Discussione sulle linee generali
Data: 
Martedì, 1 Luglio, 2014
Nome: 
Emanuele Fiano

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La ringrazio, Presidente. Sono effettivamente ore particolari in cui caliamo questo nostro dibattito parlamentare, come ha appena ricordato – e lo ringrazio – l'onorevole Scotto. Sono le ore in cui è stato scoperto il barbaro omicidio di tre ragazzi israeliani, uccisi in quanto israeliani – e anche a loro e alle loro famiglie, ovviamente, va il mio personale cordoglio e l'augurio che a loro sia lieve la terra e che sia benedetto il loro ricordo – e le ore in cui si fa sempre più pressante la preoccupazione internazionale per l'attività e per i propositi della cosiddetta «coalizione ISIS», per questa idea di califfato, di nuovo califfato, che si espanderebbe su una parte molto cospicua delle terre orientali e del nord Africa a noi vicine.
  Sono ore, dunque, nelle quali la drammaticità della cronaca interseca questioni di diritto e di principio che sono esplicitate nelle mozioni che oggi discutiamo. Sono ore nelle quali probabilmente, come mi pare volesse dire anche il collega Scotto, l'idea dell'integralismo, del fondamentalismo religioso riluce ai nostri occhi con più chiarezza quando questa idea di integralismo religioso veste i panni di una forza militare espansiva. Il pluralismo delle convinzioni religiose, ma anche secolari, come scriveva John Rawls, è la precondizione della democrazia e la democrazia deve poi impegnarsi a realizzare e mantenere tale pluralismo. La pacifica convivenza tra i popoli è possibile non eliminando lo spazio che occupa la religione nella sfera pubblica né assolutizzando quello spazio, cosa che invece avviene in tutti i casi che sono stati individuati, per esempio, nella mozione che porta la prima firma della collega Binetti, dalla Nigeria al Pakistan, ma comprendendo il posto esatto che la religione occupa o può occupare nella vita degli uomini.
  Purtroppo il quadro descritto nella premessa della mozione che porta la prima firma della collega Binetti e che anche la stessa collega ha ripetuto qui oggi nel suo intervento è tragicamente dettagliato e ci consegna l'immagine di una parte del mondo in cui il pluralismo religioso e non solo è combattuto. I casi che sono citati sono quelli in cui più fonti religiose esterne limitano l'autonomia dello Stato e dunque impediscono che lo Stato assicuri il pluralismo confessionale. Non essendo ora possibile – e comunque in parte è già stato fatto – addentrarsi in un ragionamento sul rapporto tra Islam e democrazia, dibattito che pure andrebbe fatto visto il posto e lo spazio che oggi l'Islam occupa anche nelle società occidentali per l'effetto delle migrazioni, mi limito a constatare che le persecuzioni per motivi religiosi, un tempo purtroppo presenti anche in Europa, rappresentano la negazione ab origine di un diritto fondamentale tanto nella sua declinazione individuale quanto in quella collettiva e associata. Non si tratta infatti di discutere, come pure è lecito fare nell'ambito di ordinamenti pianamente liberaldemocratici, di come concretamente si articolino i rapporti Stato-Chiesa oppure di quale modello di laicità meglio si attagli ad un determinato ordinamento, per esempio laicità uguale alla libertà delle religioni rispetto all'ordinamento statale oppure se questa significhi totale indifferenza dello Stato e della sfera pubblica rispetto al fenomeno religioso. Si tratta invece di contrastare l'intolleranza religiosa nelle sue forme più violente e disumane, che generano una limitazione del pluralismo religioso e una privazione di quella libertà che è stata una delle prime ad affermarsi nell'ambito del costituzionalismo liberaldemocratico, seguita poi dalla libertà di coscienza e dalla libertà di manifestazione del pensiero.
  Come è già stato detto e come è importante ribadire, a livello internazionale la libertà religiosa è riconosciuta nell'articolo 18 della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo dell'ONU ed è stata oggetto anche di una più ampia dichiarazione ad hoc dedicata all'eliminazione di tutte le forme di intolleranza e di discriminazione fondate sulla religione o il credo, adottata dall'Assemblea generale dell'ONU il 25 novembre 1981, il cui articolo 1 stabilisce che nessun individuo sarà soggetto a coercizioni di storta che pregiudichino la sua libertà di professare una religione o un credo di propria scelta. Il quadro descritto dalla mozione con la prima firma dell'onorevole Binetti è proprio quello di un mondo dove, soprattutto a causa delle organizzazioni dell'Islam radicale, tanti non musulmani ed in particolare, anche se non solo, cristiani vengono perseguitati. Come appunto dicevo, il quadro delineato nella premessa di questa mozione è completo e dettagliato. Potremmo aggiungere a questo il rapporto 2014 della United States Commission on international religious freedom (USCIRF), una commissione bipartisan di nomina parlamentare e governativa che ha individuato alcuni Paesi nei quali vengono perpetrate da differenti soggetti alcune violazioni della libertà religiosa particolarmente gravi. Tra questi nel rapporto del 2014 questa Commissione ha segnalato particolari preoccupazioni, particular concern, per i seguenti Paesi: Arabia saudita, Birmania, Cina, Corea del nord, Egitto, Eritrea, Iraq, Iran, Nigeria, Pakistan, Siria, Sudan, Tagikistan, Turkmenistan, Uzbekistan, Vietnam. Tuttavia mi pare che il giudizio sugli avvenimenti di cui parliamo in quei Paesi sia comune a tutto il Parlamento e diversa è la reazione che le due mozioni che sono qui state presentate propongono a tutto ciò che accade in questi Paesi.
  Noi non condividiamo la reazione che propone la mozione Giorgetti. In un passaggio degli impegni governativi quella mozione propone di sospendere ogni accordo o rapporto multilaterale verso i Paesi nei quali è applicata, anche parzialmente, o su porzioni di territorio, la legge islamica. Questo impegno, generale o generico, non tiene conto delle differenti situazioni sociali e politiche esistenti in quei Paesi, dando per scontato che tutti i Governi siano, a priori, conniventi o scarsamente oppositori di quelle milizie islamiche radicali che, per esempio, in quei Paesi fanno dello strumento dell'applicazione integralista della legge coranica un elemento della propria identità, e ancora più dando per scontato che sia, comunque, sempre facile individuare un Governo da punire, con le proposte che quella mozione suggerisce come impegno al Governo. Quale sarebbe, dunque, il risultato di un impegno sostanzialmente generico, se non quello di aumentare l'isolamento di Governi, legittimi in alcuni casi, che rimarrebbero ancora più soli dinanzi alla avanzata delle milizie paramilitari, oppure di abbandonare la popolazione a se stessa ?
  Condividiamo, invece, l'approccio della mozione che reca la prima firma della collega Binetti, che chiede al Governo impegni internazionali ed europei multilaterali di carattere politico-culturale. Ci preme, però, solo fare una precisazione, sottolineare un punto che suggeriremmo avesse un diverso svolgimento nel dispositivo, che è quello che tratta la questione della reciprocità in materia di libertà religiosa tra noi e i Paesi che abbiamo prima menzionato e nei quali la libertà religiosa non esiste. In particolare, per quanto concerne l'edificazione dei luoghi di culto delle minoranze religiose, tema rispetto al quale, una maggiore chiarezza di quel testo sarebbe auspicabile. Occorre utilizzare il concetto di reciprocità con molta attenzione, anche rispetto al nostro dettato costituzionale, che sancisce la difesa di determinati diritti, a prescindere da altre condizioni, per esempio dei Paesi di provenienza delle persone che in questo Paese risiedono. La reciprocità, o, più esattamente, la conformità di tutti i Paesi agli standard, esigenti, delle dichiarazioni internazionali va perseguita con forza come obiettivo politico, purché essa non venga cristallizzata in formule giuridiche. In altre parole, qualcuno potrebbe interpretare questa reciprocità non soltanto in senso positivo, come certamente fa la mozione dell'onorevole Binetti, ma anche in senso negativo, declinando la reciprocità in termini giuridici, punendo i cittadini di fede islamica che vivono in Italia, molti dei quali ovviamente cittadini italiani, perché gli Stati islamici negano tali diritti, per noi fondamentali, alle minoranze di questi Paesi.Chiediamo, quindi, un'attenzione a quel passaggio sulla reciprocità, pur nella convinzione che i temi trattati in questa mozione siano preziosi per il nostro dibattito politico.