Discussione sulle linee generali
Data: 
Lunedì, 20 Gennaio, 2020
Nome: 
Raffaele Topo

A.C. 2302-A

Grazie, Presidente. Come è stato ricordato, questo decreto-legge poteva limitarsi a disporre misure per il salvataggio di una banca, della Banca Popolare di Bari, come è accaduto a più riprese in questi anni, e da ultimo con l'approvazione del decreto-legge della Banca Carige. Il Governo invece ha compiuto una scelta diversa: ha introdotto un complesso di disposizioni che sono finalizzate a costituire strumenti per ridurre il differenziale anche nel mondo del ricorso al credito per il Mezzogiorno d'Italia. È una scelta che il Governo compie e lo fa con uno strumento che in qualche maniera sarà uno strumento monitorato dal Parlamento, dalla Commissione, da tutti quanti dovranno seguire l'attuazione delle misure che nel decreto-legge sono contenute. Gli articoli 1 e 2 del decreto-legge non parlano del salvataggio: il salvataggio è compreso in queste disposizioni, ma si occupano di credito e di Mezzogiorno.

Quali sono i dati di contesto? Sono state ricordate alcune cose; io mi permetto di aggiungere qualche argomento. Che cosa è accaduto in questi anni e perché il Governo ha dovuto occuparsi principalmente di questo? È accaduto che il prodotto interno lordo del Nord in questi 18 anni è cresciuto del 9,7 per cento, mentre nel Sud si è ridotto del 13,3 per cento; in 18 anni la capacità produttiva del Mezzogiorno si è ridotta di un quarto.

Ed ancora: tra i principali ostacoli che si frappongono in questo scenario, ci sono quelli che in qualche modo riguardano l'accesso al credito e il costo che le imprese e le famiglie sostengono per l'accesso al credito. Basti ricordare (dati del 2019) che, a fronte del 28,2 per cento del totale dei depositi dell'Italia meridionale, in termini di erogazioni, siamo alla metà, 14,2 per cento; ed inoltre il costo medio di interessi, il tasso d'interesse medio per le aziende medio-grandi del Nord più o meno è di 3,3 punti, mentre questo stesso tasso per le imprese del Mezzogiorno, sempre medio-grandi, è del 4,9 per cento, quindi il 50 per cento in più. Ed inoltre c'è una dipendenza dal mondo bancario per le imprese del Mezzogiorno molto più alta, del 70 per cento contro il 50 per cento invece delle aziende del Nord. Ovviamente questo si aggiunge alle dimensioni delle aziende del Sud, che sono normalmente di un terzo più piccole, con un livello di produttività del 20 per cento in meno.

Se questo contesto, ciò che è accaduto nei 20 anni alle nostre spalle, sembra passare così inosservato, ecco, io penso che la scelta politica che sottolineiamo, e che ovviamente sosteniamo, di introdurre questo compendio di disposizioni, certamente non basterà a risolvere il problema del Mezzogiorno - ci mancherebbe altro! - ma è un punto di attenzione alto, che dovrà in qualche modo occupare Parlamento e partiti nei prossimi anni.

Ricordo, a proposito di banche e del salvataggio della più grande banca del Mezzogiorno, che è la Banca Popolare di Bari, che questo Parlamento si è occupato del Sud; è una novità anche salvare una banca del Sud, permettetemi la battuta, perché questo Parlamento si è occupato nel lontano 1996 della vera banca più grande del Sud, che era il Banco di Napoli, e ovviamente sapete il Banco di Napoli che cosa ha fatto.

Noi avevamo Cassa del Mezzogiorno, Banco di Napoli, Isveimer, tutti strumenti che, in quegli anni, hanno permesso al Mezzogiorno di avere performance molto, molto superiori a quello che è accaduto in questi anni.

Il Banco di Napoli è una banca nata nel 1500, una delle più antiche banche del mondo; alcuni esperti, addirittura, dicono che sia nata anche prima. È una banca che emetteva valuta, è una banca che, in qualche maniera, ha contribuito in modo decisivo allo sviluppo del Mezzogiorno. Solo per memoria, ricordo che è stata venduta per 61 miliardi di lire al gruppo INA-Banca nazionale del lavoro nel lontano 1993-1994. A pochi anni di distanza, è stata valutata in 1.500 miliardi di vecchie lire ed è stata, poi, venduta per 6 mila miliardi qualche mese dopo. Questo è. Ed inoltre, in quell'epoca - noi adesso ci occupiamo di crediti deteriorati -, i crediti del Banco di Napoli furono affidati ad una società che si chiama SGA, che ha avuto 12 mila miliardi di crediti affidati; lo dico per memoria, pure per ricordare che cosa dobbiamo fare, anzi non dobbiamo fare, nei prossimi anni. Questi 12 mila miliardi sono stati affidati alla SGA, la SGA ha realizzato il 94 per cento di questi crediti, tra virgolette, deteriorati, cioè erano deteriorati i crediti che si sono realizzati per il 94 per cento, oggi sono i migliori crediti che le banche hanno in portafoglio.

Questa è la storia alle nostre spalle, questo è quello che è accaduto in questi anni. Il Banco di Napoli ha resistito all'Unità d'Italia - e ci voleva forza -, ha resistito alla Prima e alla Seconda guerra mondiale - e anche lì ci voleva forza -, ha resistito alla nascita della Repubblica, non ha resistito alla Seconda Repubblica italiana.

Ora, poniamo che siamo nella Terza Repubblica: io penso che con questo decreto si apra uno spaccato nuovo, diverso; noi avremmo un'altra attenzione, non avremo fatto passare in silenzio quello che è accaduto in questo ventennio. Ma è accaduto quello che stiamo registrando, questo divario difficile da colmare e che si colma se il Parlamento e se la politica fanno delle scelte. Questa sarà una scelta minimale, la prima, una di quelle necessarie, però mi pare una scelta giusta, che va sostenuta; è una delle ragioni per cui noi non votiamo, su questo decreto, solo per appartenenza, ma con grande convinzione.

Aggiungo ancora: basterà? Intanto - è stato ricordato - il Governo precedente ha approvato una norma importante, l'articolo 44-bis del “decreto crescita”, oggi all'esame della Commissione. Non è stato aggiunto nulla in questo decreto, perché occorre stabilire se quelle attività sono attività che configurano aiuti di Stato, perché, se c'è un investimento in più è possibile agire con aiuti nelle aree depresse; se, invece, si tratta solo di fusioni - questa è l'obiezione che ci ha ricordato in Commissione il Ministro Gualtieri -, è più complicato ricondurre quegli interventi ad interventi coerenti con il quadro normativo comunitario.

Detto questo, io credo che il Governo dovrà farsi carico di trovare una soluzione in questa direzione, perché questa norma sarà necessaria per poter far funzionare meglio questo decreto e per svolgere un'operazione di aggregazione, di costruzione di un soggetto di investimento in grado di dare una mano, non di sostituirsi al privato o al sistema bancario, ma di aiutare, stimolare, così come hanno fatto, a volte bene, a volte male - ma c'erano - gli istituti che si sono occupati di Sud e di credito negli anni alle nostre spalle. Non li hanno inventati i repubblicani, non li hanno inventati la Democrazia Cristiana: c'erano da secoli, sono stati distrutti dalla politica di questi venti anni alle nostre spalle; quindi, altro che liberali e progressisti.

Concludo. È un intervento che, per questa parte, per la verità, enuncia dei principi, che dovrà essere dettagliato perché, mentre per la Banca popolare di Bari si capisce cosa si farà e, cioè, un accordo quadro già c'è, si dovrà fare, quindi, a stretto giro una due diligence, si dovrà fare un accordo di cofinanziamento tra fondo e Banca del Mezzogiorno, si dovrà trasformare l'azienda in società per azioni e, quindi, al netto degli accertamenti che dovranno, in qualche modo, definire anche il quadro della ricapitalizzazione, c'è una traccia precisa; sull'altro versante, invece, ci sono delle buone idee.

Quindi, occorrerà che questo Parlamento, che le forze politiche che sostengono questo provvedimento abbiano l'attenzione a che anche questa parte importante del provvedimento trovi attuazione.

Per la verità, l'aver affidato a Invitalia questa opzione io credo sia una scelta giusta, perché è un soggetto qualificato. Ricordo che Invitalia, molti anni fa, aveva 362 società, oggi ne ha solo 4: ha fatto un'operazione di razionalizzazione onestamente efficiente; gestisce strumenti importanti, alcuni, pochi strumenti per il Sud molto importanti, che hanno permesso - mi fermo, resto al Sud - a 29 mila ragazzi di avviare un'attività e di mettersi in discussione, di mettersi in proprio. Io credo che sia un soggetto qualificato per fare un'operazione di questo tipo. Ovviamente, non basterà, occorrerà la collaborazione di tutti gli attori istituzionali, degli enti territoriali, ma, insomma, almeno c'è una possibilità, almeno c'è una traccia.

In questi venti anni non c'è stata una parola spesa per queste cose ed è stata costituita una società, che si chiama Banca del Mezzogiorno, che con il Mezzogiorno non c'entra nulla, ha solo il nome. Io propongo di toglierlo: questa nuova società dovrà avere - lo suggerisco al sottosegretario Baretta - un nome che sia meno ridicolo. Una banca che si occupa dell'Italia meridionale, che metta risorse, competenze e, soprattutto, tanta volontà, perché noi sappiamo benissimo - io sono, come si capisce dalla foga e un po' dall'accento, di quelle parti - che servirà tanta responsabilità e tanto lavoro, che noi ci impegniamo a fare, perché non vogliamo regali, ma vogliamo avere la possibilità di misurarci in questo Paese.

Concludo, ovviamente, dicendo che votiamo per appartenenza certamente, ma perché siamo convinti che questo è uno strumento che può dare delle possibilità. È una partita che ci giochiamo