Dichiarazione di voto
Data: 
Martedì, 24 Gennaio, 2023
Nome: 
Ilenia Malavasi

A.C. 640-A

Grazie, Presidente. Signor Presidente, rappresentante del Governo, colleghi e colleghe, oggi ci troviamo in quest'Aula a essere protagonisti insieme di un fatto importante: l'istituzione di una Commissione bicamerale di inchiesta sul femminicidio e su ogni altra forma di violenza di genere. Si tratta di un fatto, io credo, storico, di una svolta importante che segna un passo in avanti per una Commissione che nasce nella XVII legislatura e che continua il suo lavoro in modo proficuo nella XVIII legislatura, con il lavoro diretto dalla presidente Valente, che ringrazio, insieme a tutti i colleghi del Senato per il lavoro che hanno svolto, perché hanno indagato e valutato 2000 fascicoli, fatto 200 audizioni, depositato relazioni e documenti. Oggi, questo patrimonio diventa un patrimonio di sapere comune da cui partire per continuare il nostro lavoro. Per volontà politica di tutto il Parlamento, oggi la Commissione diventa bicamerale. È un passo importante, un segnale di unità su un tema che tutto il Parlamento deve tenere al centro della propria agenda politica, in un percorso che deve continuare a vederci lavorare uniti. Certamente, è un fatto importante, ma è motivo di amarezza pensare che, ancora oggi, nel 2023, sia necessario continuare a indagare su di un fenomeno - nel documento parliamo di analizzare, valutare, verificare, accertare - e su fatti purtroppo quotidiani che evidenziano un contesto culturale che richiede tutta la nostra attenzione. Sì, perché vanno benissimo le celebrazioni, è giusto che celebriamo il 25 novembre, ma non basta; vanno benissimo le sensibilizzazioni e le panchine rosse posate in tutti i nostri parchi, ma non è sufficiente. Abbiamo bisogno di un impegno diverso, quotidiano, fatto di una sensibilizzazione costante, di uno sguardo nuovo per affrontare insieme un fenomeno drammaticamente diffuso, in Italia come nel mondo. Ha fatto bene la collega Ascari, in precedenza, a citare il coraggio delle donne iraniane che, con il loro motto “Donna, vita, libertà” hanno il coraggio di lottare e di alzare la testa contro un regime violento e autoritario. A loro e a tutte le donne che sono costrette a subire forme di violenza va il nostro pensiero e anche il nostro impegno. Quanto sia urgente continuare questo lavoro lo dicono ovviamente i numeri. Certamente, non sono numeri, parliamo di donne, parliamo di vite. Guglielmina, Mariangela, Giulia, Martina, Teresa, Jana sono solamente alcune delle donne che, tra il 2022 e il 2023, hanno perso la vita, spezzata spesso per amori finiti, uccise da partner che non hanno accettato la fine di una relazione. Il nostro è un Paese in cui muore una donna ogni tre giorni e, al tempo stesso, una donna su tre è interessata o ha conosciuto nella propria vita un fenomeno di violenza. Il 31,5 per cento di donne tra i sedici e i settant'anni ha subito una forma di violenza fisica, sessuale, verbale, psicologica o economica, spesso tra le mura domestiche. Per questo motivo sentiamo parlare di urgenza di una soluzione a questo problema, perché si tratta di drammi quotidiani, di volti di donne che passano sui nostri telegiornali, di fatti di cronaca che spesso leggiamo con superficialità e che troppo spesso non destano la sufficiente attenzione del nostro Paese. È una mattanza, è una ferita profonda che mina il nostro vivere insieme e le regole su cui si fonda una civile convivenza.

Ma non è tutto. Non ci sono - come dicevo - solamente le donne uccise ma ci sono anche le tante donne che, nel silenzio, subiscono ogni giorno forme di prevaricazione, spesso tra le mura domestiche o nelle piazze virtuali. Pensiamo, ad esempio, ai linguaggi violenti in uso nei social, che dobbiamo condannare in modo unanime, a causa spesso di una cultura sessista, che serpeggia in ogni ambito della nostra società, nessuno escluso. Non è solamente una questione che riguarda le donne, è una questione che riguarda tutti, uomini e donne, e solo con questa consapevolezza potremo cambiare sguardo e approccio, per rendere giustizia alle tante donne vittime di violenza. Sì, perché nel 2023 viviamo ancora in una società intrisa di stereotipi e di pregiudizi, in cui metà degli italiani e delle italiane pensa che, se una donna subisce violenza, forse se l'è anche un po' cercata, con un atteggiamento insopportabile ed inaccettabile che tende a sminuire la gravità dei fatti e a giustificarli.

Io penso che abbia fatto bene la sindaca di Cividale del Friuli e mi dispiace molto che sia stato respinto l'ordine del giorno presentato dalle colleghe in precedenza. Quella sindaca ha fatto ritirare un opuscolo dalle scuole, un opuscolo che in realtà invitava le ragazze a non uscire da sole di sera, a non sorridere troppo, a non vestirsi in modo sguaiato, a non indossare gioielli troppo vistosi, a stare attente e a non guardare gli sconosciuti, come se fossero atteggiamenti che legittimino un uso violento. Una cosa inaccettabile. Ha fatto benissimo a ritirarlo e anche a ritirare le deleghe all'assessore che ha scelto questa distribuzione. Non c'è dubbio che questa sia una grande questione culturale, che riguarda - lo ripeto - tutti noi, uomini e donne; donne che subiscono violenza spesso con pochi strumenti a disposizione, ma uomini che si arrogano il diritto di abusare di una donna senza averne ricevuto il consenso e di dominarne e possederne la vita, spacciando ciò per amore. Allora, diciamo insieme, con forza, che nessuna forma di violenza è amore. È qui che dobbiamo lavorare, educare al rispetto, al rispetto dei generi, delle differenze, delle diversità, a partire dal rispetto di tutte quelle differenze che ci sono anche nelle nostre scuole, nelle quali proprio su queste differenze spesso crescono atti di bullismo. Dobbiamo promuovere l'educazione affettiva nelle nostre scuole, parlando ai ragazzi della bellezza dell'amore, contrastando i tanti stereotipi, i pregiudizi ben radicati nella nostra società. Ciò significa lavorare per una società fondata sulla parità tra uomini e donne, tra donne e uomini, sul rispetto dell'altro, dove le libere scelte delle persone devono essere fondanti di una nuova convivenza libera e democratica.

Mi ha stupito - come dicevo - il voto di prima, perché nell'atto che andiamo a votare, e che spero e sono convinta, anche stando alle dichiarazioni di voto, che approveremo all'unanimità, chiediamo, all'articolo 2, lettera e), di verificare l'effettiva realizzazione in tutti gli istituti, di progetti, nelle scuole di ogni ordine e grado, finalizzati all'educazione e al rispetto reciproco nelle relazioni tra uomini e donne e al riconoscimento e al rispetto di tutte le diversità. Questo era esattamente ciò che chiedeva l'ordine del giorno con cui si chiedeva di adottare ogni iniziativa utile a prevedere, nelle scuole di ogni ordine e grado, di affrontare il tema della prevaricazione della violenza di genere, evitando il riproporsi di qualsiasi atteggiamento direttamente o indirettamente giustificazionista di ogni forma di violenza attraverso l'utilizzo di argomentazioni basate sulla condanna di comportamenti adottati dalle potenziali vittime e a promuovere iniziative di sensibilizzazione e di contrasto alla cultura della violenza, nel rispetto della piena dignità delle donne. Un ordine del giorno coerente che, in realtà, ha evidenziato una forte incoerenza di quest'Aula, e ne sono molto rammaricata, ne siamo dispiaciuti.

Per questo motivo questa Commissione è così importante e voteremo convintamente a favore. Il nostro è un Paese che ha un quadro legislativo avanzato - le colleghe che mi hanno preceduto lo hanno ricordato - ma non è stato sufficiente, non è sufficiente perché i femminicidi continuano quotidianamente, una donna ogni tre giorni. Pensiamo vadano rafforzati i sostegni ai centri antiviolenza, che fanno un lavoro preziosissimo, alle case rifugio, al reddito di libertà, ai percorsi di fuoriuscita dalla violenza, all'inserimento lavorativo e all'autonomia economica delle donne, perché per essere libere e uscire dall'angolo in cui la vita ti ha messo devi avere, sì, tanto coraggio ma devi avere strumenti di protezione e di libertà. Non puoi sentirti sola, ma devi sentirti protetta. Per questo servono reti di sostegno, operatori specializzati e formati, pronti a intervenire a tutela delle donne e dei minori coinvolti. Se una donna si sentirà protetta, perché sa che le istituzioni sono al suo fianco, sa che le istituzioni le sono vicine e che stanno dalla sua parte, avrà il coraggio di uscire dal suo isolamento, di superare le sue paure, di denunciare.

Abbiamo molto lavoro da fare perché i numeri testimoniano un dato grave: il 63 per cento delle donne non ha raccontato ad alcuno di aver subito violenza, per un senso di vergogna, di sconfitta, per la paura di un giudizio, di un'etichetta, di un pregiudizio. Alle donne spetta il compito del coraggio ma a tutti noi spetta quello di creare le condizioni per farle essere coraggiose, sapendo di poter contare su servizi, su operatori formati, su protezione, su un nuovo progetto di vita che permetta loro di tornare a sognare, ad amare e a vivere. Oggi tutti noi ci prendiamo una grande responsabilità, quella di esserci, di esserci nel nostro ruolo di legislatori, di costituire una Commissione bicamerale per lavorare insieme con un unico obiettivo: eliminare ogni forma di violenza. Ce la faremo? Dobbiamo farlo, lo dobbiamo alle donne che non ce l'hanno fatta, lo dobbiamo a tutte noi, alla storia delle donne, alle nostre figlie e ai nostri nipoti, perché non può esserci una società democratica e giusta che non riconosca il ruolo e il valore delle donne.

Per questo, il nostro sarà un appoggio pieno e convinto - e concludo, Presidente - a questa Commissione, che avrà il compito di continuare a studiare, indagare, monitorare e costruire un lavoro organico di tutte le forze parlamentari, per una centralità necessaria a contrastare, senza “se” e senza “ma”, ogni forma di violenza a difesa della libertà e della libera scelta di tutte le donne.

Buon lavoro, dunque, alla Commissione e a tutti noi, che, ogni giorno, saremo impegnati a garantire un futuro a tutte le donne per una società più giusta, ma soprattutto una società per tutti e per tutte.