Grazie, Presidente. Vorrei iniziare citando alcune delle parole che il Presidente Mattarella ha usato ricordando i 30 anni dalla strage del Moby Prince; tra queste parole, il Presidente ha detto, sulle responsabilità dell'incidente e sulle circostanze che l'hanno determinato: è inderogabile ogni impegno diretto a fare intera luce. Ecco questo mi pare, Presidente, il nodo fondamentale del messaggio e dell'invito che è venuto dal Presidente Mattarella, appunto l'auspicio chiaro, e mi pare indiscutibile, che la luce sulla strage del Moby Prince sia finalmente intera, perché evidentemente quella luce, fin qui, è stata solo parziale ed è stata una luce parziale anche se su quel disastro, lo sappiamo, vi sono state sentenze ormai passate in giudicato, perché quelle sentenze rappresentano una verità giudiziaria che oggi noi sappiamo essere lontana dalla verità vera di quei fatti; e questo lo affermo, Presidente, con il più totale rispetto verso il lavoro svolto dalla magistratura, e lo dico appunto prendendo a prestito alcune delle parole del Presidente della Repubblica, Presidente della Repubblica che è anche Presidente del Consiglio superiore della Magistratura. Ecco, quelle verità giudiziarie poggiavano su basi che oggi, in larga parte, sappiamo essere infondate, perché erano basi costruite su informazioni e su interpretazioni che sono state quasi del tutto ribaltate nel corso degli anni, e il ribaltamento di quelle informazioni e di quelle interpretazioni, quindi delle basi di quelle verità giudiziarie, è avvenuto essenzialmente grazie al lavoro del Parlamento repubblicano e, in particolare, grazie al lavoro della prima Commissione d'inchiesta voluta e promossa nella scorsa legislatura al Senato, una Commissione d'inchiesta che ha svolto, a mio parere, un lavoro straordinariamente preciso e accurato, tale da chiarire molte zone d'ombra e tale da ribaltare appunto molte interpretazioni che sembravano allora indiscutibili, e alcune di queste le ricorderò tra pochi minuti.
Ecco, Presidente io credo che la centralità del Parlamento sia anche qui, sia nel rappresentare concretamente la volontà degli italiani anche quando quella volontà esprime un fortissimo bisogno di verità, perché la centralità del Parlamento è anche nel nostro contribuire a sanare le ferite della storia repubblicana, della nostra storia repubblicana attraverso appunto l'accertamento della verità laddove la verità non è stata ancora scritta, e credo che sia indiscutibile che la strage del Moby Prince sia una di quelle ferite della nostra storia repubblicana che ancora attendono di essere sanate. Ecco, noi siamo qui anche per questo, Presidente, il nostro lavoro è anche questo, perché anche in questo modo credo che noi parlamentari possiamo tener fede al ruolo di questa nostra sovrana istituzione rappresentativa, dimostrando agli italiani che le istituzioni democratiche ci sono e funzionano; ci sono perché sanno anche riconoscere e rimediare - va detto con franchezza - alle mancanze e ai fallimenti di alcuni corpi dello Stato, come certamente è accaduto lo sappiamo anche in questa storia così tragica. E, facendo questo, noi dimostriamo, con i fatti e con l'intelligenza, la forza e l'autorevolezza della nostra democrazia, io credo.
Ecco, si dirà, lo hanno detto alcuni colleghi: ma che senso ha cercare la verità dopo trent'anni da quei fatti; è una domanda inevitabile, legittima, per quanto dolorosa, ma la risposta credo che la conosciamo già: ci sono verità che non possiamo lasciar cadere nel vuoto neanche dopo trenta, quaranta, cinquant'anni e, in questo caso, lo dobbiamo non solo alla storia della nostra Repubblica, ma, prima di tutto, lo dobbiamo alla memoria di quei 140 innocenti che morirono nel rogo della Moby Prince, lo dobbiamo al dolore dei loro familiari, lo dobbiamo alla caparbietà con cui quei familiari hanno lottato per moltissimi anni, troppi anni, a volte in completa solitudine, affinché l'Italia non si accontentasse di una verità che, in realtà, oggi lo sappiamo, non era la verità vera.
Ecco, ma cos'è stata la strage del Moby Prince, Presidente? è stata, appunto, la più grave sciagura della marineria civile italiana, ma è stata anche la più grave strage sul lavoro della nostra storia repubblicana, perché 65 di quelle 140 vittime erano lavoratori e lavoratrici impiegati sul Moby Prince e, così come anche molte altre delle vittime non impiegate direttamente sul Moby Prince, erano italiani e italiane che per lavoro si stavano recando dal porto di Livorno alla Sardegna. E cosa sappiamo oggi che non sapevamo allora o, meglio, cosa sappiamo oggi che non sapevano allora quei giudici che scrissero quelle sentenze? Per esempio, sappiamo che non c'era nebbia davanti al porto di Livorno nella notte del 10 aprile, contrariamente a quanto fu ritenuto e fu scritto allora e che non fu dunque la nebbia a provocare lo scontro. Sappiamo anche che il comandante Ugo Chessa, che morì nello scontro non fu negligente, non fu distratto, non fu in alcun modo colpevole di quanto accadde quella notte, come invece hanno lasciato, purtroppo, intendere le sentenze, perché il comandante Chessa era un marittimo di straordinaria esperienza e perizia, era un uomo puntiglioso, un uomo attento, un uomo responsabile, come deve essere ogni comandante di nave. Sappiamo che le 140 vittime della Moby Prince non morirono tutte nella prima mezz'ora dallo scontro, che molte potevano essere salvate, che alcune di quelle vittime sopravvissero fino al mattino, in un'agonia di cui possiamo soltanto immaginare lo strazio. Sappiamo anche che i rilievi medico-legali furono lacunosi, frettolosi e insufficienti a contribuire a delineare un quadro investigativo compiuto. Sappiamo che la petroliera Agip Abruzzo si trovava in una zona di divieto di ancoraggio e, quindi, era là dove non doveva essere. Sappiamo che ci fu un'esplosione a bordo della Moby Prince, un'esplosione provocata da materiale esplosivo la cui natura, la cui tempistica e le cui conseguenze devono ancora essere accertate. Sappiamo - è stato ricordato da altri colleghi - che tra i due armatori delle due navi fu stipulato un patto assicurativo del tutto anomalo a soli due mesi di distanza dal disastro; un accordo rimasto segreto per moltissimi anni, che nei fatti rappresentò una pietra tombale non solo su ogni possibile conflitto tra le parti, ma anche sulla possibilità di aprire le maglie dell'indagine giudiziaria a quegli approfondimenti che erano necessari e che in larga parte non vi furono. Sappiamo anche che la Capitaneria di porto di Livorno responsabile della sicurezza marittima in quel tratto di mare non dispose soccorsi accurati e tempestivi quali, invece, potevano e dovevano essere disposti.
Insomma, noi oggi sappiamo – oggi - questo e molto altro, ma soprattutto sappiamo di essere molto, molto vicini alla verità vera su quanto accadde quella notte. Sappiamo che alla verità manca, per così dire, un ultimo miglio che noi possiamo percorrere. E lo sappiamo perché in questi ultimi anni si è svolto un cammino progressivo di avvicinamento alla verità, un percorso che non è stato costruito su colpi di scena mediatici ma sulla tenace e determinata ricerca di elementi di verità capaci di fare pulizia degli equivoci e di false piste che erano state seguite in passato e su cui poggiavano le ricostruzioni non veritiere - oggi lo sappiamo – degli anni scorsi.
Allora, io credo che noi dovremmo essere altrettanto tenaci e determinati, come lo è stato Loris Rispoli - ricordiamolo - che nella strage perse la giovane sorella Liana, impiegata sulla Moby; Loris Rispoli che per trent'anni ha combattuto insieme ai familiari delle altre vittime e che proprio poche settimane fa è stato colpito da un infarto invalidante. Permettetemi davvero di augurare a Loris Rispoli, anche da quest'Aula, una pronta e totale guarigione (Applausi). Tenaci e determinati sono stati i figli di Ugo Chessa, il comandante della Moby, che è stato ingiustamente accusato di essere stato negligente e distratto; tenace e determinato è stato Nicola Rosetti, che nel disastro perse il padre Sergio, motorista della Moby; tenaci e determinati sono stati gli altri familiari di tutte le altre vittime; vittime che erano appunto lavoratori, lavoratrici, famiglie provenienti da molte città d'Italia, e anche per questo oggi sono molte le città e i paesi d'Italia che stanno assistendo a questa nostra discussione e che attendono le decisioni che prenderemo quest'oggi. Tutti i familiari delle vittime in questi anni si sono sentiti dire la stessa cosa: basta cercare, mettetevi l'anima in pace, i vostri familiari sono morti per una fatalità, per una tragica fatalità; non è colpa di nessuno e, se è colpa di qualcuno, quel qualcuno era sulla nave e quindi non può più dire niente. Invece, i familiari non si sono dati pace, hanno continuato a cercare, e perché lo hanno fatto? Lo hanno fatto anche perché, io credo, credevano nella Repubblica italiana, nelle istituzioni della nostra democrazia, nella capacità delle istituzioni di riconoscere anche i propri errori e di arrivare finalmente alla verità.
Ecco, io credo Presidente - mi avvio alla conclusione - che noi possiamo compiere quest'ultimo miglio che ci separa dalla verità attraverso una nuova Commissione d'inchiesta parlamentare, quale quella che oggi noi proponiamo a quest'Aula di approvare. Una nuova Commissione d'inchiesta che non deve ripartire da zero ma che deve muovere dagli straordinari risultati già raggiunti dalla prima Commissione d'inchiesta promossa dal Senato nella scorsa legislatura. Risultati che sono stati straordinari perché sono stati meticolosi, concreti, liberi da ogni pregiudizio e da ogni tesi precostituita. Risultati da cui noi appunto dovremo partire o, meglio, ripartire per riprendere e finalmente completare il percorso verso la verità. Se lo faremo - e io sono convinto che oggi lo faremo tutti insieme - credo che avremo dato anche un messaggio di grande importanza all'Italia. Perché se in questa legislatura così anomala, possiamo dire, che ci ha visto dividerci e poi ricomporci, poi di nuovo dividerci lungo linee direttrici a volte anche un po' imprevedibili, una legislatura che ovviamente ci ha visto dedicarci per moltissimo tempo, com'era giusto e necessario, alla gestione della pandemia, ecco se in questa legislatura si vedranno tutte le forze politiche, nessuna esclusa, prendere l'impegno di percorrere quest'ultimo miglio che ci separa dalla verità sulla Moby, io credo che avremo anche contribuito a rispettare la missione per la quale oggi siamo in quest'Aula.