Esame delle questioni pregiudiziali
Data: 
Mercoledì, 8 Maggio, 2019
Nome: 
Antonio Viscomi

A.C. 1816

Grazie, Presidente. Il Partito Democratico ha presentato la questione pregiudiziale e ha segnalato la non conformità di questo decreto-legge, recante “Misure emergenziali per il servizio sanitario della regione Calabria e altre misure urgenti in materia sanitaria” ai requisiti che la Costituzione e la giurisprudenza della Corte costituzionale richiedono ai fini dell'esito positivo dello scrutinio di legittimità, per l'adozione di un atto che - è ben noto - altera il normale equilibrio della funzione legislativa, un atto peraltro che in questo specifico caso è destinato ad operare in un contesto istituzionale segnato da una regolazione multilivello e quindi al rischio di disarticolare l'insieme delle regole sinteticamente raccolte nell'alveo semantico del principio di leale collaborazione, principio questo che per sua natura non può non conformare anche le ipotesi di esercizio dei poteri sostitutivi, ai sensi e per gli effetti dell'articolo 120 della Costituzione, come declinato dall'articolo 8 della legge n. 131. Ora, in primo luogo, vorrei evidenziare che il decreto in esame è articolato in due capi, sostanzialmente autonomi, aventi ad oggetto, l'uno, le criticità del servizio sanitario regionale, l'altro invece, materie relative al Servizio sanitario nazionale, due capi, così diversi per ratio e per temi trattati, da apparire anche ad un osservatore distratto come la giusta posizione di due differenti provvedimenti, dei quali il primo, quello di carattere regionale, sembra operare come una sorta di veicolo trainante che ha consentito di trascinare appunto nell'urgenza del decreto anche il secondo provvedimento, quello di rilievo nazionale. La conseguenza, però, Presidente, è ovvia: così operando non si consente una valutazione differenziata delle due parti, costringendo il Parlamento ad accomunare in un unico voto finale provvedimenti che potrebbero anche suggerire valutazioni tra loro differenti. Già sulla base della mera lettura delle ragioni, posta a fondamento del decreto in esame, appare scarsamente considerato il principio costituzionale che vuole omogenei i contenuti precettivi di un decreto-legge, vincolo questo che la Corte ritiene implicitamente previsto all'articolo 77 della Costituzione, ed esplicitato anche dalla legge n. 400, laddove si prescrive che il contenuto del decreto-legge deve essere omogeneo, che, pur non avendo in sé e per sé rango costituzionale, costituisce esplicitazione della ratio implicita nel secondo comma dell'articolo 77, il quale impone il collegamento dell'intero decreto-legge al caso straordinario di necessità ed urgenza, in questo caso la Calabria, che ha indotto il Governo ad avvalersi dell'eccezionale potere di esercitare la funzione legislativa.

C'è però un secondo e più importante elemento da considerare, che non riguarda soltanto la regione Calabria: il decreto interviene in una materia difficile, caratterizzata - come dicevo - da una governance multilivello, affidata ad una pluralità di attori istituzionali, presidiata da norme costituzionali, segnata da una risalente stratificazione legislativa per quanto riguarda l'intervento di contenimento della spesa, alla quale si affianca ora una transitoria e articolata disciplina di ridefinizione dei poteri e delle competenze anche sulla organizzazione aziendale, in particolare per quanto riguarda quattro versanti: il potere di nomina degli organi direzionali, la dichiarazione di dissesto degli enti del Servizio sanitario regionale, la disciplina degli appalti dell'edilizia sanitaria, lo scioglimento per infiltrazioni mafiose. L'introduzione di tale complesso sistema è giustificato dal Governo per via della situazione di degrado del sistema sanitario regionale. Naturalmente non è in questa sede, cioè in sede di discussione della questione pregiudiziale, che può e deve entrarsi nel merito delle singole norme, deve però essere qui ricordato in via preliminare che proprio il carattere multilivello del sistema avrebbe dovuto indurre il Governo ad una più ampia riflessione sulle ragioni della criticità evidenziata e suggerire una più attenta considerazione della necessità di ripensare l'istituto del commissariamento e semmai di incentivare e rafforzare le pratiche cooperative non conflittuali tra i livelli istituzionali. In modo più pertinente, Presidente, vorrei evidenziare che proprio il carattere multilivello del sistema rende ancora più clamorosa la violazione del principio di leale collaborazione, nel momento stesso in cui l'autonomia regionale - oggi, della regione Calabria, domani, di qualunque altra regione - subisce una ferita così profonda e che a farlo siano stati i partiti che nel passato hanno professato il massimo rispetto per il sistema delle autonomie fa veramente pensare al cambiamento radicale di questo tempo. Il fatto è, signor Presidente, che è totalmente mancata qualunque forma di confronto preventivo con la regione Calabria e, come chiarito anche di recente dalla Corte costituzionale in materia di legislazione concorrente, cito testualmente: “E' fondata la richiesta della ricorrente di un coinvolgimento regionale tramite intesa. In particolare, essendo il fondo, nel caso specifico, destinato alla progettazione, e così via, è corretto che, come prospetta la ricorrente, lo strumento idoneo ad eliminare il vizio consiste nell'intesa”.

Le conseguenze di questa scarsa considerazione delle esigenze di rispettare l'articolazione degli assetti istituzionali sono facilmente evidenziabili, basti pensare all'articolo 2 che conferisce al commissario, al “nuovo” commissario, diciamo, un potere nuovo rispetto a quanto previsto nel piano di rientro, ossia il potere di verifica straordinaria dei direttori generali delle aziende e dei commissari. Basti pensare, ancora, alla nomina dei commissari straordinari delle singole aziende da parte del commissario governativo, anziché da parte del presidente della giunta regionale; basti pensare alla verifica prima dei 24 mesi e così via; basta pensare all'omissione integrale dell'acquisizione dei pareri della conferenza dei sindaci che, invece, è prevista in via generale. Potrei richiamare a sostegno molte tesi della Corte costituzionale; mi limito solo a ricordare la sentenza n. 251 del 2016, relativa proprio in materia di dirigenza statale.

Insomma, qualunque intervento legislativo che incida sull'assetto delineato dal decreto legislativo n. 171, com'è accaduto, ad esempio, al momento dell'adozione del decreto legislativo n. 126, correttivo del n. 171, deve necessariamente essere preceduto da intese in sede di Conferenza Stato-regioni, ivi comprese le deroghe o le modifiche introdotte con il decreto-legge in oggetto.

Mi avvio a concludere, signor Presidente, richiamando le due ragioni che giustificano l'apposizione della pregiudiziale; il Governo chiede all'Aula di approvare un provvedimento non omogeneo che incide su materie concorrenti, senza aver acquisito alcuna forma di intesa con il sistema delle Conferenze, luogo proprio di attuazione della leale collaborazione. A prescindere dal merito delle singole questioni e cioè se gli istituti introdotti siano la terapia giusta per una condizione critica o non siano piuttosto, come io credo, una terapia sbagliata, si tratta di condizioni di carattere generale e di interesse generale che non consentono di proseguire nell'esame del decreto-legge n. 35. Il fatto è - e concludo - che l'introduzione nel sistema istituzionale e normativo di prassi segnate dalla negazione del principio di leale collaborazione fra Stato e regioni, soprattutto quando riguarda materie tipicamente multilivello, non determina, come qualcuno ritiene, la semplificazione di situazioni altrimenti complesse da gestire, ma, semmai, complica ulteriormente situazioni già di per sé complesse e perpetua improduttivi atteggiamenti conflittuali tra poteri, laddove, invece, il reale interesse dei cittadini invoca, anzi, impone atteggiamenti cooperativi orientati al comune impegno.

Questo è, in definitiva, Presidente, il senso stesso del principio di leale collaborazione che questo decreto ha palesemente violato, tanto da giustificare la richiesta all'Aula di non proseguire oltre nel suo esame.