Esame di una questione pregiudiziale
Data: 
Lunedì, 26 Giugno, 2023
Nome: 
Andrea Casu

A.C. 1238

Onorevoli colleghe e onorevoli colleghi, con il voto sulle pregiudiziali, si conclude una lunga giornata di lavori parlamentari. Ci siamo confrontati nell'XI Commissione e in Aula, abbiamo trascorso insieme una lunga giornata, ma non è stata una bella giornata, perché l'abbiamo spesa con la consapevolezza, con la profonda amarezza di sapere che tutto quello che abbiamo fatto oggi, qui, alla Camera, è, purtroppo, inutile, perché viviamo in un monocameralismo alternato, ce l'ha ricordato oggi il presidente Fornaro, dove il combinato disposto del ricorso alla decretazione d'urgenza e dei voti di fiducia, di fatto, ha trasformato la seconda Camera in una buca delle lettere, in cui arrivano dal Governo e dal voto della prima Camera decreti che sono bloccati, chiusi (Prendere e lasciare, come il titolo dell'album di Francesco De Gregori). Andiamo avanti così, nella direzione sbagliata, incuranti dei richiami del Presidente della Repubblica, incuranti anche di questo mio intervento. incuranti degli incontri, incuranti del fatto che questo Governo, il Governo Meloni, ha assolutamente il record nella decretazione d'urgenza. E ricordiamo, quando Fratelli d'Italia era all'opposizione, quanto veniva criticata questa formula. Si ravvisa su qualunque tema la necessità di intervenire con atti di straordinaria necessità e urgenza. Ma l'unica straordinaria necessità e urgenza su cui servirebbe un'azione è l'alluvione che c'è stata in Romagna: gli atti servirebbero per lottare per l'emergenza e la ricostruzione. Dopo due mesi, siamo ancora senza un commissario

Ma il motivo per cui oggi presentiamo la pregiudiziale ex articolo 40 del Regolamento della Camera è perché questo testo non sarebbe nemmeno dovuto arrivare qui, si sarebbe dovuto fermare prima. Al riguardo, è lo stesso Comitato per la legislazione del Senato ad osservare che il decreto in esame non risulta essere corredato di analisi tecnico-normative e di analisi dell'impatto sulla regolamentazione. Stiamo parlando di carenze sempre gravi, ma ancora di più lo sono per un provvedimento che indubbiamente ha pesanti ricadute su fasce importanti della popolazione del nostro Paese. L'abbiamo visto da punti di vista politici differenti nella discussione, ma almeno siamo tutti concordi sul fatto che questo provvedimento avrà un impatto notevole sulla carne viva delle persone.

Ecco, voi siete la maggioranza. Se volete trasformare, ridurre il lavoro del parlamentare al lavoro di venire qui a pigiare un bottone potete farlo, ma non potete toglierci il diritto di conoscere, prima di votare, le conseguenze, l'impatto delle scelte di pigiare o meno il bottone. Ricordo a tutti noi un numero che mette i brividi, ce lo dice l'Ufficio parlamentare di bilancio, nella sua relazione; ci dice che è di circa 1,2 milioni il numero di nuclei familiari che hanno beneficiato del reddito di cittadinanza. Con questo decreto, circa 400.000 nuclei familiari saranno esclusi dal nuovo assegno di inclusione in quanto non saranno presenti nel nucleo familiare quei soggetti tutelati che consentono di accedere alla nuova misura. Non basta. Dei restanti circa 790.000 nuclei familiari, circa 97.000, il 12 per cento, risulterebbero, comunque, esclusi per effetto dei vincoli di natura economica, mentre viene accentuata la precarietà del lavoro. Ringrazio, per gli interventi di oggi in Commissione, prima e in Aula poi, i colleghi e le colleghe Scotto, Gribaudo, Sarracino, Fossi, Guerra, Stefanazzi, Cuperlo, Ghia, Bakkali, perché mi consentono di non dover ripetere tutte le ragioni di merito della nostra contrarietà politica a un decreto che reca misure urgenti per l'inclusione sociale e l'accesso al mondo del lavoro solo nel titolo. Il taglio, tanto sbandierato, del cuneo fiscale non è strutturale, non è un taglio, è un graffio. Manca il contrasto alla precarietà, che, anzi, è accentuata con le misure prese dal Governo. Non ci sono misure finalizzate a rinnovare i contratti collettivi nazionali, né azioni concrete volte a tutelare i lavoratori di imprese che decidono di delocalizzare.

È del tutto assente la trasparenza nei rapporti di lavoro, il tema strategico degli algoritmi della piattaforma, lo scorrimento delle graduatorie dei concorsi in corso di validità che potrebbe garantire quelle esigenze di rafforzamento e rinnovamento della pubblica amministrazione, il potenziamento dei centri dell'impiego, dei servizi sociali, mentre non vi è alcuna misura di contrasto effettivo alla povertà; anzi, avete deciso di cancellare il reddito di cittadinanza, che è l'unica misura che prevedeva un intervento universale di contrasto alla povertà senza nessuna vera alternativa, se non la povertà per centinaia di migliaia di famiglie. E avete deciso scientemente di far aumentare le diseguaglianze, agevolando i contratti precari, favorendo i contratti a termine rispetto a quelli a tempo indeterminato, che non usufruiranno di alcun incentivo. Una misura che, insieme all'innalzamento del limite dei voucher, ora portato a 15.000 euro in alcuni settori, diminuisce fortemente la qualità dei rapporti di lavoro.

Vi vantate della riduzione del cuneo fiscale, ma l'avete fatto solo per 6 mesi ed usando fondi ricavati colpendo proprio gli stessi lavoratori che dite di voler favorire, una partita di giro. Lo avete chiamato decreto 1° maggio, per richiamare una data fondamentale per la storia delle battaglie delle lavoratrici e dei lavoratori, una storia grande, fatta di migliaia di pagine. Io sono andato a cercare, tra queste pagine, se ci poteva essere un legame con il vostro decreto e, forse, l'unico legame che collega questo decreto al 1° maggio è una canzone, una canzone del movimento operaio, che racconta una storia vera, la storia di un pastificio. Si chiama Santa Caterina dei pastai, non so quanti la conoscano in quest'Aula: racconta una grande festa, tutta pagata, in cui c'era tutto, dalla minestra all'insalata, organizzata dal padrone della fabbrica per annunciare grandi novità per tutti, ma, alla fine, i benefici sarebbero stati solo per pochi, principalmente per lui. La fine della canzone era amara: il prezzo della festa l'avrebbero pagato i lavoratori, con una trattenuta dallo stipendio.

Noi sappiamo chi pagherà il prezzo della festa del 1° maggio che ha organizzato il Governo Meloni: i più poveri, i più fragili, i più indifesi. L'esatto contrario del significato del 1° maggio. E, allora, mi domando se questo è l'obiettivo: calpestare in questo modo la storia che celebra le lotte e le conquiste di lavoratrici e lavoratori, emanare un decreto che colpisce i più deboli, che toglie tutto a chi già non ha nulla per illudere chi ha un pochettino di più e costringere, poi, la Camera ad occuparsene adesso, per quattro giorni, senza poter cambiare nemmeno una riga; ciò nella stessa settimana in cui inchieste giornalistiche rivelano comportamenti inquietanti ed inaccettabili verso i lavoratori delle aziende guidate dalla Ministra Santanche', da una Ministra del Governo Meloni! E ancora non abbiamo nemmeno calendarizzato il giorno in cui la Ministra sarà qui per rispondere alle domande del PD, delle opposizioni, del Paese. L'abbiamo chiesto in ogni sede e ancora non c'è questa data.

Se questo è l'obiettivo - ed è questo l'obiettivo perché lo avete dimostrato - avreste dovuto scegliere una data diversa per riunire il Consiglio dei ministri per varare questo decreto: l'avreste dovuto fare il 7 aprile, il giorno del compleanno della Ministra Santanche'. Avreste avuto più coraggio, dignità e coerenza a dire apertamente qual è la vostra visione, a dichiararlo, a chiamarlo “decreto Santanche'” perché è in quella direzione che volete portare il Paese.

Giù la maschera, questo decreto è un programma politico chiaro: togliere tutto a chi non ha nulla, prendere in giro i lavoratori e le lavoratrici e, al contempo, non muovere un dito per chiedere a chi li sfrutta di rispondere dei propri comportamenti.

Questo non è il futuro, questo è il passato, un passato che il Partito Democratico, l'Italia democratica e progressista ha sempre combattuto e continuerà sempre a combattere. Per questo, chiediamo alla Camera di votare le pregiudiziali e respingere questo ritorno al passato.