A.C. 2461-A
Grazie, Presidente. È chiaro che non posso che partire con un ringraziamento, doveroso, anche, dopo aver ascoltato molti interventi, ai relatori, ma, soprattutto, a tutti i colleghi delle due Commissioni, la VI, Commissione Finanze, e la X, Commissione Attività produttive, perché questo passaggio in Commissione per la conversione di questo decreto “Liquidità”, è stato un momento importante. È ovvio, è già stato richiamato, che il “decreto Imprese” o “decreto Liquidità” è il secondo di un trittico che il Paese ha messo in campo, con il “decreto Cura Italia” e con il “decreto Rilancio”, volto a limitare gli effetti sull'economia della pandemia, dell'epidemia sanitaria che ha colpito non solo il nostro Paese, non solo l'Europa, ma tutto il mondo.
Da un punto di vista economico, la rapida caduta della domanda interna e il crollo del commercio mondiale hanno messo le nostre imprese in una situazione di grande difficoltà finanziaria e strategica. Interi comparti vivono crisi di sistema - penso all'automobile, al tessile, ai trasporti - che non hanno precedenti nel recente passato; una delle difficoltà maggiori per queste aziende, oggi, è l'accesso alla liquidità, l'accesso al credito, in un Paese in cui questo problema era già un problema sentito e pervasivo. Il Governo ha attivato, con il “decreto Liquidità” uno strumento - su questo non concordo con alcune cose che ho sentito – significativo: le 320 mila pratiche che sono state lavorate presso il Fondo centrale di garanzia e i 16 miliardi che sono già in gioco non sono una piccola risposta in questi tempi così brevi. Dico che il “decreto Liquidità”, con i due grandi pilastri, quello di accesso alle garanzie per le imprese medio-grandi, tramite SACE, e quello per l'accesso alle garanzie per le imprese medio-piccole, attraverso il Fondo centrale di garanzia, comincia a dare dei risultati; i giornali sono pieni non solo di piccole, ma, anche, di grandi operazioni di liquidità, preziose per il sistema industriale italiano.
E devo dire che il testo è stato modificato in meglio, in un lavoro che è stato proficuo e che - lo dico io che ho una certa esperienza in queste Aule parlamentari - non era facile dato il clima; un lavoro che è stato molto proficuo ha migliorato sotto molti aspetti il testo. Non voglio ricostruire, rifare una lista di questioni che sono state già citate da tanti interventi prima del mio, ma l'autocertificazione, l'aver codificato i sistemi di ingresso per le due richieste di garanzia, sia verso SACE, quanto verso il Fondo centrale di garanzia, aumentando la responsabilità dei singoli, dando più credito alle dichiarazioni delle persone, usando uno schema, lo voglio dire, che codifica anche una prassi che si era instaurata, è un punto importante, a cui fanno e faranno naturalmente corollario profondi controlli ex post per la verifica di queste dichiarazioni. Così come l'interpretazione autentica che anche in questo caso abbiamo dato del fatto che quando si chiede un prestito, per esempio, con garanzia totale dello Stato, i famosi 25 mila euro, al Fondo centrale di garanzia e ci si autocertifica, l'istituto di credito, viene ribadito, deve fare una verifica formale della correttezza della documentazione, non altra verifica. E qui abbiamo operato anche positivamente; scusate se è poco, però, il fondo, il plafond di 25 mila euro per il credito garantito al 100 per cento per le piccole e medie imprese viene portato a 30 mila euro. Chi non apprezza questo incremento, probabilmente non apprezza le difficoltà che il tessuto economico italiano di piccole e medie imprese sta vivendo. Abbiamo tutti assieme, lo ripeto, tutti assieme, portato il tempo di restituzione di quel prestito a 10 anni. Era una richiesta importante del nostro sistema produttivo, così come, lo diceva il collega Topo, prima, per quanto riguarda la garanzia all'80 per cento sul Fondo centrale di garanzia, siamo riusciti ad abbattere il muro dei dieci anni nella restituzione, con un prestito che ha l'80 per cento di garanzia statuale e può avere garanzie accessorie sino a valori superiori; per le aziende con 3.200.000 euro di fatturato, parliamo di una cifra di 800 mila euro, quindi un dato importante. Vado veloce; abbiamo toccato il diritto fallimentare, il diritto societario per sospendere ancora alcune parti e correggere alcuni passaggi; abbiamo allargato il tema del golden power che in un momento così importante è critico per il nostro Paese; abbiamo inserito il concetto di cicli pluriennali, dove per alcune aziende che hanno andamenti ciclici nel fatturato, penso all'edilizia, alla cantieristica navale, all'ingegneria meccanica, l'affiancare al fatturato il concetto di valore della produzione è un dato importante. È stato detto del Fondo Gasparrini; è stato richiamato il chiarimento che abbiamo fornito sul tema malattia professionale e infortunio sul lavoro COVID; abbiamo chiarito quali sono i contorni giusti di questa realtà: chi segue i protocolli sanitari non può essere chiamato responsabile per queste affezioni virali.
Ora, concludo perché non avrebbe senso continuare in un elenco puntuale di menzioni del lavoro compiuto in Commissione e concludo con due osservazioni. La prima, riguarda e torno al rapporto fra maggioranza e opposizione: non si sarebbe potuto raggiungere questo obiettivo se il confronto non fosse stato costruttivo e serio in Commissione, fra la maggioranza e le opposizioni. Questo è un risultato importante e non è da dimenticare, in un momento in cui, come dicevo, il tridente - il “Cura Italia”, il “Liquidità” e il “Rilancio” - è in campo per circa 80 miliardi, ma in cui noi abbiamo di fronte interventi della stessa dimensione. In Europa, si diceva prima, lo diceva un esponente delle opposizioni, vengono messi in campo strumenti importanti, che daranno liquidità a buon prezzo: il SURE, per quanto riguarda gli ammortizzatori sociali, il MES, al di là dell'opinione che ciascuno di noi ha, che, riformulato, interverrà sui prestiti in materia sanitaria, la Banca europea degli investimenti che interverrà sugli investimenti, come dice naturalmente il suo nome, e il Recovery Fund, che introduce il concetto di indennizzo, come fa il “decreto Rilancio”, a livello europeo. Questo, unito alla sospensione del Patto di stabilità e crescita e alla deroga ormai complessiva degli aiuti di Stato. Tutto ciò ci permetterà, in autunno, in un autunno che sarà delicatissimo, di affrontare con altrettante risorse la situazione del Paese. E, allora, io credo, lo dico sommessamente, non vorrei essere frainteso, che questa terribile tragedia per il nostro Paese abbia anche un barlume di opportunità, là dove possiamo mettere in campo risorse così copiose, seppure in gran parte a debito, non ce lo dobbiamo mai dimenticare, per affrontare il futuro e l'Italia di domani. La leale collaborazione fra maggioranza e opposizione, non sto pensando alle visioni giornalistiche di nuove alleanze o di inciuci, ma a una leale collaborazione tra maggioranza e opposizione, nel reciproco rispetto e nell'interesse del bene comune, mi sembra che sia l'elemento che serve per fronteggiare la prossima fase e l'esempio del lavoro in queste Commissioni è indicativo.
Poi - e concludo, signor Presidente, anche per la presenza del Governo - se è vero che le risorse saranno molte, sono molte, che avremo un'opportunità, però serve visione, cari colleghi: serve visione perché una politica di corto respiro non sarebbe qualcosa di utile a questo Paese. Dobbiamo immaginare da questo punto di vista che, a fianco delle riflessioni che dovremo fare su cosa ha funzionato di più, su cosa ha funzionato di meno, dovremo reimmaginare tante parti della nostra sanità, tante parti del nostro stato sociale, tante parti del nostro modo di lavorare, lo smart working, che ormai è entrato con prepotenza nel sistema e nel mercato del lavoro, ed esse ci indurranno a pensare al futuro in maniera diversa.
E allora concludo dicendo che quello che vediamo è che l'impresa, la manifattura, l'industria rimarranno un tema centrale per il nostro Paese. Questo Paese continuerà a garantire benessere agli italiani se continuerà ad essere un Paese di grande trasformazione di prodotti, di fornitura di prodotti nel mondo e al suo interno. E allora serve una visione, serve una politica industriale, serve una capacità di programmazione, perché queste risorse che metteremo in campo, con l'ausilio dell'Europa ma anche con il debito futuro degli italiani, siano risorse che, come accadde nel secondo dopoguerra, costruiscano un Paese migliore e più tranquillo e prospero per i nostri figli.