Dichiarazione di voto
Data: 
Giovedì, 23 Marzo, 2023
Nome: 
Roberto Morassut

A.C. 665-Ae abbinate

Grazie, Presidente. È probabile che molti colleghi in quest'Aula abbiano solo un vago ricordo diretto dei fatti che sono l'oggetto di questa Commissione d'inchiesta. Probabilmente, molti non lo ricordano nemmeno perché sono nati dopo il 1983, quando, nel mese di maggio e giugno, Emanuela e Mirella scomparvero. Io avevo vent'anni e me la ricordo bene quella mattina alla fine di giugno, all'inizio dell'estate, era il primo giorno di estate. Stavo andando verso la fermata della metropolitana nel mio quartiere di Cinecittà, per andare all'università, e vidi, lungo le mura dei palazzi, un manifesto blu con una fotografia, quella di Emanuela Orlandi, che era una ragazzina poco più piccola di me. Il termine è giusto, perché eravamo più poco più che bambini. Sotto, la grande scritta: “È scomparsa”. Lo stesso manifesto, riguardante Mirella Gregori, girò negli stessi giorni per Roma. Solo dopo tanti anni seppi, dalla ricostruzione di quelle ore drammatiche, che, nella notte, il fratello della ragazza - il signor Pietro Orlandi che è qui, con gli altri familiari e i suoi legali, che saluto - insieme a suo cugino avevano affisso, loro stessi, in tutta Roma quel manifesto. Nel 1983 erano trascorsi solo 14 anni dal primo caso di rapimento di un minore mai avvenuto in Italia: parliamo di Ermanno Lavorini, che era scomparso sulla spiaggia di Viareggio all'inizio del ‘69 e poi era stato trovato morto e sepolto sulla stessa spiaggia, due mesi dopo. Anch'esso un caso torbido, poi in qualche modo risolto, che però avviò la triste serie i rapimenti di minori, a fini di estorsione, per ragioni sessuali e persino per motivi politici, che hanno costellato gli anni Settanta. Ebbene, dal caso Lavorini a quello di Emanuela Orlandi e Mirella Gregori erano passati 14 anni, quasi un terzo di quelli che sono trascorsi dall'83 a oggi. Eppure, nel 1983 molti si erano già dimenticati di Ermanno Lavorini, mentre la vicenda di Emanuela e di Mirella ancora oggi ha una forte presenza nella coscienza popolare. Il tempo ha una sua intima relatività, si dilata e si comprime a seconda delle circostanze e di quello che determinati fatti si portano dentro. Per lo stesso motivo, la stampa e i media non hanno mai smesso di occuparsi di questa vicenda, di rilanciarla, di scavare, a volte con sagacia, a volte strumentalmente, ma l'hanno tenuta viva - il termine ha anche una speranza, se vogliamo - fino a farla diventare un cold case, il noir per eccellenza, il capolavoro dei gialli, con tutti i contorni più intriganti di questo genere letterario. Per converso, da parte delle istituzioni, cioè delle massime espressioni dello Stato italiano e di altri Stati, bisogna dirlo, sembra quasi che si sia fatto del tutto per favorire un lento oblio, per far sì che questa vicenda, della quale non si è mai riusciti a venire a capo in modo chiaro, diventasse come quei relitti che, dentro i boschi di betulla delle grandi pianure europee, vengono a poco a poco mangiati dalla natura, dalle foglie e dalla terra, fino a scomparire per sempre.

La magistratura, invero, ha cercato di andare in fondo, ha indagato, ha seguito piste ma si è sempre poi trovata davanti, alla fine, un granitico muro invalicabile nel momento in cui il suo compito doveva necessariamente completarsi con la collaborazione di altre entità come quella del Vaticano che, purtroppo - è accertato, questa non è un'anticipazione degli esiti della Commissione - in questi lunghi anni non ha mai aiutato. Emanuela Orlandi appartiene ad una famiglia che viveva in Vaticano, tutti cittadini del Vaticano, e lei stessa è ancora oggi, a tutti gli effetti, una cittadina vaticana, non essendosi potuta accertarne la morte. Mirella non era una cittadina vaticana ma italiana e, tuttavia, la sua scomparsa - da tante testimonianze è stato ricordato, testimonianze attendibili - è sempre stata collegata a relazioni e personaggi riconducibili alla stessa zona grigia. Il caso delle due ragazze è stato tenuto vivo dalla forza di volontà delle famiglie e dei loro legali e dalla sensibilità popolare che, spesso, si orienta “a naso” nei suoi giudizi, con quel buon senso immortale che è molto diverso dal pregiudizio ma che si basa sul sentimento, in questo caso, di milioni di genitori, di fratelli, di sorelle che si sono identificati, nel tempo, e si sono chiesti: “Se fosse accaduto a noi?”. Essi sono liberi nel collegare i fatti, le circostanze e le situazioni e, alla fine, come diceva Pasolini, dicono dentro di loro: “Io so”. Pochi giorni dopo la scomparsa di Emanuela, quando ancora non si sapeva e non si poteva sapere nulla di cosa era successo, Papa Wojtyla, dal balcone del suo appartamento, durante un angelus, rivolse un appello ai rapitori di Emanuela affinché la restituissero all'affetto dei suoi cari. Questa circostanza fu un terremoto perché fece capire che   oltretevere vi era una conoscenza dei fatti, magari parziale ma chiara. Più di recente, Papa Francesco ha avuto modo di dire a Pietro Orlandi, a tu per tu, che Emanuela sta in cielo, confermando la tesi che, dietro quella porta di granito, vi sia la strada per giungere alla verità. Non vado oltre, perché ogni riferimento sarebbe arbitrario e improprio, ma questi due episodi si può ben dire che sono, al momento, l'alfa e l'omega di una storia che va ricostruita, scritta con una nuova precisione, con rigore e contando su una maggiore dose di coraggio e di amore della verità di chi, a partire da Papa Francesco, ha dimostrato in questi anni di lottare all'interno della Chiesa proprio per questo. Senza voler preordinare delle tesi, si può dire che la scomparsa delle due ragazze appartiene al ricco bouquet di fiori neri della Repubblica, a quei misteri della Repubblica che ne hanno condizionato il cammino, contribuendo non poco anche ad alimentare quella sfiducia diffusa nelle istituzioni, quella perdita di appartenenza che un popolo deve sentire sempre nei confronti delle espressioni politiche e statuali della Patria, qualunque esse siano. Uno degli ultimi atti del Governo precedente, guidato dal professor Draghi, è stato quello di desecretare migliaia e migliaia di pagine e di documenti relativi, soprattutto, alle stragi che hanno costellato la vita del Paese ed il nuovo Governo ha annunciato l'intenzione di proseguire questo lavoro. Se davvero si vogliono costruire le condizioni di un patto nuovo tra le forze della Repubblica, una delle cose fondamentali riguarda la rilettura storica e politica indipendente delle vicende misteriose che hanno accompagnato e condizionato il nostro corso storico. Parliamo di fatti che chiaramente risultano espressione dell'altra metà della Repubblica. Emanuela e Mirella non sono scomparse così, a caso, per loro volontà, per motivazioni sporadiche. Non si può dire - ma si può dire - che sono state rapite. Come, da chi, quando, perché? Perché su di loro vi è stato un muro di granito? È vero o no che l'intreccio tra organizzazioni criminali e i livelli alti dello Stato, non solo italiano, che è stato accertato in altre circostanze come un profondo male, del quale non ci siamo mai liberati, ha operato anche in questa vicenda? Non si possono continuare a trattare questa storia e, forse, tante altre, sconosciute e persino non denunciate, come un giallo. La verità serve a tutti e uno Stato che, come tale, ha radici secolari o addirittura millenarie, non può averne paura, pena mostrare una debolezza così forte da tradursi in un grave rischio per tutti.

Nessuno di noi, infatti, credente o meno che sia, può solo lontanamente immaginare di vivere in un mondo in cui la missione spirituale della Chiesa o quella laica di uno Stato, laico, democratico, siano offuscate o abbiano paura di cadere di fronte a verità anche dolorose. L'umanità vive di credenze civili o religiose, senza le quali tutto sarebbe trasformato in un deserto, con corpi, ma senza anime. Sono queste le motivazioni che ci hanno spinto a costituire questa Commissione. Concludo, Presidente. Voglio ringraziare anche i Presidenti di Camera e Senato per aver accolto, pochi mesi fa, la richiesta di incontrare le famiglie e di aver dato seguito con solerzia all'obiettivo di arrivare presto alla conclusione. Uno dei momenti più intensi - concludo davvero - della rappresentazione della morte di Gesù nei Vangeli è il racconto della sua deposizione dalla croce, della sepoltura e della resurrezione: questa sequenza è la base indistruttibile del mistero della fede che ci dice che, senza sepoltura, non c'è resurrezione e che fa confluire nei Vangeli questa antica tradizione mediterranea di ogni civiltà e cioè il diritto a riconoscere e a seppellire i propri cari, nella speranza che, da quel luogo, essi possano risorgere. Forse Emanuela, Mirella e le tante ragazze e ragazzi scomparsi, mai ritrovati e mai denunciati, che sono entrati a un certo punto nello stesso cono d'ombra, sono ancora vivi. Noi lo speriamo tutti, ma in ogni caso loro e i loro cari meritano un degno riposo.