Data: 
Mercoledì, 31 Luglio, 2019
Nome: 
Flavia Piccoli Nardelli

A.C. 2019-A

Gentile Presidente, colleghi, intervengo sul disegno di legge atto Camera n. 2019 di conversione del decreto-legge n. 59 recante misure urgenti in materia di personale delle fondazioni lirico sinfoniche, di sostegno del settore del cinema e audiovisivo, approvato dal Senato della Repubblica. Si tratta dei sei articoli che sono cresciuti fino a nove a seguito del dibattito in Senato per accogliere il maggior numero possibile di suggerimenti emersi. Mi soffermerò in particolare sulla prima delle materie affrontata dalla legge di conversione del decreto-legge, relativa alle misure urgenti in materia di personale delle fondazioni lirico sinfoniche, che è normata dall'articolo 1. La legge di conversione del decreto-legge implica la necessità di adottare misure immediate a fronte di straordinarie necessità ed urgenze. Noi sappiamo, Presidente, quali difficoltà e quali urgenze abbia portato e porti con sé il risanamento e il rilancio delle fondazioni lirico sinfoniche e quanto i Governi passati ci abbiano investito. Si era intervenuti per il risanamento delle fondazioni lirico sinfoniche già nel 2013 con il decreto-legge n. 76, autorizzando il MiBACT a intervenire con un insieme di provvedimenti: in primo luogo erogando tutte le somme residue a valere sul Fondo unico per lo spettacolo a favore delle fondazioni lirico sinfoniche, anche per salvaguardare proprio i lavoratori delle fondazioni e, in secondo luogo, prevedendo la possibilità di presentare un piano di risanamento per le fondazioni che versassero in situazioni di difficoltà economico-patrimoniali, cioè quasi tutte, ahimè, le quattordici fondazioni che compongono il sistema delle fondazioni lirico sinfoniche italiane. Nove hanno avuto accesso alle misure in tema di risanamento previste dalla legge Bray. Lo ricordo, Presidente, perché abbiamo seguito con particolare cura, con molta attenzione quanto accadeva in questo mondo e le fondazioni lirico sinfoniche erano state impegnate con la legge n. 112 del 2013 a produrre risultati economici, finanziari e patrimoniali per delineare uno stabile e progressivo avanzamento verso l'obiettivo dell'effettivo risanamento. I piani di risanamento hanno previsto misure quali il risanamento del debito, il divieto di ricorrere a nuovo indebitamento, l'individuazione di soluzioni idonee a riportare le fondazioni entro tre esercizi finanziari successivi nelle condizioni di equilibrio strutturale, patrimoniale ed economico. Il supporto statale prevedeva interventi finanziari di sostegno straordinario con incremento del contributo pubblico. La legge di bilancio 2016 ha poi esteso per un ulteriore triennio il monitoraggio e il controllo sull'azione di risanamento. Si è reso obbligatorio sia il pareggio economico in ciascun esercizio sia il tendenziale equilibrio patrimoniale e finanziario entro l'esercizio finanziario 2018. La legge di bilancio 2018 ha poi esteso le stesse misure all'esercizio finanziario 2019, mancando però l'impegno che prevedeva di emanare i decreti applicativi entro il 31 dicembre 2018.

Nel corso di questi anni ricordo che sono state erogate specifiche risorse pari a 158 milioni di euro di cui 149 milioni sono stati stanziati per sostenere le singole fondazioni. Oggi purtroppo il decreto-legge che stiamo discutendo non investe nulla sul provvedimento. Interviene con una disciplina speciale per la stipula di contratti di lavoro a tempo determinato; introduce una disciplina transitoria per le assunzioni a tempo indeterminato e modifica la procedura per la definizione delle dotazioni organiche delle fondazioni stesse, proponendo una serie di micro-norme che certamente semplificano il lavoro dei soprintendenti e chiariscono norme che si sono a volte sovrapposte in modo improprio.

Come possiamo, Presidente, non essere d'accordo? Maggioranza e minoranza hanno a cuore il settore per cui molto si sono spesi. Non a caso Cristiano Chiarot, presidente dell'Anfols, è intervenuto durante le audizioni svoltesi in Senato in nome di dodici teatri d'opera che vanno - lo ricordo a tutti noi - dalla Fenice di Venezia all'Arena di Verona, al Verdi di Trieste, al Carlo Felice di Genova, al Regio di Torino, al comunale di Bologna, al Maggio Musicale di Firenze, al Teatro dell'Opera di Roma, al San Carlo di Napoli, al Petruzzelli di Bari, al Massimo di Palermo fino al Teatro Lirico di Cagliari, i nomi più prestigiosi della cultura musicale in Italia, rappresentando le difficoltà e le richieste delle fondazioni destinatarie del provvedimento. Dobbiamo ricordare che l'articolo 1 della legge 14 agosto 1967, n. 800 precisa che l'obiettivo delle fondazioni lirico-sinfoniche è - lo cito - “…favorire la formazione musicale, culturale e sociale della collettività nazionale”. L'obiettivo degli statuti delle fondazioni lirico-sinfoniche è dunque di natura artistica; le offerte musicali devono essere sempre nuove e originali e per questo spesso realizzano il medesimo spettacolo con formazioni musicali e artistiche che variano di volta in volta, selezionando un numero di artisti e di tecnici variabile e soprattutto difficilmente predeterminabile. Proprio per tali particolari caratteristiche l'assetto normativo dei rapporti di lavoro a termine ha goduto di particolari garanzie e, nella sua ultima formulazione, quella del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, ha consentito deroghe alla disciplina comune nei rapporti di lavoro a tempo determinato, non applicando alcun limite alla loro durata ed escludendo la necessità di specificarne le causali. Tale situazione ha permesso alle fondazioni lirico sinfoniche di sopperire con personale aggiuntivo e contratti a termine alle specifiche esigenze delle diverse produzioni. Ne è nato un contenzioso che ha portato alla sentenza della Corte di Giustizia europea del 25 ottobre 2018, già ricordata dalla relatrice Carbonaro, che ha ribadito l'illegittimità di tale impianto normativo nazionale. Per far fronte a tali osservazioni imposte dalla giurisprudenza europea e anche da quella costituzionale italiana il decreto legge n. 59 del 2019, il cosiddetto decreto lirica, come lo ha definito il Ministro Bonisoli, interviene oggi con una disciplina speciale per la stipula da parte delle fondazioni lirico sinfoniche di contratti di lavoro a tempo determinato, stabilendo in particolare che la loro durata non può superare i 36 mesi anche non consecutivi. Si accolgono così le richieste presentate dai vari soggetti coinvolti creando una deroga al decreto dignità che prevede 24 mesi come massimo termine consentito proprio in nome della peculiarità del lavoro svolto dagli artisti siano essi orchestrali, ballerini, fonici che lavorano nelle fondazioni. Sono davvero mille circa gli artisti coinvolti, come è stato detto? Non ne siamo certi, proprio perché la definizione delle dotazioni organiche non è avvenuta, come dovevamo augurarci, in previsione delle decisioni da prendere ma è stata rinviata a 30 giorni successivi al decreto stesso. Vale la pena ricordare che, in caso di superamento del termine dei contratti di lavoro a tempo determinato, si prevede il risarcimento del danno per il lavoratore e non la conversione del contratto a tempo determinato in uno a tempo indeterminato: un'eccezione per quelli che sono gli unici lavoratori privati con un tipo di regolamentazione che prevede una tutela risarcitoria ad oggi nel nostro sistema utilizzata solo per i dipendenti pubblici.

Altro punto qualificante del decreto-legge prevede una norma transitoria per le assunzioni a tempo indeterminato bloccate da tempo, che avverranno solo tramite procedure pubbliche che dovranno rispettare i limiti di spesa previsti in osservanza e in coerenza con schemi tipo utili per proporre dotazioni organiche comparabili tra di loro. Va sottolineato come la previsione di definire le dotazioni organiche determini una rigidità che non è in linea con il mercato del lavoro e rappresenta un passo indietro rispetto ai nuovi criteri introdotti addirittura dalla riforma Madia. Sono criteri, infatti, per i quali il concetto di fabbisogno supera il criterio statico della pianta organica e implica un'analisi quantitativa e qualitativa delle necessità delle amministrazioni, puntando sulle professionalità emergenti e più innovative in ragione dell'evoluzione tecnologica e organizzativa. Abrogare gli attuali organici funzionali, così come stabiliti dall'articolo 24 del decreto-legge n. 367 del 1996, significa passare da una norma che stabiliva direttamente i numeri e le professionalità occorrenti in ogni reparto per la produzione del repertorio lirico sinfonico di ogni singola fondazione ad un sistema che, proponendo le dotazioni organiche, prevede solo un generico numero di dipendenti inteso in maniera complessiva, privo dell'indicazione relativa all'esigenza di ogni singola unità produttiva e che ha come imperativo principale, ahimè, quello della sostenibilità economica.

Proprio per questo risulta difficile accettare quanto previsto dal comma 2-quinquies, che prevede una dichiarazione di sostenibilità economica dell'organico verificata triennalmente: una procedura di questo tipo appare troppo legata a fattori contingenti e soprattutto stabilisce un nesso inammissibile tra l'organico e il quadro economico delle fondazioni, quasi che siano solo gli organici e il personale, e non anche la programmazione, ad influenzare l'andamento economico di una fondazione. I rischi sono evidenti. Insomma, un irrigidimento che a nostro avviso non fa bene alla cultura, così come sancita dall'articolo 9 della Costituzione.

In conclusione, è improprio dire che questo decreto-legge è un provvedimento sulla cultura, perché purtroppo non innova, non stanzia risorse, non investe sul futuro: è un insieme di disposizioni che vuol superare situazioni di incertezza normativa. Preannunciato dal Governo come il primo passo per rilanciare le fondazioni lirico-sinfoniche, rappresenta una seria occasione per affrontare i problemi dei lavoratori dello spettacolo dal vivo, ragionare sul loro status giuridico, provare a superare la precarietà che li caratterizza; ma altra cosa è rilanciare sui rapporti virtuosi pubblico-privato e altro invece è quanto sembra emergere dal decreto-legge, che spinge sempre più verso forme di statizzazione ormai invecchiate ed incapaci a nostro avviso di intercettare quanto di nuovo si impone.

Il quadro che ne esce è - come dicevamo - quello di un irrigidimento del funzionamento delle fondazioni lirico sinfoniche, una loro ancor più marcata pubblicizzazione e così facendo si rinuncia a qualsiasi ambizione di riforma del settore. È a nostro avviso un livellamento verso una gestione più burocratica e rassicurante oggi, che potrà andar bene nel breve periodo, ma che corre il rischio di non avere futuro. Noi ci asterremo, Presidente, per rispetto verso il lavoro svolto, pur con il rammarico per quanto si sarebbe potuto fare su un tema per noi così significativo.