A.C. 1419-A
Presidente, signor Ministro, care colleghe e cari colleghi, potevamo decidere, come ha fatto la maggior parte dei gruppi, la stragrande maggioranza dei gruppi che siedono in questo Parlamento, di non intervenire oggi, in questa discussione generale, a riprova dell'interesse che c'è, da parte di tutti i gruppi, o del silenzio che prova a nascondere un imbarazzo e un dissenso verso questo disegno di legge.
Invece, abbiamo scelto di farlo e mi prenderò tutto il tempo che mi è stato assegnato per provare a motivare le ragioni del nostro dissenso verso questo provvedimento. Siamo chiamati, dopo una discussione surreale in Commissione, ad approvare una legge che definirei burla, utile - e mi si perdoni il termine - per assegnare riconoscimenti fittizi, di fatto, di cui non si sentiva davvero il bisogno, rispetto invece ai grandi problemi che riguardano il settore enogastronomico, a cui si vuole rivolgere, e l'agricoltura tutta, come settore primario. E mi rivolgo - per suo tramite, Presidente - anche ai colleghi della maggioranza per chiedere loro se sembra utile e necessario trattare questa come una delle priorità sulle quali dovremmo impegnare quest'Aula e anche la Commissione agricoltura e, soprattutto, per risolvere quali dei problemi che anche il Ministro in varie occasioni ha citato, e per quali prospettive si è deciso di far approvare questa legge, fra l'altro di iniziativa, in modo anomalo, del Governo e non, perché no, di iniziativa parlamentare, come si confà a iniziative di questo tipo.
Aumenterà - chiedo ancora - il prestigio internazionale del nostro Paese? Noi crediamo e io credo, sinceramente, di no. Il cibo è una cosa molto seria e vi sono altre modalità per valorizzarlo, che sembrano sfuggire al Governo, il cui imperativo è appuntare una medaglia di cartone al petto dei cuochi, dei pasticcieri, dei viticultori e degli olivicoltori italiani che non hanno certo bisogno di queste sortite per essere apprezzati, in tutto il mondo e da tutto il mondo, per la capacità di rappresentare cultura e tradizioni del nostro Paese attraverso la preparazione di materie prime di eccellenza, che tutti ci invidiano, nonché per lo studio e la sperimentazione di tecniche e di nuove conoscenze.
Stiamo, ovviamente, parlando del cibo buono, pulito e giusto: tre parole che identificano anche una politica e una strategia estranee alla visione di questo Esecutivo. Un cibo è buono, pulito e giusto quando appaga il palato, certo. È sano perché rispetta la salute, perché non danneggia la natura, che è frutto delle stagioni, quando il prodotto senza eccessivo uso di combustibili fossili non ha causato deforestazione, non è stato trasportato dall'altro capo del pianeta, non ha imballaggi inquinanti o eccessivi; quando è coltivato in un ambiente sano, non contraffatto, non adulterato, non sofisticato, ed è quello contenuto con un'equa distribuzione del valore lungo tutta la filiera di produzione, che dev'essere analizzata in ogni fase, denunciandone ingiustizie e affrontando i problemi del lavoro nero e della sottoccupazione; oppure quando corrisponde a una cultura, quando è riconosciuto da un palato educato e da un cervello informato. Quest'ultimo concetto, vedete, è ben spiegato dall'amico chef modenese e imprenditore, Massimo Bottura, premiato con il suo ristorante da un po' di anni come miglior ristorante italiano al mondo. “La cultura” - dice Bottura, prendo a prestito le sue parole in una recente intervista - “sta diventando la forza di motivazione genuina dietro all'evoluzione della nostra cucina. La cultura conduce alla consapevolezza e la consapevolezza conduce alla conoscenza. E con la conoscenza arriva la responsabilità. La nostra cucina e le nostre idee guardano sempre indietro, in modo critico. Applichiamo tecnologie e tecniche innovative ma ci chiediamo sempre se le nostre tradizioni culinarie hanno rispetto per gli ingredienti, i contadini, i pescatori, i formaggiai e la nostra salute. Se la risposta è no, allora dobbiamo migliorare le ricette. Questo è il nostro concetto di buono”, perché la missione degli chef è prendere ingredienti grezzi e dare loro nuova vita, trasformandoli in idee ordinate e abbinamenti inconsueti.
Ecco, sarebbero bastate queste semplici parole di Bottura per capire la grandezza dell'errore che si sta compiendo con questo disegno di legge. Sono 6 milioni le persone residenti nel nostro Paese, con almeno 16 anni di età, ad essere in una condizione di povertà alimentare, ossia con l'impossibilità di consumare un pasto completo almeno una volta ogni due giorni e che non possono permettersi di mangiare o bere fuori casa almeno una volta al mese. Guardando i minori under 16 nel 2021, 200.000 minori, tra bambini e ragazzi, il 2,5 per cento della popolazione, non sono stati in grado di consumare adeguata frutta e verdura e di fare un pasto completo, contenente carne, pollo, pesce o l'equivalente vegetariano almeno una volta al giorno.
Il 2021 è stato un anno di sfide economiche per le famiglie italiane: quelle più vulnerabili hanno destinato, in proporzione, una quota superiore delle proprie risorse all'acquisto di alimenti, con il risultato di avere meno liquidità per soddisfare altre esigenze; 3 su 10 hanno dovuto ridurre le spese per visite mediche o accertamenti. Dopo la pandemia le richieste d'aiuto alle famiglie sono aumentate. Dice Andrea Fanzago, responsabile degli empori solidali della Caritas: “Non riusciamo a soddisfare tutte le domande”. Nel 2022, l'Organizzazione ha aiutato 21.000 persone, per un totale di 1.537 tonnellate di cibo distribuito. Forse il premio andrebbe istituito per chi, oggi, anche tra i grandi chef, si prodiga per garantire pasti a chi non ne ha o a chi è costretto a mangiare cibo a bassissima qualità.
Allora parliamo di questo, Presidente, e mi rivolgo anche al Ministro. Parliamo di questo. Parliamo dei fattori socioeconomici che influenzano in modo determinante l'alimentazione nel nostro Paese, tanto che negli ultimi anni si parla di food social gap, una formula usata per indicare che è il reddito a imporre al consumatore cosa può mangiare. Secondo i dati dell'Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile, solo il 18,8 per cento degli italiani ha un'alimentazione adeguata e la povertà è una delle cause di questa situazione.
Lo scorso anno più di 1,7 milioni di persone si sono rivolte alla Fondazione Banco Alimentare per ricevere questo aiuto: 200.000 in più rispetto al 2018. I prodotti distribuiti arrivano soprattutto dal recupero delle eccedenze dell'industria agroalimentare, dalla grande distribuzione, dai ristoranti o anche dalle confische di pesce di grossa taglia. E voi pensate di affrontare tutto questo con quello che avete chiamato carrello tricolore? Se il problema da affrontare non fosse serio, verrebbe da ridere. Il Governo pensa di affrontare il consistente aumento dei prezzi con una misura temporanea e sperimentale, alla quale si aderisce su base volontaria. Forse non si sa che, nella grande distribuzione, settimana dopo settimana, su molti prodotti, si fanno sconti anche superiori a quelli previsti dal carrello, e il cittadino si informa e si regola di conseguenza. Anche perché il risparmio, come dimostrano le prime indagini, è veramente irrisorio.
Ciò che non vuol fare il Governo è affrontare strutturalmente la questione, aumentare gli stipendi e tassare gli extraprofitti, tagliare le accise sulle benzine, combattere l'evasione fiscale e prevedere una vera fiscalità progressiva, come prevede la Costituzione, per aiutare le imprese agricole. Di contro, il Governo, di progressivo prevede solo, nei prossimi anni, un taglio alla sanità pubblica e, purtroppo, a rimetterci saranno ancora il Paese e le fasce più deboli, allargando le disuguaglianze. Servono, dunque, allora, queste medaglie di cartone? No, perché questo Governo vive sulla propaganda, anche quando si arroga il diritto di fermare i treni o di far approvare una legge che vieta la produzione e la commercializzazione di carne coltivata, anche se i prodotti che dovrebbero contenerla non sono ancora sul mercato, perché quella è una decisione ancora in capo all'Unione europea che, al riguardo, non ha preso ancora una decisione. E anche in questo caso, le medaglie per evocare la difesa della sovranità alimentare e la tutela del made in Italy, che rappresenterebbero obiettivi nobili se collocati nella loro giusta dimensione, non servono. Basta rileggersi prima la NADEF e poi la manovra finanziaria per capirlo.
Non abbiamo visto misure utili e con una visione indicata e chiara per l'agricoltura, per le criticità che sta vivendo, e tanto meno un piano organico e con una visione per assegnare al comparto agricolo quel ruolo e quelle funzioni strategiche nel tempo della transizione ecologica, che dalla destra viene declinata per ritardare le scelte che, responsabilmente, invece, dovrebbero essere fatte con immediatezza.
Abbiamo provato a farvi cambiare rotta, raccogliendo le segnalazioni delle organizzazioni di settore: oltre 60 emendamenti, che avete respinto, che si muovevano su tre direttrici, sulle quali vorremmo ancora provare a discutere nei prossimi provvedimenti: il sostegno agli agricoltori in gravi difficoltà per la crisi pandemica, energetica e climatica; il sostegno agli agricoltori che attuano la conversione ecologica; il sostegno al ricambio generazionale e di genere. Si trattava di emendamenti per il rimboschimento, per la crisi idrogeologica, per il Fondo della sovranità alimentare per i comparti in crisi, per favorire l'ingresso di giovani e donne con la facilitazione dell'accesso al credito, per gli accordi di filiera sostenibili e per il benessere animale, per il Fondo unico per le emergenze fitosanitarie, per gli esoneri contributivi per i lavoratori agricoli, che avete tolto, in vigore dal 2016, e per l'emergenza alluvioni; e ancora, per il credito d'imposta, per i carburanti che anche nel decreto Milleproroghe vi chiederemo di prorogare e di riproporre.
Dobbiamo accompagnare gli agricoltori nella conversione ecologica, per garantire il futuro del settore, non abbandonarli, favorendo il protagonismo di donne e giovani, più aperti all'innovazione tecnologica e scientifica, base della conversione stessa, e dobbiamo sostenere i settori più duramente colpiti. Invece, voi vi occupate delle medaglie di cartone, che con tutta probabilità - siamo pronti a scommettere - consegnerete prima delle elezioni europee e amministrative.
Ci siamo rifiutati, alla luce di queste considerazioni iniziali, di presentare emendamenti correttivi e integrativi. Per noi, non c'è nulla da correggere o da integrare, ma solo da abrogare. I nostri emendamenti tali saranno, articolo dopo articolo, e, nel farlo, diremo ciò che fino ad ora non avete fatto, come le urgenze da affrontare, a iniziare dal tema delle assicurazioni in agricoltura, tema decisivo nel contesto del quadro complessivo dei mutamenti climatici e dei danni che le calamità naturali e le emergenze sanitarie stanno comportando, mettendo a rischio la sopravvivenza stessa dell'attività primaria del settore. Eppure, avete anche messo, come ho detto prima, le mani nelle tasche degli agricoltori togliendo gli sgravi Irpef per le imprese agricole, già in vigore dal 2016, e pure il contributo pubblico per le polizze assicurative sottoscritte dagli agricoltori (nel 2023 sarà del 40 per cento, e non più del 70, come invece previsto dal Piano di gestione dei rischi). Si tratta di una vera mazzata al sistema di gestione del rischio in Italia, che porterà le aziende agricole a non assicurarsi più, semplicemente perché non potranno più permettersi di sostenerne i costi.
La realtà è che il Governo non è stato in grado di produrre un disegno organico per collocare l'agricoltura tra le priorità della propria azione, per innovare e sostenere uno dei settori strategici dell'economia italiana. Ampiamente insufficienti sono gli stanziamenti per il Fondo emergenze e per il Fondo per la sovranità alimentare, e nei prossimi mesi ne misureremo i limiti. Anche in tema di diritti di superficie legati allo sviluppo delle energie rinnovabili c'è il rischio concreto di favorire strumenti elusivi e una speculazione ai danni delle attività agricole. E, invece delle medaglie di cartone, sarebbe stato più importante occuparsi con concretezza dei giovani e delle donne che si affacciano in agricoltura e che avrebbero bisogno di attenzioni e sostegni. In questo senso, siete riusciti a rovinare, qualche mese, fa l'unica legge che, con un lavoro certosino e responsabile tra tutte le forze politiche in Commissione agricoltura, aveva consentito di trovare un accordo unanime per rispondere alle necessità di favorire, promuovere e dare prospettive ai tanti giovani che avrebbero voluto cimentarsi in agricoltura, mettendosi a capo di un'impresa. Invece, il Governo, con il braccio armato del MEF, ha utilizzato il parere in Commissione bilancio per imporre la cancellazione di una decina di articoli, su 18, stravolgendo nei fatti il provvedimento e calpestando il lavoro parlamentare. Abrogati gran parte degli impegni di spesa, che non permetteranno di dare concretezza e sostanza alla lodevole intenzione di favorire il ricambio generazionale, non a caso riconosciuto come priorità all'interno dell'agenda politica dell'UE e punto di forza del piano strategico della PAC. Anche CIA e Copagri vi avevano chiesto di fermarvi, ma avete voluto andare avanti lo stesso. Dei 100 milioni previsti inizialmente, ne sono rimasti 15, assolutamente insignificanti per una legge cornice, che si poneva obiettivi di lunga gittata e che voi avete tarpato, una grande occasione persa.
Invece delle medaglie di cartone, avreste potuto occuparvi della produzione delle pere nel nostro Paese, perché no? Un settore prossimo al default se non interverranno adeguati sostegni, oltre a quelli, inadeguati, 10 milioni, stanziati dal Governo, che non bastano nemmeno a coprire i forti incrementi dei costi di coltivazione, a fronte del crollo del 75 per cento della produzione del 2023, dovuto alle avversità climatiche, una situazione drammatica. La pera è il prodotto ortofrutticolo che ha subito il maggior calo nell'ultimo quinquennio; cambiamenti climatici, impatto di insetti e parassiti sono stati, negli ultimi anni, i grandi nemici della pericoltura. Al calo della produzione, si è aggiunto anche un progressivo calo dei prezzi per via del deterioramento qualitativo. Le province di Ferrara e di Modena sono le aree più colpite. A Modena manca l'80 per cento delle pere e a Ferrara il 60 per cento, e i 10 milioni, come ho detto, stanziati a titolo di ristori, sono assolutamente insufficienti. Ma, soprattutto, manca una visione; sulla base di stime recenti, l'indennizzo per ogni produttore sarebbe pari a meno di 1.000 euro per ettaro, una cifra che non coprirebbe neanche il forte incremento dei costi di produzione. Oggi coltivare un ettaro di pero costa più di 20.000 euro e per questo i parlamentari, raccogliendo l'appello per un intervento straordinario che i vertici del Consorzio di tutela della pera dell'Emilia-Romagna IGP, dell'OI pera e del Consorzio Unapera hanno rivolto al Governo. Abbiamo interrogato il Ministro, ma ancora da questo nessuna risposta.
Invece delle medaglie di cartone, avreste potuto interessarvi anche del settore della pesca. Nel decreto Bollette è stato accolto un ordine del giorno, che abbiamo presentato con i colleghi del gruppo PD in Commissione agricoltura, che impegna il Governo a valutare, a parziale compensazione dei maggiori oneri effettivamente sostenuti per l'acquisto di gasolio e benzina, la necessità di riconoscere alle imprese esercenti l'attività di pesca e acquacoltura una misura sotto forma di credito d'imposta, che ha rappresentato un sostegno importante al fine di garantire la sostenibilità economica e occupazionale del comparto e dell'intera filiera. La proroga del credito d'imposta, che la precedente manovra aveva previsto per il primo trimestre, rappresenta uno strumento fondamentale per il settore ittico, nell'affrontare l'attuale crisi energetica, nell'incoraggiare donne e uomini a proseguire la loro attività. Peraltro, le associazioni di impresa del settore avevano chiesto - l'hanno chiesto anche oggi, nell'audizione in Commissione bilancio - la proroga di questa misura, ma di fronte a tutto questo vi è stato il silenzio assoluto da parte del Governo. Sempre a proposito di pesca, registriamo le orecchie da mercante sulla richiesta di concessione, in tempi stretti, dello stato di emergenza nazionale o di crisi del settore sulla problematica dell'invasione del granchio blu. La sopravvivenza delle imprese e delle cooperative del comparto della pesca e delle vongole è a rischio a causa della presenza della specie invasiva e, per fortuna, si stanno muovendo le regioni, a cominciare dall'Emilia-Romagna, che hanno previsto specifici stanziamenti, guarda caso più alti di quelli che ha messo il Governo, con grave ritardo.
E, allora, invece delle medaglie di cartone, avreste dovuto occuparvi della commercializzazione del grano duro, dove è in atto una speculazione a livello internazionale, con quotazioni al ribasso, che rischiano di pregiudicare l'attività di produzione svolta dalle aziende agricole italiane. Il nostro Paese è il primo produttore di grano duro in Europa, con circa 4 milioni di tonnellate, che provengono da 200.000 aziende agricole, che investono su 1,2 milioni di ettari. Il prezzo del grano duro finora ha chiuso l'annata con un valore medio di 340 euro a tonnellata, più basso di quasi il 40 per cento di un anno fa, e contemporaneamente sono saliti i costi del carburante e dei mezzi tecnici per gli agricoltori e c'è l'inattesa esportazione di grano dalla Turchia a prezzi da saldo, prezzo dietro cui si nasconderebbe un comportamento sleale, teso a destabilizzare il mercato italiano anche per ragioni legate al conflitto russo-ucraino e all'embargo. L'import di grano duro dai mercati internazionali non può che mortificare la produzione nazionale, che ha standard di qualità certificati, di salubrità e di tracciabilità, con costi di produzione molto più alti rispetto agli altri. Quindi, serve più attenzione e più trasparenza per i produttori e i consumatori italiani, maggiori controlli sull'etichettatura, per sostenere e promuovere la pasta prodotta con grano italiano, e su questo il gruppo del Partito Democratico ha presentato un'interrogazione ai Ministri interessati, da parte di tanti colleghi, per chiedere di avviare l'istituzione della commissione unica nazionale del grano duro e il registro telematico dei cereali, di potenziare i contratti di filiera tra agricoltori e industria, per promuovere la pasta con grano italiano e implementare un sistema di tracciabilità basato su tecnologie blockchain, al contempo per sostenere la necessità di richiedere urgentemente un'indagine anti-dumping alla Commissione europea.
Al momento, non è ancora dato sapere cosa farete se non poche cose, perché l'altra vostra prerogativa è quella di rispondere molto poco o di girarvi dall'altra parte quando vi si pongono temi di merito, per provare ad affrontare le soluzioni alle questioni serie, di cui l'agricoltura avrebbe bisogno. Allora, il nostro impegno non sarebbe venuto meno anche nelle diversità di posizioni se questi temi, che ho cercato di elencare, fossero stati oggetto di una vostra iniziativa legislativa. Invece, ci chiedete di occuparci delle medaglie di cartone da dare a cuochi, pasticcieri, viticultori e olivicoltori e in questo disegno di legge - torno a ripetere – non vi è alcun accenno sul fronte dell'alimentazione, come, invece, poteva esserci, un tema che ci parla di disuguaglianze innanzitutto nell'accesso alle risorse, nella distribuzione e nella salute delle persone. La FAO ha voluto dedicare giustamente all'acqua la recente Giornata mondiale dell'alimentazione, perché l'acqua è nutrimento e vita, ma oggi è sempre più preziosa, minacciata da investimenti di multinazionali che provano ad accaparrarsela in giro per il mondo.
Infatti, essa è sempre più a rischio a causa dei cambiamenti climatici in molte parti del pianeta e, dunque, di siccità, di alluvioni, di inondazioni, di innalzamento dei mari e causa di forti migrazioni da una parte all'altra del mondo. Per me e per noi è occasione, quindi, di un rinnovato impegno a batterci sempre affinché un Paese come il nostro possa diventare esempio e avanguardia del mondo su queste questioni, a partire dalle scuole e dalle famiglie, quelle scuole stesse che, grazie a ciò che già è la cucina italiana in Italia e nel mondo, sono state invase da migliaia di ragazzi che hanno deciso di frequentarle, perché quella può diventare domani la loro professione, affinché si possa, attraverso questo lavoro, diffondere una cultura attenta alla salute, alla vita e al cibo, e affinché, infine, l'aumento dei prezzi e l'inflazione vengano fermati nel nome di un diritto universale alla vita. Torno a sottolinearlo, i poveri, lo sappiamo, non mangiano meglio dei ricchi; è, invece, importante che mangino tutti meglio, perché ciò significherebbe un Paese più sano, con meno problemi sanitari, meno liste d'attesa per diverse patologie legate ai disturbi alimentari, meno persone che non si possono curare, un Paese che riscopra e valorizzi le sue origini e che metta in campo l'innovazione, come ha detto Massimo Bottura, che fa vivere meglio. Per questo ci stiamo battendo, rifuggendo da chiacchiere e propaganda, tanto care a questo Governo, per affermare la strategia della transizione ecologica e un rapporto inscindibile tra sicurezza alimentare, qualità e uso della terra; per sostenere, al contempo, la necessità che gli agricoltori e le agricoltrici possano continuare a svolgere il loro lavoro con un reddito dignitoso, producendo, assieme al cibo, anche futuro, vita, ambiente, biodiversità, economia sociale, salute, sviluppo sostenibile e innovazione, perché solo così si rafforza il vero made in Italy nel mondo. Questa legge, è vero, tiene impegnato il Parlamento - sono stato io a dirlo, anche in Commissione - con un impegno di spesa di 2.000 euro, mentre per altre spese, anche legate all'attività del Ministero, risorse ben più consistenti sono state trovate. Le medaglie di cartone, dunque - e ho concluso -, le lasciamo a voi: non ci interessano e non interessano al Paese. Noi proseguiremo il nostro lavoro, la nostra battaglia, in Parlamento e fuori, per sostenere l'agricoltura di qualità e multifunzionale quale premessa per costruire un nuovo modello di sviluppo nell'interesse di tutti i cittadini.