A.C. 2019-A
Grazie, Presidente. Colleghe e colleghi, mi soffermerò su un articolo in particolare di questo decreto-legge, l'articolo 3, quello relativo al sostegno al settore del cinema e dell'audiovisivo.
Questa parte del decreto, molto significativa, interviene su una materia che era stata trattata con un intervento complessivo nella scorsa legislatura, attraverso la legge n. 220 del 2016, la legge sul cinema e sull'audiovisivo, e con i decreti attuativi del 2017, quindi un provvedimento importante del Governo di centrosinistra. Era una vera e propria riforma, su cui ora si interviene, si interviene prima che venga applicata e verificata nella sua attuazione. Nelle modifiche che in questo decreto sono contenute, purtroppo, riconosco bene l'influenza di alcuni soggetti del mondo del cinema e dell'audiovisivo che male avevano digerito la nostra riforma. Non si è aspettato di vederne gli effetti, si è voluto intervenire. Si è deciso di tornare alle norme antiche, rassicuranti, che erano state modificate e che avevano indubbiamente colpito una certa filosofia e un'impostazione volta a garantire chi è forte e già ampiamente garantito nel panorama del cinema e dell'audiovisivo, a danno dei meno forti e del cinema difficile e di qualità. Consentitemi di ricordare pochissimi punti significativi di quel provvedimento che ora si decide di azzoppare, e devo dire purtroppo in modo un po' pesante, nonostante quello che i colleghi hanno detto, che io ho anche molto apprezzato, perché tante delle riflessioni che avete fatto sono riflessioni che raccontano di quella legge e di quella impostazione. Quindi, io sostengo che si poteva aspettare, e non si doveva mettere mano, ma purtroppo so che la firma rispetto a questi cambiamenti è di una parte del Governo giallo-verde, in particolare della parte che fa riferimento alla sottosegretaria Bergonzoni. Vorrei ricordare alcuni punti significativi di quel provvedimento, che ora appunto decidiamo di cambiare, ma in modo negativo.
L'obiettivo di quella legge, attesa da decenni - ora è andato via l'onorevole Mollicone, ma era una legge che era arrivata già; c'era stata l'attesa dei decenni, ma poi il provvedimento era stato fatto, proprio nel 2016, e con i decreti applicativi, quindi completo nel 2017 -, era quello di rilanciare e sviluppare il settore cinematografico e audiovisivo in attuazione di princìpi consolidati a livello internazionale ed europeo, a salvaguardia dei valori e delle identità culturali nella società globale e tecnologica. Le opere audiovisive, in particolare quelle cinematografiche, sono considerate dall'Unione europea strategiche, in quanto rispecchiano la varietà culturale delle diverse tradizioni e storie degli Stati membri dell'Unione stessa. Per questa ragione, pur avendo una notevole incidenza sul mercato, gli interventi previsti da queste leggi - quella precedente, ma naturalmente anche questo decreto che stiamo esaminando -, gli investimenti che si fanno, non si configurano come aiuti di Stato, perché si interviene con investimenti e con risorse che vengono messe a disposizione di imprese. Ma perché non sono configurabili come aiuti di Stato, che sono, come sapete bene, vietati dalle norme sulla concorrenza? Perché rientrano tra le eccezioni culturali previste dal Trattato, naturalmente nell'ambito comunque di ben delineati limiti.
La legge richiama quindi le norme costituzionali europee ed internazionali, in attuazione delle quali è possibile qualificare il cinema e l'audiovisivo fondamentali mezzi - e qui cito – “di espressione artistica, di formazione culturale e di comunicazione sociale”, e so che su questo siamo tutti d'accordo. L'obiettivo dell'iniziativa parlamentare nostra era quindi quello di restituire agli investimenti pubblici sul cinema una valenza culturale e sociale che mirasse alla valorizzazione del cinema di qualità, ed è proprio su questo che ora con questo decreto si interviene. Noi, invece, avevamo dato una speranza, una possibilità al cinema di qualità, la formazione del pubblico, a partire da giovani nelle scuole. Una finalità irrinunciabile, che ben può coniugarsi, tuttavia, con le esigenze delle imprese del cinema. Si può trovare questo equilibrio, e l'avevamo trovato, in una logica di complessivo sviluppo del settore. Quindi, era una logica che sicuramente metteva insieme le necessità di natura economica - perché si tratta di imprese, come ho detto -, che, rispondendo a criteri di sostenibilità del mercato, di fatto correva il rischio di produrre omogeneizzazione di contenuti e prodotti.
Noi cosa abbiamo tentato di fare, riuscendoci, secondo me, ma se si fosse dato un pochino più tempo molti soggetti se ne sarebbero accorti? Siamo riusciti a contemperare le esigenze di sostenibilità del mercato con quelle più strettamente culturali e sociali, che mirano a fare cosa? A differenziare e a dare originalità al prodotto. Quindi, per intendersi, non prodotti da cinepanettone, ma prodotti che potessero essere individuati per la loro originalità e potessero essere sostenuti per la loro qualità e per la loro originalità.
Nel complesso, quindi, questa legge, la legge n. 220 del 2016, aveva aumentato le risorse, aveva trattato un quadro molto ampio, aveva risposto alle esigenze che da tutto il mondo del cinema e dell'audiovisivo arrivavano - naturalmente con dei distinguo - e aveva puntato alla razionalizzazione e alla semplificazione degli interventi di promozione e sostegno, tracciando finalmente un quadro unitario degli incentivi, perché sapete, ne ha parlato anche il collega, che è anche sul tax credit che, via via, c'erano norme che si erano accumulate negli anni che di fatto creavano anche un po' di confusione. Noi l'avevamo messo quindi in un contesto, che è rimasto eh? È rimasto, per cui non sto dicendo che è stata buttata a mare tutta la legge, tutt'altro, infatti di questo sono anche soddisfatta, sta di fatto, però, che alcuni interventi che sono stati fatti appunto sul cinema di qualità, questi onestamente non riesco a comprenderli, alla luce anche degli interventi che ho sentito fare qui stasera, che non posso dire di non condividere, in moltissimi aspetti.
Quindi, in quell'occasione noi abbiamo istituito il Fondo per lo sviluppo degli investimenti nel cinema e nell'audiovisivo, questo mitico articolo 11 che è stato del provvedimento n. 220 del 2016 un po' il cuore. Si istituiva finalmente il Fondo per lo sviluppo degli investimenti nel cinema e nell'audiovisivo, con una dotazione minima di 400 milioni di euro l'anno a fronte degli allora 260, quindi facemmo un grande salto di qualità, il cui complessivo livello di finanziamento è parametrato – quindi, questi 400 milioni l'anno - all'11 per cento delle entrate IRES e IVA del settore. Quindi, si può crescere, ma diciamo che non può essere meno di 400 milioni. Infatti, ove crescesse il mercato, è previsto che si abbia un aumento dei parametri di riferimento per ridefinire coerentemente le risorse nella manovra annuale di bilancio. Tutto questo c'è, c'è ancora, non l'avete toccato, quindi siamo molto contenti di questo.
Il Fondo era ripartito tra le varie tipologie di intervento con decreto del Ministro, ma con una quota - eccoci qui -, a partire dal 15 per cento e non oltre il 18 per cento, obbligatoriamente destinata ai contributi selettivi, ossia i contributi per il cinema di qualità. Si trattava, facendo un po' di conti in questo contesto, su questi 400 milioni, circa di 70 milioni di euro, che l'allora Governo ha voluto assicurare a garanzia dei progetti appunto di qualità, diretti prioritariamente ai giovani, alle opere prime e seconde, ai film d'essai, e, in generale, ai contenuti di qualità, nonché alle attività di promozione della cultura cinematografica e audiovisiva quali festival, programmazioni d'essai, circoli di cultura cinematografica e comunità ecclesiali. Non ci siamo dimenticati nulla, e questi li avete tenuti, però, invece che mantenerli dal 15 al 18 per cento, quindi con un minimo di 15 e un massimo di 18 per cento, questo decreto interviene proprio su questo aspetto e decide di ridurre le quote destinate agli investimenti sul cinema di qualità o sui festival e sul cinema d'essai, facendolo purtroppo in modo consistente.
In particolare, novellando l'articolo 13, comma 5, della legge n. 220 del 2016, il decreto dispone che, nel ripartire il Fondo citato, la quota da destinare ai contributi selettivi, ai contributi per attività e iniziative di promozione cinematografica e audiovisiva, escludendo - purtroppo, dico - le risorse da assegnare all'Istituto Luce-Cinecittà, alla Fondazione la Biennale di Venezia, alla Fondazione Centro Sperimentale di Cinematografia e ad altre fondazioni, sono state citate nell'intervento che ho sentito. Questi soggetti, che sono enti pubblici, stavano dentro il finanziamento dei selettivi ed era importante che stessero dentro, perché non è giusto che vengano buttati un po' alla deriva sul mercato, perché sono soggetti che si devono garantire, che noi dobbiamo sostenere in misura particolare perché sostengono il film di qualità e finanziano e danno opportunità anche a quei film difficili a cui nessuno nel mercato darebbe opportunità. Quindi è importante che ci siano questi soggetti, importanti questi enti, che hanno anche questo compito. Quindi, questa cifra a questo punto deve essere compresa tra il 10 e il 15 per cento, e non più tra il 15 e il 18 per cento. Questa è un po' una grande contraddizione, qui ora mi riferisco ai colleghi del MoVimento 5 Stelle: nell'altra legislatura ho fatto il relatore di questa legge, come forse un po' si capisce, e lì noi fummo attaccati pesantemente perché si richiedeva una percentuale più alta. Ci furono dei grossi scontri; poi, naturalmente, non riuscimmo a dare di più, cosa che personalmente avrei fatto, però gli equilibri di bilancio sono equilibri di bilancio per tutti. Il MoVimento 5 Stelle allora voleva il 25 per cento, addirittura avevamo degli emendamenti sul 30 per cento. E quindi, rispetto a questo, adesso purtroppo, invece, vi trovate a dover accettare questo dal 10 al 15 per cento, che, purtroppo, è un po' il capovolgimento di quell'impostazione che era orientata al film di qualità e al cinema di qualità. Questo è un po' un attacco. Rispetto a questo non posso non notare questa contraddizione, ma spero che nel corso dei nostri lavori, ora non certo in questa occasione, ma in altre occasioni, si possa ritornare a ritoccare questa percentuale.
Chi è che da questa cosa acquisirà vantaggi? Saranno felici i grandi produttori; allora ci fecero una grandissima guerra su questo, coloro che ritengono che i finanziamenti vadano erogati solo sulla base degli introiti al botteghino, è questo il nodo. Gli introiti al botteghino sono, l'ho già detto, film panettone, film che fanno cassetta, e quindi i finanziamenti dovrebbero andare in misura maggiore, quindi riducendo i selettivi si va sui contributi automatici sulla base degli introiti che si hanno dal botteghino. Ma questo è sbagliato per la logica e per la filosofia che so essere condivisa perlomeno dai membri della Commissione, che purtroppo poi si trovano, invece, a dover accettare alcune soluzioni che sono certa non sono di loro gradimento. Quindi c'è stato proprio un capovolgimento, e questo è un peccato, perché erano molto soddisfatte le associazioni del cinema, tutte le associazioni del cinema di qualità, i film d'essai, le sale d'essai. Comunque la decisione è questa di questo Governo, e da questo punto di vista io non posso che stigmatizzarla, perché la vivo e credo che debba essere vissuta come una grande sconfitta per il cinema di qualità. Si mette mano alla distribuzione delle risorse alterando quell'equilibrio tra piccoli e grandi operatori che meritava, invece, di essere sperimentato, dopo tanti anni di squilibrio. Finalmente si era data un'opportunità, e invece è come se qualcuno volesse volare e invece ci sono delle corde che ti tengono bloccato a terra; e si pongono a rischio le eccellenze del settore, come ho già detto, la Biennale, l'Istituto Luce, vedremo. È una novità questa, vedremo come se la caveranno. Prima erano garantite all'interno dei finanziamenti selettivi, adesso vediamo. Quindi spero che tutti insieme possiamo seguire anche l'evoluzione di questa nuova norma, in modo tale, eventualmente, da poter apportare dei correttivi, se sarà necessario; però, magari, se non si era toccata, forse eravamo tutti più tranquilli. Sono circa 40 milioni di euro che, di fatto, escono dalla quota di riserva di risorse per i selettivi. Il risultato è che, quindi, queste importanti istituzioni di fatto sono penalizzate.
Ma, se tutto questo non fosse sufficiente, purtroppo c'è anche un'altra cosa che ho notato e che è abbastanza grave, c'è un altro colpo al cinema italiano. Vi ricordate - voi no, perché non c'eravate ancora - , allora noi, da maggioranza, condividendo, avevamo accolto le vostre richieste in merito alla programmazione dei film italiani, di questo non si è parlato. Le reti televisive e adesso tutti i sistemi che vanno in Internet e che vanno in rete, non danno molta attenzione alla programmazione dei film italiani, e naturalmente questo è qualcosa che adesso invece coinvolge anche i colleghi della Lega: l'Italia prima di tutto, Italia first. Insomma, avete tolto una norma che era Italia first, perché noi avevamo introdotto delle regole precise, molto avversate da quei soliti soggetti che purtroppo hanno fatto una grande guerra in fase di predisposizione della legge e che poi, insomma, se ne sono fatti una ragione, ma ho visto che adesso sono subito tornati all'attacco, avendo un certo successo, perché di fatto quelle norme sono state cambiate. Quindi si è deciso che si mette mano anche alla programmazione dei film italiani. Noi avevamo detto che volevamo sostenere il nostro cinema con un obbligo per tutte le reti di trasmettere film italiani con una percentuale del tempo di trasmissione su base settimanale, garantendo una fascia oraria dalle 18 alle 23, anche se non esclusiva; questo per ovviare alla condizione di vedere un'alta percentuale di film italiani trasmessi in agosto, perché è su base annuale. Se la percentuale la calcoli su base annuale, i film italiani - e lo vedete, è così - vengono trasmessi d'agosto e vengono trasmessi nelle fasce dalle 4 del mattino alle 6. Quindi questa, di fatto, era un po' la storia. Quindi noi avevamo inciso su questo, naturalmente provocando grandi ire funeste da parte di coloro che invece ritenevano che certi film, film di qualità, eccetera, andassero trasmessi in ore che vedevano seduti sul divano soltanto specialisti o amatori di questo tipo di spettacolo. Anche questo, purtroppo, è un elemento negativo e non c'è stato niente da fare.
Si sono ripristinati i vecchi obblighi di programmazione e di investimento per le emittenti televisive; la percentuale di tempo avrebbe dovuto essere su base settimanale, e lì, in effetti, avreste potuto fare un cambiamento, e quindi vederlo con chiarezza. Invece adesso lo avete riportato su base annuale, e quindi avete totalmente annullato quella che era stata una delle idee interessanti che noi eravamo riusciti a trasformare in legge. Quindi si ripristinano i vecchi obblighi di programmazione e di investimento per le emittenti televisive, cancellando tutti gli sforzi compiuti per ottenere dalla TV un maggiore impegno verso il cinema. Noi avevamo introdotto di nuovo l'obbligo di trasmissione anche del teatro; alcuni di voi sono più giovani, ma comunque ricordiamo bene quanta forza avesse la trasmissione di opere teatrali in video, perché si può vedere meglio, si può fruire di uno spettacolo con inquadrature cui a teatro non siamo abituati.
Quindi c'era anche tutta questa parte relativa alle trasmissioni di qualità che le reti distributive avrebbero dovuto garantire; invece anche tutto questo adesso non c'è, e quindi siamo ritornati al vecchio regime. Non solo, qualche obbligo è rimasto, ma soltanto per la RAI. Vedevo i colleghi della Commissione bicamerale della RAI; ecco, sono rimasti soltanto per la RAI, ma sono stati esclusi tutti quei soggetti che, invece, sono soggetti privati a tutti gli effetti. Quindi, in particolare, si elimina la previsione di innalzamento progressivo, tra l'altro avevamo pensato a un innalzamento progressivo delle ore di trasmissione, e naturalmente tutto questo è stato tagliato via con un obbligo che si limita adesso soltanto alla concessionaria del servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale, lasciando liberi, dunque, tutti gli altri fornitori di servizi di media audiovisivi.
Questo evidentemente - insomma, non sto a perderci più tempo - penalizza molto. La fascia oraria dalle 18 alle 23 dev'essere almeno il 12 per cento del tempo di diffusione, sempre escluso il tempo destinato a notiziari, manifestazioni sportive, giochi televisivi, pubblicità, servizi di televendite eccetera. Quindi, si deve destinare il 12 per cento a opere cinematografiche o audiovisive di finzione o di animazione o documentari originali di espressione originale italiana ovunque prodotti, espungendo, dunque, le altre opere di alto contenuto culturale o scientifico, incluse le edizioni televisive di opere teatrali. Quindi, queste sono state fatte fuori, non c'è più l'obbligo, diciamo, che noi invece avevamo introdotto proprio per la qualità e per quel sistema e per quella modalità, che condivido molto e che ho sentito in diversi interventi, che sono quelli, invece, della formazione del pubblico, perché attraverso alcune di queste iniziative sicuramente ci sarebbe stata - c'è e così era stata pensata - un'attenzione del pubblico. Quindi, non più base settimanale ma base annua e, quindi, di fatto annullamento della questione.
Concludendo, complessivamente queste sono misure che ci riportano indietro sul cinema e che intervengono su un assetto che doveva ancora essere sperimentato e che aveva avvicinato al mondo del cinema e dell'audiovisivo soggetti che negli anni ne erano stati esclusi: piccoli produttori, giovani produttori, le start up. Naturalmente, c'era tutto un mondo che di fatto risulta penalizzato. Una restaurazione, un modo non comprensibile di nuocere al nostro cinema e a tutti coloro che al cinema vogliono dedicarsi come professione. Il messaggio che leggo in queste misure, per concludere colleghi, è quello di voler garantire una sorta di status quo a coloro che hanno sempre dominato questo mondo e che per poco tempo hanno visto in bilico i loro interessi consolidati. Io veramente voglio che poniate la vostra attenzione su questo aspetto.
Ancora una volta nessun emendamento è stato accolto. Noi avevamo presentato degli emendamenti su questo per ristabilire questo paio di cose, ma forse da qui a domani possiamo anche farli, se il sottosegretario si impegna a prenderli in considerazione e ci fa, dunque, questo bel regalo (d'altra parte, fino a domani abbiamo tempo). Quindi, un peggioramento sostanzialmente delle norme preesistenti e, quindi, un danno di fatto per il cinema italiano e per coloro che lavorano nel settore e per il pubblico, che avrà necessariamente un'offerta più povera e di minore qualità.
Io devo dire una cosa e la dico al collega che prima ne ha parlato. Temevo che nella vis destruens, che in qualche modo qui c'è, si intervenisse anche su quella percentuale del 3 per cento del FUS che avevamo destinato alle scuole, alla formazione nelle arti del cinema. C'era una percentuale tutti gli anni nella nostra legge pari al 3 per cento e, quindi, sono 12 milioni all'anno che devono essere destinati, attraverso una convenzione che viene fatta con il MIUR, ad attività di formazione all'interno delle scuole italiane e non solo, ma comunque all'interno delle scuole italiane. Ecco, il 3 per cento sono tanti soldi e la scuola non ha mai visto tanti soldi per un'attività legata al cinema. Questo, grazie al cielo, non è stato toccato e sono andata a controllare perché avevo paura che anche questo punto fosse stato fatto fuori. Invece, non è successo e quindi, considerando i 400 complessivi del FUS, sono 12 i milioni che la legge n. 220 del 2016 ha previsto per i nostri giovani. Quindi, un investimento, un modo per dare un ulteriore rilievo alla nostra cultura cinematografica.
Siamo delusi, ma riteniamo che l'impianto della nostra legge sia stato mantenuto. Io questo lo voglio riconoscere e lo voglio riconoscere al Ministro e lo voglio riconoscere al sottosegretario. Sono stati fatti dei passaggi su cui non possiamo assolutamente essere d'accordo e che non condividiamo però l'impianto è rimasto, nonostante, appunto, questi interventi peggiorativi. È per questo motivo che noi, come PD, ci asterremo, come ha già detto la collega, fiduciosi che nel futuro dibattito si possano rivedere alcune di queste scelte in uno spirito costruttivo che, credo, ci possa accomunare tutti.