergognosa sanatoria. Parlo dell'emendamento dei suoi colleghi della Lega, che privilegia una platea di sanati, impedendo ai vincitori del concorso per dirigenti scolastici del 2017, oggi fuori regione, il diritto al rientro. Siamo sorpresi che un Ministro del merito non abbia privilegiato - appunto - il merito, che evidentemente è una sigla vuota di quelle che piacciono tanto al Governo. Qual è - appunto - la risposta di merito a migliaia di dirigenti che hanno vinto il concorso e che oggi sono dislocati in sedi fuori dalla propria regione e che nel rientro si vedranno superati da chi quel concorso non lo ha vinto? Intendete questo per merito?
Infine, due parole sull'università. Avete definito un'ulteriore proroga al 31 dicembre del 2024 degli assegni di ricerca per il sistema universitario e per gli enti di ricerca. L'assegno ha rappresentato in questi anni, purtroppo, la forma di contratto precario più usata. Si tratta di un istituto senza alcuna tutela e senza diritti per le ricercatrici e ricercatori. A legge di riforma del preruolo ha cercato, attraverso l'introduzione del cosiddetto contratto di ricerca, di eliminare questa forma di sfruttamento che ritorna di proroga in proroga. Nella relazione illustrativa alla legge, giustificate questa ennesima proroga con la necessità e la volontà di riformare di nuovo il preruolo, prima ancora però di aver applicato la legge n. 79 del 2022.
Si tratta di una scelta che consideriamo sbagliata che colpisce le giovani generazioni di ricercatrici e ricercatori, che così sono condannati a un precariato a vita, privo di regole e diritti. Ci sono 15.000 precari universitari che aspettano il riordino del preruolo, ma l'aumento delle forme contrattuali potrebbe persino allungare il numero già esorbitante di anni che passano tra la fine del dottorato e l'immissione in ruolo. Senza nuovi stanziamenti, non si capisce come i bilanci già traballanti delle università possano sostenere stipendi più onerosi. Che cosa volete fare per i 15.000 precari che tengono in piedi il sistema universitario?
Una domanda alla Ministra Bernini: se già oggi con meno tipologie contrattuali il tempo di accesso al ruolo è mediamente di 12 anni, con la loro moltiplicazione che ne sarà dei ricercatori? Forse dovremmo chiederlo all'ennesima commissione costituita ad hoc, senza coinvolgere il mondo delle università o le Commissioni parlamentari competenti. Mi riferisco al gruppo di lavoro istituito presso il Ministero dell'università e della ricerca per l'analisi di adeguati interventi di revisione dell'ordinamento della formazione superiore, al fine di incrementare il livello di efficienza della governance istituzionale, delle logiche di reclutamento e di gestione del personale docente, nonché di razionalizzare l'offerta formativa. Un compito molto importante, assegnato a cinque componenti, di cui oggi non si conoscono i criteri di selezione. Dopo la commissione per la revisione delle indicazioni nazionali sul curriculum, con questo ulteriore organismo il Governo mette un tassello in più al tentativo di rivedere il sistema dell'istruzione in Italia a risorse invariate, peraltro senza aprire a un confronto complessivo e ampio con il mondo della scuola, dell'università e con le Commissioni parlamentari competenti. Speriamo che presto la Ministra possa chiarire e voglia chiarire le motivazioni che hanno determinato l'istituzione di questo gruppo, quali siano stati i criteri di individuazione dei suoi componenti e quale missione e obiettivi gli siano stati assegnati.
Quanto allo sport - perché in questo provvedimento omnibus c'è anche lo sport -, nessun articolo di quelli riferiti alla questione sport in questo decreto legge ha una sua reale urgenza: nessuna emergenza, ma solo lo scopo di impedire un confronto sano nei tempi e nelle modalità, rispetto a un provvedimento che a questo punto risulta affrettato, con tempi contratti, con disomogeneità interna e con tanti emendamenti bocciati in Commissione. L'articolo 1 vorrebbe consentire ai presidenti delle federazioni sportive di essere rieletti all'infinito, in una modalità che, a nostro avviso, risulta inaccettabile.
Noi crediamo, invece, che sia necessario riformare davvero quel sistema elettorale e la sua composizione, allargando la base partecipativa dei vertici di federazione, come abbiamo proposto con emendamenti una nostra specifica proposta di legge. Il limite di tre mandati lo avevate già spostato in un precedente provvedimento e qui prevedete che il presidente possa farsi rieleggere infinite volte, se ottiene i due terzi dei voti dell'assemblea elettorale. Noi abbiamo proposto, invece, di allargare la base elettorale democratica, la fine del sistema delle deleghe, sostituito dal voto elettronico, la rappresentanza di genere e la presenza di under 36 tra gli elettori, tutto ciò sempre nel limite dei tre mandati: proposta che avete bocciato. Siamo per una riforma che voi non volete. Non ci nascondiamo che anche su questo ci sono presidenti rieletti che siedono in Parlamento. Troviamo altrettanto assurda la proposta che il candidato uscente, che non ottenga i due terzi, sia però il responsabile del percorso che dovrà portare alla successiva assemblea elettiva.
L'articolo che si riferisce alla commissione che deve esaminare i bilanci delle società sportive professionistiche, ci lascia decisamente perplessi. Prevedete, sostanzialmente, la sostituzione dell'organismo attualmente deputato a fare l'operazione di verifica e controllo dei bilanci, cioè la Commissione di vigilanza sulle società di calcio professionistiche, nota con l'acronimo Covisoc - l'organismo interno alla Federazione italiana giuoco calcio, che è preposto al monitoraggio della situazione economico-finanziaria delle società calcistiche con poteri consultivi, di controllo e di proposta - e prevedete la sostituzione di questa realtà, che è un soggetto terzo e che oggi ha durata quadriennale e non è rinnovabile per più di due volte, immaginate la sua sostituzione. Con che cosa? Con una commissione di nomina politica. Noi consideriamo doveroso un controllo rigoroso e attento dei bilanci delle società sportive, ma questa commissione sarebbe, appunto, di nomina politica. Troviamo preoccupante che una società di calcio venga controllata da una commissione di nomina politica, senza nasconderci che ci sono anche società i cui proprietari siedono in Parlamento nei banchi della maggioranza.
Con i precedenti di commissariamenti e nomine di enti importanti che avete fatto in questo Paese - e la vicenda Sport e Salute e anch'essa emblematica -, ci sembra fondata la preoccupazione, che in nome di una supposta terzietà, che se fosse vera non potremmo che condividere, fate, invece, un'operazione che rischia di non avere più niente di terzo, ma tanto di conflitto di interessi. Noi stiamo per usare gli strumenti che ci sono, magari potenziandoli e modificandoli, anche nelle funzioni, ma la terzietà deve restare il fondamento base. Veniamo, poi, alla questione che ha fatto scalpore dell'emendamento Mule', che nella sua versione originaria dichiarava sostanzialmente guerra alla FIGC, perché chiedeva di avere un organismo totalmente autonomo dal punto di vista decisionale, organizzativo e economico, perfino della giustizia sportiva composta dalla Lega di serie A, che fa legittimamente i suoi interessi, come consorzio delle società di serie A, ma che non può coincidere con una federazione che, invece, ha la responsabilità della gestione di tutto il mondo calcistico, dalla nazionale maggiore alle giovanili, alla femminile, a tutti i campionati. Questa proposta così aggressiva ha scatenato quella reazione incredibile che si è estesa oltre l'Italia e ha coinvolto FIFA e UEFA, organismi internazionali che hanno minacciato di estromettere le squadre italiane dalle coppe europee e l'Italia avrebbe perso la possibilità di organizzare il campionato europeo del 2032 se la proposta fosse passata.
Avete fatto un capolavoro, che ha richiesto una vostra retromarcia clamorosa. Avete dovuto trasformare quell'emendamento in una innocua indicazione di indirizzo, che dice che c'è bisogno di ragionare su una maggiore rappresentatività della Lega calcio dentro gli organismi federali, ma avete fatto, e fatto fare al Paese, una figuraccia.
Noi siamo convinti che ci voglia innovazione nel mondo del calcio ma non certo fatta con queste modalità di scontro, bensì in un tavolo di confronto, dove anche le leghe minori siano rappresentate insieme al Ministero, a chiunque abbia un ruolo in un mondo così importante che non può essere affrontato così, al volo, con un emendamento in un decreto che affronta tutt'altro. Ciò per l'importanza, anche economica, oltre che culturale, che il calcio ha nel nostro Paese. Infine, rispetto all'articolo che riguarda il lavoro sportivo, segnaliamo come il vostro decreto continui a non risolvere il problema della incompatibilità delle quote di rimborso forfettario dei volontari, che non corrisponde a quelle degli enti del Terzo settore. Invece, molte società sportive sono anche soggetti del Terzo settore e, quindi, ci si ritrova con due diversi binari che qui non vengono risolti, per chi sta sotto i 5000 euro annui di reddito anche con l'incompatibilità di chi presta lavoro sportivo con contratto co.co.co. e che non ha imposizioni fiscali. Inoltre, si è intrecciato anche con il problema dei pensionati a quota 100 che si sono visti, per questo, minacciare la sospensione della pensione e che questo provvedimento non risolve. Ebbene, per tutte le motivazioni che ho qui diffusamente palesato il Partito Democratico si esprimerà in maniera contraria rispetto a questo decreto legge.