Discussione generale
Data: 
Giovedì, 24 Aprile, 2025
Nome: 
Ubaldo Pagano

Doc. CCXL, n. 1

Grazie, Presidente. Onorevoli colleghe e colleghi, è evidente che gli avvenimenti degli ultimi giorni e la drammatica dipartita del Santo Padre ci impongono una rigorosa sobrietà anche nella sacrosanta dialettica democratica tipica di quest'Aula.

Ma proprio perché Papa Francesco era un uomo giusto, un uomo buono, ancorato a valori cristiani e di solidarietà, ma mai ipocrita, è evidente che, anche in questo dibattito, in una condizione contingente abbastanza particolare, non possiamo nasconderci rispetto all'impianto fumoso che ci avete consegnato.

Quindi, lo dico in premessa con fermezza, ma con sobrietà: il nostro è evidentemente un giudizio fortemente negativo a questo Documento di finanza pubblica che oggi siamo chiamati a discutere.

Siamo infatti dinanzi ad un atto che non programma, non pianifica, non affronta le sfide del nostro tempo, ma si limita evidentemente a registrare l'ennesimo arretramento delle ambizioni della nostra politica economica. Siamo davanti a un testo che certifica l'incapacità di questo Governo di affrontare le crisi con strumenti che siano adeguati.

Le previsioni di crescita del PIL per il 2025 si dimezzano rispetto a quelle presentate non sei anni fa, appena sei mesi fa: dall'1,2 per cento previsto dal Piano strutturale di bilancio, ci ritroviamo a dover fare i conti con un desolante più 0,6 per cento. Addirittura il Fondo monetario internazionale ci attribuisce una crescita ancora più modesta, allo 0,4 per cento; mentre per il 2026 si passa dall'1,1 per cento allo 0,8 per cento. Un dato che, peraltro, potrebbe aggravarsi ulteriormente se si darà seguito alle politiche daziarie statunitensi e questo addirittura se non dovesse concludersi con un accordo giusto tra l'Unione europea e gli Stati Uniti.

Ma qualche esponente di questo Governo, lo stesso Ministro Giorgetti, ha parlato durante le audizioni di realismo, come se dietro questa parola si potesse nascondere la polvere sotto il tappeto, come per giustificare uno stato delle cose che avrebbe potuto essere peggiore di ciò che è. A noi non sembra realismo, a noi sembra piuttosto una resa. La conferma che la crescita allo “0 virgola”, utilizzando un frasario abbastanza comune alla Presidente del Consiglio quando era capo dell'opposizione, è evidentemente un destino che non è più ineluttabile, ma il frutto di scelte politiche, di una manovra che è inefficace rispetto agli investimenti - come non abbiamo mai mancato di avvertire quando è stata approvata - e di un Esecutivo incapace di avere una strategia che non sia quella della gestione delle emergenze.

La realtà è che questo Documento di finanza pubblica è semplicemente un documento vuoto perché manca un quadro programmatico. Non a caso, la Corte dei conti - e non quei pericolosi comunisti del Partito Democratico - ha parlato di indicazioni limitate, cito: di mancanza di dettaglio informativo. Durante l'audizione dell'Ufficio parlamentare di bilancio ha ribadito lo stesso identico concetto: il Documento di finanza pubblica si limita a fotografare lo scenario tendenziale, rinviando ogni scelta di politica economica a data da destinarsi. Alla faccia della capacità di un paese di fare resilienza e, soprattutto, di essere chiaro nell'espressione delle visioni future!

Siamo poi alla cronaca del disastro per quanto riguarda il PNRR: i ritardi si accumulano, gli obiettivi rischiano di non essere rispettati entro il 2026 e, nonostante ciò, si continua a stimare una spesa per il PNRR di 40 miliardi nel 2025 e di 80 miliardi nel 2026. Numeri che Banca d'Italia, questo ulteriore organismo oscuro che qualcuno potrebbe additare al comunismo internazionale, definisce: cifre sovrastimate, per puro eccesso di cortesia istituzionale, evidentemente prive di fondamento nella realtà dei cantieri.

Transizione 5.0 doveva essere, utilizzando le parole del Ministro Urso, la leva per l'innovazione e la sostenibilità delle imprese. Invece, ad oggi risultano prenotati 678 milioni sui 6,3 miliardi che avevano allocato, un decimo delle risorse disponibili. Allora non chiamiamola più Transizione, rinominiamola attenendoci ai fatti: si chiama “Stallo 5.0” e c'è una firma chiara ed evidente, il Ministro Adolfo Urso.

La dimostrazione che un Piano scritto senza ascoltare il mondo produttivo non solo non serve all'economia del Paese, ma addirittura rischia di essere dannoso per lo sviluppo del Paese. Ma se Atene piange, evidentemente Sparta non ride, perché se le imprese stanno smettendo di investire, anche gli enti locali si ritrovano in gravissime difficoltà. Nessuna proposta di politica industriale, nessuna proposta concreta per affrontare la crisi delle filiere produttive, perché - non so se qualcuno dalle parti di Palazzo Chigi se ne è accorto - la produzione industriale nel nostro Paese ha il segno negativo e non da qualche settimana, da più di 25 mesi, più di due anni. Una tendenza che, secondo un recente autorevole studio, è costata alla manifattura italiana, così tanto osannata da un Governo che si dichiara pro, fautore del made in Italy, circa 40 miliardi di euro di mancati ricavi dal gennaio 2024 ad oggi.

Mentre in Europa si discute di dazi, mentre gli Stati Uniti alzano barriere commerciali, l'Italia resta appiattita ed immobile, come se stesse per spirare il mortal sospiro. Lo ha detto Banca d'Italia: i dazi avranno contraccolpi inevitabili sull'economia italiana; la Corte dei conti, invece, ci parla di shock a livello globale e domestico; l'Ufficio parlamentare di bilancio stima in 68.000 le persone che potrebbero perdere il loro posto di lavoro nel nostro Paese.

Eppure il Governo finge che tutto questo si possa risolvere partecipando alla internazionale, sovranista di cui fanno parte sia la Presidente del Consiglio, sia il Presidente degli Stati Uniti. Anzi, ci rassicura che, in realtà, non stia accadendo nulla di drammatico.

Infatti, questo documento non ci offre nessuna possibilità, perché non dà risposte in merito: non rassicura le imprese, non sostiene le famiglie, non difende i più fragili. È un documento scritto semplicemente per adempiere a un compitino, un compitino compilativo che non ci dà nessuna possibilità di verificare che, rispetto alle ambizioni, ci siano delle azioni concrete e resilienti per poter raggiungere quegli obiettivi.

In tutto questo gli enti territoriali non hanno più la possibilità di dare delle risposte che siano compiute. I comuni sono costretti ad anticipare di tasca propria i fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza per poter rispettare i cronoprogrammi che loro stessi dicono di riuscire a rispettare semplicemente con la normativa vigente. Mi riferisco, evidentemente, al Governo. Di converso, il Governo cosa fa? Tagliando i trasferimenti agli enti locali, riduce agli stessi i margini di flessibilità finanziaria, così facendo abbandonando interi territori alla capacità di rispondere con efficacia alla crisi.

Guardate, negli ultimi due anni, nelle ultime due leggi di bilancio abbiamo assistito a un vero e proprio accanimento contro le istituzioni che sono più vicine ai cittadini e alle cittadine, il front office del bisogno. Finora le risorse del PNRR hanno sopperito ai miliardi di euro di tagli che avete fatto, ma viene da chiedersi: cosa sarà dei servizi ai cittadini, delle opere pubbliche più basilari, una volta che il Piano avrà esaurito i suoi effetti? A questa domanda, nel documento, non rispondete; speriamo che nel corso di questa discussione saremo più fortunati. Anche perché il rischio evidente è che, a fronte di operazioni di recupero del patrimonio edilizio pubblico, non corrisponda la possibilità di erogare quei servizi per cui quel patrimonio è stato rivalutato e valorizzato con i fondi dell'Unione Europea. Faremo una gigantesca operazione immobiliare, ma che non servirà per cambiare di un centimetro la condizione di risposta ai bisogni della gente da parte di questo Paese.

È evidente, allora, da questo punto di vista che siamo dinanzi ad un'incompiuta, una gigantesca incompiuta di cui evidentemente solo voi ne portate la responsabilità, perché in tutte le sedi abbiamo provato a spiegarvi che non c'era la possibilità di fare alcun tipo di valutazione su un documento che non riporta nessun tipo di evidenza rispetto a quali saranno le politiche che intendete attuare per il futuro. Rispetto a questo noi saremo sempre più vigili e vi ricorderemo con fermezza, ma anche con rigore scientifico, la differenza e la distanza tra quello che dite e quello che in realtà siete capaci di fare.