Dichiarazione di voto
Data: 
Mercoledì, 17 Luglio, 2024
Nome: 
Mauro Berruto

A.C. 1902-A

Grazie, Presidente. Devo dire che parlare dopo l'onorevole Sasso è sempre extra motivante, quindi, incomincio da questo punto: voteremo “no” a questo ennesimo decreto omnibus, fatto di misure emergenziali, parziali, senza visione, ingiuste e senza possibilità di confronto. Se possiamo anche capire il rifiuto del confronto con l'opposizione, perché è fastidioso essere messi di fronte all'evidenza dei fatti, riteniamo irrispettoso il vostro essere riusciti a evitare anche il confronto con i tanti soggetti auditi, che sono i protagonisti veri del mondo dello sport e della scuola, sul quale questo decreto insiste con provvedimenti mescolati male, nel calderone dell'ideologia, della nostalgia e del senso della punizione. Un mix di provvedimenti che riguardano la scuola, dai docenti di sostegno agli specializzati all'estero, al tentativo di ghettizzare gli studenti stranieri, all'università, con l'ennesima proroga per i ricercatori universitari: un coacervo di disposizioni palesemente discriminatorie. È un testo pieno di ingiustizie.

Tuttavia, sul tema della scuola si sono già espresse bene le mie colleghe Sara Ferrari, in discussione generale, e Irene Manzi, nella dichiarazione sul voto di fiducia; a me non è concesso il tempo per tornare su tutto questo calderone disomogeneo, per cui ringrazio le mie colleghe per avere espresso perfettamente ciò che il Partito Democratico pensa rispetto a scuola e università. Solo, non posso tacere su una cosa in riferimento a tutto ciò che concerne il mondo della scuola: di fronte al nulla, Ministro Valditara, per l'inclusione degli studenti con background migratorio, che sono per il 67 per cento nati in Italia, bambini e bambine, ragazzi e ragazze che, per noi, lo ripetiamo, sono italiani e se ne faccia una ragione, Ministro Valditara.

Fa rabbrividire il vostro rifiuto anche semplicemente di ascoltare sindacati, associazioni e rappresentanti degli studenti. L'unico merito che conta, parola che avete ossessivamente voluto nel nome del Ministero, è quello di essere vostri amici. Non conta la visione, non conta la competenza, non conta la qualità, conta solo la fedeltà. L'ultima dimostrazione è il commissariamento di INDIRE, metodo consolidato, peraltro: lo avete fatto con l'INPS, con l'INAIL, con il Centro sperimentale di cinematografia, con la Covisoc e io, che ho l'orgoglio di non essere esattamente fra i vostri amici e anche forse di essere un po' analfabeta di ritorno, come sosteneva poco fa il collega Sasso dai banchi della Lega, nella sua indifferenza, Presidente, mi permetto con onestà intellettuale di dedicare i minuti che ho a disposizione allo sport. “Un decreto epocale” diceva una collega della Lega ieri, in Aula. Sì, in effetti, per coloro a cui piace il genere horror potrebbe esserlo.

A noi, invece, non piacciono né il genere horror né le manifestazioni di bullismo istituzionale. Allora, lo racconto in pochi minuti il vostro decreto Sport del secolo. Un articolo per permettere a qualche presidente federale di rimanere un altro po' sulla poltrona che occupa da quando il conio stampava ancora la lira, che riesce a essere contemporaneamente ad personam e contra personam, perché ha un sottotesto con il cognome di chi potrà usarlo e di chi no. Insomma, onorevoli colleghi, sappiatelo: state votando un referendum su una faida intestina del CONI, perché per voi, evidentemente, nello sport vale la legge della giungla, il più forte SBRANA il più debole. Così poco importa se con la mano destra garantite ai presidenti federali più amici e più forti - più forti pro-tempore, perché lo sport insegna che è un attimo passare da trionfi a disastri - di poter prolungare il proprio mandato all'infinito, ma con la mano sinistra garantite, o almeno ci provate, alle società di calcio di serie A di essere totalmente autonome da un'altra federazione che però non vi piace. Autonome e impunite grazie a una commissione di nomina politica che dovrà giudicare i bilanci delle società di calcio. Sì, amici da casa che ci ascoltate, avete capito bene. Una Commissione scelta da politici che giudicherà, fra gli altri, i bilanci di società di calcio, i cui proprietari sono politici e sono seduti fra i banchi della maggioranza. Che cosa mai potrà andare storto? La retorica insopportabile è che voi vendete tutto ciò in riferimento a un principio di terzietà: controllori e controllati che coincidono, alla faccia della terzietà.

In quanto a retorica, arrivo all'emendamento Mule', di cui tanto si è parlato: un tentativo di scissione, di autonomia differenziata, ma un po' peggio. Guardate, non faccio battute, ho proprio letto con i miei occhi la dichiarazione del presidente della Lega di Serie A spiegarlo con un richiamo metaforico al Trentino-Alto Adige: autonomia totale in termini organizzativi, progettuali, perfino di giustizia sportiva. Se ne è parlato un paio di giorni della vostra rivoluzione contro la Federazione giuoco calcio, poi sono arrivate due letterine da Uefa e Fifa e la crociata capeggiata dall'onorevole Mule' per andare a liberare Gerusalemme si è fermata a Frascati. C'è sempre qualcuno che fa la voce un po' più grosso della tua, insomma, tutto il resto è storytelling.

E allora, la realtà la racconto io al posto vostro: una retromarcia imbarazzante, irrispettosa per il mondo del calcio e dello sport italiano. Meno male per l'ordine pubblico - verrebbe da dire - perché le lettere di Uefa e Fifa, che vi hanno costretto alla retromarcia di cui parlavo, hanno ricordato che milioni di tifosi di Inter, Milan, Juventus, Atalanta, Bologna, Roma, Lazio e Fiorentina avrebbero visto le loro squadre escluse dalle competizioni europee e l'Italia estromessa dall'organizzazione dei campionati europei del 2032.

Avevamo rappresentato esattamente questi rischi a chi si burlava di un potere, sostenuto da una iper-rappresentanza parlamentare, perché ai più distratti è bene ricordarlo. Magari, la Lega calcio di Serie A ha una percentuale che ritiene insufficiente di suoi rappresentanti in Federcalcio, ma ha due senatori seduti in Parlamento. Avevamo descritto questi rischi a chi si fa forte di un potere economico, che per voi rappresenta il parametro del potere. Guardate, non voglio neanche entrare nel tema che le prime 8 squadre del Campionato di Serie A abbiano un debito collettivo di 3,3 miliardi di euro, una cifra tripla rispetto a quello che il PNRR ha destinato a tutto il resto del mondo dello sport, resto all'essenziale. Per il Partito Democratico non è lo spessore del portafoglio che incorona e legittima chi deve comandare.

Il calcio è un asset importante per il Paese, è un'industria che non produce bulloni, ma passione e senso di appartenenza, felicità o in qualche caso frustrazione. Non meritava forse una riflessione più ampia di un emendamento a un decreto legge che, peraltro, si occupa di mille altri temi? Ascoltate in loop le parole di Marcelo Bielsa che dice che il calcio è proprietà popolare, proprio perché la povera gente ha una possibilità inferiore di accesso alla felicità, perché non ha il danaro per comprarsela. Ecco, noi stiamo da quella parte lì e allora basta prepotenza.

Ricordatevi che il calcio produce il suo valore, anche quello economico, grazie ai protagonisti, quelli sul campo, calciatori, allenatori, staff, e grazie ai tifosi, quelli che vanno allo stadio, che comprano gli abbonamenti, i pacchetti delle pay-tv, il merchandising dei club, i giornali sportivi. Basta sventolare scimitarre che poi, peraltro, dovete rimettere precipitosamente nel fodero. Si apra un tavolo di confronto con tutti i soggetti portatori di interesse. Invece di tagliare, separare, dividere e lacerare, il Parlamento accompagni un vero processo di riforma del mondo del calcio, a tutela dell'interesse di tutte le parti in causa, non solo di quelle con i bilanci o con gli sbilanci più importanti.

Vogliamo parlare di indice di liquidità, di riforma dei campionati, di diritti televisivi, di stadi, di extra-tassazione sulle scommesse sportive, di mutualità, di redistribuzione, di partecipazione popolare, di settori giovanili, di atleti di seconda generazione? Magari senza la retorica di stracciarsi le vesti perché noi non abbiamo talenti come Lamine Yamal, dimenticando che Lamine Yamal, per le leggi italiane sulla cittadinanza, nella nazionale azzurra non potrebbe giocarci. Noi ci siamo per parlare di quei temi, non saremmo mai, invece, disposti a coprire le vostre nefandezze, anche se le racconteremo una per una.

Da parlamentare, ma prima di tutto da uomo di sport che allo sport ha dedicato quasi trent'anni di vita, provo imbarazzo. Quello che non prova, invece, chi mi ha accusato di difendere un sistema medievale, peraltro fantozzianamente alla luce della clamorosa scenetta di ieri. Prima un parere positivo del Ministro Abodi a un nostro ordine del giorno di riforma del meccanismo per eleggere i presidenti federali con un sistema più democratico, grazie al voto elettronico che esclude il padrinaggio delle deleghe, improntato all'equilibrio di genere e all'inserimento di giovani nella governance delle federazioni, seguito da un po' di sconcerto fra i banchi della maggioranza, guarda caso proprio dove siedono alcuni presidenti federali. Poi, una telefonata e, magicamente, dopo la nostra accettazione della riformulazione, il parere cambia e diventa contrario. Ministro Abodi, delle due l'una: o lei non è in grado di dare un parere corretto all'ordine del giorno o non è in grado di sostenere le pressioni di qualche portatore di interesse all'interno della sua maggioranza, perché ieri di nuovo lei è stato sfiduciato dalla sua maggioranza.

Devo, però, dare atto a questo Governo, la cui agenda delle politiche sullo sport la detta Forza Italia, di avere trovato un bicameralismo perfetto: due senatori proprietari di club calcistici a rappresentare e a legiferare sul calcio in Senato, due deputati presidenti federali a rappresentare e legiferare sulle federazioni alla Camera. In mezzo, il Ministro Abodi al centralino, a dare ragione all'ultimo che telefona. Che delusione Ministro, che grande delusione.

Facciamo così: da oggi non parliamo più di conflitto di interessi, aggiorniamo il termine, perché il termine conflitto non esiste più. Parliamo di apologia degli interessi e parliamo di sublimazione di interessi personali, grazie a questo Parlamento. Beh, non in mio nome, non nel nome del Partito Democratico. Ed ecco perché voteremo “no” a questo decreto farsa.