Data: 
Martedì, 3 Giugno, 2014
Nome: 
Massimo Fiorio

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Signor Presidente, ho sentito le dichiarazioni dei colleghi: hanno utilizzato i termini «eccedenze», «surplus», «invenduto», «spreco», ma qualunque termine scegliamo per definire gli alimenti che finiscono tra i rifiuti si tratta di prodotti che per essere tali hanno richiesto acqua, energia, tempo, terra, risorse naturali, magari anche prodotti chimici e inquinanti, e che per essere trasformati, trasportati e distribuiti hanno richiesto carburanti e un'altra serie di prodotti inquinanti. La produzione di questi alimenti ha prodotto emissioni, il loro acquisto ha necessitato di risorse economiche, la loro conservazione ha consumato energia; e, poi, sono diventati rifiuto e, dal quel momento in poi, hanno riaperto un ciclo di consumo di altre risorse.
  È stato detto che ci troviamo di fronte ad uno degli scandali più paradossali del nostro tempo: come è possibile che in una crisi economica e sociale senza precedenti ci possiamo permettere di gettare via tanto cibo ? Si tratta, secondo le stime, di circa un miliardo e tre tonnellate ogni anno. Un terzo della produzione totale di cibo è destinato al consumo umano. Detto in altri termini, il 43 per cento dell'equivalente calorico dei prodotti coltivati a scopo alimentare a livello globale viene direttamente buttato via.
  C’è un aspetto etico insopportabile: una montagna di alimenti viene sottratta all'alimentazione umana, mentre quasi 900 milioni di persone soffrono la fame in modo drammatico. Certo, si tratta di un paradosso di un mondo che continua a produrre cibo in grande quantità e ne getta via quasi un terzo, mentre c’è un mondo che soffre la denutrizione: un mondo, da una parte, impregnato ormai da una sorta di feticismo del cibo – basti vedere quante trasmissioni di aspiranti cuochi o cuochi ci sono in TV –, ma, allo stesso tempo, un mondo malato da patologie alimentari, in cui sempre più individui soffrono di obesità e sovrappeso e, dall'altra parte, un mondo in cui 200 milioni di bambini sotto i cinque anni soffrono di ritardi nella crescita come conseguenza di una denutrizione cronica infantile e materna, in cui la denutrizione contribuisce a determinare più di un terzo del totale dei decessi dei bambini sotto i cinque anni.
  Questo paradosso di un mondo che iperconsuma calorie in spazzatura o in alimentazione patologica si accompagna ad un altro macroparadosso che riguarda la produzione alimentare: quello che vede le persone in competizione con gli animali e le automobili per il consumo della produzione agricola. Oggi un terzo della produzione cerealicola mondiale è utilizzata per sfamare 3 miliardi di capi di bestiame, a scapito del miliardo di uomini, donne e bambini che non riescono a nutrirsi adeguatamente. Nei soli Stati Uniti, il 43 per cento del raccolto totale di mais è utilizzato per la produzione di biocarburanti per i mezzi di trasporto.
  Tali questioni non potevano non essere la causa di quella che è una vera e propria crisi alimentare che oltre l'aspetto etico paventa una vera e propria crisi di sistema che rende tale impostazione non più sostenibile e che richiede un cambio di rotta nel sistema agroalimentare, nei comportamenti dei cittadini e nelle politiche pubbliche. La soluzione, dunque, è complessa perché dipende dal comportamento di moltissimi attori. La soluzione non potrà arrivare da un singolo Paese o da un singolo soggetto pubblico o privato che sia, ma bisogna che ogni Stato faccia la sua parte. È ora che l'Italia affronti seriamente la questione; tutti gli anelli della filiera agroalimentare sono coinvolti, produzione agricola, industriale, agroalimentare, distribuzione all'ingrosso e al dettaglio, ristorazione; molto si perde e si spreca in quella filiera.
  Prima di una spending review e, forse, più di una spending review, avremmo bisogno di una wasting review che affronti il tema dello spreco del cibo e delle risorse per produrlo. Questa mozione, la mozione presentata dal PD e confluita in quella unitaria, intende portare all'attenzione del Parlamento e del Governo la necessità di un lavoro da intraprendere. Si tratta di un impegno innanzitutto politico, poi economico e sociale che passa necessariamente dalla comprensione delle questioni fondamentali, dove, quanto e perché si spreca, e dalla messa a punto degli strumenti necessari per intervenire sulle cause – la prevenzione – per mitigare gli impatti e per monitorare l'efficienza delle iniziative intraprese.
  Segnaliamo, innanzitutto, la necessità di un sistema in grado di sostenere modelli agricoli sostenibili e strategie del prodotto agricolo che tengano conto della gestione delle eccedenze e che prevedano trasformazione – penso, per quello che riguarda la frutta, ai succhi e alle marmellate – e poi di promuovere politiche nelle maggiori catene distributive che riducano lo spreco attraverso un porzionamento adeguato, attraverso informazioni al consumatore e un packaging meno impattante.
  Particolare attenzione richiediamo in questa mozione verso il tema degli appalti pubblici, delle grandi mense, affinché i capitolati di aggiudicazione prevedano misure di valutazione degli sprechi alimentari. Certamente le politiche nazionali non possono essere sganciate dalle politiche comunitarie; si chiede a tal fine che si consolidi sempre più nell'agenda europea il tema dello spreco alimentare. È di questi giorni la discussione sull'eventualità dell'eliminazione della data di scadenza degli alimenti. Noi non siamo pregiudizialmente contro quella possibilità, pensiamo che però debba essere discussa in Parlamento. Noi crediamo che questa mozione possa e debba portare all'attenzione pubblica quello che è un tema sempre più importante; non possiamo non affrontare in questa fase la questione e crediamo che debba assumere particolare attenzione pubblica. Per questo noi valutiamo positivamente e diamo parere positivo alla mozione unitaria.