Discussione generale
Data: 
Martedì, 3 Ottobre, 2023
Nome: 
Silvio Lai

A.C. 1436

Grazie, Presidente. Colleghe, colleghi, rappresentante del Governo, oggi siamo chiamati in tutta fretta a ratificare un decreto-legge che il Governo ha varato il 10 di agosto, con grande rappresentazione in pompa magna, annunciando sostegni per famiglie e imprese, attraverso misure che avrebbero consentito di disporre di ulteriori risorse e di garantire importanti diritti come quello alla mobilità. Poi, passate le festività estive, Governo e maggioranza ci ripensano e trasformano il decreto, così pieno di promesse e di aspettative, in un omnibus e fanno marcia indietro sui capitoli più importanti, azzerando, di fatto, qualsiasi elemento che faceva parte della comunicazione precedente. Naturalmente, si prendono tutto il tempo loro necessario per incartare questo nuovo decreto e consegnarlo alla Camera una settimana prima della scadenza. Stamattina, un'ora e mezzo per esaminare quasi 200 emendamenti nella Commissione di merito, Presidente. Insomma, una prova di democrazia fantastica, che certamente non rimarrà negli annali del Parlamento, ma, di questo, ne riparleremo anche in altra sede, richiamando la sottile linea di irresponsabilità che state facendo percorrere al Parlamento e al Paese e dei rischi che stiamo assumendo.

Collega - mi rivolgo al collega che mi ha preceduto, attraverso di lei, Presidente -, non c'è niente da esultare sul fatto che in questo decreto ci siano tanti argomenti. Ci sono sentenze della Corte costituzionale, richiamate anche dal parere del Comitato per la legislazione, che dicono che è illegittimo unificare decreti che, in quel momento, sono in discussione nel ramo del Parlamento e più diversi. Così com'è incostituzionale, quando non è prevista un'urgenza - e non c'è niente di urgente in quello che è stato inserito in questo decreto -, produrre decreti e impedire al Parlamento di discutere. Peraltro, forze politiche che sono al Governo l'hanno detto con grande chiarezza e oggi si sono dimenticate di questo aspetto.

Ma la cosa più pericolosa, caro Presidente, e mi perdoni se le segnalo questo elemento, è che in questo modo sta sparendo il bicameralismo. E lo stiamo facendo sparire nella prassi, in quello che avviene tutti i giorni in questo Parlamento, con una complicità che ritenevamo non dovesse esistere, proprio per il fatto che questo è un Governo che ha una larga maggioranza parlamentare; non è un Governo tecnico, costretto a tenere insieme forze politiche che si sono presentate in competizione l'una con l'altra. Lo stiamo facendo con grande superficialità e grande leggerezza rispetto al valore del bicameralismo, e soprattutto lo stiamo facendo nascostamente.

In quest'occasione non posso però tralasciare, perché del decreto ne riparleremo, quanto avvenuto ieri con la dichiarazione sui social della Premier Giorgia Meloni, che ha giudicato alcune motivazioni di una sentenza come incredibili; sentenza poi appellata dal Ministero, almeno questo si è in qualche modo tratto dall'argomento, una sentenza di un giudice di Catania. Oggi l'autorevole quotidiano della Conferenza episcopale italiana lo definisce nel proprio titolo “fallo di reazione”.

Devo dire la verità, mi appare di più una decisione fredda e ben meditata, tipica dell'esigenza di elevare fumi e di distrarre l'opinione pubblica dal fallimento delle iniziative del Governo, per esempio sul fronte dei prezzi dei generi alimentari, sul fronte dei prezzi dei carburanti, su quello del fronte diplomatico europeo, dove l'Italia, purtroppo per il Paese, resta assolutamente isolata, nonostante i proclami e i racconti che vi fate da soli verbalmente o nei depliant, o sul clima interno che si registra nel Governo e che assomiglia a quello di 5 anni fa nel Governo gialloverde.

Una cosa da Il Trono di Spade, se non fosse una cosa seria. Altro che proclami di un anno di grandi successi. Dopo un anno, siete già in una condizione di competizione interna che non lascia presagire molto bene rispetto alla prospettiva, ma andrete avanti sino in fondo, perché noi non ci prestiamo ad alterazioni del mandato popolare. Secondo la Premier la sentenza ha come obiettivo quello di scagliarsi contro un Governo democraticamente eletto. Ma - lo dico perché penso che questa sia la regola del gioco nella nostra Costituzione - la vittoria elettorale, colleghi, non dà il potere di stare sopra le leggi, alcune delle quali sovraordinate alla sovranità nazionale perché parte di una sovranità delegata.

Vincere le elezioni non consente di comprimere gli altri poteri, come quello giudiziario o legislativo, come avviene nella passività della maggioranza parlamentare di questo Governo, così come non consente di comprimere il potere della libera stampa di denunciare e raccontare la verità, o di comprimere i poteri delle autorità di verifica, come la Corte dei conti, e ancora meno di farlo dentro i confini europei, dove vige uno Stato di diritto, come dimostrato da quello che l'Unione europea rappresenta, in maniera molto chiara e netta, nei confronti di Polonia e Ungheria, che sono sotto accusa per leggi che limitano la libertà di stampa e l'autonomia della magistratura.

Guardate, il potere del popolo è di indicare chi vuole che lo governi, ma non per mantenere qualunque promessa, se questa è illegittima e viola le condizioni di convivenza. Tra questa destra e lo Stato di diritto occorre che facciate un po' pace, perché quello c'è ed è fermo, ed è diverso. Lo dico perché, se lo dice un segretario di partito alla ricerca di visibilità, possiamo anche non apprezzarlo, siamo contrari, non ci piace, ma, se lo dice la Presidente del Consiglio, questo è molto diverso, perché la Presidente del Consiglio impegna il Paese nei confronti delle istituzioni europee, impegna il Paese nei confronti dell'opinione pubblica tutta, diversamente da un segretario di partito, che può dirlo da una discoteca.

Lo dico anche a quei colleghi moderati che tendono a ridurre a campagna elettorale, a competizione, quasi a macchietta propagandistica queste dichiarazioni, questi tentativi di superare quelli che sono fermi limiti dello Stato liberale. Lo dico ai tanti parlamentari che so che ne hanno coscienza e non sono disponibili a seguire strade come quelle che hanno portato a Capitol Hill negli Stati Uniti, su cui dovremmo avere un giudizio condiviso, come per il passato in questo Paese sui tentativi di golpe che hanno attentato alla nostra democrazia.

Non si scherza con il fuoco, dovremmo tutti condividere dei limiti che sinora abbiamo dato per scontati e acquisiti, e non pensare che la volontà popolare li possa mettere in discussione, uscendo dai limiti delle norme di legge e di quella che è la nostra Costituzione.

Premesso questo, due parole su questo decreto vanno comunque dette, anche su questo merito che i colleghi precedentemente hanno particolarmente esaltato, facendo un elenco di cose da market: c'è questo per questo, c'è quest'altro per questo. Di questo decreto certamente non passerà alla storia il contenuto. Questo è un decreto pasticciato, fatto di molte marce indietro. Pasticci che si sarebbero potuti evitare se solo il Governo si fosse fidato del Parlamento e non avesse ecceduto, come sta facendo, in bulimia da omnibus. Un esempio tra i tanti: avete usato un decreto che era nato per gli extraprofitti del sistema bancario e per gli abusi delle compagnie aeree nei voli di collegamento con il sistema insulare del Paese, che colpisce, tocca il 15 per cento della popolazione italiana, per rendere prima inefficaci quelle norme, già scritte male in partenza, per poi infilarci norme improprie, che potevano essere inserite in provvedimenti e in contesti più coerenti.

Segnalo, ad esempio, la polemica sull'applicazione del regolamento europeo che prevede il divieto delle munizioni con il piombo nelle zone umide. Avete scelto il decreto sbagliato e non la strada maestra, ovvero un atto con forza di legge del Governo solo su questo tema, che come gruppo vi avevamo sollecitato con specifiche interrogazioni parlamentari. Quell'atto avrebbe risolto molto prima e molto meglio la questione, non lasciando nell'incertezza quanti in questi giorni svolgono, per loro piacere, l'attività di caccia. Oppure, in subordinata, bastava utilizzare la legge di delegazione europea in discussione in queste ore in questo stesso ramo del Parlamento, sulla quale il gruppo PD, con la prima firma del collega Vaccari, ha presentato articolati emendamenti che consentivano la coerente applicazione del regolamento, rifuggendo da dispute ideologiche che si cercano soltanto quando non si vogliono risolvere i problemi.

Peraltro i vostri emendamenti, per come sono stati scritti e ora approvati, rischiano solo di complicare la vita di chi sceglie, per sua scelta e per sua passione, di partecipare all'attività di caccia. Ho citato una norma banale, che poteva essere affrontata avendo fiducia nel Parlamento e nella società civile, che è portatrice di sensibilità sul tema, e che, trasformata in una forzatura, dovrà essere rivista e modificata nelle prossime settimane, di questo sono sicuro. Ma sul decreto ci sono soprattutto molte marce indietro e cose che ci potevano essere e che invece non ci sono. Sulle marce indietro cito per prima quella sugli extraprofitti bancari.

Faccio una storia diversa da quella che i colleghi hanno fatto. Ricordo le testuali parole della Presidente Meloni nella conferenza stampa di presentazione di questa misura all'interno del decreto che è intitolato, lo ricordo, disposizioni urgenti a tutela degli utenti, in materia di attività economiche e finanziarie e investimenti strategici. In conferenza stampa la Presidente Meloni - mi pare fosse assente il Ministro dell'Economia Giorgetti, se non sbaglio - dichiarò solennemente: tassiamo la differenza ingiusta tra interessi attivi e interessi passivi per sostenere famiglie e imprese. Di cosa si trattava? Insomma, nella norma c'era scritto che si operava un prelievo sugli istituti bancari pari al 40 per cento del margine di interesse registrato nel 2022 se eccedente per almeno il 3 per cento il valore dell'esercizio 2021, o se maggiore del margine registrato nel 2023 e superiore di almeno il 6 per cento rispetto al 2022.

Guarda caso, il giorno dopo, il Ministro assente, Giorgetti, alla conferenza stampa si affretta a precisare, mentre i supporter della Presidente Meloni annunciavano urbi et orbi di avere trovato i soldi, insomma novelli Robin Hood, superando una palese ingiustizia per affrontare le criticità in atto, costo della benzina compreso, che ci sarebbe stato un tetto pari allo 0,1 per cento sul totale dell'attivo, quindi già smentendo quanto era stato scritto nel decreto. Poi, con un giro di valzer, sempre nella vostra maggioranza, si sono modificate le percentuali di riferimento, fino alla proposta di uno dei vostri partiti, che ha presentato diversi emendamenti finalizzati a modificare e ad abbassare quel tetto massimo, soprattutto per le attività ponderate.

Insomma, come è finita lo sapete. Mica è davvero un'imposta sulle banche, l'imposta è diventata opzionale. Chi non vuole pagarla lo può fare, e potrà destinare a riserva non distribuibile un importo di due volte e mezzo il suo valore. Tant'è vero che il gettito non è quantificabile, non c'è nella relazione economica. Non c'è perché non è quantificabile. Per questo queste risorse, che prima pensavate di utilizzare nella manovra economica e finanziaria del 2024, non sono disponibili per quella manovra, perché la Ragioneria non le ha quantificate.

Di conseguenza, le misure che il Governo diceva di voler finanziare con la tassa dovranno aspettare il termine del versamento della tassa stessa da parte di coloro che decideranno di versarla oppure di destinarla - come prevede anche la legge - all'aumento del capitale; in pratica, se tutto va bene, dopo giugno 2024; altro che sostegno alle famiglie ed alle imprese adesso, quando è raddoppiato il costo della spesa, quando la benzina supera i 2,100 euro e quando tocca alle famiglie provare ad affrontare, per esempio, le spese per la scuola, per l'avvio dei figli a scuola. Non c'è nulla, da questo punto di vista, da fare adesso perché voi avete rinunciato alle risorse che ritenevate di aver trovato. Questa misura poteva essere costruita diversamente: era giusto intervenire con una tassazione di riequilibro visto che, a fronte degli aumenti dei tassi d'interesse voluti dalla Banca centrale europea, necessari per contrastare l'inflazione, gli istituti bancari non hanno riversato sui risparmiatori il maggior tasso positivo, mentre sono state sollecitate a incrementare gli interessi di chi aveva dei debiti. Ma un intervento così - lo dico al Governo - non si annuncia da dilettanti allo sbaraglio, per di più con una scrittura dei testi approssimativa dalla sera alla mattina. Le reazioni negative dei mercati ed il crollo della Borsa non solo hanno segnalato l'inadeguatezza della procedura, ma l'incapacità del Governo. Un potenziale introito di 2 miliardi è costato al sistema bancario italiano 10 miliardi di perdite, peraltro perdite dei risparmiatori e degli investitori, non delle banche in sé, che perdono valore, ma restano. Ma voi vi fiderete di un Governo così superficiale, che gioca al piccolo chimico con la finanza e con i risparmi degli italiani? Lo chiedo agli italiani: io penso che non si possano fidare di un Governo che gioca al piccolo chimico, toccando cose che non dovrebbe toccare e facendolo come fanno dei bambini incompetenti, ma per questo incoscienti, per poi far finire tutto in una burletta, con buona pace di quanti si aspettavano risorse aggiuntive a disposizione, burletta che, se può sembrare una parola aggressiva, mi sembra anche quella giusta per commentare quanto avvenuto sul caro voli. Peraltro, siccome non vi accorgete di quello che fate, state facendo la stessa cosa anche con riguardo al carrello della spesa tricolore - come l'avete chiamato -, che evidentemente è già un fallimento. Quello del caro voli è un tema che abbiamo più volte sollevato, chiedendo al Governo interventi immediati per sottrarsi al ricatto delle compagnie aeree, che garantiscono quelle entrate, a cominciare da Ryanair. Noi non abbiamo mai affiancato Ryanair nel suo approccio arrogante, ma i voli nei mesi estivi e nei periodi festivi sono stati quotati per la Sicilia e per la Sardegna a prezzi che nemmeno la tratta internazionale Roma-New York raggiunge e proprio nel periodo nel quale ogni famiglia tenta di raggiungere il proprio luogo di origine e si vuole concedere dei giorni di riposo insieme a tutta la famiglia nella regione da cui proviene e da cui in qualche modo si è spostata per lavorare. Insomma, con il decreto, annunci fragorosi: “è fatta, si ridimensiona, non si supera il 200 per cento del prezzo medio” e poi tutto un fallimento, per di più con l'umiliazione della marcia indietro. Ma noi l'abbiamo detto subito: ricordo con chiarezza che abbiamo chiesto al Governo se una norma che riguardava la concorrenza dei vettori europei fosse stata concordata con la Commissione oppure fosse nata - come appariva - in qualche ufficio ministeriale più dedito alla propaganda che alla gestione tecnica di norme delicate proprio perché vanno oltre i confini italiani. E non abbiamo gioito - noi no - degli insulti dell'amministratore delegato di Ryanair al Governo, che ha sbeffeggiato e umiliato, perché noi abbiamo cura e rispetto delle istituzioni e non vogliamo che il Paese sia bullizzato, come invece è avvenuto per i vostri errori. E poi la fragorosa marcia indietro: una norma scritta male, non concordata, utile solo a fare propaganda per due giorni, dal 9 al 10 agosto, con i biglietti aerei di sola andata che costavano 400 o 500 euro, oppure con i traghetti per la Sardegna che costavano 1.400 euro per una cabina di 4 persone e una macchina piccola, 1.400 euro con il decreto del Governo lì. Ma non vi sentite lontani dalla realtà e da quello che realmente serve alle persone? Tanto rumore per nulla, cari colleghi! Insomma, il possibile aumento del 200 per cento di tariffa è stato solo un'indicazione, in relazione alla quale adesso ci può essere una verifica ed un possibile intervento dell'Antitrust.

Ma guardate che l'Antitrust poteva intervenire anche prima, nessuna delle norme che sono state aggiunte modifica i poteri l'Antitrust, che poteva intervenire anche prima. Non cambierà nulla, peserà ancora su un diritto alla mobilità che è negato a tutti i residenti delle isole (ripeto: sono 7,5 milioni di persone) e non basta, caro Presidente, istituire una Commissione bicamerale per il contrasto degli svantaggi derivanti all'insularità, se poi le azioni che il Governo fa sono queste. Così come state già giocando con i tagli ai progetti del PNRR: si vede in questo approccio, così come sul tema della continuità territoriale, che c'è una parte del Paese che vi interessa e una parte del Paese che non vi interessa. E ancora una burletta - scusatemi colleghi - è la storia dei taxi: nelle grandi città non si trovano, non ci sono, è difficile muoversi utilizzando il mezzo privato ma, dopo i grandi annunci del Governo, alla fine la montagna ha partorito il topolino, non il giornale Topolino con il ponte sullo Stretto, riguardo al quale vorrei rappresentare che quella storia finisce male perché il ponte crolla, quindi non è neanche il caso di pubblicizzarlo troppo. Ecco l'idea originaria era quella di consentire di accordare altre licenze da vendere, regalare e affittare a chi ne ha già una, in particolare in alcuni momenti della stagione, quando i flussi turistici straordinari, in occasione di grandi eventi, rendono impossibile l'accesso a questo trasporto. Anche riguardo a questo tema alla fine una montagna partorisce un topolino: tanto rumore per nulla, solo licenze aggiuntive temporanee o stagionali per non più di 12 mesi di durata e, per di più, riguardanti una sola licenza, come se il tassista debba soltanto pensare a un subordinato a cui concedere occasionalmente una licenza aggiuntiva. Guardate che questa soluzione non risolve il problema che ormai è strutturale, peraltro ci avviciniamo al Giubileo e Roma sarà ostaggio di questa carenza che non si può risolvere all'ultimo momento. Il Giubileo è vicino, manca solo un anno e si sente e si vede già quello che in qualche modo ci aspetta in questa città, dove non è possibile neanche trovare alberghi in cui risiedere e sostare. Poi - e concludo, Presidente - c'è tutto quello che non manca e qui cito soltanto poche cose. La prima cosa riguarda l'alluvione in Emilia-Romagna: quello che c'è in questo decreto è soltanto la rimodulazione di finanziamenti che già da subito il presidente della regione Emilia-Romagna, Bonaccini, aveva segnalato fossero inutili. Infatti mettere a disposizione mezzo miliardo di euro per la cassa integrazione o 300 milioni per l'internazionalizzazione, quando invece la gente ha bisogno delle risorse per ricostruire le case e ristrutturare le imprese è evidente che costituisce soltanto una forma di propaganda per dire che sono stati devoluti due miliardi subito, mentre invece non ci sono. E quando ci si esalta dicendo che ci sono ben 500 milioni in questo decreto segnalo che i conti ormai ufficiali dicono che siamo più vicini ai 9 miliardi, che servirebbe subito stanziare come peraltro questo Paese è stato in grado di fare in altri tempi con il terremoto dell'Emilia-Romagna. Non si può solo dire che quell'alluvione è come il terremoto e poi non agire conseguentemente con tutte le norme che sono già scritte, certificate, conosciute, che funzionano e hanno funzionato, rendendo l'Emilia-Romagna un esempio di ricostruzione post terremoto, così come sta già diventando ora un esempio - nonostante le risorse manchino per colpa vostra -, con la reazione ad un'alluvione devastante. I nostri emendamenti richiedevano semplicemente che si affrontassero alcuni temi, per esempio la possibilità di mettere in rete le amministrazioni dello Stato, di delegare ad esempio ad ANAS alcune cose e ad altre strutture dello Stato altre cose per facilitare e velocizzare il lavoro del commissario. Invece niente, così come niente è stato dato, anzi è stato dato un bel “no” sul credito d'imposta ai finanziamenti bancari agevolati per la ricostruzione, che pure in occasione del terremoto hanno avuto successo e sono stati leve che hanno velocizzato. Insomma, davvero pensate di andare in Emilia-Romagna - oppure starete al largo - per dire che avete stanziato 500 milioni dopo 6 mesi dall'alluvione, 500 milioni su 9 miliardi? Ecco il consiglio che do è che su quel tema - al di là della scelta ideologica che avete fatto di impedire ai presidenti di regione di essere commissari - vi mettiate invece ad ascoltare l'esperienza concreta di quella terra nel ricostruire e ne seguiate le indicazioni, ascoltando quello che lì sanno fare e che hanno già dimostrato di fare bene. Ecco, questo per dire, sono cose che non ci sono.

Quello che c'è, invece, ancora, oltre che rappresentare una “marcia indietro”, è una cosa bellissima: per esempio, il superamento del limite di compenso stabilito dalla normativa nazionale per gli amministratori della società per il ponte sullo stretto di Messina.

Ecco, su questo siete andati velocissimi: non bastavano i 240 mila euro per i componenti del consiglio d'amministrazione e l'amministratore delegato; dovevate mettere di più, siamo oltre questa cifra e questo l'avete fatto subito.

Così come questo “strano” commissario per gli investimenti esteri: voi siete sicuri di attribuire ad un commissario i poteri di “superare” tutte le leggi, salvo quelle penali? E, per esempio, quelle che riguardano l'igiene e la sanità, la salute dei cittadini, quelle non contano?

O ancora, siete sicuri che davvero in questo momento serviva stanziare 2,5 miliardi per comprare le quote della nuova società, oppure quei 2,5 miliardi per la fibra ottica, invece servivano di più per emergenze ed urgenze del Paese?

Io penso che si poteva fare diversamente e fare assolutamente scelte più cogenti e più importanti. Mi fermo su questi profili ma ci sarebbero molte altre “perle” da segnalare nel vostro decreto legge, ma non vale la pena di farlo in un'Aula che è chiamata solo a ratificare.

Noi non ci fermeremo, comunque, nel denunciare questa anomalia, questa trasformazione del bicameralismo in un monocameralismo di fatto: continueremo a farlo dappertutto, nelle piazze e nei luoghi di lavoro, parlando a famiglie e imprese, così come parleremo di quello che non c'è in questo decreto legge, delle prese in giro che sono alla base di questo provvedimento.

Il nostro giudizio lo conoscete: quello che vi daranno i cittadini come giudizio non tarderà ad arrivare, non saranno i sondaggi influenzati dalla occupazione televisiva manu militari ma saranno quelli influenzati dalle mani guidate dalla reazione alle tante ingiustizie che state procurando, dalla sofferenza dell'impoverimento ingiusto delle persone che pure, con fiducia, vi hanno votato credendo alle vostre promesse e ora iniziano a registrare i tradimenti di queste promesse.