Presidente. Signor Ministro. Colleghi. In queste ore, mentre stiamo parlando qui in Aula, ancora il Parco delle Madonie è in fiamme. Nelle ultime 72 ore sempre in Sicilia, a Collesano e Gangi, sono immagini strazianti e devastanti quelle che arrivano dalla Sicilia. Brucia la Sardegna per oltre 20 mila ettari: stiamo parlando di 28 mila campi da calcio; brucia anche l'olivastro millenario Sa Tanca Manna simbolo di Cuglieri. E ancora l'Abruzzo, la pineta dannunziana, riserva naturale regionale, orgoglio della città di Pescara. Bruciano anche la Puglia, le Marche, la Calabria e la meravigliosa pineta di Castel Fusano. È un copione già letto, ma, proprio per questo, ancora più doloroso e drammatico, perché interessa luoghi e persone che definiscono la nostra identità di Paese, luoghi simbolo di biodiversità e di ricchezza paesaggistica. I cittadini guardano sgomenti perché nel 60 per cento dei casi si tratta di incendi di origine dolosa, generati dall'uomo e il prezzo che la natura, cioè il nostro Paese, pagano sono altissimi, perché sappiamo che il 10 per cento delle zone aggredite, finite in cenere è compromesso per generazioni, non più recuperabile. Sono questi incendi dei mostri roventi alimentati da un carburante, quello del cambiamento climatico - come diceva Ministro – e, quindi, la nostra è una lotta contro il tempo, controvento, un vento di proporzioni esponenziali quello del cambiamento climatico, che, chi appicca dolosamente un incendio, rende ancora più difficile e dolorosa. Dicevamo il cambiamento climatico, che, però, è un combustibile che soffia su situazioni ricorrenti e mali atavici del nostro Paese, cui, però, noi non dobbiamo e non possiamo rassegnarci.
La costante mancanza di manutenzione del territorio, la questione del dissesto idrogeologico, il dolo, l'eventuale profitto derivante dall'incendio a scapito del bene comune. I fattori climatici certo acuiscono il rischio di incendi, interagendo con gli effetti dell'abbandono delle aree coltivate, dei pascoli, delle aree interne - su cui noi insistiamo sempre costantemente - che una volta erano foreste gestite, ma che il forte esodo verso le città e le aree costiere hanno abbandonato. Perciò, Ministro, è anche urgente, dopo l'approvazione della Strategia l'approvazione del piano nazionale di adattamento climatico da approvare a prevenzione, come abbiamo detto. Gli effetti di questi fuochi, di questi roghi sono devastanti, perché l'aumento dell'area bruciata comporta nell'immediato un incremento delle emissioni dovute alla combustione del materiale vegetale, evidentemente i danni sono enormi per la qualità dell'aria, per la salute umana ma, soprattutto, perché al dissesto idrogeologico si aggiunge altro effetto del dissesto idrogeologico: per periodi fino a 5 anni l'impermeabilizzazione del suolo, ovviamente, è poi andata.
Quindi, oggi pensiamo sia urgente comprendere e accettare il senso di quanto accade, perché, altrimenti, succede quello che si chiama il paradosso dell'estinzione: siamo sempre più bravi a spegnere incendi, ma la crisi climatica ci sta sorpassando, favorendo incendi fuori scala e risulta sempre più difficile spegnerli. Non citerò i dati che, purtroppo, conosciamo, che sono drammatici, su quanto è accaduto dal 2000 ad oggi con 120 mila incendi boschivi, con 7.300 chilometri quadrati di bosco che se ne sono andati per sempre, ma gli scenari che vengono delineati, complice anche il cambiamento climatico, quello dei rischi di incendi e, quindi, la previsione è tutta davanti a noi, però non possiamo ignorarla. Quindi, è necessario e urgente tradurre questa consapevolezza in soluzioni che diano risposte a breve e a medio periodo in relazione a quanto già conosciamo. I territori colpiti - lo sappiamo - ci chiedono un rafforzamento di mezzi e di personale; ed è vero che, come denunciano i territori colpiti, la Sicilia in particolare, i mezzi non arrivano con la solerzia che si aspettano e si attendono. È necessario un inasprimento delle pene per gli incendi dolosi, colposi e comportamenti omissivi in termini di manutenzione. Oggi la reclusione prevista è dai 3 ai 7 anni, ma, a tal proposito, vogliamo ricordare che il reato di incendio doloso, che non è formalmente contemplato negli eco-reati - la legge che abbiamo fortemente voluto nel 2015 - dovrebbe essere qualificato come delitto di disastro ambientale nei casi di irreversibile alterazione dell'ecosistema. Naturalmente, in questo un ruolo importante lo giocano l'utilizzo di strumenti tecnologici innovativi per investigare ed identificare i responsabili dei roghi. Sono necessari interventi naturalmente per ristorare chi, a causa di incendi, ha perso tutto. La prevenzione, la sorveglianza non possono rimanere lettera morta. Chiediamo una politica pluriennale di prevenzione da concordare con le regioni e dobbiamo anche ricordare che, se è chiaro di chi sono le responsabilità e di chi sono le competenze tra regioni e Stato, la legge 353 è antecedente alla modifica della Costituzione del 117 e, quindi, questo, in tema di monitoraggio e di verifica e di ruolo e di coordinamento e ancor più di coordinamento da parte dello Stato, dobbiamo ricordarlo. È vero che c'è un catasto antincendio, ma è anche vero che c'è una mancata attuazione del catasto antincendio per verificare cosa succede nelle aree bruciate, dove teoricamente non dovrebbe più essere costruito per i prossimi 5, 10 anni. Il mancato aggiornamento di questo è un problema; nessuno ha mai provato a censire che cosa sia avvenuto nei territori che vengono devastati da incendi ricorrenti. Il Piano nazionale di ripresa e resilienza è uno straordinario strumento per dare maggiori risorse umane e strumentali a tutto campo, sulla prevenzione, attraverso la digitalizzazione si può aiutare il monitoraggio, l'intervento è sempre di prevenzione, ma il PNRR non è, o non deve essere - lo Stato su questo deve vigilare - un'occasione per rubare aree boschive e il suolo fertile per speculazioni economiche, la tentazione è troppo forte, la tentazione è pericolosa e noi dobbiamo vigilare per impedirlo. Quindi, Ministro, in sintesi, non ci arrendiamo a quello che non pensiamo possa e debba essere un destino ineluttabile. Dobbiamo cambiare cultura nel nostro Paese, lo dobbiamo fare attraverso le istituzioni tutte, perché i boschi, le pinete, i terreni agricoli dopo l'incendio non sono più recuperabili e non devono essere considerate delle aree franche dove le persone possono pensare di rubare un patrimonio appunto non recuperabile (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).