A.C. 2678-A
Signora Presidente, onorevoli colleghe e onorevoli colleghi, il decreto che oggi ci accingiamo a votare è l'ennesima dimostrazione di ciò che questo Esecutivo intende per politica economica: una sorta di collage di norme disorganiche e un mosaico confuso, in cui si mescolano infrastrutture, Olimpiadi, enti locali, fondi sanitari, interventi immobiliari, regolazioni settoriali e perfino accordi di cooperazione di polizia. Una sorta di decreto omnibus che non costruisce nulla, non affronta le debolezze del Paese e soprattutto non offre nemmeno un minimo di prospettiva. È un provvedimento evidentemente che arriva in un contesto internazionale complesso, che non ci sfugge, ma rispetto al quale il Governo Meloni resta assolutamente inerte, a partire dai dazi imposti dal vostro carissimo e decantato amico d'oltreoceano fino al preoccupante calo della competitività europea, passando evidentemente da una stagnazione della nostra crescita che sembra non avere fine. Di fronte a queste sfide ci si aspetterebbe una strategia, una visione, un minimo di direzione di marcia. Invece, il Governo propone un elenco di misure scollegate che disperdono risorse e tempo, senza incidere su alcune delle tante priorità economiche e sociali che il Paese vive. Il Partito Democratico ha denunciato questa impostazione fin dall'inizio. Lo abbiamo fatto in Commissione, dove i nostri emendamenti sono stati respinti con motivazioni piuttosto fragili, spesso puramente politiche. Lo facciamo oggi in Aula con la stessa chiarezza, perché non c'è nulla di più sbagliato che affrontare le difficoltà del momento storico con strumenti minimi, quando non addirittura lasciati al caso.
Questo decreto, purtroppo, è esattamente un mix di micro-interessi territoriali e pura casualità. Partiamo da un tema centrale: gli investimenti pubblici. Nel testo ci sono rifinanziamenti importanti come quelli per RFI, risorse fresche che avrebbero potuto dare ossigeno a tutti quei territori ingiustamente penalizzati dalle scelte incommentabili che avete fatto negli ultimi anni. Anche di fronte a questa buona occasione di riequilibrio, avete preferito fare le cose - come dite bene - a modo vostro. In Commissione abbiamo assistito a scene paradossali. La maggioranza respingeva le nostre proposte su opere necessarie e urgenti e poi difendeva con tenacia interventi presentati da parlamentari della stessa maggioranza, per l'occasione in prestito alla Commissione bilancio, sempre casualmente localizzati nel proprio collegio di elezione e persino privi di un quadro organico. Sono opere che molto probabilmente serviranno solo per qualche post sui social.
Insomma, la verità è che questo decreto cristallizza un criterio inaccettabile: non la qualità dell'opera, non il bisogno del territorio, non una qualche scala di priorità nazionale, ma la firma del proponente. È una logica che umilia il Parlamento e tradisce l'interesse generale, ma appunta il petto di quel singolo parlamentare. È evidentemente una logica che ancora una volta penalizza il Mezzogiorno che, alla prova dei fatti, continua a ricevere meno di quanto servirebbe per recuperare ritardi infrastrutturali storici. A tal proposito, Presidente, bisogna ricordare ancora una volta che al Fondo perequativo infrastrutturale mancano ancora 3,7 miliardi di euro: soldi tolti e mai restituiti al Mezzogiorno d'Italia. E proprio parlando di territori, non possiamo non fare cenno alla guerra senza confine che state facendo ormai da 3 anni agli enti locali, quelli sì quasi tutti. Non bastavano i tagli per miliardi e miliardi di euro fatti nelle ultime manovre, questo provvedimento ne aggiunge degli altri.
L'articolo 3 di questo decreto, infatti, irrigidisce le scadenze del Piano nazionale complementare al PNRR, imponendo un completamento degli obiettivi entro il 2026, pena la revoca delle risorse. A noi pare una scelta miope che ignora un dato elementare: molti ritardi non dipendono dai comuni, ma dallo Stato, da articolazioni dello stesso Stato, dalle sue lentezze, dalle sue procedure e dalle mancate autorizzazioni. Voi questi nodi non li affrontate.
Abbiamo presentato diversi emendamenti di puro buonsenso, peraltro condivisi da tante altre forze politiche anche della maggioranza, che chiedevano proroghe per i comuni che hanno già bandito gare o avviato i lavori. Non un euro in più, non un euro aggiuntivo: solo la possibilità di salvare progetti già in itinere. Presidente, non parliamo dell'operetta promessa in campagna elettorale, ma di scuole, strade impianti, infrastrutture sociali e cittadini che aspettano da tempo. Eppure, la maggioranza ha detto “no” senza alcuna motivazione. Allora, la domanda è inevitabile. Perché punire i comuni? Perché penalizzare chi ha fatto tutto quello che la legge chiedeva? Perché bloccare opere già avviate?
Altro tema infilato in questa macedonia di norme è il Fondo prima casa. È un altro esempio di come la destra sia esperta solo nell'ignorare le persone che più avrebbero bisogno di sostegno. Anche qui il PD ha presentato una proposta semplice che riteniamo giusta e ragionevole: vietare alle banche di imporre polizze assicurative aggiuntive ai giovani che chiedono l'accesso alla garanzia statale, perché evidentemente è un abuso che vanifica la stessa finalità del fondo. Nulla! Avete preferito difendere la rendita degli istituti bancari, impedendo una correzione di pura equità. È un segnale politico chiarissimo: questo Governo non sta dalla parte dei più giovani, non sta dalla parte delle famiglie, non sta dalla parte dei cittadini, ma sta dalla parte dei più forti e della narrazione utile alle telecamere.
Parlando di scelte incomprensibili, dovete spiegarci il caso della gestione legata ai Giochi olimpici di Milano-Cortina. È davvero surreale vedere un Governo che riconosce straordinari a diversi comuni coinvolti ma li nega proprio a Milano, la città che ospita la cerimonia inaugurale.
E poi ci avete accolto un ordine del giorno. È evidente questa ingiustizia, che abbiamo denunciato e che dimostra quanto questo decreto (come tanti altri in questa legislatura) sia molto più attento al colore politico di un'amministrazione territoriale che alle esigenze della collettività. E, guardate, è una deriva pericolosa, che si somma a quella presente nell'articolo sulla cooperazione di polizia internazionale. Venti milioni di euro sottratti alla riforma della polizia locale e destinati a iniziative di cui non conosciamo neanche quali siano i paesi coinvolti. Una sorta di delega in bianco, inaccettabile, irresponsabile, che espone l'Italia a rischi politici e diplomatici e, soprattutto, una misura che ci espone al rischio di un nuovo sperpero di denaro, dopo il miliardo che avete già bruciato per degli inutili centri in Albania.
Alla fine, guardate, questo decreto non rafforza l'economia, non supporta gli enti locali, non tutela i giovani, non rilancia gli investimenti, non sostiene la crescita. È un provvedimento inefficace, ingiusto, disordinato, e soprattutto è un decreto che racconta con grande chiarezza la distanza tra ciò che l'Italia avrebbe bisogno di essere e ciò che il Governo Meloni vuole che resti. Per tutte queste ragioni, il Partito Democratico esprimerà convintamente un voto contrario, perché noi da questi banchi continueremo a contrastare, non solo con forza o con delicatezza ma anche con giustizia, la vostra idea di Paese, fatta di privilegi, esclusioni, improvvisazioni e di piccole mancette date semplicemente per acquietare qualche riottoso. Continueremo a farlo nei territori e nelle istituzioni, perché l'Italia merita una politica economica che guardi avanti, non un elenco di misure casuali per sopravvivere un giorno di più o di meno, e soprattutto merita un Governo che non abbia paura di scegliere, di investire, di affrontare la realtà, di creare delle priorità che siano all'altezza del compito che abbiamo nel mondo. L'Italia merita di più e voi non siete in grado di darglielo.