A.C. 2416-A
Grazie, Presidente. Non più di qualche settimana fa, su iniziativa e su proposta delle opposizioni, in particolare del gruppo del Partito Democratico, abbiamo discusso alcune mozioni parlamentari sul tema delle infrastrutture, in particolare sul tema della pianificazione e della programmazione delle infrastrutture. Perché quando poi si affronta questo tema non si può eludere il nodo di fondo, cioè che si parla di una materia che senza pianificazione, senza programmazione, sia degli interventi sia degli investimenti, non può essere affrontata né discussa.
In quella discussione, noi abbiamo criticato severamente il Governo per l'abbandono della logica della pianificazione e della programmazione, per l'abbandono anche degli strumenti attraverso i quali si programmano e si pianificano le grandi infrastrutture strategiche, ma anche quelle più minute, più particolari, che debbono essere importanti, che sono importanti per legare un territorio così complesso, come quello della nostra penisola.
Abbiamo criticato, per esempio, il fatto che RFI, le ferrovie, comprese le strade, cioè l'ANAS, non hanno un piano industriale coperto nei prossimi dieci anni. Perché prevedono investimenti per 120 miliardi che sono coperti per poco più della metà, rispetto ai quali il Governo non ha ancora elaborato una soluzione, se non affidarsi a fantasmagoriche ipotesi di privatizzazione o di coinvolgimento dei privati che sono rimaste campate in aria.
Così come abbiamo criticato, per esempio, il mancato appuntamento di una discussione sulla riforma della legge dei porti che, con grande enfasi, il Governo aveva annunciato e che poi ha tenuto nel cassetto nell'oscurità più totale, anche qui affidandosi, non tanto fantasmagoricamente, ma molto concretamente, all'ipotesi di una trasformazione in Spa delle autorità portuali, per preludere ad una privatizzazione che in parte è già iniziata con l'approvazione della legge sugli interporti.
E anche abbiamo criticato soprattutto l'abbandono degli strumenti dell'ordinamento che consentono di pianificare le grandi opere strategiche e le opere pubbliche per le infrastrutture, il programma del PNRR che è stato continuamente rimodulato, ma anche l'abbandono del piano strategico per la mobilità o anche dell'elenco delle opere strategiche all'interno del DEF, il Documento di economia e finanza che serve da base poi per la legge di bilancio.
Ma non voglio prolungarmi su questo. Dico solo che, nel momento in cui arriva un decreto-legge - che noi abbiamo criticato anche in termini di costituzionalità, perché ha ormai varcato il muro del suono dei 100 decreti-legge nell'ambito di un tempo che è poco più della metà della legislatura - nel momento in cui arriva un decreto-legge ci si aspetta qualcosa di concreto, qualcosa di pregnante: si aspetta che finalmente il Governo recuperi il tempo perduto, mettendo sul piatto qualcosa di sensato in un Paese che si sta allentando e che si sta allungando.
Perché non voglio qui fare l'elenco degli incidenti, dei problemi, dei ritardi che ormai sono diventati una narrazione comune, popolare: non c'è più un treno che arrivi in tempo; ci sono continui fermi, continui problemi sulle linee; è noto che la nostra linea elettrica non regge il peso di un traffico che si è moltiplicato dal punto di vista dell'esercizio perché ci sono non solo i vettori pubblici, ma anche quelli privati; che la nostra infrastruttura ferroviaria si regge su una colonna vertebrale, che è l'asse Milano-Napoli, con un piccolo prolungamento della alta capacità, ma non ha le costole, cioè non ha gli attraversamenti tra mare e mare e non ha le gambe, cioè non ha le linee marittime.
Ecco, tutto questo è talmente importante e pesa talmente sulla vita concreta delle imprese e dei cittadini che ci si aspettava qualcosa di concreto. Invece, no: abbiamo trovato, dal punto di vista degli investimenti, un pugno di chicchi di riso buttati sul tavolo, senza un senso.
C'è un pugno di milioni per alcune opere che entrano nel Piano degli investimenti di questo decreto, soltanto perché evidentemente ci sono stati dei bilanciamenti di territorio all'interno del Governo. Tutte opere giuste, per carità di Dio, ma tutte opere sparse, senza un'idea di fondo, senza una priorità e senza un criterio, con molti abbandoni e con molti veli lasciati su tante cose, che continuano ad essere nel dimenticatoio. Ma soprattutto questo è un decreto che non ha una logica, non ha un senso, ma ha soltanto un senso, cioè torna ossessivamente ancora sulla questione del ponte dello Stretto, aggravando le critiche che noi abbiamo già rivolto all'inizio di questa storia e trasformando il ponte dello Stretto, addirittura, in un'opera militare.
In questo decreto, infatti, si commette una cosa gravissima: si interviene sul codice del paesaggio, consentendo deroghe oscure e possibilità di derogare il codice del paesaggio attraverso un decreto, per la VIA, che non farà più il Ministero dell'Ambiente, che è il Ministero deputato a questa competenza, ma che farà il Ministero della Difesa. Il Ministero della Difesa potrà intervenire sia sul ponte, ma in generale su tutte quelle opere che si riterranno opere necessarie ai fini della difesa nazionale. Quindi, si sfonda il codice del paesaggio e si utilizza la necessità di affrontare un'emergenza internazionale per poter fare un qualche cosa che è sottratto completamente al controllo pubblico e completamente anche alle normali procedure di attuazione delle opere pubbliche. Questa è una cosa gravissima che interviene ferendo l'ordinamento e ferendo anche le prerogative del Parlamento sulle questioni che riguardano la guerra e che riguardano le strategie e addirittura le tattiche militari. Qui non parliamo soltanto delle opere che possono essere degli obiettivi militari, cioè che possono teoricamente essere colpite, ma anche delle opere che possono essere realizzate in funzione di azioni di attacco, cioè basi militari e installazioni che possono essere utilizzate anche tatticamente o strategicamente in un'azione di guerra che sia anche offensiva.
Questo è molto grave. Interviene sull'opera del ponte, che viene individuata come un'opera non più soltanto di carattere civile, ma come un'opera di carattere militare. Ma, allora, se è un'opera di carattere militare, qui torna l'insufficienza di quel progetto che era già pesante per quanto riguarda la sua funzione civile, cioè l'attraversamento dello Stretto. Già da un punto di vista di opera civile, tutti i maggiori esperti hanno spiegato ampiamente che quel ponte non potrà mai ospitare le linee ferroviarie, perché il peso e la frequenza delle linee ferroviarie, insieme all'asse stradale, aumenterà i margini di oscillazione di un'opera ad una sola campata e renderà impossibile metterci il treno. Questo lo hanno detto tutti i maggiori esperti e hanno chiarito anche che sia dal punto civile, ma tanto più anche dal punto di vista militare, la luce tra la campata e la linea del mare è troppo bassa per consentire il passaggio di grandi bastimenti e di grandi convogli navali.
Quindi, di che cosa stiamo parlando? In una situazione come questa si aumentano i costi, cioè si dà ragione a quello che noi abbiamo detto fin dall'inizio, ossia che l'opera avrebbe vissuto una lievitazione di costi incontrollabile che comincia dalle opere di adduzione del ponte e delle testate, cioè le grandi opere d'arte che dovranno essere realizzate per salire sul ponte sia sul versante continentale che sul versante dell'isola. Si aumentano i costi e si danno poi alla società Stretto di Messina - questo è l'altro aspetto - le funzioni di stazione appaltante. La società, che noi abbiamo criticato per come è nata, per essere uno stipendificio e per essere una società sottratta ad ogni controllo, potrà fare gli espropri con deroghe dei procedimenti, con accelerazioni dei procedimenti e con operazioni di deroga anche alle opposizioni che possono essere presentate negli espropri, perché è un'opera militare e perché è un'opera strettamente strategica e assolutamente prioritaria nel programma del Governo.
Questo con un'incidenza fortissima sulle economie reali delle due province, che potevano invece avere uno sviluppo nel progetto di attraversamento rapido che era stato impostato dai Governi precedenti, con un peso notevole su quell'economia e con un intervento sul territorio di grande cambiamento anche paesaggistico. Non c'è sicurezza che queste opere d'arte di salita verso i piloni per indovinare l'asse di scorrimento del ponte possano poi essere completate, perché la realizzazione di questo ponte è un grandissimo punto interrogativo.
Noi non ci opponiamo - e lo abbiamo sempre detto - alla realizzazione di opere che anche sfidino la natura, laddove sia necessario da un punto di vista di sviluppo. Ma la natura va sfidata non prometeicamente, cioè sfidandola sul piano della competizione, dell'efficienza e della forza naturale, ma va sfidata sul piano della capacità di essere resilienti rispetto alle esigenze della natura. Se uno guarda cose che sono successe in Italia con grandi opere che hanno determinato grandi tragedie, bisogna andarci con i piedi di piombo.
Ma io voglio sottolineare anche altri aspetti. Intanto come si è proceduto su questo decreto, perché mi dispiace per i colleghi della maggioranza e i presidenti delle Commissioni, che hanno di solito un comportamento molto disponibile, ma questa volta si è passato il segno. Non siamo stati in grado di discutere gli emendamenti e i subemendamenti. Nelle ultime ore e negli ultimi minuti, in cui si doveva chiudere il decreto, ci sono stati propinati continuamente subemendamenti ed emendamenti dei relatori, per i quali non c'era neanche il tempo di poterli collocare all'interno del provvedimento, e ci si è sfidati. È stata sfidata l'opposizione che non è riuscita a intervenire, non è riuscita a parlare e non è riuscita a commentare, perché è stata letteralmente imbavagliata dalla procedura di voto, al punto che abbiamo dovuto abbandonare l'Aula. Questo è un modo di procedere che veramente sfida non solo il Parlamento, ma anche le prerogative minime dell'opposizione.
Ci sono poi altri punti di questo provvedimento che noi abbiamo considerato lesivi e insufficienti. Intanto, oltre alla militarizzazione delle opere, che ho già detto, vi è il fatto che vengono inseriti, per esempio, finanziamenti per quegli impianti di degassificazione e liquefazione del gas che sono rimasti fuori dalle procedure di finanziamento del PNRR. Intanto, non c'è un elenco di questi impianti. Si danno soldi intanto per insistere sulla linea dell'approvvigionamento fossile del nostro sistema energetico, ma lo si fa andando a prendere i fondi dalle risorse della mobilità sostenibile. È una contraddizione assurda. Si tolgono i soldi che servono per garantire il trasporto ecologico e lì si mettono sulla implementazione del sistema energetico del gas, senza conoscere quali siano questi impianti. Li possiamo soltanto intuire in linea generale, ma non abbiamo un elenco.
Poi il Governo ha provato a fare due operazioni che ha dovuto ritirare, proprio grazie alla battaglia dell'opposizione, che erano molto gravi. Una è la riduzione delle garanzie antimafia per quanto riguarda il settore dell'autotrasporto, un settore delicatissimo soprattutto in certe aree del Mezzogiorno. Lì abbiamo fatto una battaglia dura con l'opposizione, costringendo il Governo a ritirare quell'emendamento. E poi l'altra è sull'aumento dei pedaggi, cioè il Governo - qui va ricordato - voleva introdurre una tassa sulle vacanze degli italiani, aumentando i pedaggi delle autostrade in gestione ad ANAS. Poi ha ritirato l'emendamento rendendosi conto che questa cosa non aveva alcun senso, e risultava soltanto lesiva per i cittadini, per recuperare “una miseria”, nel senso che nel quadro degli investimenti necessari per queste grandi infrastrutture 90 milioni non sono necessari, soprattutto quando non c'è un piano di programmazione. Poi però sono rimasti, nonostante anche le nostre proteste, quei pedaggi che riguardano l'afflusso nelle grandi città metropolitane, ossia l'ingresso nelle grandi città metropolitane (soprattutto Roma e Firenze), che ancora oggi pagano il pedaggio, perché i caselli sono posti in posizioni per cui anche i cittadini di Roma e di Firenze, che stanno all'interno dei comuni, tutte le mattine debbono alzarsi, pagare il pedaggio e ripagarlo quando escono. In particolare, per quanto riguarda la città di Roma è una battaglia che noi parlamentari romani dell'opposizione conduciamo da anni, ossia per quanto riguarda il casello di Lunghezza che veramente rappresenta un grande peso nella vita economica di molte famiglie.
Insomma, è un decreto nel quale mancano troppe cose. Manca una strategia, c'è soltanto il chiodo fisso del ponte sullo Stretto e c'è un restringimento delle procedure che approfitta della situazione internazionale per poter restringere i controlli e restringere la possibilità di accedere ad una realizzazione di queste opere in un quadro di trasparenza. Quando si restringono i controlli, soprattutto in certe aree, bisogna fare attenzione perché si va in una direzione che può essere rischiosa anche dal punto di vista della legalità. Soprattutto mancano tantissime cose. Per esempio, manca qualunque intervento per quanto riguarda la rete idrica. C'è soltanto un finanziamento per la costa occidentale del lago di Garda. Benissimo, ma l'Italia ha un'emergenza idrica diffusa in tutto lo stivale. Abbiamo un livello di dispersione idrica delle reti di circa il 50 per cento e il 70 per cento in certe aree del Sud, del Mezzogiorno, come la Basilicata ma anche quella Sicilia e quella Calabria alle quali si vuole regalare l'opera faraonica senza intervenire nelle reti dell'entroterra, cioè le strade e soprattutto le reti idriche. Manca completamente, per esempio, qualsiasi riferimento al tema dell'emergenza abitativa che è essa stessa un'infrastruttura, perché le infrastrutture non sono solo le infrastrutture di trasporto. Una grande infrastruttura è anche l'emergenza abitativa.
Si favoleggia ancora del Piano casa, facendo riferimenti sempre agli anni andati, al Piano casa Fanfani, come se fosse qualche cosa, ma il Piano casa Fanfani lasciamolo stare, ha avuto la sua storia e si collocava in un'altra epoca. Si deve intervenire sull'oggi, e sull'oggi abbiamo soltanto le esperienze risibili che dal 2008, con il Governo Berlusconi che introdusse un Piano casa fatto di incentivi, hanno dato, distribuito solo rendite ai privati, senza trovare la possibilità di avere un alloggio popolare, tant'è che l'emergenza è ancora piena, è ancora aperta, e senza neanche pensare a un minimo (un minimo!) di investimento in spesa corrente per ridare il finanziamento per l'affitto (per la morosità incolpevole), che è stato tolto dall'ultima finanziaria. Non si è dato un minimo di fiato a queste famiglie e questo riguarda un'infrastruttura sociale, che è il tema della casa e dell'emergenza abitativa. Per non parlare del dissesto idrogeologico.
Quindi noi vediamo la piena insufficienza di questo provvedimento, la metodologia forzosa e forzata con la quale si è voluto approvarlo - attraverso un decreto, l'ennesimo decreto -, attraverso elementi di dubbia costituzionalità, perché è un decreto senza senso, è un decreto che mischia tutto, una specie di hamburger di elementi normativi che non hanno alcuna forma. Lo si è voluto approvare nelle Commissioni attraverso una forzatura - potrei dire, per certi aspetti - incredibile e senza precedenti nel lavoro delle Commissioni IX (Trasporti) e VIII (Ambiente), e si è presentato un prodotto arlecchinesco, senza alcuna strategia, quella strategia che manca e che noi nella discussione delle mozioni abbiamo sollevato e messo in luce. Quindi diamo un giudizio estremamente negativo, diamo il giudizio di un Governo che è concentrato su una sola opera: vuole buttare soldi dentro l'inghiottitoio del ponte sullo Stretto. Conta solo quello, il resto, che riguarda il rinsaldare i nervi di questo Paese e allacciare le comunità, può andare a ramengo.
Perché parlare di aree interne - e lo abbiamo fatto pochi giorni fa in quest'Aula - vuol dire accorciare le distanze, investire sulle ferrovie regionali, investire sulle linee di collegamento, che sono rade, aumentare gli investimenti e programmare gli investimenti sulle grandi linee strategiche. Tutto questo è frutto soltanto di retorica e di propaganda. Se ne parla, ma verba volant e scripta manent, e qui gli scripta non ci sono perché sono stati buttati nel cestino tutti gli strumenti di programmazione degli investimenti. Per esempio, il piano degli aeroporti: l'Italia non ha un piano degli aeroporti. Come può affrontare l'emergenza, anche militare se ci dovesse essere, senza uno strumento di programmazione di questa natura?
Ecco, il nostro giudizio sul provvedimento e, naturalmente, sul comportamento e sulla linea di questo Governo, è estremamente severo da questo punto di vista. E quando manca una politica sulle infrastrutture, cioè quando manca una politica sostanzialmente per gli investimenti per le comunità, manca la politica in senso stretto ed è quello che condurrà questo Governo, presto, ad una resa dei conti con i nostri elettori.