Dichiarazione di voto finale
Data: 
Venerdì, 30 Dicembre, 2022
Nome: 
Vincenzo Amendola

A.C. 705

Grazie, Presidente. Grazie per la conduzione salda di questa ricca discussione. Mi permetterà, innanzitutto, di mettere all'ordine del giorno una posizione del Partito Democratico rispetto al richiamo che ha ricevuto l'ambasciatore italiano a Teheran. Utilizzo questi minuti proprio per significare da parte nostra, del gruppo, una solidarietà all'ambasciatore, ai funzionari della Farnesina e al Ministro degli Esteri, Antonio Tajani, perché crediamo che questo atto sia conseguente anche a una posizione molto forte che ha tenuto il Parlamento.

Vedo qui un collega di Fratelli d'Italia membro della Commissione affari esteri. Noi come Commissione affari esteri abbiamo approvato una mozione in maniera unitaria per condannare le repressioni delle espressioni dei diritti di libertà e della forte richiesta di porre fine a un regime che dal 1979 sta stringendo quel Paese. Vorrei lasciarlo agli atti, perché credo che in questa giornata convulsa, con tante novità, questo sia un punto significativo. Se poi guardiamo anche nel contesto del dibattito che stiamo avendo – mi rivolgo anche al gentile membro del Governo qui presente – è evidente che potremmo fare una riflessione su un contesto più generale, su cui l'azione del Governo, legittimata dal voto popolare, ovviamente si confronta in quest'Aula. Quando si parla di Iran si parla di un contesto internazionale, perché l'elemento sovranazionale ordina anche le scelte del Governo, nella disposizione non solo della politica estera, ma anche della politica interna, dell'interesse nazionale e anche di quelle che sono le predisposizioni, quando si organizzano decreti di emergenza e di urgenza come quello che stiamo prendendo in considerazione, che è stato il primo decreto del Governo della Presidente Meloni. Lo dico perché è evidente che noi stiamo discutendo di scelte economiche, di scelte di indirizzo dell'interesse nazionale, che sono legate a due grandi fenomeni: il primo è la guerra in Ucraina, su cui c'è una posizione largamente unitaria di questo Parlamento e, soprattutto, degli effetti ancora non definiti di una pandemia che ha sconvolto il quadro internazionale degli ultimi due anni, che ha cambiato il processo di globalizzazione dell'economia, delle catene di valore e delle catene di distribuzione, che ancora oggi è sotto un grande punto interrogativo. A me ha fatto molto piacere ascoltare oggi alcune considerazioni del Ministro della Salute, perché di fronte a quello che abbiamo vissuto negli ultimi anni – e qui faccio riferimento a un aspetto di questo decreto che noi contestiamo – il criterio di precauzione, il criterio di rapportarsi all'opinione pubblica italiana in una maniera non dico saggia, ma molto determinata e anche consapevole delle difficoltà, non è un elemento di critica solo per far sì che questo decreto cambi, ma perché l'atteggiamento che noi dobbiamo avere è fortemente indicato non solo dal dibattito di quest'Aula parlamentare, ma da fenomeni globali che sono ancora in via di configurazione. Lo dico senza aver paura dei rimbrotti di qualcuno, ma quello che è avvenuto negli ultimi tre anni non è un elemento su cui si possa fare distinzione di partito o di parte, perché sono avvenimenti della storia, dei tornanti della storia così alti e così difficili, su cui il criterio di precauzione e anche il dubbio – che ovviamente si lega alla scienza – è qualcosa di fortemente indicativo. Parlavo di Iran, di Ucraina e di Cina: noi abbiamo vissuto, in questi tre anni, una spaventosa difficoltà degli organismi internazionali.

L'Organizzazione Mondiale della Sanità ha dato una delle prove peggiori nella storia della costruzione dell'architettura sovranazionale di targa ONU, perché quello che è avvenuto e che sta ancora avvenendo in Cina è qualcosa di cui noi non abbiamo nemmeno i caratteri, i temi, i numeri. La difficoltà nell'approcciare una pandemia globale sta anche nel senso di trasparenza e verità. Si combatte una pandemia con la trasparenza e la verità e quello che dobbiamo gestire in questo Paese in un percorso così complicato è anche relativo a questo. C'è questo elemento del decreto che, nelle parole del Ministro della Sanità, trova una contraddizione, ma non perché vogliamo avvantaggiarci di una sapiente opposizione, ma perché è la realtà che ci costringe, su alcuni grandi temi di questo Paese, a non dividerci tra destra e sinistra, perché è l'interesse nazionale, è l'interesse alla protezione dei nostri cittadini e dei diritti dei nostri cittadini che, soprattutto dinanzi ad alcuni eventi (nelle prossime ore, vedrete, ne parlano i media, ne parla l'opinione pubblica), si potrebbero trovare in una grande difficoltà. Quindi, l'onestà del Ministro va in contraddizione con una scelta fatta di emergenza, che è frutto di una lunga campagna politica e che, dinanzi alla realtà, non ha più senso.

Cari amici della maggioranza, capisco che un Governo nuovo legittimato debba mostrare la sua agenda, debba dimostrare i criteri fondanti di alcune parole d'ordine, in una fase in cui la congiuntura economica non ti permette di fare scelte sbandierate in campagna elettorale, perché c'è un contesto sovranazionale, dettato dagli effetti della guerra, dettato dagli effetti della pandemia che non ti danno le risorse per fare determinate azioni. E, allora, cosa si fa, in questi casi? Si utilizza una narrativa, un'agenda, per cui, al proprio elettorato, all'opinione pubblica, si dimostra un cambiamento. E il primo decreto avviene su un evento, quello ovviamente dei fatti di Modena, del rave, quasi una rivincita - vi ricordate - sulle polemiche del rave, della Ministra Lamorgese, per dimostrare che c'è la presa forte. E dentro quel decreto si mette di tutto, si mette soprattutto una cosa che oggi – in coscienza lo sappiamo tutti quanti noi - ci pone di nuovo dinanzi allo stesso punto interrogativo: come, in un contesto sovranazionale di difficoltà, di pandemia, riusciamo a lanciare un messaggio di protezione ai nostri cittadini, ma anche di forte precauzione? Qui, non c'è nessuno che tifa per ritornare a misure restrittive. Sbaglia la Presidente a dire è costrizione: no, non è un tema di costrizione, non lo è stato negli ultimi tre anni, è stato un tema di precauzione e a coloro che, a quella precauzione, vedevano il venir meno di diritti, non solo questo è stato smentito dalla Corte costituzionale, ma era un tema che permetteva alla maggioranza ai nostri cittadini, ai più fragili, a quelli che di fronte a questi grandi questioni della storia non riescono a rispondere, un carattere di cura che un Governo deve avere e che deve avere saggiamente e deve avere con sé, saggiamente, anche il consenso dell'opposizione. Infatti, così si trasmette di fronte a fatti inconsiderati della storia alla nostra opinione pubblica un messaggio, non di speranza, ma di attraversamento, per dire andrà tutto bene; vi ricordate quello che dicevano, non i politici, ma i cittadini, i medici in prima linea e coloro che hanno pagato anche con la vita? Il mio messaggio nel contestare questo decreto è: guardiamo l'essenza. Sui rave, andiamo in una fattispecie giuridica che era già ampiamente normata dall'articolo 633, che va in contraddizione con l'articolo 17 della Costituzione, una forzatura per cercare di dimostrare che questo nuovo Ministero dell'Interno non è lassista, come quello di prima, ma si interviene, e si interviene con una fattispecie che la stessa maggioranza ha cambiato; però c'è il rischio, ovviamente, di costruire una fattispecie giuridica che non regge all'evenienza e all'evidenza. Allo stesso tempo, mi permetto anche di sottolineare la disomogeneità: ci sono sentenze della Corte costituzionale sui decreti e su come vengono composti; anche questa fattispecie, oggi, è la realtà principale del dibattito pubblico italiano, cioè come ci troviamo dinanzi a quello che sta succedendo in una maniera che porti il nostro Paese a rispondere in maniera saggia. Il Ministro ha attivato il coordinamento europeo, ha fatto bene, questa è la risposta che bisogna dare, ovviamente, perché sappiamo che i voli che stanno arrivando, soprattutto dalla Cina verso l'Italia, non sono solo viaggi diretti, ma sono anche di tratte secondarie. Serve il coordinamento europeo. Insisto, servono beni pubblici europei.

E in questi beni pubblici europei c'è l'energia, c'è la sanità, ci sono elementi di protezione della nostra comunità che, anche qui, in questo Paese, meriterebbero un'attenzione. Siamo in una fase, ovviamente, parlamentare di confronto netto, di confronto stretto e anche di confronto abbastanza arduo, ma il mio pacato suggerimento ai membri del Governo e ai membri della maggioranza è: attenzione a non dividerci su cose che ci devono unire, perché ci sono beni pubblici di questo Paese, come la sanità, la protezione dei cittadini, e chiudo, il tema della costruzione, anche di una fuoriuscita da alcune crisi, che non sono solo di natura nazionale, che meriterebbero la costruzione di un'agenda non solo relativa a messaggi che si danno al proprio elettorato. La forza di qualsiasi maggioranza non è convincere i suoi, ma è convincere tutti che si sta facendo del bene al Paese.

La forza di una maggioranza che è nata dalle elezioni non è convincere e dare messaggi che richiamano i messaggi essenziali della campagna elettorale, ma paradossalmente è proprio convincere gli altri, cioè convincere che si fa l'interesse nazionale, che non è mai di parte. E me lo permetta, in chiusura, anche questo decreto Sicurezza che è arrivato adesso, due ore fa, l'altro giorno, è un tema relativo alla storia del nostro continente, a quello che bisogna fare in Europa per far sì che il tema dei flussi sia gestito. Lo dico perché spesso la narrativa che parla a una parte non è essenziale a difendere l'interesse nazionale, quando siamo dinanzi a un contesto in cui tutti siamo chiamati a unirci e non a dividerci per uno spirito di parte.