Discussione generale
Data: 
Lunedì, 3 Febbraio, 2025
Nome: 
Irene Manzi

A C.2183-A

La ringrazio, signor Presidente. Saluto il Sottosegretario Mazzi. Finalmente, arriva in quest'Aula un decreto - mi verrebbe da dire - a lungo annunciato, sin dall'audizione del Ministro in Commissione, nell'ottobre del 2024. Un'audizione nel corso della quale proprio il Ministro aveva annunciato che, come la Presidente del Consiglio aveva un Piano Mattei per l'Africa, lui voleva un Piano Olivetti per la cultura; e a parole, ovviamente, chi potrebbe essere contrario ad un Piano che è intitolato ad Adriano Olivetti, una figura che ha rappresentato un politico, un industriale, un umanista a tutto tondo - mi verrebbe da dire -, che è stato capace di coniugare innovazione tecnologica, cultura e responsabilità sociale. E che, proprio rispetto alla cultura, ha saputo scrivere e pronunciare parole molto importanti e praticarle, non solo - devo dire - pronunciarle. “Abbiamo portato” - diceva Olivetti - “in tutti i Paesi della comunità le nostre armi segrete: i libri, i corsi culturali, l'assistenza tecnica nel campo dell'agricoltura. In fabbrica si tengono continuamente concerti, mostre, dibattiti. La biblioteca ha decine di migliaia di volumi e riviste di tutto il mondo. Alla Olivetti lavorano intellettuali, artisti, scrittori. La cultura qui ha molto valore”.

Devo dire, appunto, che confidavamo davvero molto in un decreto che era intitolato ad Adriano Olivetti, che sembrava, dopo quasi tre anni - devo dire - di semi inattività del Ministero della Cultura, troppo impegnato, con il Ministro Sangiuliano, a dedicarsi all'affermazione di presunte egemonie culturali, a verificare quello che era l'orientamento politico di Dante Alighieri e a occupare, sostanzialmente, istituzioni culturali. Confidavamo davvero finalmente in un decreto che, tra l'altro, nel primo comma, individua una serie di obiettivi importanti e ben precisi (ed è il primo comma dell'articolo 1, ovviamente): preoccuparsi, appunto, della rigenerazione urbana delle periferie, delle aree interne, delle aree svantaggiate; intervenire e valorizzare le biblioteche; dare, appunto, una spinta e una visione anche generale. Peccato poi che, andando a leggere il secondo comma di quell'articolo 1, troviamo una frase, una frase che ci ha quasi raggelato, perché il Piano di cui al comma 1 - recita, appunto, l'articolo - è adottato nei limiti delle risorse disponibili a legislazione vigente. Devo dire che l'abbiamo riletto anche più volte, perché quasi non ci credevamo che un decreto, intitolato a un personaggio così importante e con un titolo così roboante, fosse, in realtà, attuato, sostanzialmente, a invarianza finanziaria.

Verrebbe quasi da dire: molto rumore per nulla, quasi - e ci tengo a precisarlo - perché siamo soddisfatti - lo ribadiamo anche in quest'Aula e lo abbiamo ribadito anche in Commissione - dello stanziamento dei 30 milioni di euro per le biblioteche; una misura che era stata lungamente, in ben due leggi di bilancio precedenti, richiesta e di cui noi stessi, come forze di opposizione, avevamo evidenziato la necessità. Siamo soddisfatti, ovviamente, di questa misura, proprio perché va a intervenire a sostegno di un settore che, in questi mesi, ha pagato pesantemente l'inattività del Ministro Sangiuliano e che richiede, appunto, iniziative che lo sostengano, non limitate, ovviamente, a questo decreto.

Come altrettanto positivi sono gli stanziamenti (quei 4 milioni di euro) per l'apertura di librerie a favore degli under 35 sul territorio nazionale. Peccato, però, che queste misure abbiano una durata temporale ben limitata, perché il Fondo di 4 milioni è limitato solo al 2025, mentre gli stanziamenti per le biblioteche si spalmano, anche in maniera - devo dire - poco chiara, tra il 2025 ed il 2026. Per il resto, purtroppo, non ho altrettante aspettative e non condivido pienamente quella rivoluzione dolce a cui faceva riferimento il relatore, il presidente Mollicone, proprio perché, purtroppo, il decreto somma una serie di misure non organiche; e, tra l'altro, dove sono previsti oneri, quegli oneri sono finanziati attingendo a un Fondo di riserva, quindi con misure, anche qui, di breve durata.

Sembra quasi che, approfittando del veicolo del decreto, si siano andati a riaprire cassetti del Ministero della Cultura in cui erano pendenti, magari, questioni più tecniche che politiche che avevano bisogno di interventi.

Eppure, come ricordavo poco fa, arriviamo dopo tre anni, dopo tre leggi di bilancio pesantemente insoddisfacenti - se non dannose, in alcuni casi - proprio per un settore così importante, come quello della cultura. Nel 2022 si era riusciti - e qui devo dare atto a un lavoro congiunto di maggioranza e opposizione, e cito, appunto, i colleghi Orfini e il presidente Mollicone - rispetto alla misura e alla salvaguardia della misura relativa all'indennità di discontinuità. Peccato poi che, prima, ci avevate quasi illuso; in quella legge di bilancio, allo stesso tempo, avevate demolito, con furia ideologica immotivata, una misura importante, come quella di 18App, quello che era il bonus cultura riservato ai diciottenni, salvo poi, appunto, nel 2023 e nel 2024 assistere a un silenzio quasi totale, a un'assenza del Ministero della Cultura dalla legge di bilancio, e, addirittura, nell'ultima legge di bilancio, ad un taglio di mezzo miliardo su un triennio operato dal Ministro Giorgetti.

Eppure, ci sarebbe tanto da intervenire, le materie sarebbero numerose. Andiamo a guardare, per esempio, i dati che, pochi giorni fa, il portale Italy for Movies riportava: in Italia, in questo momento, grazie a quella sconsiderata revisione del tax credit che voi avete attuato, sono presenti, attive, solo 17 produzioni (nessuna delle quali internazionale, per esempio), con ricadute, tra l'altro, molto pesanti su quelle che sono professionalità di grande qualità che operano all'interno del nostro Paese; un Paese che, al di là dei proclami identitari, rischia davvero, in un settore chiave come quello cinematografico, di finire ai margini delle grandi produzioni e dell'industria internazionale.

Ma potremmo anche citare quei dati che sono stati diffusi nel corso delle audizioni dai tanti soggetti che sono stati auditi e che il presidente Mollicone ricordava. Penso a quello che ci ha ricordato l'Associazione italiana editori che ha parlato addirittura di un vero e proprio effetto Sangiuliano - depressivo, per la verità - rispetto al mercato dell'editoria, al mercato del libro proprio a causa di quelle scelte ideologiche prive di senso, come la trasformazione di 18App nella Carta cultura, lo sdoppiamento nella Carta cultura e del merito, con una flessione addirittura di circa 23 milioni - di più di 23 milioni - per l'intero settore, con un mancato accesso soprattutto, una mancata richiesta dei più giovani di questa misura.

Ecco perché riservavamo grandi aspettative rispetto al passaggio parlamentare di questo decreto in Aula, e proprio su questo abbiamo voluto lavorare, un po' prendendo alla lettera quello che il Ministro Giuli, nel suo intervento l'8 ottobre, appunto, in audizione alle Camere, aveva motivato: la via del confronto c'è sempre per chi vuole percorrerla.

Noi ci abbiamo davvero provato a percorrerla, quella via, andando a individuare quelle sollecitazioni che, nel corso delle audizioni, erano emerse e quegli interventi che tanti operatori e tante associazioni, che operano costantemente nel settore dei beni e delle attività culturali, avevano posto alla nostra attenzione. Non le sto a citare qui, bastano i nostri emendamenti.

Però due misure voglio ricordarle: da un lato, la misura che interveniva a sostegno dei lavoratori a partita IVA del Ministero della Cultura, che, in questo momento, sono in una situazione di totale limbo per l'assenza di una interlocuzione e per la mancanza di risposte da parte del Ministero; dall'altro, una misura su cui la stessa maggioranza di Governo - per la verità - si era espressa favorevolmente a più riprese, cioè quella del tax credit sugli spettacoli di musica popolare. Anche qui una misura che, prima nella legge di bilancio, poi adesso nel decreto Cultura, purtroppo, è desolatamente caduta nel vuoto.

Quasi tutte le nostre proposte - al di là di quelle (in gran parte non onerose) che, per la verità, ha ricordato il presidente Mollicone - sono cadute nel vuoto. Peraltro, in queste due settimane, la Commissione è stata impegnata nel braccio di ferro - noto alle cronache, poiché è avvenuto proprio sotto i riflettori - tra il Ministero della Cultura, rappresentato dal Ministro Giuli, e i deputati della Lega, su un emendamento che andava a rivedere i poteri delle Soprintendenze, rendendo obbligatori, ma non vincolanti i pareri delle Soprintendenze stesse.

È stato un balletto che, per qualche giorno, ha tenuto fermi o rallentato i lavori della Commissione cultura, tra inviti al ritiro, pareri contrari, revisioni dell'emendamento ed emendamenti dei relatori che dovevano arrivare (ma poi chissà) fino, appunto, ad una brusca marcia indietro dei colleghi leghisti, con il ritiro dell'emendamento.

Devo dire che fa piacere che il Ministro Giuli abbia fatto valere la sua autorità rispetto ad una misura che andava a penalizzare, incidendovi pesantemente, la tutela del paesaggio. Sarà altrettanto interessante vedere quale sarà il parere del Ministro sulle proposte di legge che i colleghi leghisti - lo hanno annunciato - presenteranno e faranno discutere a breve. Su questo, aspettiamo che ci sia altrettanto impegno e fermezza da parte del Ministro.

Però, ci sono altri due elementi che in quest'Aula mi piace ricordare di questo passaggio parlamentare (per la verità, piuttosto deludente). Innanzitutto, il fatto che il Piano Olivetti - come ricordavo poco fa - ha tante buone intenzioni, ma non ha risorse. Però, forse, alcune risorse sono state trovate nel passaggio parlamentare per la creazione di un'ennesima struttura dirigenziale, facente capo al Gabinetto del Ministro, che sarà incaricata di attuare un piano ad invarianza finanziaria. Sarà interessante capire come questo piano verrà adottato e quali saranno i compiti di questo dirigente che verrà incaricato.

E poi, la ciliegina sulla torta: il rifinanziamento, per opera di un emendamento presentato dalla maggioranza di Governo, della legge “mancia”, con ben 6 milioni di euro.

Ebbene, un Piano Olivetti che non ha risorse e che non trova risposte per il settore dell'editoria e per il settore della musica popolare e d'autore, ma che trova ben 6 milioni di euro per finanziare e rifinanziare quella legge “mancia” che avevamo già visto alla prova durante la legge di bilancio. Quella misura che, con uno stanziamento di 102 milioni nel triennio, durante la legge di bilancio ha visto distribuire interventi e risorse a pioggia tra la parrocchia di Santa Maria della Grotticella a Viterbo, il rifacimento del manto stradale di via Frostella a Caiazzo, la manutenzione delle strade rurali del comune di Orune, fino ad altre risorse distribuite tra associazioni locali, ponti e campi sportivi. Voglio precisare che non ho nulla contro le realtà, le associazioni ed i comuni che sono stati individuati da quel provvedimento, però, nel momento in cui si arriva in quest'Aula e si parla di Adriano Olivetti, vorrei proprio capire come la figura di Adriano Olivetti possa conciliarsi con questa misura, cioè, con la legge “mancia”. Mi piacerebbe davvero sapere come questo interviene, proprio perché è quello che chiediamo in quest'Aula. Colleghi, ognuno di noi è rappresentante di un territorio e raccoglie richieste di intervento e segnalazioni di criticità rispetto al proprio territorio. Quello che però in quest'Aula ci viene chiesto e che dovremmo richiedere anche noi, dovrebbe essere la trasparenza e la richiesta di interventi strutturali a favore di un settore che, a parole, risulta sempre centrale nell'azione di Governo, ma che poi, al momento dei fatti, quando le risorse vanno stanziate, finisce sempre in coda alle priorità.

E, guardate, ce lo dicono i dati che finisce in coda alle priorità, perché se noi andiamo a fare un confronto tra la legge di bilancio del 2015 e la legge di bilancio per il 2025, possiamo vedere che nel 2015 eravamo a 5 miliardi e mezzo investiti, con misure come il progetto sui grandi beni culturali, l'avvio - l'anno precedente - dell'art bonus e la 18App. Ebbene, nel 2025 la legge di bilancio investiva nella cultura poco più di 3 miliardi di euro. È un paragone - devo dire - abbastanza impietoso in questo caso.

E oggi mi viene da dire che il Ministero della Cultura sembra ancora in “cerca d'autore”, oltre che, chiaramente, di fondi. Ovviamente, siamo soddisfatti del fatto che si sia sanato, in sede parlamentare, il mancato finanziamento originario alla Domus Mazziniana o che si siano stanziate risorse - abbiamo sottoscritto anche noi quell'emendamento - a favore del Memoriale della Shoah, cioè, del museo della Shoah a Milano, al Binario 21. Però siamo anche consapevoli di altro e cioè che questo non basta. Non basta perché in questo Paese assistiamo quotidianamente ad una emergenza culturale che riguarda soprattutto i più giovani. È un andamento che è suffragato dalle indagini Istat: l'ultima, nell'ordine di tempo, ci dice che il 70 per cento dei più giovani non è mai andato in biblioteca nel 2023; il 17 per cento non è andato al cinema, a teatro, ad un concerto o non ha visitato un museo.

È un problema che ha a che fare con la nostra democrazia. È un problema che ha a che fare con il benessere delle nuove generazioni e con la possibilità che esse devono avere di costruire un percorso di vita in linea con le loro aspettative: devono poter sviluppare le loro aspettative e sviluppare le capacità critiche. Le risorse spese in questo senso, cioè, in azioni culturali e formative, sono quegli investimenti in grado di produrre ricchezza per le generazioni più giovani e per la qualità della nostra democrazia. Ecco perché continuiamo a criticare la scelta ideologica di aver eliminato una misura come 18App. Quella misura (copiata in altri Paesi europei, come la Spagna, la Francia e la Germania) - ce lo dicono i dati - ha prodotto effetti importanti e significativi. Quella misura era pensata, dopo la strage del Bataclan, per garantire un investimento nella cultura, ma ancor di più nella democrazia del nostro Paese.

Con il pretesto di una nuova presunta egemonia culturale da applicare, avete portato avanti il progressivo smantellamento di una filiera che fa grande l'Italia e che produce ricchezza e lavoro. La cultura, colleghi, non è petrolio, non è un giacimento da sfruttare, non è un lusso e non è un godimento elitario, è un campo da coltivare, è lo strumento che rende i cittadini consapevoli della propria identità, per metterla continuamente in discussione, anziché per consolidarla. La cultura, come ci ricordava Enrico Berlinguer nel 1983, “è risorsa indispensabile per lo sviluppo ed è anche e soprattutto una finalità del vivere sociale degli uomini; leva determinante ed essenziale, non per il dominio, ma per la liberazione di ogni singolo individuo e della società nel suo complesso”. Proprio Adriano Olivetti ci ricordava che cultura è pensare sempre da capo, riaffermare continuamente la dignità e la centralità dell'uomo, ricordare la lezione di umanesimo integrale che la civiltà del Rinascimento ha reso universale. Ma per poter fare realmente questo e non fermarci solo alle grandi dichiarazioni servono visioni potenti, ma anche investimenti; serve un welfare culturale europeo che pianifichi il moltiplicarsi dei luoghi della cultura, come teatri, biblioteche, musei e spazi per la musica dal vivo, e, soprattutto, assegni ad essi finanziamenti stabili.

Ecco perché, signor Sottosegretario - e mi rivolgo idealmente anche al signor Ministro, che so che ci segue - non possiamo essere soddisfatti di questo decreto: perché a questo decreto manca un'anima e manca una visione, quell'anima e quella visione che ci auguriamo possano essere prima o poi recuperate. E terreni su cui sperimentare questo ci sono: c'è la revisione delle misure relative al tax credit, c'è la delega relativa al codice dello spettacolo, c'è l'indennità di discontinuità da tirare fuori dalle secche in cui è finita, ci sono le misure che anche il settore stesso ha richiesto come quella relativa alla filiera del libro.

Ecco, forse in quel caso potremmo parlare davvero di una rivoluzione “dolce”, come quella evocata dal presidente Mollicone. Se questo avverrà - e mi rivolgo al Ministro Giuli - e se su questo si avrà il coraggio di intervenire e di osare, noi saremo pronti a darle manforte, proprio perché pensiamo che è quello scatto di orgoglio che serve a questo settore in questo momento e che, purtroppo, in questo decreto dedicato ad Adriano Olivetti, davvero proprio non c'è