Dichiarazione di voto
Data: 
Giovedì, 19 Marzo, 2015
Nome: 
Fabio Porta

 Presidente, colleghi, signor sottosegretario, sbaglierebbe chi, in quest'Aula, pensasse che questa mozione sia stata scritta con il retrovisore, guardando cioè soltanto a una grande e importante storia di emigrazione, che nel corso degli anni ha visto andare via dal nostro Paese milioni di nostri concittadini: non è così, o meglio non è solo così. 
Ha fatto bene l'onorevole Fitzgerald Nissoli, prima firmataria insieme a me di questa mozione, e bene hanno fatto tanti miei colleghi eletti all'estero, ma anche tanti parlamentari, a sottoscrivere questa mozione anche a nome dei loro rispettivi gruppi. Una mozione che il nostro gruppo, il gruppo del Partito Democratico, condivide in pieno in tutti i suoi aspetti e che il collega Fedi ha ben illustrato nella discussione sulle linee generali. 
Da diversi anni, ormai, decine di migliaia di italiani, soprattutto giovani, hanno ripreso a viaggiare, ad emigrare – usiamo anche una parola che sembrerebbe forse desueta – in cerca di un lavoro, di un futuro più stabile e sereno, di un futuro migliore che, probabilmente, non sempre troverebbero nel nostro Paese. E ad espatriare sono soprattutto i giovani, moderne figure di migranti: ricercatori, insegnanti, laureati, diplomati, imprenditori, artigiani qualificati e studenti. Questa nuova emigrazione si muove in gran parte in Europa, ma va anche in Argentina, in Brasile, negli Stati Uniti, in Australia, in Canada: sono tutte mete molto ambite. 
Nella strategia di internazionalizzazione del nostro Paese, purtroppo a causa del drastico ridimensionamento delle cosiddette «politiche migratorie», che da alcuni si è andato determinando, rischiano di offuscarsi queste potenzialità, le potenzialità legate proprio alla presenza degli italiani nel mondo, e rischiano di restringersi le reti di relazioni che questa presenza ha assicurato nel tempo. Tutto ciò provoca un grave danno al Paese, soprattutto in questo momento, in questo passaggio di difficoltà economiche e sociali. 
La riduzione sensibile dell'intervento pubblico e il quasi abbandono, in alcuni casi, della gestione delle convenzioni bilaterali di sicurezza sociale, nella sua accezione più vasta e, quindi, negli aspetti previdenziali, ma anche in quelli legati alla sanità, all'assistenza, al fisco, non consente di esercitare una doverosa tutela dei diritti e un rigoroso controllo dei doveri socio-previdenziali delle nuove migrazioni di nostri cittadini, i quali si recano all'estero per lavorare, anche per lunghi periodi, e lì versano contributi, pagano le tasse e poi rischiano, a causa di mancanza di accordi o di accordi ormai obsoleti e inesistenti, di non essere adeguatamente tutelati negli ambiti – ripeto – previdenziale, fiscale e sanitario. 
Questi accordi, queste importanti convenzioni internazionali di sicurezza sociale che, come ha detto bene il collega Fedi nella discussione sulle linee generali, sono una parte integrante della nostra politica internazionale, sono stati stipulati, tranne alcune rare eccezioni, negli anni Settanta e Ottanta. Ricordo la Convenzione con l'Argentina del 1984, quella con il Brasile addirittura del 1977, con il Venezuela nel 1991, con gli Stati Uniti nel 1978, con il Canada nel 1979, soltanto adesso pochi giorni fa ratificata. 
Sono, quindi, convenzioni evidentemente obsolete nello spirito, nei contenuti, nella forma, e non possono più tutelare adeguatamente diritti e interessi o doveri delle nuove migrazioni perché non sono state adeguate alle evoluzioni, agli aggiornamenti, spesso radicali, delle legislazioni e dei sistemi previdenziali dei Paesi contraenti. Inoltre, sono numerose le convenzioni bilaterali di sicurezza sociale già firmate dall'Italia con Paesi di vecchia emigrazione: penso, in particolare, a quella firmata anni fa con il Cile e in attesa di ratifica da questo Parlamento o anche con grandi Paesi di immigrazione (e penso alle Filippine ma anche al Marocco). Sono tutte convenzioni, ripeto, in attesa di ratifica da parte del Parlamento italiano. 
Ci sono, infine, alcuni Paesi, Paesi importanti, di cui grandi collettività vivono nel nostro Paese – penso all'Ecuador, al Perù –, che ci chiedono da anni, giustamente, di sottoscrivere una convenzione in questa materia, che andrebbe incontro a queste collettività ma anche a tanti connazionali che vivono lì e che operano in quei Paesi da tanti anni. 
Ecco, noi riteniamo che sia un ineludibile dovere etico continuare a riconoscere alla nostra vecchia emigrazione il contributo storico dato in momenti difficili al Paese, ma allo stesso tempo riteniamo di garantire tutela e solidarietà a coloro i quali sono costretti nuovamente a lasciare l'Italia, perché in seria difficoltà. E questo va fatto proprio a partire da accordi che tutelino la parte previdenziale e sanitaria, cioè la parte più debole di un cittadino in mobilità. Con questa mozione – e mi avvio alla conclusione – vogliamo quindi sollecitare, responsabilizzare e impegnare il Governo a istituire un tavolo tecnico che veda la presenza dei rappresentanti dei Ministeri competenti, dell'INPS, dei patronati, che hanno un così importante ruolo di prossimità e di servizio ai nostri connazionali all'estero, con il compito preciso di monitorare lo stato delle convenzioni di sicurezza sociale vigenti, di verificare la loro compatibilità con le modifiche intervenute nel nostro sistema previdenziale e l'eventuale conseguente necessità in alcuni casi anche di rinegoziarle, di verificare inoltre, a fronte di questa nuova mobilità internazionale di lavoratori e lavoratrici, sia in uscita che in ingresso in Italia, la necessità di stipulare nuovi accordi bilaterali di sicurezza sociale, completando così un quadro giuridico di salvaguardia dei diritti sociali, aggiornando anche quelli in vigore, a garanzia di una più adeguata ed efficace tutela previdenziale. Devo dire che questo percorso – e voglio darne atto al Governo – per la prima volta è ripartito e sono stati ratificati recentemente da questo Parlamento importanti accordi bilaterali e multilaterali che da anni attendevano un'approvazione – ho fatto riferimento prima al Canada, ma anche a Israele – e ciò lo dobbiamo ad una nuova sensibilità e ad una rinnovata attenzione da parte dei Ministeri del lavoro e degli affari esteri, ma anche a un lavoro incessante da parte di questo Parlamento. 
Presidente, colleghi, signor sottosegretario, il gruppo parlamentare del mio partito, del Partito Democratico, voterà quindi con convinzione questa mozione e lo farà nel nome di milioni di italiani nel mondo, ma anche di tantissimi lavoratori stranieri che ormai da anni vivono e lavorano nel nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).