A.C. 1573-A; A.C. 300-1184-1299-1310-1617
Grazie, signor Presidente, mi consenta, prima di svolgere brevemente il mio intervento, di ringraziare i relatori, i commissari per questa discussione che ha animato per diverse settimane la Commissione lavoro della Camera. Credo che abbiamo avuto un confronto pacato, serio, rigoroso nel merito e credo che il ruolo e il compito che anche il Partito Democratico, insieme alle altre opposizioni, ha svolto è stato un ruolo di stimolo, sempre partendo dai contenuti, senza metterci troppa enfasi. Lo dico con grande rispetto al collega Malagola, che ringrazio per il lavoro che ha fatto, non so se questa è la strada per una nuova stagione di collaborazione tra capitale e lavoro. Sono processi che sono molto più profondi, c'è un tema molto serio che magari ci viene posto persino dagli Stati Uniti d'America in questa fase. Basta vedere il fotogramma del giuramento di Donald Trump, con i cinque principali capi delle big tech americane: X, Google, Meta, Apple, Amazon: faccio fatica a vedere là dentro un impulso ad agevolare una collaborazione tra capitale e lavoro. Vedo, piuttosto, un capitalismo tecnologico che si separa dal lavoro e si separa, dunque, dalla democrazia. Quindi, ci troviamo dentro una dinamica che è molto, molto più di lungo periodo, che andrebbe analizzata con grande attenzione, anche per capire quali sono gli strumenti per riportare al centro del dibattito pubblico la produzione, il lavoro che, nel corso degli ultimi anni, ha perso potere e forza, soprattutto dentro una dinamica di finanziarizzazione spinta ed esasperata, dove i redditi da capitale e i redditi da lavoro hanno visto, mai come in questa epoca, una separazione, un allargamento delle diseguaglianze.
Quindi, se stiamo sul punto politico, anche meno; se stiamo sul merito della vicenda rivendico che il Partito Democratico è stata la forza che ha chiesto che questo testo, promosso dalla CISL, su cui sono state raccolte centinaia di migliaia di firme, venisse adottato come testo base dalla Commissione e fosse il testo da cui si partiva.
Attorno c'erano altre proposte avanzate dalle forze della maggioranza ma anche da alcune forze dell'opposizione. Noi abbiamo detto: se la democrazia diretta ha un valore e i suoi istituti devono essere utilizzati e valorizzati, è giusto che il Parlamento discuta a partire dalla proposta di iniziativa popolare avanzata dalla CISL.
Per noi questo è un principio che vale sempre. Lo dico al Governo e lo dico anche ai colleghi. Vale sempre, tant'è che abbiamo raccolto diverse decine di migliaia di firme per una legge di iniziativa popolare sul salario minimo e chiederemo che questa venga calendarizzata in Aula e discussa, perché pensiamo che, quando si muove un pezzo di popolo attorno a grandi organizzazioni politiche e sindacali, questo debba avere almeno la possibilità di essere ascoltato da questo Parlamento. Dopodiché - lo dico in termini molto chiari e netti - questo non è il testo base, su cui pure avevamo alcuni dubbi e su cui abbiamo avanzato proposte di miglioramento. Non è il testo base della CISL. Intanto, cito solamente alcuni numeri, che magari possono apparire un po' un vezzo, ma che ci mostrano, signor Presidente, in maniera plastica, come questa legge è entrata in Commissione e come ne è uscita, grazie soprattutto - va detto - ad una discreta tendenza da parte del Governo a limitare la sovranità delle Commissioni (cosa che, soprattutto quando si parte da un testo che non è del Governo, andrebbe garantita).
Partiamo da 22 articoli e 76 commi, finiamo con 15 articoli 30 commi; partiamo da 4.847 parole, finiamo con 2.122 parole; partiamo con la parola “contrattazione collettiva”, cioè, “contratto collettivo”, presente diverse decine di volte, tagliato, evirato, alla fine, 14 volte. È come se la Commissione avesse, nei fatti, applicato tagli lineari a un testo di legge: un po' come voi del Governo avete fatto, per esempio, nell'ultima legge di bilancio con gli enti locali. Quindi, noi ci troviamo di fronte a un testo stravolto e svuotato, alla trasformazione di una proposta di legge in poco più di un ordine del giorno.
E sa perché è così, signor Presidente? Innanzitutto, perché l'eliminazione del principio della contrattazione collettiva conduce, sostanzialmente, al fatto che l'applicazione di questa legge sulla partecipazione sarà pienamente ed esclusivamente nella facoltà degli statuti delle imprese. Lo ha detto in maniera molto chiara e senza infingimenti anche il relatore. Saranno le imprese che, per gentile concessione di qualche imprenditore illuminato, consentiranno ai lavoratori di partecipare: senza alcuna obbligatorietà, tutto dentro una dimensione facoltativa, senza poter utilizzare nessuno strumento che imponga una ciclicità delle riunioni degli organismi bilaterali, degli organismi di partecipazione e degli organismi di sorveglianza, definiti all'interno della partecipazione gestionale organizzativa piuttosto che consultiva. Tutto questo, addirittura con elementi di arretramento pericolosi. Ne cito uno che riguarda la partecipazione consultiva: forse quella anche più facilmente realizzabile. Ma, insomma, voi state portando indietro, persino rispetto alla legislazione del 2007, la possibilità dei lavoratori di accedere ai diritti di informazione e di consultazione.
Indietro rispetto al decreto legislativo n. 25 del 2007, che recepiva una direttiva europea che già c'era: non vi state inventando niente e non state attuando l'articolo 46 della Costituzione. E poi c'è un nodo che riguarda il modo attraverso cui si partecipa, il protagonismo dei lavoratori dentro i processi di partecipazione. Qual è il canale? È soltanto devoluto, affidato alla benevolenza di qualche impresa illuminata o si codifica il canale sindacale? Non c'è. Non si capisce i lavoratori attraverso quale canale possono accedere agli organismi della partecipazione. Noi abbiamo proposto degli emendamenti per introdurre e rafforzare l'obbligatorietà e per individuare il canale sindacale come il canale attraverso cui sarebbero stati selezionati quei lavoratori che avrebbero occupato le funzioni nelle varie forme di partecipazione (tutte abbastanza svuotate rispetto al disegno di legge della CISL).
Ma di questo non c'è nulla. Oltretutto, tagliate pure le ore di formazione, perché lei giustamente dice “non meno di dieci ore”, ma nel testo originario erano molte di più, come lei sa bene. Addirittura, si affida all'impresa l'individuazione dei lavoratori supplenti nel caso in cui non ci sia la possibilità di partecipare, cioè, vi sia un impedimento alla partecipazione per coloro che fanno parte degli organismi. Dunque, ci troviamo di fronte a una legge che è molto diversa. Però, vede, questa cosa non è nuova, signor Presidente, e sa perché? Perché, nei fatti, noi stiamo facendo una discussione un po' singolare e questa illuminazione l'ho avuta soprattutto nell'ultima seduta della Commissione, durante il voto sul mandato al relatore, quando abbiamo avuto l'onore della visita della Ministra Calderone (partecipazione, da questo punto di vista, molto rara).
Noi stiamo discutendo di una partecipazione che non prevede nessuna possibilità per i rappresentanti dei lavoratori di chiedere, almeno una volta all'anno, la convocazione degli organismi: neanche questo è consentito. Questo anche, mutatis mutandis, signor Presidente, per il Parlamento: non la vediamo da un po' di tempo la Ministra Calderone. L'abbiamo vista quel giorno - appena una settimana fa - e le abbiamo chiesto di poter interloquire con le ragioni dell'opposizione: le abbiamo chiesto perché i tre emendamenti che noi avevamo presentato erano stati sonoramente bocciati e perché, ad esempio, scompaiono dal testo processi partecipativi nelle banche e nelle società partecipate.
Ci siamo arrivati per intuito, signor Presidente, perché, forse, persino una pur limitata, scarna e pallida partecipazione dei lavoratori agli organismi disturba il manovratore impegnato in processi di privatizzazione di alcuni asset strategici del nostro Paese oppure di fusione delle banche. E, quindi, questa roba: “via”! Così come “via” anche il Garante per la sostenibilità sociale dell'impresa: non si capisce perché è stato evirato anche questo articolo, ma potremmo continuare. Quindi, abbiamo la Ministra che è destinataria di una delega a metà.
Nel dicembre del 2023 la proposta di legge unitaria delle opposizioni sul salario minimo viene cancellata da un emendamento della maggioranza che affida una delega alla Ministra, una delega per - diciamo -agevolare la contrattazione sindacale, termini che la Ministra utilizza molto spesso ma che però, poi, fa scomparire dal testo sulla partecipazione, perché ci ha fatto per mesi la lezioncina che per alzare i salari serviva incentivare la contrattazione sindacale, la contrattazione collettiva - cosa di cui eravamo già informati anche in precedenza, non serviva questa raccomandazione ministeriale - e che il salario minimo era uno strumento pericoloso che avrebbe danneggiato la contrattazione collettiva. Quindi, si prende una delega su questo e dentro la delega c'è addirittura l'attuazione dell'articolo 46 sulla partecipazione.
Quindi, noi andiamo a fare una discussione su questo tema dove pende ancora una delega che non è stata ancora approvata, convertita in legge, perché nel frattempo sono passati un anno e un mese rispetto all'approvazione alla Camera e questo ci consegna anche un dato politico e cioè che il tema dei salari bassi non è una priorità di questo Governo, tant'è che addirittura quando fate il passaggio - nell'ultima legge di bilancio - dal cuneo contributivo al cuneo fiscale penalizzate fino a 1.200 euro all'anno i redditi tra 8.500 e 9.000 euro annui e addirittura sotto i 35.000 euro si perdono un sacco di soldi - sono dati che sono anche facilmente reperibili dall'Ufficio parlamentare di bilancio e, dunque, sommessamente vi facciamo una proposta: fate un decreto per correggere questa operazione terribile che va a penalizzare i redditi bassi. Tuttavia, la cosa singolare è che questa delega non è stata ancora trasformata in legge e, quindi, noi discutiamo una proposta sulla partecipazione nel momento in cui pende una delega dove c'è dentro, per la Ministra, la partecipazione. Abbiamo chiesto questo alla Ministra quando è venuta in Commissione, ma non ha risposto, non ha ritenuto obbligatorio interloquire con il Parlamento. È un po' come la Sibilla Cumana: non parla, si può solamente interpretare, signor Presidente.
Dopodiché, queste scelte che sono state messe in campo dal Governo sono scelte che ci inducono a rovesciare l'appello che giustamente fa l'onorevole Malagola. Malagola dice: stiamo attuando l'articolo 46 della Costituzione, ci vuole un largo consenso. Io sono d'accordo, io penso che la Costituzione, soprattutto quando parliamo dei rapporti economico sociali, vada attuata, che la parte sul lavoro vada attuata, e quindi l'articolo 36, l'articolo 39, l'articolo 46. Retribuzioni giuste e, dunque, salario minimo: articolo 36. Articolo 39: la rappresentatività e la validità erga omnes dei contratti, a proposito. Ultimo sfregio a questa legge dove scompaiono i termini “contrattazione collettiva” quasi dappertutto è aver introdotto il principio che valgono non solo i contratti comparativamente più rappresentativi, ma anche quelli maggiormente rappresentativi.
Aprite le porte a chissà cosa e forse non ve ne siete resi neanche conto, in un Paese in cui il dumping salariale molto spesso, anzi, quasi sempre, è praticato dalla possibilità di firmare e sottoscrivere contratti pirata o di non far valere i contratti sottoscritti dalle principali organizzazioni sindacali, CGIL, CISL e UIL. D'altra parte, sappiamo benissimo quanti sono i contratti che sono depositati presso il CNEL.
Detto questo, io sono d'accordo, colgo l'appello, Presidente, e concludo: occorre una larga maggioranza. Noi abbiamo votato “no” al mandato ai relatori, non per un fatto personale, li ho ringraziati, ma perché evidentemente non sono stati nelle condizioni di difendere questa proposta di legge e hanno accettato di farla svuotare. Aspettiamo dei segnali sugli emendamenti che presenteremo. Certo, se la legge rimane questa, così come uscita dalla Commissione, non è il testo della CISL, non è sostanzialmente nient'altro che un titolo, ma i titoli non servono a nessuno, soprattutto ai lavoratori italiani.