A.C. 2168-B
Presidente, il Partito Democratico ritiene necessario introdurre nel nostro ordinamento il reato di tortura, questo è il primo dato che io voglio sottolineare; e darò anche a questo mio intervento un carattere eminentemente politico, perché siamo assolutamente consapevoli che con questo atto si va a colmare non solo un vulnus legislativo, ma un vuoto di natura politica, un vuoto di natura morale e un vuoto di natura civile. I dati che mi portano a trarre queste conclusioni sono stati richiamati dal relatore Vazio: sono trascorsi esattamente 29 anni, dico 29 anni, dalla ratifica italiana, avvenuta 4 anni dopo l'adozione della Convenzione contro la tortura e altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti adottata dalle Nazioni Unite nel 1984. Un lasso di tempo enorme, un lasso di tempo molto lungo, superiore, tanto per avere un ordine di grandezza condiviso, all'età di alcuni dei nostri colleghi più giovani in questa legislatura. È stato senza alcun dubbio un tempo sufficiente a mostrare a noi, all'Europa e al mondo l'esigenza di colmare un vuoto non tollerabile, data la natura del reato e il suo nesso con la qualità di vita democratica.
Questo dato lo testimoniano i numerosi richiami internazionali, mossi in relazione ad episodi molto specifici, lo hanno richiamato anche altri prima di me: come è accaduto con l'ultima condanna della Corte europea dei diritti umani al nostro Paese per i fatti accaduti a Genova (anche qui parliamo ormai di 16 anni fa); e come diffusamente sollecitano l'opinione pubblica e le associazioni da sempre schierate a difesa dei diritti umani. Noi crediamo che il punto sia abbastanza semplice: è tempo di porre fine a questa attesa, è tempo di definire il reato e inserirlo nel nostro corpus legislativo, di mettere un punto fermo dopo i tanti tentativi andati a vuoto nelle scorse legislature, come anche noi rischiamo di fare, dato che siamo già, ormai, in quarta lettura.
Le polemiche che hanno accompagnato questo lungo ping-pong tra le due Camere le conosciamo: alcune di queste ragioni sono fondate, altre decisamente meno. Ho voluto ricordare la storia, il quadro di questo provvedimento a coloro i quali, anche con le migliori intenzioni, hanno chiesto nei giorni scorsi alla Camera di apportare nuove ed ulteriori modifiche per migliorare il testo di legge. Ma io credo che serva un senso di responsabilità molto forte, un senso di responsabilità di tutti, per dotarsi di una norma che consenta di spezzare una ripetizione e ci consenta di affrontare e di avere degli strumenti per affrontare situazioni gravi, di avere strumenti adeguati per farlo e, soprattutto, di levarci la maglia nera in Europa, che ci addita come un Paese che non riesce a trovare una sintesi politica su una materia tanto delicata. Non introdurre il reato - vorrei ricordarlo anche al collega del MoVimento 5 Stelle che ha parlato prima di me - non è una sconfitta di qualcuno: non è additando i cattivi che ci si ritrae dalle proprie responsabilità. Non introdurre questo reato è una sconfitta di tutta la politica: fermarsi solo alla pars destruens, quando sono in gioco materie di questa levatura, davvero non fa onore al lavoro che svolgiamo in quest'Aula.
Ricordo del resto (e non voglio tirare la maglia a nessuno) che ha sollecitato l'intensificazione a condurre in porto questa norma, con la voce autorevole che lo contraddistingue, il Presidente Mattarella questa mattina: oggi, lo vogliamo ricordare (cade molto puntualmente questa discussione), è proprio la giornata dedicata alle vittime della tortura. Ecco, il Presidente Mattarella questa mattina ha sollecitato ogni sforzo per arrivare ad un punto fermo: ha ricordato come, quando sono in gioco questi reati, sono in gioco la libertà personale e la dignità umana, qualcosa che la nostra Costituzione prevede con molta chiarezza nel suo articolo 2; sono in gioco le conquiste civili più importanti di questo secolo. Ecco, su queste materie va messa nero su bianco una parola ferma, e va tenuta ferma.
Potrei aggiungere, e lo aggiungo, che forse non è questo il testo che noi avremmo auspicato, non è quello a cui abbiamo lavorato nella Commissione giustizia in questo ramo della Camera; ma, appunto, con la stessa franchezza dico che non è un ulteriore rinvio a rendere questo testo migliorabile.
Non è necessaria nessuna iniezione di realismo per arrivare ad affermazioni di questo tipo. È testimoniato fattualmente quanto dico da quello che è accaduto a tante altre norme in materia di diritti che hanno avuto letture diverse nei due rami del Parlamento; forse non avremmo mai avuto una norma sulle unioni civili se avessimo continuato un eterno gioco al miglioramento.
Proprio la presidente Ferranti nelle scorse settimane ha ricordato come il meglio spesso è nemico del bene e concordo con lei. Dobbiamo prenderci la responsabilità di far fare un passo in avanti al nostro Paese, perché - questo è il punto - per quanto si possa oggi criticare il testo in Aula, esso rappresenta senza dubbio un passo avanti per l'Italia sul tema del contrasto alla tortura e soprattutto alla tutela delle vittime, perché se non c'è nessun reato di tortura, non disponiamo neanche degli strumenti per potere tutelare le vittime.
Nei mesi scorsi abbiamo avuto modo e tempo di confrontarci molto serratamente, anche in maniera accesa, sugli aspetti negativi e positivi del bicameralismo perfetto; vorrei dire che personalmente proprio di fronte a iter di questo tipo, continuo a nutrire le stesse convinzioni circa la necessità di modificare l'attuale assetto legislativo. Però, questo è lo stato dell'arte, qui stiamo, e in questo caso l'iter tra le due Camere ha prodotto un compromesso che abbiamo il dovere di approvare e non di rimandare oltre, di sottrarre al nulla - sottrarre al nulla, voglio ripeterlo - una norma indispensabile alla vita dei nostri sistemi democratici e alla tutela della vita umana.