A.C. 1517
Grazie, Presidente. A nessuno sfugge la gravità di quanto è successo a Caivano e, ahimè, non solo a Caivano, recentemente, ma anche in altre zone, in altre periferie del nostro Paese, fatti tragici che hanno riportato alla luce il grave disagio sociale, economico ma direi anche ambientale, di alcune aree degradate del nostro territorio. Questi casi sono ancora più tragici perché riguardano minori, riguardano ragazzi. Non c'è dubbio che il disagio giovanile sia al centro delle nostre preoccupazioni di legislatori e sia un tema sul quale dobbiamo porre grandissima attenzione e lo stesso vale per quelle condotte illecite e gravi che generano anche un allarme sociale.
Ho fatto questa premessa perché ritengo che sia stato giusto intervenire, che servisse un intervento. Però, come spesso accade a questo Governo, si tende ad intervenire più sull'onda dell'emozione che generano determinati eventi che non con norme che, poi, vadano a risolvere i problemi. È già successo in passato, abbiamo visto che cosa è successo. Potrei fare un solo esempio e ne potrei fare tanti. Cito il caso di Cutro quando, all'indomani del naufragio, il Governo mise in campo un decreto che prevedeva l'innalzamento delle pene per gli scafisti. Ben venga questo tipo di stretta repressiva ma, all'indomani di quell'intervento, all'indomani di una pomposa conferenza stampa in cui la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni dichiarò guerra agli scafisti su tutto il globo terracqueo, abbiamo visto cosa è successo, abbiamo visto quale è stato il risultato concreto. Non ricordo i dati di questi giorni ma posso sicuramente dire che, da quel giorno, gli sbarchi sulle nostre coste sono non aumentati ma, addirittura, triplicati.
Questo per dire che cosa? Per dire che, sebbene in quel caso - sottolineo - fosse necessaria una stretta repressiva, evidentemente non bastano solo le strette repressive per risolvere i problemi. Cutro è un esempio, ma qui ne abbiamo un altro. Evidentemente, accanto alla repressione, serve agire sulle cause, serve qualcos'altro.
Se si fosse voluto non fare propaganda, ahimè, sulla pelle dei ragazzi, ma risolvere i problemi, è chiaro che non si sarebbe adottato uno strumento come quello del decreto-legge che, per sua natura, non aiuta il confronto con le opposizioni. Al Senato ci sono state audizioni in una giornata e, peraltro, è stata posta la fiducia, come, molto probabilmente, verrà posta anche qui su questo decreto. Al Senato, i tempi sono stati ristretti. Devo dire che qui, alla Camera, ormai siamo in presenza di un monocameralismo di fatto. Infatti, dico solo che questo provvedimento è arrivato in Commissione venerdì della settimana scorsa, lunedì c'è stata la scadenza del termine per gli emendamenti e martedì è stato dato il mandato al relatore. Quindi, capite bene che il lavoro e i tempi che ci sono stati per l'esame sono stati non dico nemmeno ridotti ma direi inesistenti, e questo io penso che sia un tema.
Così come penso che sia un tema - lo dico per inciso, poi torno a parlare del decreto - il fatto che ci troviamo di fronte al quarantaseiesimo decreto. Ormai abbiamo superato il limite della decenza. Vorrei ricordare a quest'Aula non solo le parole della Presidente del Consiglio sulla decretazione d'urgenza quando era all'opposizione ma le parole della Presidente del Consiglio quando, seduta ai banchi del Governo, all'inizio della legislatura, ha promesso che avrebbe limitato l'uso della decretazione d'urgenza. Invece, ci troviamo in questa situazione, con 46 decreti, che è il limite massimo che mai nessun Governo aveva toccato con questi ritmi, e ci troviamo, ahimè, in una situazione in cui il Parlamento non riesce a fare il proprio lavoro. Questo lo dico non solo per l'opposizione ma lo dico anche per i colleghi di maggioranza, visto che, peraltro, è stato messo loro il bavaglio persino sulla legge più importante, che è la legge di bilancio.
Detto questo, se si fosse voluto mettere in campo un provvedimento utile a risolvere il problema, non si sarebbe fatto un decreto che, per sua natura, ha tempi che sono quelli, appunto, della decretazione d'urgenza. Non perché non fosse urgente intervenire ma perché è evidente che su questo tema, seppur con velocità, si dovesse mettere in campo qualcos'altro, una legge organica che affrontasse tutti i nodi che hanno a che fare con la delinquenza minorile, con le devianze minorili. Peraltro, prima è stato omesso di dire che in questo decreto - proprio per ricordare anche la sua eterogeneità - ci sono alcuni articoli che non hanno niente a che vedere con il tema molto serio di cui stiamo parlando. L'articolo 15 concerne il coordinamento dei servizi digitali. Per carità, va bene tutto, ma inserire questo tema in un provvedimento così delicato stona un po' con la gravità della situazione su cui questo provvedimento va ad agire. Allo stesso modo, ci sono norme sulle semplificazioni in materia di sperimentazione di nuove tecnologie televisive. Mi spiegate cosa c'entra questo - peraltro, è un emendamento di maggioranza inserito al Senato - con la devianza minorile? È evidente che non si voleva risolvere il problema, ripeto, ma fare propaganda. La propaganda su queste questioni la lascio fare a voi, la lascio fare alla maggioranza.
Questo decreto, lo ripeto, va ad insistere su norme penali che riguardano la giustizia minorile. Noi stiamo andando a restringere la libertà personale di minori e lo andiamo a fare con un decreto; meglio, voi lo state andando a fare con un decreto. È chiaro che, se si fossero volute ascoltare anche quelle poche persone che è stato possibile audire al Senato - perché alla Camera non abbiamo avuto questo privilegio - e se si fossero ascoltate fino in fondo le competenze che si sono espresse nelle audizioni, forse avreste capito che non serve solo la repressione ma che serve anche la rieducazione e serve anche la prevenzione di questi fenomeni.
Anche a questo riguardo voglio dire - voglio subito sgombrare il campo - che non è che noi non siamo per la repressione. Noi abbiamo presentato, come Partito Democratico, emendamenti che vanno a insistere sulla necessaria presenza dello Stato in quei territori, perché l'unica presenza che c'è lì è la presenza della criminalità organizzata. Quindi, noi stessi abbiamo presentato emendamenti che richiedevano di aumentare la presenza delle Forze di Polizia sul territorio, di aumentare la presenza dell'Esercito, il controllo dell'Esercito sul territorio. Sgombriamo il campo, noi siamo perché ci sia ben visibile la presenza dello Stato, ma non basta, non basta quella e non basta aumentare le pene per risolvere i problemi. Peraltro, si aumentano le pene smantellando il diritto penale minorile che, voglio ricordarlo in quest'Aula, è il fiore all'occhiello della giustizia italiana. Sono proprio gli istituti di recupero del minore che hanno reso il nostro Paese un faro su queste tematiche, perché è assolutamente evidente che mettere in carcere senza opportunità e senza alternative un minore, cioè senza prospettive future, rischia di consegnare questo minore, questi ragazzi alla devianza per sempre. Quindi, è chiaro che vanno costruite, ripeto, alternative.
Qui di alternative ce ne sono molto poche, c'è l'aumento della possibilità di applicare al minore le misure cautelari e la loro durata. È evidente che, se si applicano le misure cautelari, vuol dire che si decide scientemente di non investire, invece, sulla rieducazione, tant'è che, infatti, è stata ridotta l'applicabilità della messa alla prova, l'istituto fra i più efficaci per recuperare i minori. Qui c'è proprio uno smantellamento di questo sistema. Sono state aumentate le pene per i più diversi reati ed è stato reso più facile l'ingresso in carcere per i minori, senza, peraltro, che vi poneste un altro problema, cioè che si vanno a riempire le carceri di minori in un contesto in cui già le carceri sono sovraffollate. Ma non vi siete posti anche il problema di come affrontare questo tema, di come incrementare le case comunità, anche per rendere più efficace e capillare, nel caso, la messa alla prova? Ripeto, è un provvedimento che, lungi dal risolvere il problema vero e grave che esiste, rischia solo di aprire crepe in un sistema che, oggi, tutti i Paesi europei ci invidiano.
Dicevo, in precedenza, delle alternative. Per alternative non si intende solo enunciare il principio di politiche che vanno nella direzione di favorire l'obbligo scolastico, piuttosto che maggiori investimenti in cultura o riqualificazione urbana, perché, è vero, queste cose nel decreto ci sono, però fra il fatto di averle enunciate e la volontà di andare in quella direzione c'è una parolina che si chiama “risorse”. Ecco, quelle, le risorse, in questo provvedimento non ci sono. Quindi, sono solo enunciazioni di principio che, francamente, lasciano il tempo che trovano.
Allora, è chiaro che qui, fra le alternative, non posso che dire: ma che fine hanno fatto le politiche per il lavoro, perché l'unico datore di lavoro in quei territori è la criminalità organizzata. Se vogliamo dare una prospettiva, se vogliamo veramente fare prevenzione, sulle politiche del lavoro io mi aspetterei un investimento diverso. Che fine ha fatto la rieducazione? Avete smantellato il sistema della messa alla prova, non ci sono risorse sulla rieducazione. Allora, vogliamo davvero andare contro l'articolo 27 della Costituzione, che dice che la pena ha un fine rieducativo? Stiamo parlando di minori e qui la cosa è ancora più grave. Non c'è niente sulla cultura e ci sono pochissimi investimenti e pochissimi soldi, anzi, oserei dire, zero sull'inclusione sociale. Anche qui stiamo parlando della necessità di presidi educativi, di presa in carico delle famiglie da parte dei servizi sociali. È chiaro che in situazioni di quel genere i ragazzi vengono anche da contesti familiari problematici. L'investimento sui servizi sociali del comune è fondamentale, e non c'è niente di questo. Qui, sostanzialmente, se dovessi dare un titolo a questo decreto direi che voi prevedete per questi ragazzi che delinquono misure addirittura più pesanti di quelle che già ci sono e nessuna alternativa al carcere a vita, perché stiamo condannando questi ragazzi al carcere a vita.
Ho parlato di misure culturali, ho parlato del lavoro, di servizi sociali, l'altra alternativa - perché è chiaro che la coesione sociale in un sistema di degrado è sempre più difficile da tenere in piedi - sono le risorse per la riqualificazione urbana e per la rigenerazione urbana di quei territori. Mi sto riferendo chiaramente alla promozione di progetti di manutenzione e di rifunzionalizzazione, per esempio, di aree pubbliche che, nel tempo, sono state abbandonate. Noi abbiamo presentato un emendamento proprio su questo, che chiaramente non è stato approvato e presenteremo un ordine del giorno e mi auguro che su questo ci possa essere una convergenza comune, proprio per istituire un programma straordinario di interventi per la rigenerazione. Lo dico anche in sinergia magari con gli investitori o con i finanziamenti privati. Se questo è l'obiettivo, c'è un altro tema che voglio affrontare in quest'Aula, e cioè la necessità di ripristinare i 16 miliardi del Piano nazionale di ripresa e resilienza destinati ai comuni per i piani integrati urbani. Il Ministro Fitto ha più volte detto che queste risorse verranno in qualche modo ridestinate ai comuni e ripeto che gran parte di queste risorse sono per i piani integrati urbani anche in zone di degrado. Per evitare che, nel futuro, ci siano ulteriori zone di degrado questi soldi vanno messi, vanno ripristinati. Nonostante le promesse più volte fatte dal Ministro Fitto, ancora non sappiamo se queste risorse arriveranno ed eventualmente da dove arriveranno. Lo dico perché anche il tema della rifunzionalizzazione di queste aree e della rigenerazione urbana è un tema che a noi sta molto a cuore.
In conclusione, si è persa un'occasione importante per fare un lavoro, insieme alle forze di opposizione, che servisse veramente a questi ragazzi. Ripeto, noi stiamo parlando delle giovani generazioni e di minori in contesti di fragilità e di difficoltà. Si è persa un'occasione perché, con questo provvedimento, che va solo ad agire in una logica panpenalistica, noi perdiamo davvero la possibilità di dare alle future generazioni una seconda chance, quella che effettivamente servirebbe per toglierli da contesti così difficili e drammatici.