A.C. 3298-A
Grazie Presidente. Mi soffermerò soprattutto sui due interventi decisi, uno migliorativo e uno conservativo, su cui si è incentrato soprattutto l'esame in Commissione, evitando di ripetere cose scontate, relative al testo originario del decreto.
L'intervento innovativo, che abbiamo deciso al termine dei lavori, è l'inserimento di una norma transitoria nell'articolo 1. La normativa a regime, in materia di acquisizione dei dati di traffico telefonico e telematico per fini di indagine penale, come conseguenza di una sentenza della Corte europea di giustizia, comportava, infatti, incertezze rispetto all'utilizzabilità di ciò che era stato acquisito precedentemente. I singoli giudici avrebbero potuto prendere decisioni molto diverse tra di loro. Una norma transitoria era, quindi, necessaria a fini di omogeneità. Quella concretamente individuata, tra le varie astrattamente possibili, consiste nel fatto che i dati potranno essere utilizzati contro l'imputato solo unitamente ad altri elementi di prova, per l'accertamento dei gravi o specifici reati per i quali il decreto-legge ora consente l'acquisizione, reati per i quali la legge stabilisce la pena dell'ergastolo, della reclusione non inferiore nel massimo a tre anni, reati di minacce e di molestia o disturbo alle persone con il mezzo del telefono, quando la minaccia, la molestia e il disturbo sono gravi. Viceversa, per i dati che possono essere utilizzati a vantaggio dell'imputato, si applica la disciplina vigente al momento dell'acquisizione, il cosiddetto principio tempus regit actum.
Non era questa la sede, come ha chiarito il Ministro Cartabia, per esaminare in modo compiuto le questioni relative all'uso del cosiddetto trojan, che pur anima un importante dibattito rispetto a uno strumento estremamente invasivo rispetto alle libertà costituzionalmente garantite. Tuttavia, avendo alcuni emendamenti posto in questa sede alcune questioni, si è proceduto a individuare un minimo comune denominatore condiviso rispetto alla normativa vigente (terzo periodo dell'articolo 267, comma 1), che impone al giudice di indicare, in sede di autorizzazione all'uso del trojan, le ragioni che rendono necessaria tale modalità per lo svolgimento delle indagini. La Commissione ha aggiunto che tali ragioni devono essere specifiche. Questo è l'intervento innovativo.
Andiamo all'intervento conservativo. La Commissione ha respinto due emendamenti soppressivi identici, relativi al comma 1 dell'articolo 3, confermando la giusta scelta del Governo in materia referendaria. I sostenitori degli emendamenti soppressivi hanno inteso, in realtà, opporsi ad uno specifico quesito referendario, quello sulla cannabis, che li vede contrari nel merito; ma è sbagliato confondere le posizioni sulle regole, che devono essere uguali per tutti, con quelle di contenuto. Ora già due interventi normativi precedenti, tenendo conto delle difficoltà dovute all'emergenza sanitaria, avevano consentito il deposito di firme fino a fine ottobre. Il decreto-legge n. 52 del 2021, articolo 11, comma 1-bis, aveva prorogato di un mese i termini di legge per il deposito delle firme e dei certificati per le richieste di referendum abrogativo annunciate in Gazzetta Ufficiale entro il 15 maggio 2021. Successivamente, il decreto n. 77 del 2021, articolo 39-bis, aveva esteso il termine per il deposito alle richieste annunciate al 15 giugno. In assenza di un decreto del Governo per una terza proroga, cosa sarebbe accaduto? Che i depositari dei quesiti successivi al 15 giugno avrebbero dovuto consegnare un mese prima rispetto agli altri, un'evidente irragionevolezza, che, nel caso, i promotori avrebbero fatto valere con conflitto di attribuzioni davanti alla Corte, uscendone facilmente vincitori. Per questa ragione l'intervento del Governo era dovuto e non era affatto legato al solo quesito cannabis.
Infatti, nel momento in cui il Governo ha varato il decreto, esso sarebbe andato potenzialmente a favore anche di oppositori radicali all'indirizzo politico del Governo. Se nella Gazzetta Ufficiale, Serie Generale, dell'8 settembre, era stato dato l'annuncio di due quesiti sulla cannabis, in quella n. 223 del 17 settembre ne erano stati annunciati ben quattro contro il cosiddetto green pass. I promotori, poi, non sono stati in grado di raccogliere un numero di firme sufficienti, ma nel momento in cui il decreto veniva emanato, anch'essi ne erano beneficiari. Il Governo ha correttamente distinto il piano della correttezza istituzionale da quello delle legittime posizioni di parte. Così ha fatto anche la Commissione in sede di esame. Resta aperto, pare, un problema relativo al referendum sulla caccia, oggetto della prima delle tre proroghe, non dell'ultima. Qualora le firme regolarmente raccolte fossero superiori alle 500 mila, cosa che spetta alla Cassazione verificare, potrebbero sorgere dei problemi per il mancato rispetto, da parte dei comuni, del termine perentorio di 48 ore dalla richiesta di certificazione di iscrizione alle liste elettorali e l'ottenimento della medesima; un problema che, nel caso, non dovrebbe essere fatto ricadere sugli incolpevoli promotori. Per questa ragione di correttezza istituzionale, che non c'entra con il merito, ho promosso, insieme ad altri colleghi, un ordine del giorno che può costituire precedente anche per casi analoghi, che invita a considerare questo eventuale difetto non imputabile ai promotori nella categoria delle irregolarità sanabili, già prevista dalla legge n. 352 del 1970.