Grazie, Presidente. Ringrazio anche io i colleghi relatori, per averci guidato in questa importante istituzione della Commissione, perché ritengo che il tema della sicurezza sul lavoro sia davvero importante e meriti tutta la nostra attenzione. Infatti, come i relatori hanno ricordato, nonostante nel nostro Paese ci sia un corpus normativo comunque all'avanguardia, approntato sicuramente negli ultimi due decenni, a partire dal decreto legislativo n. 81 del 2008, i numeri continuano a essere importanti. Parliamo di infortuni, di malattie professionali e di morti. Si tratta, quindi, di una delle questioni sociali che da troppo tempo non riusciamo ad affrontare in maniera sufficientemente incisiva. Il Presidente Mattarella ha ricordato questi numeri e li ha dichiarati allarmanti e drammatici. Li voglio anch'io ricordare, perché dietro i numeri ci sono persone, vite spezzate, famiglie distrutte, persone gravemente ferite, uomini e donne che cercano comunque giustizia. Nel 2023 non si può assolutamente pensare di lavorare mettendo a rischio la nostra vita, la propria vita.
Al 31dicembre, come ricordato in precedenza anche dalla collega Barzotti, gli infortuni denunciati nel 2022 sono stati 697.773, un numero davvero enorme, in aumento del 25,7 per cento rispetto al 2021, più o meno lo stesso aumento rispetto al 2020 e dell'8,7 per cento rispetto al 2019. Ovviamente, anche il COVID ha inciso su questi numeri. A livello nazionale, i dati evidenziano in particolare un incremento rispetto al 2021 sia dei casi avvenuti sul lavoro (28 per cento in più) sia dei casi in itinere, occorsi quindi nel tragitto casa-lavoro (11,9 per cento in più); i casi mortali sono stati 1.090. L'effetto COVID emerge anche dall'analisi dei casi mortali denunciati, che nel 2022 sono stati, come evidenziato, 1.090, 131 in meno rispetto al 2021, 180 in meno rispetto al 2020 e uno in più rispetto al 2019 pre-pandemia. Il calo rispetto al 2021 riguarda solo i decessi avvenuti sul lavoro, scesi da 793 a 790 (meno 18,8 per cento) per il notevole minor peso delle morti da contagio, mentre quelli occorsi in itinere sono aumentati del 21 per cento. Con riferimento ai dati relativi ai primi 11 mesi del 2022, si osservano incrementi generalizzati degli infortuni in occasione di lavoro quasi in tutti i settori produttivi. Anche questo è significativo, ma con alcuni dati importanti: più 125 per cento in sanità e assistenza sociale; più 94,7 per cento in trasporto e magazzinaggio; più 63,2 per cento in amministrazione pubblica, che comprende gli organismi preposti alla sanità, le ASL, gli amministratori regionali, provinciali e comunali; più 59,6 per cento nelle attività di alloggio e ristorazione. A livello territoriale, si evidenzia anche un incremento delle denunce di infortuni in tutte le aree del Paese, più consistente al Sud (più 41,8 per cento), seguito dalle isole, dal Nord-Ovest, dal Centro e dal Nord-Est, dove il dato si attesta al 16,1 per cento in più. Tra le regioni con i maggiori aumenti, segnalo, in particolare, la Campania (più 77, 4 per cento), la Liguria (più 55,6) e il Lazio (più 51,6). Sono dati importanti ed è giusto anche rilevarli come buona base di partenza per ogni riflessione politica e per prenderci anche il senso della massima responsabilità nell'affrontare il tema. Sono dati, purtroppo, costanti negli anni e le variazioni sono legate essenzialmente alle differenti fasi cicliche dell'economia, nel suo complesso. Cosa significa e cosa voglio dire? Negli anni recessivi, quando diminuiscono le ore lavorate, diminuiscono anche gli incidenti; quando l'economia riparte, ritornano a crescere anche gli infortuni e le morti. Se tale considerazione risultasse fondata, significherebbe che c'è qualcosa di preoccupante e certamente non accettabile nella nostra organizzazione del lavoro, per cui più si lavora più crescono gli infortuni sul lavoro. Questo dovrebbe richiedere e vedere il massimo impegno di tutti i protagonisti per limitarne le conseguenze.
Per un'analisi più completa, tali valori andranno verificati anche in relazione al numero delle ore effettivamente lavorate rispetto all'anno precedente. L'esperienza degli ultimi anni, infatti, ci ha mostrato una diretta correlazione tra i due fattori - tra ore lavorate e infortuni - che evidenzia una costante preoccupante proprio tra l'andamento del numero degli incidenti e quello delle ore lavorate. Uno dei fattori che si dovrebbe tenere in considerazione riguarda anche la regolarità e la stabilità dei rapporti di lavoro. Alcuni colleghi in precedenza hanno parlato di dignità del lavoro, ma è chiaro che non possiamo parlare di dignità del lavoro se non abbiamo rapporti di lavoro stabili, regolari, che possano permettere anche quel giusto compenso di cui stiamo parlando anche in queste ore. È di tutta evidenza che un lavoratore regolarmente contrattualizzato, con un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, ha maggiore forza contrattuale per richiedere il pieno rispetto delle norme sulla sicurezza e, al tempo stesso, è anche più motivato a implementare la propria preparazione professionale in materia di sicurezza, operando in un ambiente lavorativo che sente come proprio, per un arco temporale ragionevolmente prolungato. Si tratta di un investimento per il lavoratore, ma anche di una sicurezza crescente per l'imprenditore. Certamente, precarietà e contratti a tempo non hanno aiutato gli investimenti in formazione continua, così necessari. Credo che nessuno oggi possa negare che questo obiettivo sia ancora lontano dall'essere conseguito e, pertanto, - e ben venga la Commissione - ciò richiama tutti noi - istituzioni, forze sociali ed economiche, mondo della scienza e della sicurezza e sistema dell'informazione - a un impegno costante e rigoroso, per individuare ogni soluzione che possa ridimensionare questo grave fenomeno, che colpisce in prima misura i lavoratori, ma che genera anche costi sociali ed economici ingenti per l'intera economia e per il bilancio dello Stato.
Attualmente, come ricordato dal collega Laus, il tema della salute e della sicurezza sul lavoro è regolamentato da un testo unico, il decreto legislativo n. 81 del 2008, che ha sostituito integralmente il decreto legislativo n. 626 del 1994. Si tratta di una disciplina certamente all'avanguardia, che deve essere affiancata da un costante lavoro di vigilanza per il suo rispetto e da uno sforzo straordinario per aumentare la sensibilizzazione di tutti gli attori sociali, a cominciare dai lavoratori e dalle imprese. Ogni euro destinato alla sicurezza deve diventare, anche nella percezione collettiva, un investimento sulla qualità del lavoro, nell'efficientamento della produzione e nella competitività del nostro sistema produttivo, anche dal punto di vista reputazionale. Non possiamo certamente pensare di essere un modello di riferimento, nel nostro Paese e nella distribuzione internazionale delle catene del lavoro, con valori della sicurezza che evidenziano tanti infortuni e tante vittime. Anche da questo punto di vista, rappresentano un fondamentale monito le parole del Presidente Mattarella del 3 febbraio 2022, nel suo messaggio dopo il giuramento, quando ha declinato il concetto di dignità di una moderna e solida democrazia con le seguenti parole: “Dignità è azzerare le morti sul lavoro, che feriscono la società e la coscienza di ognuno di noi, perché la sicurezza del lavoro, di ogni lavoratore, riguarda il valore che attribuiamo alla vita”. Come già ricordato, il fenomeno degli infortuni sul lavoro sembra, infatti, non voler trovare esaurimento, né sembra muovere verso una tale direzione il sempre più massiccio ricorso alle nuove tecnologie o a nuovi metodi di lavoro, che sempre meno comportano l'impegno fisico dell'uomo. Al tempo stesso, appaiono necessarie una riflessione e una verifica specifica dell'impatto delle nuove forme di organizzazione del lavoro e, in particolare, del diffondersi dei cosiddetti contratti atipici e a tempo determinato, nonché della sostanziale e progressiva deregolamentazione del mercato del lavoro sull'andamento del fenomeno degli infortuni e della tutela della salute dei lavoratori, spesso visti come meri fattori di costo.
Sulla base di queste premesse, come Partito democratico siamo stati promotori della istituzione di una Commissione parlamentare d'inchiesta, a prima firma della collega Gribaudo, che in tanti abbiamo sottoscritto, me compresa, proprio per provare a fare luce su questo fenomeno degli infortuni sul lavoro e sulle cause che nel tempo lo hanno determinato e alimentato, al fine di individuare e di suggerire nuovi strumenti per combatterlo e limitarne l'incidenza.
Come ricordavo prima, il Presidente Mattarella diceva, riguardo a questi numeri così drammatici e allarmanti: “Raccontano storie di vite spezzate, di famiglie distrutte, di persone gravemente ferite, di uomini e di donne che invocano giustizia. Persone che si appellano alle istituzioni, ai datori di lavoro, alla coscienza di chiunque sia nelle condizioni di rendere i luoghi di lavoro posti sicuri, in cui sia rispettata la dignità della persona”. Lo sviluppo delle nuove tecnologie ha mutato radicalmente la natura e la stessa dimensione spaziotemporale dei luoghi di lavoro, ma questa fase, purtroppo, non è stata accompagnata da una crescita proporzionata delle iniziative verso la prevenzione. Così, le persone si appellano a noi ed è per questo che è un dovere istituire questa Commissione, per individuare insieme gli strumenti per arrivare ad eliminare questo fenomeno davvero inaccettabile. Non possiamo pensare di lavorare e mettere a rischio la nostra vita.
Della complessità di questo fenomeno e della problematicità del tema è testimonianza anche l'ampio spettro delle questioni su cui la Commissione si propone di indagare e che sono tantissime. Si tratta di otto punti, ricchi - devo dire - di approfondimenti continui. Li cito velocemente, perché danno il senso, secondo me, dell'impegno e della strada che si accinge a intraprendere questa Commissione. Innanzitutto, l'approfondimento della conoscenza della dimensione di questo fenomeno, degli infortuni sul lavoro. Lo ricordava prima anche la collega Barzotti, quando diceva che ci prefiguriamo di verificare e di quantificare l'esistenza delle differenze tra le vittime riguardo al genere di appartenenza, al territorio di ubicazione del luogo di lavoro, all'età, al settore lavorativo, al tipo contrattuale, al tipo aziendale o societario. Ancora, l'individuazione delle principali cause degli infortuni sul lavoro, con particolare riguardo all'incidenza dei fenomeni di interposizione illecita, somministrazione irregolare di manodopera, sfruttamento, pratica del lavoro sommerso e irregolare, controllo di imprese da parte di organizzazioni criminali. Inoltre, l'accertamento del livello di applicazione delle norme antinfortunistiche e l'efficacia della legislazione vigente, la quantificazione del costo degli infortuni sul lavoro e la relativa incidenza sulla finanza pubblica, la valutazione degli eventuali casi di presenza di minori nei luoghi di lavoro, con particolare riferimento ai minori che provengono dall'estero, nonché, le misure adottate per la protezione degli stessi nei casi di esposizione a rischi di infortunio. Ancora, l'individuazione di eventuali misure di natura legislativa e amministrativa finalizzate ad accrescere l'efficacia della prevenzione e ad attenuare gli effetti degli infortuni, la valutazione della congruità delle provvidenze e degli interventi di assistenza previsti dalla normativa vigente in favore dei lavoratori e dei loro familiari, in caso di incidenti mortali, di malattia, di invalidità e di infortunio. Infine, l'analisi dei casi di sfruttamento e di minor tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro nell'ambito dell'intermediazione di manodopera.
Sono tante le linee di indirizzo e gli spunti di riflessione che dovrebbero ispirare l'azione del decisore politico e ne richiamo solamente alcuni che spero possano essere oggetto dei lavori della Commissione. Credo che sia infatti necessario affiancare ad un deciso investimento e potenziamento dei sistemi di controllo e di sanzione meccanismi di incentivazione di comportamenti virtuosi delle imprese in tema di sicurezza dei propri lavoratori, anche attraverso certificazioni pubbliche per le aziende con le migliori performance in materia di sicurezza e salute, quali controlli preventivi su competenze, professionalità, numero di operai, applicazione dei contratti nazionali e assenza di sanzioni amministrative.
Per questo motivo è necessario intervenire per consentire una maggiore autonomia di spesa per l'INAIL che ha 40 miliardi di euro depositati su un conto infruttifero della Tesoreria. In linea con questo obiettivo, si consideri anche quanto previsto dall'articolo 20 del decreto-legge n. 36 del 2022, mi riferisco al PNRR, per il quale la progettazione e l'esecuzione degli interventi previsti costituiscono un'opportunità per sperimentare l'innovazione gestionale e tecnologica nel campo della sicurezza nei luoghi di lavoro. Si dispone, infatti, che l'INAIL si approcci alle imprese non più solo come assicurazione ma come partner per l'innovazione, un partner, oserei dire, strategico. In questo senso, l'INAIL promuove appositi protocolli d'intesa con aziende e grandi gruppi industriali per l'attivazione di programmi straordinari di formazione, di progetti di ricerca, di sperimentazione di soluzioni tecnologiche, di sviluppo di strumenti e modelli organizzativi avanzati, di analisi e gestione dei rischi, di iniziative congiunte di comunicazione e promozione della cultura della salute e della sicurezza. Sarà nostro impegno verificare la reale attuazione di detta disposizione e i risultati conseguiti in termini di buone pratiche da estendere. Spero che la Commissione competente venga tenuta aggiornata su questo, perché questo monitoraggio può essere una chiave di svolta anche per i futuri lavori e i futuri cantieri.
Un'altra cosa importante che ci tengo a sottolineare riguarda proprio la rappresentanza. Un lavoro sicuro - lo abbiamo detto prima - non può essere un lavoro precario, un lavoro regolato con contratti pirata firmati da organizzazioni sindacali non rappresentative, soprattutto in quei settori produttivi dove è più alto il numero degli infortuni. Dal 2012 al 2021 sono raddoppiati i contratti collettivi: 992. Solamente pochi di questi sono firmati dai sindacati più rappresentativi: solamente 25 degli ultimi 441. È evidente che è necessario addivenire alla strutturazione di una legge sulla rappresentanza, così come all'introduzione di una disciplina sul salario minimo legale, una priorità sulla quale siamo intervenuti tante volte anche in questa sede, così come sollecitato anche dagli indirizzi comunitari. Inoltre, la formazione dei datori di lavoro e soprattutto dei lavoratori è essenziale affinché si possano ridurre gli infortuni, soprattutto in epoca di repentini cambiamenti nelle tecnologie e nei sistemi di lavoro. Dunque, un lavoro stabile e non precario, un lavoro ben pagato, una formazione continua che sviluppi prevenzione e sicurezza tanto per il lavoratore quanto per l'imprenditore. La formazione deve diventare un diritto universale ed esigibile da ciascun lavoratore e vanno implementati i controlli sulla reale efficacia e anche partecipazione ai corsi, così come va integrata l'offerta formativa scolastica, a cominciare dai PCTO, con il tema della cultura della sicurezza sul lavoro: la sicurezza sul lavoro deve diventare cultura, una cultura condivisa e collettiva. Ogni euro speso in formazione sulla sicurezza non è una spesa, è un investimento e questa deve diventare una consapevolezza di tutti.
Le opportunità offerte dall'innovazione tecnologica sicuramente daranno una mano sul tema della sicurezza. Attrezzature e macchinari più moderni sono sintomo di maggiore sicurezza e salubrità, minore inquinamento e spreco. L'innovazione tecnologica e digitale consente interconnessione e decentralizzazione. Le tecnologie, lo smart working e i sistemi come la realtà aumentata e la realtà virtuale facilitano l'eliminazione degli spostamenti per ridurre con lo smart working il numero dei morti in itinere. L'automazione e i robot serviranno a ridurre il carico di lavoro e, presumibilmente, ridurranno drasticamente i lavori manuali e ripetitivi a favore di un lavoro, forse concettuale, qualificato. Ma il sistema dei controlli dovrebbe permettere di avvalersi anche di queste innovazioni tecnologiche, rendendo sempre più efficaci e mirate le attività ispettive.
Verificheremo, dunque, la fattibilità di tutti questi indirizzi su cui abbiamo tanto da lavorare, anche alla luce del prezioso lavoro che produrrà la Commissione che ci accingiamo a istituire e alla quale contribuiremo con grande determinazione. Da questo punto di vista, appare utile la previsione, che è presente nella proposta, di far riferire la Commissione almeno con cadenza annuale, con singole relazioni o relazioni generali, ma anche ogni volta che se ne ravvisi la necessità a conclusione dei propri lavori. Ognuno di questi appuntamenti dovrà rappresentare l'occasione per tradurre in provvedimenti concreti le relative indicazioni delle relazioni, così da costituire un significativo miglioramento della condizione di milioni di lavoratori del nostro Paese. Una Commissione, quindi, concreta che sappia individuare criticità e problemi ma che sappia anche proporre delle soluzioni. Serve, probabilmente, un nuovo patto sociale e culturale per riconoscere ai lavoratori la giusta dignità, i giusti trattamenti economici e di welfare ma serve un patto con i cittadini, perché solamente tenendo insieme lavoro, sicurezza e salute è possibile garantire rispetto della vita umana, dignità ai lavoratori ma anche sicurezza e investimenti per gli imprenditori, diritti fondamentali per tutti e per tutte. Solamente in questo modo, probabilmente, saremo in grado di costruire, anche grazie al lavoro di questa Commissione, un futuro di crescita e di benessere equo e sostenibile.