Dichiarazione di voto finale
Data: 
Venerdì, 30 Dicembre, 2022
Nome: 
Maria Stefania Marino

A.C. 705

Grazie, Presidente. Considerata l'eterogeneità di questo decreto, mi concentrerò su due argomenti trattati nello stesso: l'abolizione delle ultime restrizioni dovute alla pandemia da COVID-19 e l'introduzione della fattispecie penale considerata anti-rave. Rispetto al secondo argomento e, quindi, sull'introduzione dell'articolo 633-bis del codice penale, ritengo si tratti di una situazione che dà chiaramente l'impressione della grande confusione che alberga nel vostro dire e sembra quasi comica. Spiego subito il perché. Mi pare di ricordare che, in occasione del disegno di legge Zan, avete gridato ad alta voce che era sbagliato ricorrere ad una norma penale per punire in modo più duro condotte per le quali era già prevista una pena. Eppure, in quel caso, l'obiettivo era sicuramente da apprezzare: si voleva semplicemente fornire ulteriore protezione ad una comunità, come quella LGBT qui, che ne aveva impellente necessità e - si badi bene - ne faceva richiesta da tempo. In quell'occasione, ci avete rivolto accuse di tutti i mali del mondo, utilizzando presupposti fantasiosi a supporto dei vostri attacchi. Di contro, oggi siamo qui per discutere di pene riferite ad un reato che nessuno ha chiesto e che abbiamo visto nascere dal nulla, - oserei anche dire - calate dall'alto, camuffate da una presunta urgenza che solo il Governo pare aver accertato. Una norma inserita in un decreto, che nulla ha a che fare con quelli che voi chiamate raduni musicali, ma che viene da voi giustificata e sempre per ragioni di urgenza.

Nessuno, infatti, ha ben spiegato e rappresentato quale fosse l'urgenza giustificativa dell'introduzione di una norma di tal genere. Stiamo ancora aspettando, per capire fino in fondo. Intanto, però, mi sono preoccupata di analizzare, per quanto possibile, questo strampalato decreto che porta a poche evidenze. È una norma di dubbia utilità, suscettibile di manipolazioni strumentali e che ha insita una macroscopica lesione del principio della chiarezza della legge penale, una sorta di pessima riformulazione di fattispecie di reato preesistente, una stramba unione fra l'articolo 633 del codice penale e una serie di norme antidroga, con l'aggiunta - tra un litigio e l'altro delle forze di maggioranza sull'entità della pena e sul numero di partecipanti minimo per l'applicazione della fattispecie - di qualche strano termine, lasciato indefinito dalla norma stessa. Insomma, un capolavoro di incomprensibilità e un pasticcio senza precedenti. Cosa aggiunge questa nuova fattispecie al quadro previgente? Vi rispondo io: incertezza e assurdità. Ma l'incomprensibilità della norma è solo uno dei problemi, perché ad una formulazione del tutto oscura si accompagna una pena altissima, spropositata, se raffrontata ad altre previste nel nostro ordinamento.

Considerate, cari colleghi, che la pena prevista da questa nuova fattispecie va da un minimo di 3 anni di reclusione a un massimo di 6 ed è addirittura più alta di quella prevista dall'articolo 435 del codice penale che punisce la condotta di fabbricazione e detenzione di materiale esplodente con una pena detentiva che va da uno a cinque anni. Non so se è chiaro: ritrovarsi a una festa non autorizzata, in sostanza, verrà punito più duramente che fabbricare un ordigno esplodente al fine di attendere alla pubblica incolumità. Per far comprendere quanto questo sia assurdo, forse le mie parole non bastano. Utilizzerò quelle di Cesare Beccaria, illustre giurista, del quale consiglio un'attenta lettura alla maggioranza. Beccaria diceva testualmente: perché ogni pena non sia la violenza di uno o di molti contro un privato cittadino deve essere la minima delle possibili nelle date circostanze.

Insomma, la maggioranza di Governo ha praticamente dimenticato qualsiasi postulato cardine del nostro ordinamento penale, chiudendo gli occhi davanti a principi essenziali come quello della proporzionalità e della necessità della pena che, invece, sono espressamente recepiti da copiosa giurisprudenza costituzionale e dall'articolo 49 della CEDU. Riassumendo la portata di questi princìpi, possiamo agevolmente ricavare il loro punto cardine e cioè: il ricorso alla legge penale deve essere un'extrema ratio nell'ambito dell'attività legislativa che noi come Parlamento - attenzione - noi, e non il Governo, siamo chiamati a svolgere e che, anche quando il ricorso ad essa è giustificato, e non mi sembra questo il caso, la pena prevista con riguardo alla quantità e alla tipologia della stessa deve essere solo quella estremamente necessaria alla protezione degli interessi in gioco e alla rieducazione del reo e, soprattutto, deve necessariamente essere ragionevole. Ancora una volta, non si tratta di pareri della sottoscritta, ma di principi più volte posti a fondamento di importanti decisioni della nostra Corte costituzionale, la quale ha spesso ricordato che il principio di proporzionalità della pena è un postulato di cui non si può non tener conto nell'ambito dell'attività legislativa e che, anzi, funge proprio da limite insuperabile alla discrezionalità del legislatore.

Il Ministro per i Rapporti con il Parlamento ci invita ad evitare una dura battaglia contro questa norma, dicendo testualmente che il decreto contiene misure molto importanti, non solo sui rave, e che è molto importante che venga convertito. Allora, Ministro, mi chiedo, citandola, se non fosse il caso di evitare di inserire in un decreto così importante, come lei lo definisce, una norma di questo tenore. Se le altre misure contenute nel decreto erano così importanti e se è irresponsabile, a vostro dire, il nostro ostracismo nei confronti di questo decreto, perché per una volta non avete provato ad ascoltarci? Ci dite che fare ostruzionismo per l'introduzione di questo reato è irresponsabile, ma ricordate cosa avete fatto quando noi, attraverso il disegno di legge Zan, chiedevamo l'applicazione di un'aggravante ad un reato già esistente? Allora, chi siete voi per elargire un giudizio morale sul nostro modo di fare opposizione? Comprendo bene che siate abituati a dare giudizi morali, e questo è evidente dal decreto in esame, ma attenzione a ricordare che il legislatore e, quindi, noi stessi, non è e non può essere un moralista.

Nonostante questo, comunque, la nostra opposizione a questa norma non è una opposizione ideologica e pretestuosa. Avete fiori di illustri giuristi tra le vostre fila, sono sicura del fatto che a porte chiuse anche loro vi abbiano avvisati dell'assoluta inadeguatezza di questo decreto. Non credo che ci sia molto molto altro da aggiungere su questo punto.

Rispetto al secondo argomento, anche lì, si notano contraddizioni a dir poco aberranti. Il Ministro dichiara di aver adottato forti misure precauzionali e, dall'altra, abbuona tutti coloro i quali non hanno garantito la salute altrui attraverso la violazione dell'obbligo vaccinale. Ho presentato giusto ieri un ordine del giorno, il cui scopo era quello di ripristinare l'obbligo vaccinale per tutti i lavoratori che operano nel settore sanitario, sociosanitario e socioassistenziale che arbitrariamente si erano sottratti al proprio dovere, con un unico obiettivo – ricordate? -: garantire il momento del contatto tra gli operatori e i pazienti. L'ordine del giorno in questione è stato bocciato, a quanto pare, più che altro a causa di un pregiudizio della forza di maggioranza nei confronti delle forze di opposizione, considerato ciò che il Ministro aveva relazionato alle cinque del pomeriggio.

In ogni caso, si è discusso fino allo sfinimento della pericolosità della pandemia da COVID-19; l'impatto sociale e sanitario che questa ha avuto sulla vita di tutti noi è ormai evidente, come è evidente che le misure ad essa collegate debbano essere proporzionate, oltre che alla pericolosità del virus e alla rispondenza del nostro sistema sanitario, anche alla necessità di restituire ai cittadini italiani il sereno vivere quotidiano.

Questo, però, non implica che la situazione che stiamo vivendo, per quanto meno drammatica rispetto al 2020, ci debba far prendere sotto gamba il nuovo aumentare dei contagi. Quindi, mantenere in vita alcune norme di comportamento essenziali alla gestione di un virus che ha causato danni inenarrabili è doveroso e, ahimè, responsabile. Tutti noi vorremmo che questa incresciosa situazione venisse meno; alcuni di noi vorrebbero addirittura portarla dimenticare, ma è nostra responsabilità non farlo. Comprendo la volontà di svolta e me ne faccio prima portavoce, ma, a costo di essere impopolare, non possiamo fingere che i dati non esistano e il nostro compito è proteggere i cittadini e farlo alla luce delle sole evidenze statistiche e scientifiche, forniteci dalla comunità di tecnici deputati all'elaborazione dei dati sanitari, che in questo momento evidenziano l'esigenza di prestare particolare attenzione nei confronti dei cittadini, con specifico riguardo ai soggetti deboli. Questi ultimi, infatti, sarebbero esposti a un estremo rischio se sollevassimo tutte le disposizioni vigenti in materia di contenimento della pandemia. Quindi, una minima disattenzione potrebbe causare loro danni enormi e la responsabilità di ciò sarebbe soltanto nostra.

Presidente, tutti ci auguriamo che interventi di questo genere non siano mai più necessari, tutti comprendiamo la frustrazione dei cittadini davanti a questo e, vi assicuro, non esiste nessuna differenza tra deputato e operaio, solo tra responsabili ed irresponsabili e noi siamo responsabili e siamo chiamati obbligatoriamente ad essere responsabili per il bene di tutti. Questi sono due dei motivi per il quale mi opporrò alla conversione in legge di questo decreto.