A.C. 705
Presidente, onorevoli colleghi, in merito al disegno di legge oggi in discussione spiace constatare che in un decreto-legge, peraltro il primo approvato da questa maggioranza, si trattino molte materie, molti argomenti, come a voler mettere alcune bandierine, distogliendo così l'attenzione su temi di importanza ben più rilevante, come, ad esempio, il taglio ai servizi ai cittadini che, grazie alla vostra manovra di bilancio, una manovra miope, taglia risorse ai più fragili, ai comuni, per darle a chi non paga le tasse. Argomenti diversi, che uniscono alle posizioni ideologiche contro il COVID, quelle dei rave, completamente stravolte rispetto alla prima stesura. Non che qui si stia difendendo il diritto di chi organizza rave, ci mancherebbe, anche perché non possiamo, ad esempio, dimenticare quanto accaduto questa estate a Peschiera del Garda. La norma, però, approvata nella prima versione nel primo Consiglio dei ministri targato Meloni, con la scusa di colpire questi raduni, attribuiva un potere arbitrario al Governo, che poteva stabilire quali fossero le manifestazioni che violavano l'ordine pubblico.
Insomma, il tentativo di limitare il sacrosanto diritto a manifestare era evidente e, come tale, doveva essere scongiurato. E, fortunatamente, il testo uscito dal Senato è stato modificato, introducendo il reato di invasione di terreni o edifici con pericolo per la salute e l'incolumità pubblica. Rimane il problema della sanzione penale, smisurata e sproporzionata, con il rischio di arrivare al paradosso che, così facendo, le carceri italiane peggiorino ulteriormente sul fronte del sovraffollamento. Insomma, si predica bene e si razzola male, se pensiamo alle parole del Ministro della Giustizia Carlo Nordio durante le comunicazioni sulle sue linee programmatiche sul suo Dicastero, che dichiara: “Non stiamo diventando carcerocentrici”.
Definirei questo decreto-legge un gran pastrocchio. È per questo che chi ama la libertà, quanto il rispetto della legge e della Costituzione, come il gruppo del Partito Democratico, si batterà con tutta la propria determinazione in questa sede per cambiare norme sbagliate. Come riteniamo sia completamente sbagliato l'articolo 7 che, con due mesi di anticipo, cancella l'obbligo vaccinale per il personale sanitario e il reintegro dei medici no-vax sospesi. Un provvedimento ideologico, uno schiaffo ai tanti medici rispettosi della legge e che hanno contribuito a portare il Paese fuori dalla pandemia.
Ma torniamo al tema delle carceri, un tema caldo, che, anche nei giorni di festa, ha visto il carcere di Rebibbia di Roma ed il Beccaria di Milano palcoscenici di atti di violenza. La riforma dell'articolo 4-bis del disegno di legge opera una distinzione tra i reati che progressivamente sono stati inseriti dal legislatore nel catalogo di quelli cosiddetti ostativi. Il decreto, infatti, da un lato, dedica una previsione ai delitti propriamente riconducibili alla criminalità organizzata, dall'altro, dedica un'ulteriore previsione ai restanti delitti, di cui all'articolo 4-bis, comma 1, tra i quali, appunto, i delitti contro la pubblica amministrazione.
Sul punto, la modifica si sostanzia in una riorganizzazione del catalogo dei reati, utile al fine di distinguere in maniera più netta, in confronto alla precedente formulazione, i reati inquadrati nella criminalità organizzata rispetto ad altri. Appare, tuttavia, censurabile l'operatività estesa ai condannati per fatti illeciti diversi da quelli di criminalità organizzata, ma legati a quest'ultimi da una connessione teleologica accertabile persino dal giudice dell'esecuzione. Tale disposizione amplia il catalogo delle ostatività attraverso parametri suscettibili di ampia interpretazione, contravvenendo, nella sostanza, alla richiesta di intervento normativo sollecitato dalla Corte costituzionale.
Rispetto all'onere di allegazione richiesto al detenuto in sede di istanza per l'accesso ai benefici, lo stesso si sostanzia in una probatio quasi diabolica: i requisiti richiesti sono molteplici e piuttosto sfumati nella loro definizione. Particolarmente improbabile sarà l'onere di allegazione di fatti futuri, richiesta per scongiurare il ripristino di collegamenti con la criminalità organizzata. Pur trattandosi di requisito richiesto solo per il comma 1 dell'articolo 4-bis, appare piuttosto difficile fornire elementi utili in tal senso.
Sui pareri alle procure viene chiesto parere presso i tribunali del capoluogo che ha deciso nel merito, scelta piuttosto discutibile, trattandosi di organi inquirenti che hanno esercitato l'azione penale in un contesto temporale di molto antecedente e del tutto diverso rispetto a quello nel quale il detenuto chiede il beneficio. Peraltro, la domanda di accesso ai benefici viene formulata in un contesto nel quale l'istante è condannato in via definitiva ed ha in parte scontato la pena. È evidente che la condizione personale deve essere valutata alla luce dell'evoluzione della personalità dello stesso; elementi che il pubblico ministero, nel giudizio di cognizione non ha.
Sulla competenza a decidere, se decide il magistrato di sorveglianza, c'è il rischio che sia isolato in una scelta difficile, poi suscettibile di reclamo al tribunale di sorveglianza. Rispetto alla liberazione condizionale e la libertà vigilata, c'è un eccessivo aumento da 26 a 30 anni per la liberazione condizionale e da 5 a 10 anni per la libertà vigilata. Qui ci possono essere problemi di costituzionalità sia rispetto al divario eccessivo tra condannato collaborante e non collaborante, sia rispetto anche al carattere obbligatorio ed in misura fissa della libertà vigilata.
Per tutte queste e anche per altre motivazioni, il disegno di legge che oggi è in discussione è irricevibile, pertanto auspico che venga bocciato da quest'Aula.