Data: 
Mercoledì, 23 Febbraio, 2022
Nome: 
Piero Fassino

Grazie Presidente, grazie Ministro. Noi concordiamo con l'illustrazione che lei ci ha fatto. Non c'è alcuna ragione che giustifichi l'aggressione della Russia alla integrità e alla sovranità dell'Ucraina; per questo, la nostra condanna non può che essere netta, senza se e senza ma. Un'aggressione con cui Mosca ha violato accordi che pure aveva sottoscritto, come gli accordi di Helsinki, che stabiliscono la intangibilità dei confini e il rispetto dell'integrità territoriale della sovranità di ogni Stato; ha violato gli accordi di Minsk, che affidano al negoziato la soluzione del contenzioso tra Kiev e Mosca; ha violato i principi fondamentali su cui si reggono le relazioni tra gli Stati. Una scelta tanto più grave perché esercitata mentre vi era una fitta attività diplomatica tesa a ricercare una soluzione politica alla crisi.

Il Presidente Putin ha giustificato la sua decisione invocando la tutela della sicurezza del suo Paese, manifestando quella sindrome da accerchiamento che è una costante delle classi dirigenti russe. Certo, se si guarda alla storia, nel passato, le principali minacce alla sovranità della Russia sono venute da Ovest, ma oggi non vi è nessuno che minacci la sovranità di Mosca. Non certo l'Ucraina, ai cui confini è la Russia ad aver schierato oltre 150 mila uomini armati; né l'Europa e gli Stati Uniti hanno manifestato una volontà di isolamento o accerchiamento di Mosca. Ricordo che da circa vent'anni opera un Consiglio di cooperazione NATO-Russia; ricordo che quando si allargò l'Unione europea ai Paesi dell'Europa centrale, che Mosca non voleva, nello stesso momento si sottoscrisse il primo accordo di partenariato UE-Russia per dimostrare che l'allargamento non era un atto di ostilità. In tutte queste settimane di crisi ucraina, tutte le capitali europee, e Washington, hanno manifestato reiterata disponibilità ad un accordo. La stessa questione dell'adesione di Kiev alla NATO è, in realtà, questione non all'ordine del giorno, stante che Kiev non ha presentato finora domanda di adesione e, allo stato, non c'è un consenso unanime dei Paesi membri. In ogni caso, deve essere chiaro che le relazioni tra Kiev e la NATO, così come le relazioni tra Kiev e l'Unione europea, possono derivare soltanto da libere scelte dell'Ucraina e non da imposizioni o veti altrui (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

Insomma, non c'è un solo argomento che giustifichi l'aggressione, così come non è accettabile che, in nome della sicurezza, la Russia metta in causa la sovranità e l'integrità territoriale dei suoi vicini. Lo ha fatto in Georgia, sostenendo i separatisti dell'Abkhazia e dell'Ossezia del Sud; lo ha fatto in Moldavia, sostenendo i separatisti della Transnistria; lo ha fatto annettendo unilateralmente la Crimea; lo ha fatto vincolando a Mosca il regime illegittimo di Lukashenko in Bielorussia, e lo fa oggi in Ucraina. Insomma, Mosca ci ripropone una dottrina della sovranità limitata, figlia di altri tempi. Ma oggi non siamo nel tempo della Guerra fredda, né in quello dell'equilibrio bipolare, che riconosceva a Mosca e a Washington aree di influenza.

Viviamo un tempo di multipolarismo e il mondo è oggi caratterizzato da nuove potenze e nuovi attori, e tutti rivendicano il diritto alla piena sovranità. Noi vogliamo dire a Mosca che l'unico modo per garantire sicurezza, anche a se stessa, non è il ricorso alle armi, né la creazione di antistorici protettorati. La strada giusta - la strada giusta - non può che essere la costruzione di un sistema di sicurezza comune, così come si fece con gli accordi di Helsinki del 1975, negoziati e sottoscritti tra Washington, Mosca e tutte le capitali europee, stabilendo princìpi che dessero certezza di sovranità a ogni nazione e creando un'organizzazione - l'OSCE - per darvi attuazione. Certo, sono passati cinquant'anni; l'Europa e il mondo sono cambiati, ma il metodo deve essere quello. Allora, lavoriamo a mettere in campo una Helsinki 2, che partendo dai principi della Helsinki 1, ridefinisca regole e strumenti per un'architettura di sicurezza in cui tutti si riconoscono e ognuno sia garantito nella sua sovranità. Ciò vale per l'Ucraina, per la Russia e per ogni altro Paese. In questo quadro, l'Italia, in quanto Presidente del Consiglio d'Europa, che ha come finalità di garantire che tutti i 47 Paesi del continente - Russia compresa - ottemperino al rispetto dello Stato di diritto e degli standard democratici, abbiamo anche il dovere di sollecitare le autorità russe a comportamenti diversi da quelli manifestati nel caso Navalny e nella decisione di sciogliere Memorial, l'Associazione dei diritti fondata dal premio Nobel Sakharov. In ogni caso, anche in queste ore non ci si deve rassegnare alla ineluttabilità della guerra e si deve ancora perseguire la strada di una soluzione politica, scongiurando che ai fatti drammatici di questi giorni si aggiungano ulteriori tragedie, anche se, per dialogare bisogna essere in due. La risposta di qualche ora fa del Ministero degli Esteri russo alla nostra richiesta di misure di de-escalation come condizione per riaprire il dialogo, è preoccupante e deludente.

Non per questo rinunciamo a percorrere ogni spazio per una interlocuzione, nel solco della tradizione del nostro Paese, che, saldamente radicato nella NATO e nell'Unione europea, ha sempre cercato occasioni di dialogo con Mosca, anche nei tempi più duri. Voglio ricordare qui la missione che nel 1960 il Presidente della Repubblica, Giovanni Gronchi, in piena Guerra fredda, decise di compiere per andare a dire ai dirigenti russi che bisognava uscire dalla Guerra fredda e passare alla coesistenza pacifica. Questa nostra scelta di percorrere ogni spazio di dialogo non contraddice la decisione di Stati Uniti e Unione Europea di adottare sanzioni, di cui nessuno, naturalmente, sottovaluta la portata e dunque la necessità di una loro gradualità e selettività, ed è giusto non ignorare le preoccupazioni per il loro impatto sulla nostra economia, sulla vita delle famiglie, sull'attività delle imprese e occorre prendere tutte le misure necessarie per diminuire la dipendenza energetica dalla Russia, diversificando, con determinazione e in tempi rapidi, le fonti di approvvigionamento. Tuttavia, io vorrei ricordare qui che l'analisi dell'esito delle sanzioni adottate verso la Russia, dal 2014, e rinnovate per ben tre volte dal Governo “Conte 1”, rivela che chi ha subito di gran lunga le conseguenze negative maggiori è la Russia, largamente dipendente per investimenti e interscambio commerciale dall'Unione europea, che è il primo partner economico di Mosca. Di fronte a decisioni russe che fanno strame di principi e valori fondamentali, un atteggiamento di fermezza è non solo moralmente e politicamente necessario, ma è anche uno strumento funzionale alla riapertura di un percorso negoziale, a cui non si può andare con il cappello in mano. Fermezza e dialogo non sono scelte alternative, ma sono scelte complementari e reciprocamente interagenti. Peraltro, anche l'evocazione di un rapporto più organico tra Mosca e Pechino appare un altro strumento di pressione sull'Occidente, stante che anche Putin sa che in quell'alleanza il dominus non sarebbe la Russia ma sarebbe la Cina. Per l'efficacia di questa linea è naturalmente, come ha sottolineato il Ministro, indispensabile una piena intesa tra Washington e Bruxelles, e una piena consonanza di linguaggio di azione tra gli europei, come è stato in queste settimane quando i Primi Ministri europei e i dirigenti dell'Unione hanno parlato la stessa lingua, trasmettendo a Mosca gli stessi messaggi. Di fronte all'aggressione, l'Unione europea si assuma la responsabilità di farsi garante della sovranità ucraina, favorendo la partecipazione di Kiev alle politiche europee. A chi ha sottolineato una insufficiente visibilità dell'Unione vorrei ricordare che questo limite si supera con un salto di qualità nel dotare l'Unione di una politica estera e di sicurezza comune più forte e incisiva (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico), scelta però che è nelle mani degli Stati nazionali, perché sono gli Stati nazionali i soci e gli azionisti dell'Unione europea. Le debolezze dell'Unione quando si manifestano non sono intrinseche ma figlie della gelosia delle Nazioni che, spesso, sono poco disposte a riconoscere all'Unione gli strumenti e la titolarità per dare efficacia alle politiche comuni (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Comunque, lasciatemi dire che non è davvero credibile chi in questi giorni invochi un'Europa più forte chi ogni giorno agisce per demolirla (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

Con questo spirito, il Partito Democratico condivide e sostiene l'azione fin qui seguita da lei, signor Ministro, e le iniziative che oggi lei ci ha proposto. Gratitudine esprimiamo alla Farnesina e ai nostri diplomatici operanti sul campo, così come il nostro apprezzamento va al Ministro Guerini, ai nostri contingenti militari operanti sul terreno e - come anche lei ha sottolineato - agli operatori italiani delle strutture di monitoraggio dell'OSCE.

In conclusione, stiamo vivendo la più grave crisi tra Europa e Russia dall'agosto del '61, dalla costruzione del muro di Berlino. Servono fermezza e dialogo che saranno tanto più efficaci in quanto, anche in questa occasione, l'Italia e soprattutto le sue istituzioni, noi, il Parlamento insieme al Governo, saremo capaci di esprimere coesione e responsabilità (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, MoVimento 5 Stelle e Italia Viva).