Data: 
Mercoledì, 26 Febbraio, 2020
Nome: 
Elena Carnevali

Grazie signor Presidente, colleghi e Ministri, ci sono momenti della storia in cui l'unità nazionale è la cifra che deve distinguere un Paese. Questo invito il Ministro Speranza lo fece già quando venne in Aula nell'informativa precedente e l'ha reiterato oggi. Non era un semplice appello, ma era la richiesta di quel profilo istituzionale che la politica deve assumere in momenti come questi, una sfida inedita per le sue dimensioni, a livello globale, perché stiamo ancora attendendo quello che in gergo chiamiamo vaccino, ma anche per la sua severità, perché colpisce soprattutto le persone fragili, perché mette alla prova una coesione sociale e il nostro sistema di protezione. Che cosa abbiamo fatto e che cosa stiamo facendo? Facciamo in modo che la direzione sia unica, un'unica cabina di regia, un unico comando, con decisioni collegiali, con tutti i livelli istituzionali, dai presidenti di regioni ai sindaci, che sono la catena più vicina ai cittadini. Ciò che serve e ciò che è altrettanto necessario è una voce univoca nella comunicazione, nelle tv, nei mezzi di informazione pubblica, nessuno escluso. Controproducenti sono le divisioni, le fughe in avanti, le scelte in ordine sparso, alimentano il senso di precarietà, il disorientamento. Al sorgere del primo caso italiano all'ospedale di Codogno, il Ministro e la task force erano già in Lombardia (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico), lo dico da lombarda, lo dico da cittadina italiana, lo dico da membro di questo Parlamento e del Partito Democratico. Mai abbiamo lasciato sole le istituzioni territoriali (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico), nelle scelte, nelle decisioni, anche nei momenti di straordinario lavoro chiesto alle regioni, come sta avvenendo; mai le abbiamo lasciate sole e qui lo dico da lombarde da bergamasca, quando abbiamo affrontato altre situazioni di virulenza come è accaduto nel nostro territorio, con un'infezione da meningococco C. Anche nel decreto che abbiamo votato oggi: è frutto di quella unità nazionale, d'intenti, di quell'azione condivisa, riconoscendo alle regioni le loro prerogative, essendo una materia concorrente.

Abbiamo una missione unica: dare informazioni certe, far agire e fare scelte razionali nei comportamenti, proporzionali e arginare la diffusione del virus, dare al Paese la certezza che ognuno si sta assumendo tutte le responsabilità e le conseguenti azioni, guidati dagli esperti, dalla medicina e dalla scienza. A chi dobbiamo essere grati? Dobbiamo essere grati a lei, al Governo, ai presidenti di regioni, ai sindaci, alla protezione civile, alle Forze dell'ordine, alle Forze armate, ai volontari, alle comunità scientifiche, agli ordini e alle federazioni professionali. Va il nostro ringraziamento all'Istituto superiore di sanità: con loro abbiamo preso queste scelte. La nostra e più immensa gratitudine va agli operatori della sanità, uomini e donne che senza sosta stanno dimostrando abnegazione, stanno organizzando con il Governo e le regioni nuove modalità di accesso al pronto soccorso, nuovi posti letto per le urgenze, rimodulando le attività delle aziende sanitarie locali. La scienza: le scelte e le decisioni, anche le più dure, anche le più drastiche, ma circoscritte in alcune aree, 11 comuni tra Lombardia e Veneto, sono state prese non sulla base di valutazioni o di convenienze politiche, ma dettate dagli indirizzi delle comunità scientifiche, le scelte che ci hanno sostenuto nell'esigenza della più grande campagna vaccinale che abbiamo messo in campo a partire dal 2019. La cooperazione e il coordinamento tra i diversi livelli istituzionali e territoriali è imprescindibile, se vogliamo essere efficaci negli esiti di contenimento, rassicuranti e credibili con i cittadini, che stanno vivendo in questo momento la limitazione di un bene, del bene più prezioso, che è quello della libertà, la libertà di lavorare, di istruirsi, di formarsi, di muoversi, di socializzare, di fare e di essere impresa. Così nelle zone rosse, così molte restrizioni nelle zone limitrofe, quelle che abbiamo definito con il DPCM. Questi focolai endemici - per fortuna non sono un'epidemia - ci stanno mettendo in prova su due fronti: quello della salute e quello dell'economia. Mai come in questa circostanza il nesso tra la vita individuale e quella collettiva si è reso evidente, tangibile, come la sua interdipendenza: lo è stato nelle grandi epidemie che abbiamo sconfitto, ma per fortuna noi non siamo in questa circostanza. Sono 400 le persone che sono coinvolte su 60 milioni di italiani. Di SARS-CoV 2000 si guarisce nel 95 per cento dei casi, otto su dieci, come dichiarato dall'OMS. Anche il professor Bussetti, in questi giorni, ci ricorda che è molto più simile a un'infezione virale, virulenta nella sua attività, ma che nulla ha a che vedere con la peste bubbonica. Diamo quindi dunque una giusta dimensione ad un'emergenza che è grave, che giustamente mette angoscia e paura, ma che nulla ha a che vedere con quello che nella storia abbiamo curato e governato. Isoliamo le persone per isolare il virus e per tornare al più presto alla normalità. Bene, lo ha fatto il Governo, l'hanno detto i presidenti di regioni e molti sindaci, senza banalizzare mai le preoccupazioni e le paure dei cittadini. Allora toni apocalittici e catastrofici vanno banditi: mai come ora le parole sono pietre. Non abbiamo mai detto all'Italia che noi saremmo stati indenni, abbiamo detto all'Italia, invece, quello che doverosamente abbiamo fatto da subito, a partire dal 23 di gennaio, abbiamo fatto e abbiamo informato i cittadini di tutto quello che stavamo facendo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Abbiamo per fortuna in Italia due grandi certezze: l'universalità del sistema sanitario, che molti ci invidiano, perché la nostra salute non è condizionata né dalla carta di credito né da un'assicurazione (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Noi abbiamo messo risorse e personale forse come mai abbiamo potuto vedere negli ultimi tempi. Siamo tra i Paesi che hanno effettuato i cosiddetti screening primari e secondari, riconosciuta l'azione tempestiva anche dalle Comunità europee. Siamo un Paese che è in grado di far fronte, di garantire assistenza e di dare risposte adeguate. L'altra prova, ardua, è quella sul fronte economico: l'impatto di questa sfida ha riflessi economici non solo sul nostro Paese, ma su scala mondiale.

Abbiamo valutato con favore, invece, gli interventi dell'Unione europea con il primo stanziamento di 232 milioni di euro per la ricerca e per il sostegno ai Paesi dell'Unione nelle azioni di prevenzione. Così come le dichiarazioni del Commissario degli affari economici Paolo Gentiloni sulla necessità di misure anticicliche, per favorire l'espansione ed evitare i rischi, sono per noi molto importanti. Chiedere la sospensione del Trattato di Schengen, oltre che inutile e dannoso, provocherebbe un ingente danno economico, con il rallentamento del passaggio ai confini settentrionali, che danneggia la nostra già economia.

I nostri Paesi vicini: Francia, Germania, Svizzera, Slovenia, Austria e Croazia; i più saggi, non chiuderanno le frontiere e hanno dichiarato l'apprezzamento per quelle scelte che abbiamo fatto e messo in campo.

I nostri cambi commerciali hanno subito una diminuzione e, a questa prima fase, dove giustamente è primario l'interesse per la salute, seguirà anche una seconda fase, che avrà effetti sul piano economico. Servirà una cura energica, fatta di buon senso e non di un gioco al rialzo. Il Governo è già al lavoro anche su questo. Sono stati annunciate, anche nelle prossime ore, misure urgenti, come quelle che sono già state varate, il sostegno per la cassa integrazione e il sostegno al settore terziario. Nessuno vuole sottovalutare o dare false rassicurazioni. Il turismo del nord ha lanciato un allarme già raccolto dal Ministro Franceschini. Disdette in Lombardia e in Veneto riguardano non i prossimi giorni o le prossime settimane, dall'estero arrivano fino all'estate.

Siamo davanti a una sfida complessa e difficile per questo Paese, ma abbiamo la consapevolezza di essere un Paese con un sistema sanitario pubblico universalistico e di qualità. Siamo un popolo che sa reagire di fronte alle difficoltà e non si arrende. Siamo un popolo credibile e non possiamo ledere il rispetto che a questo Paese si deve. E, soprattutto, continuiamo ad operare con responsabilità ed unità.