Discussione generale
Data: 
Venerdì, 20 Novembre, 2020
Nome: 
Luca Rizzo Nervo

A.C. 2779

Grazie, Presidente. Il decreto-legge che oggi è all'esame di quest'Aula e che convertiremo nei prossimi giorni rappresenta una conferma e quindi rinnova, introducendo alcuni elementi ulteriori di novità, la strategia che si è sviluppata, con un impianto normativo che fin qui è stato messo in campo per dare strumenti di contrasto alla forza enorme e del tutto inedita di questa pandemia, una strategia che ha visto nella flessibilità e nella tempestività di reazione rispetto alle evoluzioni, anche difficilmente prevedibili di questa pandemia, i suoi tratti fondamentali. Io credo che, a esito di questi primi mesi, noi possiamo dire che questa strategia, questa capacità di intervento anche straordinario, questi poteri straordinari che sono stati affidati al Governo per garantire questa flessibilità e questa tempestività sono stati una scelta giusta e io credo che ogni nostra riflessione, che responsabilmente volesse sfuggire alla tentazione della banalizzazione ai fini di un'incessante e sterile polemica politica di parte, una riflessione che volesse ancorarsi alla pacatezza e al merito, come il momento richiederebbe, dovrebbe ancora una volta riconoscere che il nostro Paese, come tutta Europa e come tutto il mondo, sta affrontando una delle situazioni più gravi e drammatiche dalla fine dell'ultima guerra mondiale. Dobbiamo averne consapevolezza, perché un dramma di questa portata chiede serietà e responsabilità dell'intero sistema Paese nessuno escluso, a partire, ovviamente, da chi rappresenta il popolo nelle istituzioni democratiche. E serietà e responsabilità, Presidente, sono fatte anche della rinuncia alle polemiche inutili, agli attacchi gratuiti, ai conflitti istituzionali, alle alternative, ma ugualmente inutili, affermazioni del “si è sbagliato tutto” quanto ugualmente del “è andato tutto bene”.

In Italia oggi abbiamo quasi 30 mila persone ricoverate nei reparti COVID-19 ormai strapieni, più di 3 mila persone in terapia intensiva, 600 mila positivi. Abbiamo oltre 42 mila italiani morti per il COVID-19 e quasi due milioni di persone morte in tutto il mondo. A loro dobbiamo un dibattito pubblico e scelte conseguenti che siano all'altezza di questa situazione. Dobbiamo abbandonare una retorica piena di menzogna sul fatto che non si è fatto nulla, che si è perso tempo dall'estate a oggi. Certo, ci saranno stati anche errori, ma lungo questi mesi intorno alla coerenza di una strategia, che, come dicevo, è stata messa in campo fin dall'inizio, si è cercato di fare ogni sforzo per migliorare la nostra capacità di resistere alla pandemia sotto diversi punti di vista, ovviamente senza la bacchetta magica e con tutta la difficoltà di adeguare in pochissimo tempo sistemi sanitari, economici e sociali che non erano affatto tarati per sopportare una pandemia globale, certo affrontando le enormi diseguaglianze di possibilità e di opportunità che attraversano il nostro Paese a seconda del luogo dove vivi, certamente dovendo gestire l'emersione di tutta una serie di vizi che preesistevano rispetto al COVID-19 e che il virus ha messo ancora più in luce. Ma dentro a questa complessità che è l'Italia, dire che non si è fatto nulla non fa giustizia a un lavoro che non ha potuto e non poteva probabilmente metterci al riparo dalla seconda ondata, ma che ci ha dato strumenti nuovi per affrontarla ed è - lo dico con franchezza - una rappresentazione macchiettistica dire che i mesi che abbiamo alle spalle hanno visto, mentre il Paese era in sofferenza, un impegno per i monopattini o per rendere rotanti i banchi piuttosto che per strutturare una risposta alla pandemia. Con queste parole si fanno efficacemente dei tweet, si conquista qualche like in più, ma si fa un torto ingeneroso, si fa un torto, si dicono cose ingenerose rispetto all'impegno del nostro Paese, non solo del nostro Governo. Ed è ingeneroso perché non è stato “nulla” incrementare gli organici della sanità di 36 mila unità, non è stato “nulla” stanziare centinaia di milioni che hanno permesso di avere cantieri in 12 mila scuole e 40 mila nuove aule alla partenza dell'anno scolastico, non è stato “nulla” aver raddoppiato i posti di terapia intensiva nel nostro Paese, non è stato “nulla” aver decuplicato la capacità di screening, passando dai 26 mila tamponi al giorno, nel mese di marzo, ai 230 mila e oltre di oggi.

Tutti strumenti che non c'erano e che oggi ci sono ad esito di scelte e della capacità di tradurle in fatti. Certo, questo non ci consente di indugiare neppure un secondo sull'autocelebrazione e nel sentirsi a posto con se stessi. Ci sono amplissimi margini di miglioramento che, tuttavia, non muovono dal nulla ma da cose fatte che una discussione onesta potrebbe e dovrebbe riconoscere, senza distorcere la realtà a ragioni di propaganda di parte affermando che alle spalle abbiamo mesi di ozio, di sottovalutazioni e di inattività. Qui spesso quella discussione onesta pare non svilupparsi, laddove, invece, in molti altri Paesi in Europa - ultima in ordine di tempo la Francia - avviene anche con votazioni pressoché unanimi dei Parlamenti sui provvedimenti sull'emergenza sanitaria. Certo, lo ribadisco: la resistenza a questo virus ha dovuto fare i conti con tutti i limiti, i nodi gordiani, le burocrazie miopi, con i deficit di programmazione, con gli esiti di tagli lineari di questi anni, con le diseguaglianze territoriali che tengono troppo spesso al palo il nostro Paese e che chiedono il coraggio di un riformismo che abbia i tratti della radicalità. Ma la resistenza a questo virus ha anche potuto beneficiare della straordinaria resilienza degli italiani, della straordinarietà - che non mi stancherò mai di ripetere - di operatrici e operatori sanitari che continuano in modo esemplare, certo con una fatica molto maggiore e ancora maggiore di quanto non fosse a marzo, a dare il massimo e ancora qualcosa di più all'interno di un Servizio sanitario nazionale provato ma resistente nelle sue espressioni di universalismo e gratuità. Una resistenza al virus che, come dicevo all'inizio, ha potuto contare su una strategia che questo decreto ribadisce, una strategia fondata su un criterio di massima prudenza nella gestione dell'emergenza. Abbiamo detto che si sarebbero dovute adottare tutte le restrizioni necessarie per tutelare la salute degli italiani, contemporaneamente cercare di farlo evitando di giungere a un lockdown generalizzato e cercando di stanziare le somme necessarie per alleviare la sofferenza economica e sociale delle persone e delle aziende colpite dall'emergenza e abbiamo fatto questo a più riprese. Oggi con il “decreto Ristori”, anche constatando con soddisfazione come i pagamenti siano stati molto celeri e in linea con le promesse che il Governo aveva fatto e con gli impegni che aveva assunto all'atto dell'approvazione in Consiglio dei Ministri del provvedimento, abbiamo ribadito questa scelta.

Questo virus ci ha mostrato tutta la fragilità della condizione umana davanti a una sfida di simile portata, ma ci ha anche messo in evidenza dei moltiplicatori di questa fragilità. Alcuni dipendono dalla nostra età, dalle nostre patologie, ma molti altri dipendono dal livello, dalla qualità e dall'accessibilità dei servizi sanitari nel nostro territorio, dalle condizioni delle reti familiari, amicali, dal lavoro che facciamo e dal livello di garanzie e di tutele che esprime. Questi fattori sociali di fragilità rendono i cittadini molto diversi fra loro di fronte alla pandemia e alla crisi sanitaria, economica e sociale che ne consegue. Sta alle nostre scelte, Presidente, quelle del Parlamento e del Governo, ridurre questo moltiplicatore di fragilità per consentire a ogni cittadino di affrontare questa fase tanto difficile con gli strumenti adeguati, per produrre condizioni di uguaglianza laddove c'è ancora troppa diseguaglianza. E, allora, la strategia realizzata con la sequenza di questi decreti-legge, ultimo quello che - ribadiamo - affrontiamo in questa giornata, deve contribuire a ridurre incertezza, fragilità e precarietà di vita nella drammaticità della situazione contingente e dovrebbe essere espressione di una maturità politica che fa compiere a tutti un salto di qualità fatto di dialogo, di confronto e, dove è possibile, di condivisione, nell'interesse esclusivo che è l'Italia e i cittadini italiani.