Esame di una questione pregiudiziale
Data: 
Martedì, 3 Giugno, 2025
Nome: 
Valentina Ghio

A.C. 2416

 

Grazie, Presidente. Intervengo a nome del gruppo del Partito Democratico con la pregiudiziale al decreto n. 73 del 2025, provvedimento che riteniamo senza bussola in materia di infrastrutture e di trasporti. A metà legislatura e con un decreto annunciato come risolutivo su questioni sostanziali, ci saremmo aspettati un quadro di insieme, appunto per capire quale sia la visione complessiva, strategica del sistema delle infrastrutture e della mobilità del Governo. Invece, un decreto appunto senza bussola, un decreto senza armonia, come un'orchestra dove ogni strumento suona il proprio spartito, senza alcun rapporto fra loro. Quello che emerge, è un decreto modesto nelle risorse, caratterizzato, però, da una sommatoria di deroghe, alcune anche annunciate, poi ritirate. Ancora una volta, si conferma l'abuso sistematico della decretazione d'urgenza. Siamo al centesimo, quasi al centesimo decreto della legislatura ed è un numero che fotografa plasticamente la compressione del dibattito democratico, l'erosione progressiva del ruolo del Parlamento a cui ci avete abituati. Questo provvedimento è un mosaico disomogeneo, articolato in sette capi con finalità e settori completamente scollegati: dalle infrastrutture al trasporto su gomma, dai porti - però, ormai, solo indicati come un titolo, perché il contenuto è stato svuotato - agli eventi sportivi, fino a - guarda caso - il Ponte sullo Stretto.

La giurisprudenza è chiara, è stato detto: la decretazione d'urgenza è uno strumento eccezionale, non un metodo ordinario di governo, lo ha ribadito più volte la Corte costituzionale. Invece, qui ci troviamo di fronte ad un decreto che interviene su ambiti cruciali, incluso il codice degli appalti e la Protezione civile, peraltro già oggetto di riforma tramite deroga scaduta da appena due mesi.

Nel merito - dicevo - il decreto è gravemente squilibrato rispetto alle esigenze del Paese. Sotto la definizione di infrastrutture strategiche, ancora una volta si cela - primo articolo - l'ossessione del Governo, in particolare l'ossessione del Ministro Salvini, per il Ponte sullo Stretto di Messina, un'opera che, come già abbiamo avuto modo di dire, riteniamo inutile, costosissima, dannosa, con costi lievitati da 8,5 miliardi a 14 miliardi di euro, con importanti criticità ambientali rilevate nel percorso.

A tutto questo si aggiungono i dubbi irrisolti su sicurezza sismica, su impatto urbanistico, su carenza di studi di dettaglio, soprattutto sulla sproporzione dei costi, che non può non porre dubbi seri sulle procedure. Un progetto anacronistico con forzature continue. Si tratta di 14 miliardi di sprechi in un Paese che ha la sanità in ginocchio, che ha salari da fame.

Mentre si accentrano le risorse e l'attenzione sul Ponte, il resto del Paese nel decreto viene dimenticato: nessuna strategia emerge per il sistema ferroviario, per la mobilità sostenibile, per i porti italiani, per rimediare allo scippo di risorse che avete fatto compromettendo fortemente la sicurezza delle strade provinciali, dove avete tagliato - ricordiamolo - 1.700.000.000 di euro, taglio del 70 per cento delle risorse assegnate, con un impatto significativo sullo stato manutentivo delle strade. La sicurezza, Ministro e Sottosegretaria, non è soltanto criminalizzare la legittima manifestazione del dissenso in strada, la sicurezza è anche tagliare le risorse necessarie per evitare che le strade provinciali diventino una tomba, un pericolo - quello sì - reale per la vita umana.

Oggi avete fatto una nuova promessa - non potevate farne a meno - sollecitati da comuni e province, li avete incontrati, avete detto che tornerete indietro su questo vostro taglio. Ce lo auguriamo, vigileremo perché così accada, ma c'è un aspetto che rende questo decreto ancora più preoccupante e che impone una riflessione: la questione della legalità, del controllo degli appalti.

Proprio in questi giorni, la Direzione investigativa antimafia ha presentato la sua relazione annuale.

Le parole del direttore Michele Carbone sono state nette: c'è un'infiltrazione concreta e crescente della 'ndrangheta nel settore degli appalti pubblici, in particolare nei subappalti. Il Governo che fa da questo punto di vista? Non solo ha dato in passato il via libera all'allargamento del sistema dei subappalti con norme precedenti, ma interviene nuovamente col codice degli appalti, prevedendo regimi speciali anche per settori per i quali si è scelto di non esercitare la delega legislativa, che si è lasciata scadere scegliendo la via breve della decretazione d'urgenza che salta a piè pari tutto il lavoro parlamentare contenuto nella delega legislativa.

Vi è poi un altro aspetto ancora più grave. C'è stato in questo decreto un tentativo pericoloso: centralizzare direttamente l'intera gestione dei controlli antimafia, per quanto riguarda il ponte sullo Stretto, sotto il Ministero delle Infrastrutture. È stato necessario - è materia anche dei media di questi giorni - l'intervento del Quirinale per far ritirare quella norma ed è solo per questa ragione che non lo troviamo nel decreto che attualmente stiamo esaminando. Ma abbiamo letto che il Ministro Salvini non si dà per vinto in questa oscenità e, più volte, ha annunciato che tenterà di farla reintrodurre in Parlamento. Noi non ci staremo, staremo sempre dalla parte della legalità e vigileremo attentamente affinché non ci sia un nuovo tentativo, alcun nuovo tentativo, di indebolire i controlli antimafia.

E ancora, nonostante gli annunci, con questo decreto il Governo non si occupa di sostenere la portualità: il capitolo porti è rimasto solo un titolo vuoto. Quindi, non solo stiamo assistendo al fermo sulle nomine dei nuovi presidenti delle Autorità di sistema portuale che, in attesa che le forze politiche di maggioranza si mettano d'accordo, sono lasciate in stallo dal Governo con commissariamenti che, in alcuni casi, come per Genova, durano da quasi due anni, allo stesso modo, il decreto non contiene iniziative utili per dare risposte al miglioramento delle condizioni della sicurezza del lavoro portuale. Dopo quasi tre anni, non avete ancora sbloccato il Fondo per l'incentivazione all'esodo: avete provato a fare un tentativo nella prima stesura di questo decreto con un intervento parziale, sicuramente da migliorare, ma poi avete eliminato anche quello. Così come non ci sono risposte per riconoscere il lavoro portuale operativo come usurante o sul rifinanziamento del Fondo vittime dell'amianto, atteso da troppo tempo, in diverse realtà. Del tutto assente, anche solo parzialmente, è il finanziamento di opere considerate strategiche, come le connessioni ferroviarie che avete, più volte, promesso, ma che necessitano di risorse aggiuntive per essere completate e, in taluni casi, per essere avviate.

Così come spicca l'assenza di finanziamento delle 127 opere valutate come prioritarie tra quelle del Piano nazionale di interventi infrastrutturali e per la sicurezza del settore idrico. Tema centrale. Buona parte del Sud ha seri problemi, gravissimi problemi di approvvigionamento dell'acqua, ma di questo non vi occupate, direzionando tutte le risorse disponibili sul ponte sullo Stretto. Possiamo, quindi, concludere che il decreto Infrastrutture contiene una sproporzione evidente tra premesse e risultati. È stato annunciato come l'alba di un cambiamento, ma si conferma una sequenza disomogenea di punti, peraltro, scarsamente finanziati, e su alcuni aspetti rischiosa per il possibile allentamento delle misure di legalità; soprattutto dimostra che, ancora una volta, non si individuano linee di pianificazione chiare e definite per impostare le risposte che il sistema nazionale di infrastrutture e mobilità attende. Non è chiaro l'impegno di risorse per il finanziamento dei Piani industriali di FS, ANAS e RFI, per i quali continua a mancare chiarezza di pianificazione sulle manutenzioni, sulla modernizzazione della rete autostradale e ferroviaria. Questo decreto non ci sembra uno strumento per migliorare le infrastrutture italiane, non emergono linee che possano far intravedere la luce rispetto a disfunzioni, rispetto ai ritardi che rendono tanta parte della mobilità del nostro Paese molto lontana dalle moderne esigenze di un sistema infrastrutturale dei nostri giorni. Chiediamo di restituire al Parlamento il suo ruolo e al Paese una vera politica per le infrastrutture, basata sulla pianificazione, sulla programmazione unitaria delle opere, chiaramente sul rispetto della legalità, della trasparenza, sull'interesse generale, andando un po'oltre l'ossessione personale e costosa del ponte sullo Stretto. Quindi, chiediamo al Governo, chiediamo al Ministro Salvini, di esercitare il suo ruolo, di assicurare una regia nazionale che dia le linee sulla gestione infrastrutturale del Paese. Regia che è totalmente mancata in questo decreto. A fronte di tutto questo, come Partito Democratico, chiediamo che non si proceda oltre con l'esame di questo provvedimento.