Grazie, Presidente, onorevoli colleghe e colleghi. Immaginate per un attimo come sarebbe la nostra vita oggi, durante questa orribile pandemia, se non avessimo il digitale: dalla quarantena, che trascorriamo e abbiamo trascorso isolati dalla famiglia e dalla comunità e tagliati fuori dal mondo del lavoro, ai gravi problemi di approvvigionamento. Del resto, come ben sappiamo, così fu 100 anni fa, per chi si trovò ad affrontare quell'ultima grande pandemia. Un secolo dopo però la tecnologia moderna è giunta a consentire ai giovani di apprendere a distanza e a milioni di persone di lavorare da casa. Abbiamo visto svolgersi, nell'arco di poche settimane, un processo di innovazione e trasformazione digitale: questo diceva Ursula von der Leyen nel discorso sullo stato dell'Unione il 16 settembre e ancora, pochi giorni fa, Paolo Gentiloni ha affermato: “La pandemia sta spingendo la digitalizzazione dell'Europa. Il sistema produttivo si sta riorganizzando e la digitalizzazione sta avvenendo 25 volte più velocemente rispetto ai ritmi precedenti alla pandemia”. La grave situazione di emergenza sanitaria che si è abbattuta sull'Italia ha rivoluzionato la vita e il lavoro degli italiani e ha evidenziato quanto, tutto sommato, siamo capaci di adattarci velocemente ai cambiamenti. Questo passaggio ha mostrato un forte cambio culturale, quello che serve per intraprendere il percorso di digitalizzazione. Nella crisi ci siamo trasformati, la tecnologia ci ha aperto verso nuove frontiere, mentre il virus ci chiudeva nelle nostre case. Il Governo ha investito in questi mesi più di 100 miliardi e il Parlamento ha approvato qualche giorno fa la relazione della Commissione Bilancio che individua le priorità sull'utilizzo dei fondi per il Recovery Fund, dunque oggi abbiamo tutti gli strumenti per affrontare la sfida che ci ha lanciato l'Europa, ma dobbiamo essere in grado di misurare l'impatto di questi interventi. Se dobbiamo fare nei prossimi dieci anni quello che è stato definito il decennio digitale europeo, ogni euro investito nei prossimi finanziamenti nazionali ed europei deve essere misurabile nel percorso della transizione digitale. Non è un caso che questo punto l'abbiamo approvato nella relazione della Commissione Bilancio quando abbiamo detto che il digitale non può essere un fatto verticale, ma deve essere un tema trasversale, che riguarda, sia pure in modo differenziato, tutte e sei le missioni di intervento. D'altra parte, se vogliamo ottenere questo impatto strategico, dobbiamo andare oltre i segmenti. Per questo, considero essenziale - e come Partito Democratico abbiamo sottoscritto e voteremo a favore - l'obiettivo che vuole raggiungere la mozione proposta dal collega Invidia del MoVimento 5 Stelle, affinché siano adottate tutte le iniziative normative che prevedano, nel Documento di economia e finanza e negli altri atti di programmazione economica, appositi indicatori del livello di digitalizzazione e innovazione. Questa esigenza l'avvertimmo già nella scorsa legislatura, quando abbiamo istituito la Commissione d'inchiesta sul livello di digitalizzazione, quando ci siamo chiesti: I 5 miliardi all'anno che si investono, che si spendono in Italia sull'informatizzazione e sul digitale che impatto creano? E, allora come ora, eravamo venticinquesimi su 28 negli indicatori DESI e ci chiedevamo allora come disegnare un percorso virtuoso che porti l'Italia almeno tra i primi dieci posti.
Il tema vero riguarda i modelli organizzativi ed i modelli di business: se non acquisiamo questa consapevolezza, soprattutto qui dentro, in quest'Aula, il drammatico venticinquesimo posto che è stato ribadito dagli indicatori DESI 2020 non lo smuoveremo mai.
In particolare, quello che non riusciamo a smuovere, dove addirittura siamo ventottesimi, è il settore delle competenze digitali e del capitale umano. Oggi dobbiamo passare dalle parole ai fatti, utilizzando meglio di come abbiamo fatto finora e già in questa fase algoritmi, Big Data, intelligenza artificiale, parole di cui ci riempiamo la bocca e poi non siamo in grado di fare analisi predittive sull'andamento epidemiologico, realizzando, invece, e monitorando quell'ecosistema digitale in cui devono essere inserite l'Italia e l'Europa. Allora, diventa essenziale, al fine della piena attuazione del progetto strategico Next Generation EU, una visione complessiva di trasformazione smart incentrata sul digitale, sulle reti, sull'innovazione tecnologica e per questo riteniamo essenziale che il PNRR si concentri sulle infrastrutture immateriali dei processi di digitalizzazione, appunto sulle competenze e sulle capacità digitali, che non possono essere solo un patrimonio degli specialisti ma devono diventare patrimonio comune di tutti i cittadini. Ricordiamocelo: non saranno i robot a rubarci il lavoro, ma la scarsa qualità della nostra formazione. Attualmente ancora l'Italia è intrappolata in questo low skills equilibrium. Dunque, un basso livello di competenze e questo genera un circolo vizioso dove la scarsa offerta di competenze è accompagnata da una debole domanda. Il Ministro Manfredi si è reso conto fino in fondo di questa cosa e ha detto l'altro giorno, in occasione del convegno organizzato da Assinform, che è importante arrivare a una strategia condivisa col mondo della ricerca, dell'innovazione e delle imprese puntando sulla competenza.
Dunque, l'ampiezza della sfida davanti a noi ne indica l'orizzonte: l'importanza di prendere decisioni oggi attraverso gli occhi della prossima generazione. Non possiamo consentire che la prossima generazione di italiani europea sia la generazione del lockdown; non possiamo vivere con l'allarme dei dati Istat di una disoccupazione giovanile in crescita. Dobbiamo lavorare perché le riforme garantiscano innanzitutto opportunità per i giovani per colmare il gap generazionale e anche di genere, anche grazie al trasversale contributo dei movimenti dei giovani in favore della transizione verde e digitale. Abbiamo una responsabilità morale e materiale e dobbiamo puntare su innovazione, creatività e coraggio, saper comporre diversi interessi, saper guardare le cose con uno sguardo d'insieme. Sono questi i sentieri su cui la società, la scuola e l'università devono portare i giovani, che sono e saranno i primi agenti e i protagonisti diretti di questo drammatico cambiamento d'epoca che stiamo attraversando.