Dichiarazione di voto
Data: 
Mercoledì, 25 Gennaio, 2017
Nome: 
Alessia Rotta

 

Presidente, grazie. La novità di oggi è che l'onorevole Di Battista parla di lavoro. Speriamo, poi, sappia trovarne anche uno, evidentemente (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico - Commenti dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Capiamo bene che Floris lo ha abituato male, però, dopo lo show di oggi, dopo questa breve lezione di storia, – mi rivolgo, appunto, a lei, per suo tramite, Presidente – sarebbe meglio che l'onorevole Di Battista la lezione in tema di voucher la facesse al sindaco Appendino, per esempio. 
Ma torniamo, dunque, alle cose serie, perché lo show ad uso del sacro blog e dei click diretti deve terminare. Parliamo delle cose serie e del lavoro che questo Parlamento ha fatto sul tema del lavoro. Si tratta di un lavoro che non è concluso, perché occorre affrontare seriamente questo tema; seriamente, non per lo slogan e inesattezze, come quelle che abbiamo sentito ora: per esempio, come questo referendum dovrebbe abolire il Jobs Act. Lo diciamo subito, in apertura: i quesiti legittimati dalla Corte non hanno nulla a che vedere con il Jobs Act. Lo diciamo e ci rendiamo conto che è difficile comprenderlo o ripeterlo da parte di chi in quest'Aula parla senza mai aver affrontato il tema del lavoro con serietà, cioè affrontando le Commissioni e le votazioni in Aula. Dicevo che affrontare il dualismo del mercato del lavoro italiano, per scardinare la consuetudine della precarietà, richiede costanza e coerenza nelle politiche economiche adottate. «Coerenza» è una parola bella non solo da dire, ma è una parola che ha bisogno di conseguenza. In questa logica, abbiamo apprezzato l'iniziativa del Governo attuale di proporre alla discussione di questo Parlamento una disciplina organica di tutela del lavoro autonomo, che si aggiunge a quanto fatto sotto il profilo fiscale e previdenziale. Queste sono tutele e garanzie per chi non le ha mai avute nel nostro Paese ed è giusto ricordarlo. 
Però, certo, questo non è l'unico cantiere aperto per scongiurare la trappola della precarietà, che noi abbiamo coerentemente combattuto in ogni nostro provvedimento, come mi appresto a ricordare. Però, proviamo prima a mettere in fila misure e dati, ovvero i fatti. Ricordiamone alcuni in questa complessa fase – voglio ricordarlo – di faticosa fuoriuscita da una recessione epocale. Lo dico in apertura: sono dati importanti, che segnano un'inversione di tendenza, ma non sono sufficienti, vista la grande crisi. I posti di lavoro per nessun Governo in nessuna epoca si creano con le leggi e neppure con gli annunci che, purtroppo, anche nei Governi precedenti sono stati fatti, ingannando le persone. 
I dati sono che, sul piano dell'occupazione, si sono registrati 650 mila posti di lavoro in più e, rispetto a quello che ho sentito poco fa dagli onorevoli 5 Stelle, che hanno proceduto, se questa è una distruzione, bene, cambiamo il vocabolario. Di questi posti di lavoro in più, due terzi sono a tempo indeterminato. C’è un calo degli inattivi di 660 mila unità rispetto al 2014. Vi è stata la riduzione di un punto del tasso di disoccupazione generale e di 4 di quella giovanile. Basta ? No, certo che non basta. Ma questi dati dicono dell'azione riformatrice intrapresa dal Governo Renzi e da questa maggioranza; dicono del lavoro del Jobs Act; dicono delle misure economiche prese nelle leggi di stabilità. 
Vorrei aggiungere anche altri dati, che dicono di un contesto riformatore necessario per un terreno favorevole a nuova occupazione. Quante volte in questi giorni, su queste mozioni, abbiamo sentito parlare di quanto siano importanti gli investimenti ? Ebbene, le imprese non finanziarie hanno aumentato gli investimenti fissi lordi di quasi il 4 per cento: è il più grande balzo dal 2010. Cito solo questo dato per dire che quando si parla di occupazione ci vuole questo: ci vogliono investimenti. Allora, questo dato mi pare significativo. 
Arrivo alla discussione di queste mozioni in Aula, che, appunto, ci interessa perché ci dà il modo e la possibilità di affrontare, una volta di più, un tema che ci interessa particolarmente, quello della creazione del lavoro e del lavoro stabile. Voglio ricordare, anche in questa sede, che all'interno del Jobs Act un articolo prevede proprio la misurazione degli effetti e il controllo costante della nostra legislazione, a dire che il monitoraggio è costante, che lo abbiamo voluto noi e, quindi, non abbiamo paura dei risultati, non abbiamo paura di modificarlo. 
Ce ne siamo occupati, dunque, ben prima degli esiti del referendum proposto, che noi rispettiamo. Parimenti, chiediamo rispetto. Abbiamo molto rispetto di 3 milioni di persone che hanno firmato, abbiamo rispetto dei sindacati e pretendiamo anche rispetto e correttezza, perché in questo periodo purtroppo non abbiamo assistito ad un dibattito onesto. Lo ripeto e l'ho ribadito: il referendum non riguarda norme o modifiche normative introdotte dal Jobs Act, perché purtroppo ne abbiamo sentite davvero troppe. Come è noto lo strumento del voucher era stato introdotto per contrastare la proliferazione del lavoro sommerso e irregolare. Il lavoro nero ha molte sfaccettature – lo sappiamo bene – e per questo richiede vari strumenti e anche in questo senso vorrei ricordare la coerenza del Governo Renzi che ha combattuto questa battaglia: lo dimostrano i fatti e gli strumenti. Ad esempio le norme di contrasto al caporalato, la vigilanza preventiva dell'Anac sugli appalti: sono strumenti necessari a cui si aggiungono i voucher. Tuttavia va ricordato e non ci sfugge che l'impennata del loro utilizzo risulta dalla progressiva liberalizzazione intervenuta tra il 2009 e il 2013: quindi prima con la liberalizzazione dei settori e poi con la soppressione dell'occasionalità. L'uso distorto dei voucher entra in contraddizione con i nostri obiettivi, con gli obiettivi che ci siamo prefissi con il Jobs Act e non solo. Ma è anche un'occasione questa per dire cosa non sono i voucher o, meglio, cosa abbiano a che fare i voucher con il Jobs Act perché è importante che non si venda il fumo e non si trovino nuovi simboli e nuove bandiere che tali non sono, perché purtroppo capita molto spesso, soprattutto non conoscendo nel dettaglio la materia, che si confonda il problema con gli strumenti e i presenti con i responsabili (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Il Governo Renzi ha introdotto la tracciabilità, già identificata e contenuta in un decreto attuativo di ottobre, per combattere gli abusi e aiutare il monitoraggio perché – questo è un punto fondamentale – il nostro obiettivo è quello di ricondurre i voucher all'occasionalità con la quale erano stati pensati. Per farlo il monitoraggio ci serve a fare scelte migliori perché la tracciabilità fa proprio questo: cancella l'abuso più odioso che se il datore di lavoro non è preciso, per usare un eufemismo, nell'indicazione degli orari, il voucher servirebbe a coprire e a non fare emergere il lavoro nero come noi vogliamo. Ricordando i dati – è stato fatto in questa sede non solo questa mattina ma più volte – solo nella vendita dei 134 milioni di voucher nel 2016, che corrispondono a 1,5 milioni di persone, considerando l'ammontare del numero dei voucher, si contano 75.000 persone impiegate a tempo pieno pari allo 0,45 per cento del totale del costo complessivo del lavoro in Italia. Ho voluto ricordare solo questo dato perché così smentiamo un'altra post-verità: il fatto che l'occupazione in questo Paese cresca o venga gonfiata attraverso i voucher. Dobbiamo però continuare – lo dico di proposito perché lo abbiamo già fatto – a prestare massima attenzione sugli abusi che fanno deviare nell'utilizzo originario dei voucher perché non ci sfugge e ci fa riflettere la discrepanza nel 2015 tra i 115 milioni dei voucher venduti e gli 82 milioni usati dovuta a chi pensava di poterli usare forse tenendoli nel cassetto e per coprire il lavoro nero. Ebbene tutto questo non è più possibile grazie a quanto è stato introdotto dal nostro Governo. Ci è anche chiaro che l'estensione dell'applicazione in alcuni settori, l'industria e l'edilizia, è pericolosa perché noi dobbiamo scongiurare – non lo vogliamo e lo abbiamo dimostrato – l'effetto di sostituzione rispetto ai tradizionali contratti di lavoro subordinato, a tempo determinato e indeterminato. Ma d'altra parte sappiamo che in questa battaglia non siamo soli: vogliamo ricordare nel settore dell'edilizia gli stessi imprenditori assieme all'Ance sostengono che i voucher debbano essere banditi perché sleali, fautori di una concorrenza sleale rispetto al costo del lavoro. La tracciabilità introdotta fornisce già alcuni segnali positivi che certo non bastano. Gli ultimi dati rilasciati dall'osservatorio INPS per la fine del 2016 confermano il blocco della crescita dei voucher dopo l'introduzione della tracciabilità e questo dato è in assoluta controtendenza dopo che l'incremento delle vendite è continuato negli ultimi cinque anni con un più 23,9 per cento su base annua nell'ultimo anno. Noi siamo per analizzare in fondo tutti i dati – come ho detto e ripeto – anche quelli sui licenziamenti, anche quelli sulla loro correlazione rispetto alle dimissioni in bianco: non abbiamo paura di analizzarli e di eliminare gli abusi. Tuttavia, essendo consapevoli che questo non basta, vogliamo fare una differenza che reputiamo importante sullo strumento e sul cattivo uso dello strumento per eliminare gli abusi. Perché pensiamo che lo strumento dei voucher possa essere e si riveli uno strumento utile – vorrei dire – migliore e più propriamente del lavoro accessorio ? Perché mi chiedo – sto concludendo, Presidente – che fine farebbero i due percettori di voucher su tre, cioè i lavoratori dipendenti titolari della Naspi e pensionati ? Conosciamo bene la risposta: che fine farebbero ? Finirebbero nel lavoro nero: vietare tout-court l'uso dei voucher allo stato delle cose vorrebbe dire lasciare priva di regolazione una fetta di mercato del lavoro. 
Condividiamo però fortemente l'esigenza di modificare la disciplina ma la condividiamo, voglio ricordarlo, da ben prima del referendum della CGIL che rispettiamo pienamente, lo ripeto, e gli atti della nostra Commissione lavoro lo confermano come le diverse proposte di legge depositate in discussione. Noi crediamo in fondo che il voucher debba tornare alla funzione originaria cioè quella di essere strumento per l'emersione del lavoro nero. Perciò chiediamo al Governo di assumere iniziative come indicato nella nostra mozione sulle materie in discussione anche tenendo conto delle proposte di legge già depositate in Parlamento