Illustrazione
Data: 
Martedì, 25 Settembre, 2018
Nome: 
Luciano Nobili

Grazie, Presidente. Innanzitutto mi consentirà una premessa: sono qui da pochi mesi, ma ho già imparato che in quest'Aula e in questa legislatura è molto difficile, molto difficile, stare al merito delle questioni. Sono quattro mesi che proviamo, come Partito Democratico, a condurre un'opposizione severa, serrata, ma sempre rispettosa delle istituzioni e sempre sul merito delle questioni.

Ebbene, dal tribunale di Bari, dove siamo al punto di partenza, come dicevamo noi, al decreto Di Maio, avevamo previsto quello che sta accadendo, che avrebbe comportato la perdita di oltre mille posti di lavoro al giorno, dalla tragedia di Genova, dove dopo oltre 40 giorni non sappiamo cosa il Governo ha intenzione di fare, non si è fatto nulla, non sappiamo nulla, fino al “milleproroghe”, che ha comportato la vergogna sui vaccini, che ha comportato lo scippo alle periferie urbane, anche a quelle di Roma: strumenti e provvedimenti ai quali abbiamo provato a opporci con tutte le nostre forze, sempre cercando di mantenere la nostra opposizione sul merito delle questioni. E lo facciamo ancora oggi, presentando questa mozione, che è il nostro contributo su un tema cruciale per il Paese, la sua capitale; e lo facciamo consapevoli di una, immaginiamo, mancanza assoluta di sensibilità sul tema da parte di una maggioranza a trazione leghista; e lo facciamo anche sulla base della consapevolezza della clamorosa inadeguatezza della classe dirigente che guida oggi la capitale, a partire da una sindaca ormai debolissima, incapace di assicurare l'ordinaria amministrazione, figurarsi la progettazione del futuro.

Un'amministrazione, si badi bene, alla quale il PD, dal giorno dopo le elezioni amministrative, ha offerto la propria disponibilità e ha teso la mano in un'opposizione, anche lì, serrata, ma nella disponibilità totale a ridiscutere insieme gli strumenti di governance della capitale, il suo status, il suo ordinamento, perché eravamo e siamo consapevoli che, al di là della inadeguatezza evidente di chi guida oggi la capitale, oggi gli strumenti legislativi a disposizione di chi è in Campidoglio non sono sufficienti e non sono all'altezza di una capitale internazionale. Lo ha fatto anche il nostro Governo nei cinque anni che abbiamo avuto a disposizione, anche con l'amministrazione 5 Stelle a Roma, anche, da ultimo, con il Governo che ha implementato, preparato e offerto alla città un piano per il rilancio economico della capitale, piano apprezzato dalle imprese e dai sindacati romani e rispedito al mittente dal Campidoglio.

Abbiamo ricevuto solo irridenti dinieghi e siamo ancora qui, ancora pronti a lavorare per la capitale. Quando parliamo di Roma, di cosa parliamo? Parliamo di una capitale che ha delle caratteristiche che conosciamo, importanti, fondamentali, ospita due Stati, ospita un'agenzia delle Nazioni Unite, tantissime rappresentanze diplomatiche. Parliamo dell'unica capitale europea, però, che non ha uno strumento legislativo, un ordinamento all'altezza delle sfide dei nostri tempi. Parliamo degli strumenti - Londra, Parigi, Bruxelles, Berlino: sono state richiamate molte esperienze negli interventi che mi hanno preceduto - che comportano speciali prerogative amministrative, che comportano elevati livelli di autonomia, poteri speciali, dotazioni finanziarie speciali, che arrivano in alcuni casi da contributi diretti dello Stato, in alcuni casi da deleghe particolari, adeguate, di autonomia fiscale; in alcuni casi, addirittura, potestà legislativa in alcuni settori.

Roma è, come sapete, un patrimonio dell'umanità, un bene mondiale per quello riguarda il livello impareggiabile dei suoi beni storici, archeologici, culturali, per il suo patrimonio ambientale e paesaggistico. E soprattutto parliamo, e anche questo è un tema speciale e specifico di Roma, di una capitale vastissima. Parliamo di 1.290 chilometri quadrati: è il più esteso comune europeo, è grande quanto le principali nove città italiane, questo è oggi Roma.

E Roma nel tempo ha avuto una crescita urbanistica anche molto disordinata. Questo comporta, come immaginate e come sapete, che la realizzazione, la gestione e la manutenzione di tutte le reti dei servizi fondamentali, dal trasporto alla motorizzazione urbana, dall'acqua ai rifiuti, e i servizi secondari, le scuole, le strutture sportive, la sanità, siano molto più costose e molto più difficili da garantire.

A questa estensione territoriale enorme si aggiungono le specificità che Roma ha acquisito con il suo nuovo status di città metropolitana, con i comuni della sua cintura, con uno sviluppo urbanistico e degli insediamenti che sono aumentati molto anche nella sua periferia. Pensate che, negli ultimi trent'anni, i comuni della cerniera di Roma hanno visto incrementare di 600 mila unità la propria popolazione. Pensate che oggi i cittadini romani che vivono oltre i confini del Grande raccordo anulare sono quasi un milione. Cittadini che ricevono oggi da Roma servizi inadeguati, forse i peggiori in Italia, e tassazione altissima, forse la più alta d'Italia.

Per questo Roma è anche una capitale economica, ambirebbe ad esserlo, seppure affronta ormai un decennio di crisi profonda. I recenti dati della camera di commercio offrono questa fotografia, la fotografia di una città a metà, con elementi di vitalità oggettivi, l'aumento del numero delle imprese, e con una perdita, invece, di ricchezza altrettanto oggettiva, che ormai riguarda ogni zona della città, ogni quadrante, ogni quartiere, ogni classe sociale.

E anche il numero di imprese che nascono, sono in alcuni casi delle start-up innovative, c'è un tessuto interessante a Roma: pochi sanno che Roma non è più la città dei Ministeri e della pubblica amministrazione, Roma è una città anche con grandi capacità di innovazione. Roma ospita il secondo incubatore per grandezza di start-up innovative d'Europa; eravamo primi, ora siamo secondi perché Parigi ha fatto meglio.

In questo quadro, però, c'è la crescita di un'impresa, i numeri della camera di commercio parlano di un aumento delle imprese, ma sappiamo che in molti casi si tratta di piccole imprese di sopravvivenza, in settori a basso indice di innovazione e, appunto, con la possibilità di ricavi e di crescita limitatissimi.

E poi Roma, anche a causa dalla mancanza di poteri e di un ordinamento all'altezza del suo ruolo, perde grandi treni internazionali: oggi sappiamo che la competizione globale non è più fra Stati, è ormai fra città, fra grandi capitali, è dentro le aree urbane che si concentra la maggioranza della popolazione, che si concentra la maggioranza degli investimenti pubblici e privati, dai progetti e dai piani di investimento dell'Unione europea a quelli dei grandi investitori privati. C'è una tabella di McKinsey che censisce le 125 città che oggi si ripartiscono un terzo del PIL mondiale: lì Roma non c'è, non c'è perché non ha gli strumenti adeguati.

Parliamo, infine, di un dibattito, quello sull'ordinamento e sullo status di Roma Capitale, ormai antichissimo, perché dalle prime sedute del Parlamento il tema della capitale e del suo ruolo è stato oggetto di una lunga discussione, anche se non ha mai portato ad un'organica riforma, che è quella che manca e che continua a mancare.

È stato detto, abbiamo riformulato l'articolo 114 della Costituzione, quindi riconoscendo a Roma, ancora meglio, ancora più solennemente in Costituzione il suo ruolo di capitale, ma a fianco di questo non sono mai maturate le condizioni perché il Parlamento, perché il Governo producessero degli strumenti legislativi che garantissero a Roma davvero questo status.

Sono stati menzionati da chi mi ha preceduto alcuni degli interventi più recenti su Roma. Penso all'intervento del Governo Berlusconi nel 2008: un intervento che ha sì portato delle risorse, in quell'operazione spericolata e di dubbia riuscita come la gestione commissariale del debito, di cui forse sarebbe bene ragionare insieme. Quell'operazione ha portato delle risorse a Roma, oltre ad un aumento della pressione fiscale per i cittadini della capitale; quelle risorse non hanno prodotto i risultati sperati, perché quelle risorse, soprattutto negli anni dell'amministrazione Alemanno e negli anni dell'amministrazione Raggi, hanno portato soltanto ad aumenti di spesa corrente, e quasi mai invece ad investimenti in conto capitale e ad investimenti che sarebbero serviti a dotare Roma delle infrastrutture di cui ha bisogno.

Quell'intervento peraltro ha cancellato sostanzialmente la legge per Roma Capitale, quella del 1990, che rimaneva uno strumento importante, l'unico della storia repubblicana di garanzia di un finanziamento e di una dotazione annuale stabile per la capitale.

E poi nel 2014 - grazie anche ai Governi del Partito Democratico e a causa anche del fatto che quell'intervento del 2008 non aveva risolto i problemi del debito di Roma, perché, pur avendo accantonato tutto il debito storico, Roma ha continuato a produrre debito - siamo intervenuti con uno strumento importante, che è stato il piano di rientro dal debito della capitale, e con il finanziamento che noi abbiamo garantito a Roma, l'unico finanziamento che oggi riceve stabilmente, questi 110 milioni di extra-costi che vengono riconosciuti a Roma in qualità di capitale d'Italia. Che sono assolutamente insufficienti per quelle che sono le potenzialità e le necessità della capitale, ma all'interno di quel piano - lo hanno evidenziato i nostri Governi anche nell'ultima fase - il comune di Roma, soprattutto negli ultimi due anni, non ha rispettato i patti, perché il piano di rientro prevedeva, soprattutto sul piano del riassetto strategico delle aziende del comune di Roma, una serie di interventi che non sono stati realizzati: anche su questo vorremmo che il Governo intervenisse e monitorasse quello che è accaduto.

È importante farlo, occorre ripartire da quello che è accaduto a Roma in questi anni, dalla mole di interventi spesso disordinati che hanno interessato la capitale: perché flussi di risorse dal Governo nazionale sono arrivati spesso in occasioni di eventi importanti dal punto di vista culturale, sportivo, religioso, dalle Olimpiadi del 1960 al grande Giubileo del 2000, momenti che hanno aiutato la capitale ad essere protagonista del suo sviluppo e a rilanciarsi con forza.

Però tutto questo oggi non basta: c'è bisogno di uno sforzo comune per rilanciare un impegno per la capitale. Questo sforzo noi siamo disponibili a farlo, a partire da alcune consapevolezze, che ci sono dei problemi enormi che non vengono affrontati. Nella nostra mozione uno degli accenti più rilevanti lo mettiamo sulla condizione e sulla situazione di ATAC, l'azienda di trasporto pubblico del comune di Roma: un'azienda che ha prima visto il suo debito trasferito nella gestione commissariale durante la gestione Alemanno, poi questo debito è tornato a gravare nei bilanci dell'azienda stessa; in ogni caso oggi questa azienda è davanti al giudice fallimentare, e lo è anche a causa dell'irresponsabilità di chi guida il Campidoglio oggi. E oggi ci troviamo di fronte a un'amministrazione che non è in grado di garantire l'essenziale, non è in grado di garantire servizi di ordinaria amministrazione: il trasporto, la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti, la sicurezza delle nostre strade. Per questo, a fronte di un impegno che noi dobbiamo provare a raccogliere insieme… Anche se certo la maggioranza che oggi guida il Paese non è una maggioranza che ha mai indotto o favorito uno sforzo concorde e un'unità di intenti nell'interesse della capitale, non si vede perché dovrebbe farlo chi ha passato la propria carriera politica a gridare “Roma ladrona”.

Detto questo, nella nostra mozione chiediamo delle cose ben precise. Primo, di relazionare alle forze parlamentari rapidamente lo stato della situazione della gestione commissariale del debito, e contestualmente di relazionarci sullo stato della realizzazione degli obiettivi del piano di rientro 2014, perché a quello che ci compete sapere quegli obiettivi non sono stati raggiunti, e quindi il Campidoglio è carente da questo punto di vista. Allo stesso tempo, chiediamo al Governo di assumere interventi importanti e strategici per rilanciare il ruolo della capitale e per intervenire nei settori che ho menzionato, dal trasporto pubblico locale alla gestione dei rifiuti, dove i problemi in città sono esplosivi. Chiediamo al Governo e alle forze parlamentari di intraprendere in questo sforzo comune un lavoro per la produzione, per la realizzazione di una legge speciale per Roma: una legge che può avere questa forma, oppure la forma di qualsiasi altra iniziativa di riforma dell'assetto istituzionale di Roma, ma che proceda una volta per tutte al riconoscimento e al conferimento a Roma dei necessari poteri e delle necessarie attribuzioni per svolgere pienamente il suo ruolo di capitale. Infine chiediamo al Governo di assumere un'iniziativa affinché, all'interno della spoliazione e dello scippo avvenuti nel “milleproroghe” dei fondi per le periferie, i 40 milioni di euro destinati a Roma… Sto chiedendo io di ripristinare soldi per un'amministrazione a 5 Stelle, perché per noi Roma viene prima della bandiera politica; e quei 40 milioni a Roma servono, servono a Roma e servono ai comuni del suo hinterland, servono per opere strategiche nelle nostre periferie. Ed è importante che quei fondi vengano restituiti, perché senza il minimo necessario è inutile ragionare di grandi progetti. Ci siamo, avanziamo queste proposte, siamo pronti a raccogliere i contributi di tutti e siamo pronti a partecipare, qualora ve ne fossero le condizioni, a uno sforzo concorde nell'interesse di Roma. Lo facciamo con una consapevolezza e con una paura: con la consapevolezza che ogni sforzo, ogni sforzo che quest'Aula, che il Governo possono destinare alla capitale del nostro Paese è uno sforzo destinato all'intero Paese e a tutta la comunità nazionale; e anche con la paura che però ci troviamo di fronte all'ennesimo dibattito inutile di questa legislatura, perché Roma non potrà salvarsi finché non avrà una classe dirigente all'altezza delle sfide che la attendono. Una classe dirigente che non abdichi in maniera plateale al ruolo di capitale di Roma, come ha fatto l'amministrazione Raggi con la rinuncia a una candidatura olimpica praticamente già ottenuta che ha significato perdere risorse importantissime, e che ha significato rinunciare anche a livello globale al ruolo di capitale. Ha detto una volta Flaiano: vivere a Roma...