A.C. 4410
Grazie. Signora Presidente, signor sottosegretario, colleghi, dopo quello che abbiamo ascoltato sembra un'impresa ardua affrontare il compito dei prossimi mesi e, cioè, produrre verità basandoci su false verità, produrre verità su una visione del mondo che si basa sull'eterna rincorsa tra guardie e ladri, una rincorsa tra guardie e ladri che, però, vorrei segnalare al momento dal loro punto di vista produce solo processi mediatici mentre nella realtà, quella vera, i processi veri li rischia il sindaco Raggi. Il sindaco Raggi rischia i processi veri (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)… …e questa mi pare la situazione. Voi inveire contro i vostri avversari con questa rivoluzione morale falsa con cui cercate di affrontare e semplificare una realtà complessa, ma quella realtà vi sta superando mettendo a rischio anche i personaggi maggiori che avete messo in campo.
Io credo che questa complessità vada perlomeno un po' condivisa prima di affrontare un compito così difficile come quello che ci propone questa Commissione di inchiesta, partendo da quello che siamo, da quello che noi italiani abbiamo prodotto con la nostra struttura economica, tra le maggiori del mondo, ma sicuramente quella con problemi strutturali che vanno al più presto risolti se vogliamo finalmente riemergere da questa grave crisi che ha contraddistinto gli ultimi anni. Noi abbiamo il 47 per cento della nostra occupazione che è concentrata non nelle piccole imprese ma nelle microimprese e abbiamo le nostre piccole e medie imprese che sono le più indebitate d'Europa e sono indebitate concentrando i loro passivi nei prestiti bancari. Questo è un limite che fa emergere in maniera chiarissima qual è la situazione nella quale ci siamo infilati dopo una crisi così drammatica, una situazione che quando ha visto venir meno la forza di queste imprese, quando ha visto venir meno i mercati di riferimento di queste imprese e quando ha visto anche l'inizio di molti fallimenti non poteva che portare in difficoltà tutto il nostro sistema bancario, che era così fortemente collegato al nostro sistema economico.
Insieme a questo, qual è la situazione che si è sovrapposta? È stata quella di banche locali colpite dalla crisi - quelle che conosciamo, quelle che sono state oggetto dei nostri provvedimenti, compresi gli ultimi - che sono state gestite essenzialmente come centri di potere. Dunque, erogavano credito a vantaggio di una parte consistente del sistema di potere locale, preferibilmente nel settore immobiliare dove tutto sembrava più facile e dove, alla fine della giostra, le sofferenze pesano per quasi il 50 per cento del totale. Queste banche hanno assunto enormi rischi con scarse, scarsissime garanzie. Quando si sono accorti dell'enorme pasticcio hanno cercato di rimediare procurando un danno ancora maggiore, perché hanno imbrogliato dei clienti, dei soci, dei risparmiatori che avevano confidato in loro e che per tanti anni avevano sostenuto queste banche.
Infatti, nella necessità di ricostituire il capitale, vista la massa crescente di insoluti, hanno erogato prestiti finalizzati all'acquisto di azioni e obbligazioni subordinate, continuando a distribuire i ricchi dividendi che non avevano fondamento nei conti o nei rendimenti altrettanto esagerati sulle obbligazioni subordinate. Classi dirigenti inadeguate, con l'unico obiettivo di perpetuare se stessi; classi dirigenti non classi politiche, classi dirigenti! Manager senza controllo con consigli di amministrazione eletti per le capacità politiche dei singoli che sapevano come riempire i pullman prima delle assemblee elettive. Molto spesso manager che decidevano chi fare rimanere nei CdA attraverso l'erogazione di credito agli amici dei loro amici.
Se non ci fosse stata la crisi, se non ci fossero stati la vigilanza europea dotata di nuovi poteri e - permettetemelo - anche un Governo e un Parlamento meno disponibili alle pressioni delle associazioni e di fondazioni forse sarebbe durata ancora a lungo. Noi, cari colleghi, abbiamo fatto la riforma delle banche popolari, una riforma che doveva essere fatta molti anni prima, una riforma necessaria al funzionamento di questo sistema (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico), necessaria a far sì che determinate anomie non potessero più verificarsi. Siamo noi che abbiamo riformato le fondazioni, siamo noi che abbiamo prodotto l'autoriforma delle BCC, siamo noi che abbiamo fatto questo mentre voi altri stavate da un'altra parte (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico) e, anzi, li difendevate. Io ricordo le audizioni in Commissione degli esponenti di questi istituti di credito; li difendevate perché dicevate che queste erano le uniche banche che prestavano soldi alle imprese, erano le banche che rappresentano la biodiversità del credito italiano, erano le banche su cui bisognava ancora far leva per far sì che la nostra economia potesse riemerge.
E, invece, dopo esservi eretti a difesa di quel sistema di potere e di quella falsa e perversa e non autentica biodiversità bancaria, oggi abbiamo visto qual è stata la parabola e a che cosa ci ha condotto quel modello di gestione di banca, quel tipo di governance che noi abbiamo voluto cambiare in maniera determinata e lo abbiamo fatto dopo che questa riforma era stata annunciata più e più volte non solo da Banca d'Italia ma da tutti i maggiori professionisti che si occupano di questa materia. Ma quando poi queste banche si comportavano così come dicevo, dov'era la Banca d'Italia? Dov'era la Consob?
In questi anni abbiamo ricevuto molte risposte, alcune chiare altre un po' meno. Certo, attraverso la Commissione bisognerà distinguere le responsabilità istituzionali da quelle personali. Con la Commissione potremmo individuare, appunto, le perversioni del sistema, anche del sistema di vigilanza e controllo, ma certo anche in questo caso non potremmo semplificare. Non basta, cari colleghi, un semaforo rosso per tutelare i risparmiatori. Bisogna comunque dire ai risparmiatori che senza rischio non c'è rendimento. Non esiste un prospetto informativo che metta al sicuro tutti i risparmiatori, perché ogni volta che c'è un investimento c'è anche un rischio e noi dobbiamo tutelare il risparmio così come dobbiamo tutelare lo sviluppo economico. Ricordo a tutti che dal 2007 i depositi bancari sono cresciuti di 300 miliardi e che i titoli di Stato comprati delle nostre banche sono aumentati di 450 miliardi. Pensate che potremmo fare sviluppo in questo modo?
Non credo proprio, ma certo non risolveremo il problema con suggerimenti tipo la divisione tra banche commerciali e banche di investimento, come se fossimo in America, o addirittura attraverso la nazionalizzazione delle nostre banche. Certo, lì non parleremo più né di bail in né di bail out perché in fondo ci assumeremo come Stato tutti i rischi del credito erogato alle imprese ma non mi pare che il modello cinese sia quello a cui dovremmo aspirare. Come non mi pare che in fondo sia una soluzione nessuna delle proposte che ci vengono soprattutto dal MoVimento Cinquestelle: stampare moneta per finanziare il deficit e risolvere il credit crunch proprio con la nazionalizzazione. In questi anni sono stati prodotti consistenti cambiamenti nel settore bancario e creditizio: abbiamo puntato a garantire… Abbiamo puntato a garantire maggiore trasparenza nei rapporti tra banche e clienti e potenziato gli strumenti a tutela ai consumatori; abbiamo avviato un deciso processo di riforma del sistema bancario nazionale supportato anche attraverso il recepimento della disciplina europea al fine di salvaguardare i creditori e tutelare l'investitore delle banche poste in liquidazione. La Commissione è un'ulteriore tappa di questo percorso: un percorso virtuoso che senza di noi non sarebbe mai neanche iniziato (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).