A.C. 908
Signor Presidente, vorrei iniziare questo mio intervento citando un numero: 55. Senza ulteriori parole, è il numero scritto su uno dei tanti cartelli apparsi lo scorso sabato a Taranto. Sì, perché, questo sabato, a Taranto, c'è stata una grande protesta contro questo decreto, contro l'immunità penale, contro l'ennesimo crimine commesso ai danni di quella comunità. Cinquantacinque è il numero di bambini attualmente ricoverati nel reparto di oncoematologia pediatrica dell'ospedale tarantino. È naturale, allora, che non ci fosse scritto nient'altro su quel cartello, perché qualsiasi altra parola sarebbe stata superflua. I cittadini di Taranto, migliaia di famiglie, non hanno più parole per descrivere il dramma che vivono da decenni e hanno preso, forse, ad esprimersi in numeri, perché come numeri si sentono trattati in tutti questi anni.
Numeri in mezzo ad altri numeri, cifre espresse, prima, in lire e, poi, in euro di chi ha sacrificato vita e salute sull'altare del profitto; cifre in tonnellate, anzi, in milioni di tonnellate di tutto l'acciaio prodotto senza alcuna valutazione scientifica sull'impatto ambientale, che hanno avvelenato il mare, contaminato la terra, ucciso il verde. E, guardate, non esprimo un'opinione personale, ma cito stralci di tutte le sentenze sinora passate in giudicato sul tema che oggi trattiamo. E, poi, cifre in carne ed ossa del prezzo più terribile, quello che ogni giorno, malgrado i decreti, anzi, a causa dei decreti, come questo, il nostro Paese è disposto a pagare per salvaguardare l'interesse strategico nazionale.
Eppure, decine e decine di studi, rapporti, relazioni avvertono che, a Taranto, la situazione non è sotto controllo e non lo è mai stata. Lo dice, ad esempio, il rapporto del Consiglio per i diritti umani dell'ONU: agghiacciante, ha inserito Taranto, unica città in Italia, tra le cosiddette zone di sacrificio, ossia quelle che rappresentano, come si legge nel rapporto, la peggiore negligenza immaginabile dell'obbligo di uno Stato di rispettare, proteggere e realizzare il diritto a un ambiente pulito, sano e sostenibile. Uno studio pubblicato nel 2021 sulla rivista Nature ha dato risultati ancora più agghiaccianti: i bimbi nati e cresciuti nei rioni più vicini all'ex Ilva evidenziano deficit cognitivi fino a 10 punti inferiori rispetto agli stessi bimbi vissuti dall'altra parte della città e questo a causa dell'esposizione ad agenti inquinanti, come arsenico e piombo. La differenza nell'aspettativa di vita e nella capacità cognitiva risiede nel nascere a poche decine di chilometri. Ma molti continuano a credere che sia colpa del caso o, peggio ancora, della sfortuna.
Ebbene, il Governo Meloni, con la complicità della sua maggioranza, ha deciso di uccidere un'altra volta la dignità di un popolo. Ha vigliaccamente scelto, da lontano, chiaramente, di piegare le ragioni di una comunità intera alla ragion di Stato. Avevamo proposto di mettere in piedi un accordo di programma - esattamente come aveva promesso il Ministro Urso - un tavolo per riunire le parti, dai vertici dell'azienda ai rappresentanti degli enti locali, dai sindacati alle imprese, uno spazio di confronto pubblico che fosse decidente insieme il futuro della fabbrica, per parlare di decarbonizzazione, di bonifica, dei limiti della produzione su basi scientifiche, di tutela della salute e dell'occupazione.
Sì, perché il prezzo della necessaria transizione ecologica non può e non deve essere pagato dai lavoratori. Ma avete bocciato un emendamento specifico che avevamo depositato su questo tema e così avete smentito voi stessi.
Avevamo proposto di accelerare il passaggio della maggioranza delle quote dell'azienda alla parte pubblica, di prendere il pieno controllo delle sorti dell'ex Ilva entro la fine dell'anno, per realizzare quel risanamento che da troppo tempo attende il territorio. Ma anche questa proposta è stata respinta, perché, evidentemente, preferite continuare a regalare risorse pubbliche a un privato, completamente sordo alle esigenze di Taranto e del sistema Paese. Avevamo proposto emendamenti per aumentare il valore della cassa integrazione agli operai, visto che grossa parte dei soldi che stanziamo, da tempo, tornano indietro perché il meccanismo non funziona e ci avete detto che non era il tempo per poter intervenire. Attendiamo fiduciosi una prova d'appello. Avevamo proposto di sostenere le imprese dell'indotto, che, anche questa volta, sono state totalmente ignorate dal Governo, restando sotto lo schiaffo di un management a cui non frega nulla di tutelare il tessuto produttivo. Avevamo chiesto di effettuare una valutazione di impatto sanitario preventiva, perché crediamo che ce lo imponga la Costituzione di sapere se un'attività industriale inquina a tal punto da far ammalare e uccidere le persone.
Su nessuna di queste proposte ci avete dato ascolto, anzi, con questo provvedimento sferrate tre pugnalate profonde, che colpiscono dritto al cuore una città e una comunità già ferite. Avete avuto il coraggio, innanzitutto, di reintrodurre lo scudo penale. Ne avete fatto uno strumento addirittura peggiore di quanto già non fosse nella precedente versione: un'esimente illimitata. E lo dice lo stesso dossier della Camera: ci dice che l'autore della condotta può essere chiunque, perché non avete avuto neanche l'intelligenza di ritenere di circoscrivere la norma, dando vita, quindi, a un mostro giuridico vero e proprio, in cui i fruitori potranno essere tanti. Non solo, non si identificano nemmeno le incriminazioni rispetto alle quali si esclude la responsabilità penale, cosa che, invece, il decreto del 2015, per quanto errato, aveva fatto, facendo esplicito riferimento ai reati in materia ambientale. Insomma, una soluzione preventiva pura e semplice verso qualsiasi atrocità sarà commessa nella fabbrica. Che muoia un altro operaio, che si ammalino altre mille persone, che si sversino in mare e nell'aria sostanze tossiche, nessuno sarà responsabile.
Ma, purtroppo, non finisce qui, perché anche altre norme di questo decreto vanno nella medesima direzione. Una volta tutelati i vertici, si autorizzano a non preoccuparsi più dei limiti per produrre. Per giustificarvi avete addirittura distorto il senso della Costituzione, spacciando la prosecuzione dell'attività come un bene da bilanciare con il diritto alla salute, il diritto all'ambiente e il diritto alla vita. No, signori, non c'è nessun bilanciamento, nessun equilibrio: lo ha chiarito per ben due volte la Corte costituzionale, sentenze che voi oggi calpestate. Quei valori sono valori superiori, non negoziabili, da tutelare sempre e comunque. L'iniziativa economica non può svolgersi in modo da recare danno ai diritti fondamentali dell'essere umano. Ma, per essere più tranquilli anche su ogni possibilità che ci fosse un giudice naturale a decidere su quanto accade in quel sito, avete anche spostato la possibilità del giudice naturale di occuparsi di quanto avviene in quel sedime siderurgico, proprio a ribadire che non ve ne frega nulla.
E, infine, l'ultimo colpo. Non avete dato nessuno sguardo al futuro per l'Ilva, niente nella direzione che, soprattutto degli ultimi due anni, si è cercato di dare a Taranto: una prospettiva a zero emissioni, un futuro lavorativo per i dipendenti, un piano ambientale, industriale condiviso con la città. È questo il danno peggiore che fate a Taranto: dargli la sensazione di essere abbandonata a se stessa. E, guardi, signor Presidente, anche la mia forza politica non è immune da responsabilità per quanto è accaduto negli anni a Taranto, lo dico a scanso di equivoci. Molti di noi non erano affatto d'accordo quando il Governo di allora varò il decreto nel 2015, quando mise l'immunità penale e, poi, decise di cedere al peggiore dei proponenti la gestione degli stabilimenti siderurgici e, per questo, quelle stesse persone hanno rischiato di pagare un prezzo politico altissimo. Ma il PD, in questi anni, ha fatto i conti con il suo passato. Di fronte alle evidenze scientifiche, ha avuto il coraggio di tornare sui suoi passi; è andato a Taranto e salendo, con l'allora segretario Zingaretti, sui tetti del quartiere Tamburi, ha chiesto scusa alla comunità tarantina. Da voi un gesto del genere non l'abbiamo mai visto.
Allora, vorrei concludere, signor Presidente, esattamente come ho iniziato, con le parole che hanno usato i manifestanti di sabato per esprimere un concetto semplice, che dovrebbe però risuonare forte nella coscienza di tutti quanti noi: “Tutto l'acciaio del mondo non vale la vita di un solo bambino”. Noi non vi daremo la nostra fiducia su questa porcheria che offende la Costituzione, perché siamo al fianco dei tarantini, che vogliono proseguire in questo Rinascimento, che li ha portati, in pochi anni, non solo, a cambiare l'aspetto della città, ma ha anche aperto nuovi orizzonti di crescita che voi invece state provando a deprimere.
“La dignità non consiste nel possedere onori, ma nella coscienza di meritarli”, diceva Aristotele. Qui, state dimostrando quanto poco valore date alla dignità con cui vi siete impegnati, giurando sulla Costituzione. Peccato, avete perso un'ulteriore occasione.