Grazie, Presidente. L'altro giorno, conversando con alcuni giornalisti, è uscito un titolo interessante, esemplificativo: ‘l'auto sta andando a sbattere'. Ed è proprio così. In questo momento, quell'auto che ha fatto la storia italiana del dopoguerra, che ha ricostruito il Paese con la ripresa industriale degli anni Sessanta, insieme ai frigoriferi e al gas della Val Padana, oggi attraversa una crisi - che veniva richiamata - profondissima.
Due motivi li abbiamo sotto gli occhi. Da un lato, la pandemia, prima sanitaria e poi dell'energia e delle materie prime, che hanno contratto le immatricolazioni nel Paese: da 1 milione e 900 mila vetture nel 2019, pur in presenza di robusti incentivi, siamo passati ad 1 milione e 380 mila nel 2020 e a 1 milione e 460 mila nel 2021. Oggi abbiamo una situazione ancora bloccata, come si diceva, per lo stop and go degli incentivi, e a fianco a questo adesso vi è una carenza di materie prime e semilavorati che rende difficile le vendite e le consegne.
Dall'altro punto di vista, vi è una povertà veicolare italiana: abbiamo quasi 40 milioni di vetture, 6,6 italiani su 10 possiedono l'automobile, questo è un segno anche del nostro sistema sociale, caratterizzato dalla geografia del Paese e da una mobilità molto fondata sulla mobilità individuale. Però è un parco veicolare vecchio: il 30 per cento di quelle vetture è ancora compreso fra euro 0 ed euro 3. Ecco questo è il ‘sistema automobile' che si sta presentando alla sfida epocale della transizione ecologica e della transizione tecnologica e digitale. Veniva richiamata prima la transizione ecologica, che noi condividiamo in pieno, con gli obiettivi 2050 dello 0 netto di emissioni di CO2, con la politica europea di avvicinamento a quegli obiettivi, ma che ci porta anche a vedere un cambio nelle motorizzazioni. Il sistema elettrico, Presidente, signora sottosegretaria, non è solo un tema di discussione ideologica e tecnica. Noi in Europa siamo produttori ed esportatori di autoveicoli. I grandi mercati mondiali, dalla Cina agli Stati Uniti, quelli comparabili con noi, si stanno orientando sulla motorizzazione elettrica. Non possiamo non entrare in questo settore se non vogliamo abdicare al nostro ruolo di grandi produttori continentali, e l'Italia dentro il continente deve fare la sua parte. Ma a fianco a questo ci sono anche le nuove motorizzazioni, quelle endotermiche, sempre più efficienti, che possono utilizzare biocombustibili, rivitalizzando anche una filiera, quella della chimica. Ma non è solo questa la sfida, veniva detto prima: c'è una sfida tecnologica, la guida assistita, l'Internet delle cose, sia nel prodotto che nel processo. Questo è il tema che stiamo affrontando con questa mozione; una mozione che - perdonatemi colleghi se metto l'accento su questo - stabilisce che questa maggioranza politicamente indica al Governo l'importanza del settore auto in Italia per il futuro del settore industriale e per il futuro del Paese.
L'auto, dicevamo, richiama molte filiere, dall'energia alla chimica, all'elettrotecnica, all'elettronica, e non è solo incentivi. Sono infrastrutture: stavamo dicendo prima, è necessaria un'ampia infrastrutturazione del Paese, sia per la parte elettrica, le colonnine di ricarica, sia per la parte dei nuovi combustibili. Sono necessarie misure per far riprendere la produzione di autoveicoli in Italia, mai così bassa dagli anni Settanta; in questo Stellantis può e deve fare la sua parte. Stabilimenti come Melfi, gli altri stabilimenti come Mirafiori sono punti importanti su cui investire, la gigafactory, i nuovi modelli.
Ma in questo senso anche pensare a un ritorno delle produzioni dall'estero, veniva detto in precedenza della produzione dei componenti critici dall'estero. Sono tutte questioni da inseguire. Ora, vado alla conclusione dicendo che, per la prima volta, nelle nostre battaglie, nelle battaglie di questo Parlamento non si è mai discusso di automobili così tanto come in questa legislatura e in questa Camera. Questa battaglia oggi sta approdando a dei risultati. Nel Piano nazionale di ripresa e resilienza sono state poste delle tessere di un mosaico più ampio; sono stati allocati 3-4 miliardi su alcuni capitoli importanti, le batterie, i semiconduttori, l'idrogeno. Molto viene investito sul tema delle colonnine elettriche convenzionali e quelle a ricarica veloce, e nel “decreto Energia” in conversione alla Camera, in trattazione nelle Commissioni, noi abbiamo uno stanziamento di 8,7 miliardi fino al 2030.
Siamo quindi in presenza, per la prima volta, di un sistema di risorse, che era quello che il Parlamento chiedeva, di 12-13 miliardi dedicati all'automotive, soldi che non vanno sprecati; e, per non sprecare questi soldi - ha ragione il collega Bersani - serve uno strumento specifico. Aggiungo che serve anche un piano organico che veda incentivi, e se lo dico io non solo incentivi, perché in questo momento la vendita non si sostiene solo con gli incentivi, perché c'è carenza di produzione, ma serve una misura organica che veda naturalmente la ripresa di ricerca e sviluppo. Guardate che l'automobile italiana ha avuto uno dei suoi punti di forza nel Politecnico di Torino, che sfornava ingegneri capaci di dare gambe a quelle idee, quindi lauree tecniche, ITS, formazione delle lavoratrici e dei lavoratori che si trovano a cambiare il loro profilo di lavoro. Transizione delle aziende: anche qui, noi abbiamo detto produzione ai minimi dagli anni Sessanta, ma l'automobile in Italia si è difesa con la componentistica, veniva richiamato dalla collega Porchietto. In un'automobile tedesca c'è il 40 per cento di lavoro italiano. Siamo rimasti in piedi perché abbiamo saputo partecipare a queste grandi sfide, ma un'azienda che oggi produce cilindri, pistoni, rettifiche per le parti mobili, quando affronta la motorizzazione elettrica, è fuori mercato.
E allora noi dobbiamo lanciare un grande programma di aiuto a queste aziende, modello Industria 4.0, con sostegni agli investimenti, al cambio delle attrezzature, come dicevo alla formazione del personale. Questi sono i punti che noi chiediamo il Governo metta su carta in maniera chiara. Ci sono le risorse finalmente, c'è il tempo, c'è una sfida epocale. Da una sfida può nascere anche un'opportunità: l'auto italiana, che stava attraversando un periodo, diciamo così, non proprio positivo, può ritrovare in questo momento, nelle nuove motorizzazioni, nei nuovi sistemi tecnologici, un rilancio. Dobbiamo volerlo. Allora concludo, Presidente, dicendo che oggi, qui, la cosa più importante che stiamo discutendo, al di là di quella che è la parte squisitamente tecnica di quelle che sono le nostre discussioni di politica industriale, per noi è una: avere riportato il Parlamento, il Governo, la pubblica opinione alla forte consapevolezza che l'automobile in Italia deve continuare ad essere una parte del futuro industriale del nostro Paese e una parte del futuro del Paese stesso, del suo benessere e della sua crescita (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).