Discussione generale
Data: 
Lunedì, 26 Giugno, 2023
Nome: 
Claudio Michele Stefanazzi

A.C. 1238

Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, sin dalla scelta di convocare il Consiglio dei Ministri il giorno della festa dei lavoratori ci sono stati chiari i contorni che questo decreto avrebbe assunto. Un puro atto di propaganda che, esattamente al contrario del nome che porta, si fa beffa di lavoro e lavoratori. Per non parlare, poi, del fatto che è il primo e unico provvedimento in tema di lavoro del Governo ed è stato varato senza il minimo coinvolgimento delle parti sociali, come se non esistesse una rappresentanza sindacale, come se non esistessero diritti e interessi di chi lavora. Infatti, questo provvedimento ricalca questa idea, dando sempre più forma a un impianto culturale, ormai evidente, secondo il quale la povertà si combatte facendo la guerra ai poveri, la competitività della nostra economia si recupera sulle spalle del capitale umano e un evasore fiscale vale molto più di un giovane disoccupato o di una famiglia in condizioni di bisogno.

Pensavamo che questo decreto fosse una provocazione, invece ci siamo sbagliati ancora una volta, perché dalla sfida si è passati, in fretta e furia, alla farsa, come spesso capita a questo Governo. Quello che è successo la settimana scorsa al Senato descrive la cifra politica di questa maggioranza divisa su tutto, impacciata, completamente insensibile a ciò che accade al Paese, perché, se poteva essere un caso - e non lo è stato, evidentemente - la pessima figura rimediata in occasione del DEF, vedere saltare una maggioranza di Governo per un brindisi di compleanno è la riprova della totale inadeguatezza di un'intera classe politica e i contenuti di questo decreto sono, se possibile, ancora peggio.

Partiamo, dunque, da un cavallo di battaglia: il taglio al cuneo fiscale. Vi abbiamo proposto, a più riprese, di renderlo strutturale e avete insistito sulla via della temporaneità. Non è che non ci siano risorse, ma avete altre priorità di utilizzo delle risorse. Allora, il costo del lavoro diminuisce ma di poco, per pochi e per poco. Infatti, non è mica per tutti: i lavoratori domestici, autonomi, Cococo e occasionali sono esclusi. Ma tanto non avranno il tempo di accorgersene, perché durerà 6 o 7 mesi, fino a dicembre e poi vedremo. Questo è un must del Governo Meloni, quello della precarietà di idee e di programmazione. Infatti, la precarietà è uno dei punti forti di questo decreto. In questo Paese abbiamo il record europeo di NEET, con un giovane su 4 che non lavora, la disoccupazione femminile è incredibilmente maggiore rispetto alla media UE e i working poor sono sempre di più. Ormai un lavoratore su 10 guadagna meno di quanto gli servirebbe per badare in maniera dignitosa a sé e alla sua famiglia, come è prescritto peraltro - lo ricordo a me stesso - all'articolo 36 della Costituzione. Abbiamo più di 3 milioni di lavoratori irregolari e un terzo dei lavoratori dipendenti del settore privato guadagna meno di 1.000 euro al mese e mentre le diseguaglianze si allargano si sceglie di aumentare gli strumenti che favoriscono le condizioni di precarietà di chi lavora: sempre più contratti a termine e sempre più part time senza più limiti. Avete cancellato la stretta del decreto Dignità, riabilitando l'uso smodato dei voucher e permettendo la proroga acausale dei rapporti precari. Questo sempre a danno dei lavoratori, ovviamente, che diventano ancora di più la parte debole del rapporto di lavoro, oggetto di un ricatto sempre più atroce tra disoccupazione e condizioni lavorative degradanti.

Questo decreto non fa assolutamente nulla per sciogliere questi nodi e, anzi, rischia di aggravarli, perché se non si può abbassare il costo del lavoro, tagliando le tasse, la destra italiana ci prova abbassando gli stipendi in un Paese - ricordiamolo - in cui i salari sono bloccati da 20 anni e l'inflazione ha raggiunto quest'anno la doppia cifra. I lavoratori onesti no, ma gli evasori fiscali trovano sempre più protezione sul suolo nazionale: prima i 12 condoni della legge di bilancio e ora il concordato preventivo nella delega fiscale. Avete trovato il modo per combattere l'evasione, cioè far sì che non si chiami più così e far sì che gli evasori possano scegliere in serenità quante paga tasse pagare, a loro piacimento. Nel frattempo, 100 miliardi di euro all'anno vengono sottratti alle casse dello Stato. Dunque, medici che non potremo formare né assumere, scuole e asili che non potremo costruire e gestire, tasse che non potremo abbassare, strade e ferrovie che non potremo realizzare, servizi pubblici che non saremo in grado di migliorare.

Quanto, poi, alla povertà non c'è che dire. Almeno su questo, purtroppo, avete mantenuto le promesse, smantellando l'unica misura di contrasto alla povertà capace di raggiungere tutti. Dunque, cade l'universalità e i requisiti sono sempre più stringenti. Grazie a voi torniamo ad essere uno dei pochissimi Paesi europei sprovvisti di uno strumento capace di raggiungere gli ultimi. L'assegno di inclusione è un pannicello caldo, una misura che fa distinzione ingiuste e si fonda su un'idea che esiste soltanto nella vostra testa, ossia che la povertà sia legata alla mancanza di lavoro, perché ciò che in sostanza dite è che se qualcuno è in età da lavoro allora può per forza lavorare e se non ce la fa è colpa sua. Ovviamente, non può essere così. Così facendo, tagliando il 40 per cento dei fondi e restringendo alla metà il numero dei beneficiari, anche in questa occasione siete riusciti a fare cassa sui meno abbienti e a creare un nuovo bacino di manodopera a basso costo. In tutto questo non vi siete lasciati sfuggire nemmeno l'occasione per una mossa che, credo, possa essere definita tranquillamente sconcertante: mi riferisco al decreto della Ministra Calderone che ha abbassato i minimi e i massimi degli indennizzi che lo Stato riconosce ai familiari delle vittime degli infortuni sul lavoro. Mentre nelle piazze e nei salotti televisivi si promette più tutela per i lavoratori, si piange per ogni decesso di lavoro, si predica più sicurezza, nei palazzi ministeriali non si lesina qualche risparmio sul dolore di genitori e figli vittime del lavoro.

Insomma, signor Presidente, siamo davanti a un provvedimento che realizza una visione radicata della destra, una visione per cui la precarietà non è un problema ma un valore da sfruttare, dove la povertà si nasconde come la polvere sotto il tappeto e dove i poveri sono un ingombro, un fastidio. State facendo di questo Paese un posto sempre più diseguale, più ingiusto e più iniquo, un posto dove se hai un privilegio lo puoi far valere e rafforzare ma se hai meno opportunità degli altri ti devi arrangiare da solo, un posto in cui cresceranno le differenze socioeconomiche e monterà la rabbia e l'insicurezza. Noi non ci possiamo arrendere a una prospettiva di questo genere. Sul lavoro, come sui tagli alla sanità, continueremo a reclamare giustizia e buonsenso, contro l'autonomia differenziata, che ucciderà ogni speranza di vedere ricucito il Paese, e contro l'idea di un fisco amico solo degli evasori fiscali. All'idea che si possa lavorare gratis o quasi e senza nessun diritto ci opporremo convintamente.

C'è una deriva culturale, Presidente, in questo Paese che, peraltro, è un'onda lunga dell'individualismo imperante negli Stati Uniti e in tutta la cultura occidentale e che, con amarezza, si può sintetizzare in una bellissima frase di Kurt Vonnegut, che è un autore che negli anni Cinquanta per primo ha denunciato l'egoismo e l'individualismo della cultura americana e poi di quella occidentale: “Da molto tempo si è insegnato agli americani a odiare tutti coloro che non vogliono o non possono lavorare e addirittura ad odiarsi per questo”.

Vi prego, facciamo tutti attenzione.