Data: 
Mercoledì, 23 Febbraio, 2022
Nome: 
Gianluca Benamati

Grazie, Presidente. Intanto, ringraziamo il Ministro per questa informativa e il Governo, perché chiaramente questa crisi è pericolosa, è una crisi grave per questo Paese. Lei ha già detto nella sua relazione, certamente, le dimensioni di essa, però noi sappiamo che nel nostro Paese questo sistema di prezzi così elevati significa crisi del settore industriale, possibilità di arresto di molte filiere, una battuta di arresto nella crescita del PIL che, con quello che è successo in questi anni di pandemia e un debito così accresciuto, sarebbe un problema per il domani nostro e dei nostri figli. Tengo a precisare che sono molto d'accordo con lei sul fatto che questi prezzi dell'energia, a volte anche prodotti da meccanismi di formazione che andrebbero rivisti, creano delle difficoltà anche al processo di transizione ecologica che non servono. Allora, la risposta congiunturale che il Governo ha dato nell'ambito delle iniziative europee, quella di ridurre il carico fiscale e parafiscale sulle bollette delle famiglie, con particolare attenzione ai fragili, ai clienti domestici in difficoltà, ma anche alle piccole e medie imprese e alle imprese con grandi consumi energivori, deve continuare; certamente, si va nella direzione giusta, però, la stessa dimensione dell'investimento che lei ha sottolineato, 15 miliardi, sino ad oggi, ci dice che non sarà possibile continuare per molto. Stiamo spendendo in pochi mesi molte più risorse di quante ne abbiamo messe sulla riforma fiscale.

Serve da questo punto di vista, quindi, oltre ad una giusta pulizia della bolletta per togliere tutti gli oneri impropri che ancora gravano e un ricorso alla fiscalità sugli obiettivi della transizione, andare su quelle misure strutturali che sono state più volte evocate e che lei ha richiamato. Il nostro sistema energetico si basa sulle rinnovabili e sul gas come elemento di transizione e questo, per una scelta Paese, fino al 2030 e al 2035. Noi abbiamo uno dei migliori sistemi energetici d'Europa a cui altri Paesi tendono, partendo da posizioni più arretrate. È chiaro, però, che in questo caso, come veniva già detto da chi mi ha preceduto, se il cliente finale non vede differenza di prezzo nell'energia elettrica fra l'energia verde che si può produrre a 50 o 60 euro al megawattora e l'energia da termoelettrico a 200 euro per megawattora, non si capisce quale sia la convenienza.

Allora, qui, c'è un tema importante, bisogna proseguire con l'installazione delle fonti energetiche rinnovabili, soprattutto quelle elettriche, e bisogna attuare dei meccanismi che permettano di riversare questi risparmi produttivi, di questa fonte ad alto capitale investito, ma a bassa volatilità di prezzo delle commodity coinvolte, verso i consumatori. Il tema di una misura simile a quella che è ipotizzata per il gas, quindi, contratti a lungo termine sull'investimento e contratti a lungo termine per il rilascio a prezzi controllati, è quanto ci serve, come si diceva anche nel dibattito. Da questo punto di vista avremo il 60 o 70 per cento della nostra energia elettrica da rinnovabili nel 2030, potremo utilizzare il vantaggio di questi prezzi e non essere ancora incollati al marginal price che, oggi, fa andare tutto il mercato elettrico sui prezzi degli impianti termoelettrici.

Da questo punto di vista, anche le misure messe in campo sul gas vanno nella direzione giusta, quella che anche noi, come gruppo del Partito Democratico, nelle risoluzioni che abbiamo presentato, auspicavamo, sia perché si inizia a parlare non di una impossibile indipendenza energetica del Paese, ma di un'autonomia, cioè quello che lei ci dice: rafforzare le acquisizioni di gas da Paesi che siano affidabili è quello che ci consente la geografia, è il grande vantaggio dell'Italia rispetto al Nord Europa. Quando diciamo che incrementare di alcuni miliardi di metri cubi la produzione nazionale, raddoppiare la TAP e, forse, implementare i nostri sistemi di rigassificazione ci permette di dimezzare e poi azzerare la dipendenza dalla Russia in qualche anno, non diciamo una cosa sbagliata. Questo è il primo grande vantaggio che abbiamo. Il secondo: qui veramente penso che la misura di gas release che è stata inserita nell'ultimo decreto sia importante, anche perché anche noi riteniamo che debba essere accoppiato all'energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili questo meccanismo, che vede il GSE attore di una politica di sfruttamento delle risorse nazionali mediante contratti a medio termine che coinvolgono anche investitori nazionali e l'impresa, ma rilascia a prezzi calmierati e definiti dall'inizio questa stessa materia prima al sistema economico nazionale. Questo è giusto e deve essere replicato anche per l'energia elettrica.

Così come, mi consenta, anche il tema degli stoccaggi, e vado a concludere, Presidente. Un uso più dinamico degli stoccaggi, un caricamento più elevato, un'entrata-uscita più dinamica, servono a contenere non tanto il problema annuale della formazione dei prezzi, ma il problema dei mercati giornalieri che, a volte, creano delle fiammate di prezzi non comprensibili. Se a tutto questo uniamo l'efficienza energetica, al di là delle polemiche sul “110”, quella industriale e quella negli usi domestici, se inseriamo il tema delle comunità energetiche, avremo fatto un buon lavoro.

E, poi, mi perdoni, concludo su una cosa. Lei ha fatto un esame della situazione attuale: questo Piano energetico ha una validità che sarà fino alla metà degli anni Trenta, ma sarebbe sbagliato non cominciare oggi a pensare a cosa c'è dopo quegli anni, perché, vede, la ricerca e lo sviluppo per le soluzioni energetiche che ci porteranno alla decarbonizzazione finale, al secondo pezzo di strada che dovremo fare, si studiano oggi. Non ha senso parlare di nucleare oggi, ha senso fare ricerca per le soluzioni energetiche che saranno in atto nel mondo, non in questo Paese, fra gli anni Quaranta e gli anni Cinquanta di questo secolo, per garantire quello che diceva lei prima - mi scuso per la mascherina, concludo -, cioè un PIL e una ricchezza sufficienti ai nostri figli e una tenuta di questo Paese dal punto di vista dell'industria, della manifattura e del benessere dei suoi cittadini anche fra 30 anni.