Discussione generale
Data: 
Martedì, 3 Dicembre, 2024
Nome: 
Silvio Lai

A.C. 2150

Grazie, Presidente. Con questo decreto, il decreto Fiscale 2024, cade un'altra parte del muro dell'ipocrisia che ha segnato l'attività di Governo della destra in questi due anni, una parte importante di quel muro dietro il quale spesso si nasconde, cioè dietro a una leader capace di fare propaganda ma dietro di sé senza un quadro dirigente in grado di supportarla e sostenerla senza scivoloni o travisamenti. Emergono così sempre di più interessi e culture radicalmente in conflitto tra loro, altro che unità e sintesi. Questo è il dato essenziale. Sì, con questo decreto Fiscale, soprattutto al Governo, il re è stato denudato ed è evidente. Il decreto Fiscale lo ha evidenziato con nettezza. Il patto di potere tra le forze che sostengono il Governo scricchiola e inizia a frantumarsi. Sono emerse differenze e obiettivi nel segno di una propaganda deleteria che sono solo interessi di parte e non certo quelli del Paese.

Al Senato la maggioranza è arrivata a bocciare i propri emendamenti, prima quello sul canone Rai, con una differenza evidente di posizioni tra due partiti della maggioranza, e poi, per reazione, per vendetta e anche in maniera quasi infantile, quello sulla Calabria, e le notizie ci dicono che avrebbero continuato in questo modo se non fosse intervenuto Palazzo Chigi. In realtà, nonostante l'intervento di Palazzo Chigi, dietro l'epiteto che il collega Nevi ha riservato al Ministro Salvini - che non ripeto - si cela una profonda spaccatura politica, che pure è evidente anche in Europa, dove è emersa allorché la Lega ha votato contro la Commissione che ricomprendeva, come Vicepresidente della stessa Commissione von der Leyen, il Ministro Fitto.

La Presidente del Consiglio dei ministri Meloni ci ha accusato - o ci ha richiamato, come Partito Democratico - di essere contro il Paese, di essere anti-italiani se il PD non avesse votato la Commissione europea, vista la presenza di un italiano Vicepresidente, cioè il Ministro Fitto. Il Partito Democratico ha votato quella Commissione, come sempre ha fatto nei momenti di responsabilità nei confronti del Paese, senza mai lucrare sulla possibilità di spendere o di cercare di ottenere qualche briciolo di consenso in più, al contrario del partito della Premier, per esempio con l'ultimo Governo Draghi.

Ora per coerenza la Presidente Meloni dovrebbe dire la stessa cosa che diceva a noi al suo Vicepresidente Salvini e alla Lega, visto che quel voto è mancato. Perché non una parola? Perché gli interessi primari del Paese nei confronti dell'Europa diventano secondari se si deve tenere attaccati con la colla del potere una coalizione di Governo nazionale? Per l'opposizione deve venire prima - e viene prima - l'interesse del Paese mentre per la maggioranza no?

La verità è che questa maggioranza è sull'orlo di una crisi di nervi, la verità è che quello che tiene in piedi questo Governo è un equilibrio instabile, e si poggia su un racconto che si rivela ogni giorno meno credibile! Si basa sull'ipotesi che siate vincenti, ma non succede più così facilmente, né dappertutto. La verità è che avete creduto fosse semplice sostituire il Governo precedente con un Governo di fedeli e di amici o di amichetti. Insomma, c'è una grande confusione nel Governo, la cui unità, ostentata quanto finta, è andata in frantumi e si vanno preannunciando altre clamorose rotture con la legge di bilancio (lo vedremo nelle prossime settimane).

Il decreto Fiscale, che ci chiedete di votare, nel merito, però, è anche un clamoroso flop, che non risponde a nessuna vera necessità degli italiani, a cominciare da sanità e lavoro. Doveva essere il veicolo per la grande riduzione delle tasse, ma era innanzitutto una bugia sul piano tecnico, è diventato un danno economico sul piano finanziario e sarà un disastro sul piano concreto, perché il fallimento di questa iniziativa non sarà soltanto nella mancata adesione ma nella quantità di adesioni che, comunque, genererà un buco finanziario nel bilancio del Paese, nonostante il tentativo, presente in questo decreto, di riaprire i termini del concordato preventivo.

Alla fine il decreto Fiscale ci consegna un ennesimo condono, cioè la riapertura dei termini del concordato preventivo biennale approvata dal Consiglio dei Ministri il 12 novembre con decreto-legge e poi confluita nel decreto Fiscale per velocizzarne l'approvazione. Ancora una procedura istituzionale sbagliata, un decreto che confluisce in un altro decreto, norme che cambiano dopo dieci giorni che sono state esitate. Guardate che questa è una sfida molto forte alla qualità della legislazione, molto forte al corretto utilizzo del Parlamento e al ruolo del Parlamento.

Il concordato bis, per chi non ha ancora aderito alla prima tranche, si apre con le stesse condizioni e una finestra che si chiuderà il 12 dicembre. Solo che così si continuano a premiare gli evasori a danno di chi paga regolarmente le tasse. Voi non accettate il fatto che la politica dei ravvedimenti operosi non funziona, ma insistete convinti che ci sia ancora qualcosa da spremere. Continuate a cercare risorse da dove non arriveranno. A questa misura sono associati 2 miliardi, che in modo più che prevedibile non arriveranno, per tentare di dare coperture che risulteranno aleatorie e che si trasformeranno nell'ennesimo buco finanziario per provare a ridurre l'Irpef.

Intanto, però, contemporaneamente si tolgono le risorse a chi ne ha bisogno, come, per esempio, l'assegno di inclusione, sono 200 milioni in meno, mentre si riservano 343 milioni per sanare i debiti delle concessioni autostradali. Non si possono contrastare così le disuguaglianze in essere, non si contrasta così la povertà, nonostante le vostre dichiarazioni, anzi, si fa esattamente il contrario. Con il decreto fiscale ritornate sulla ZES unica per il Sud, provando ad aumentare le risorse, ma perseguendo una strada sbagliata e un intervento a pioggia non selettivo e non indicativo di una strategia industriale per il Mezzogiorno.

Così i soldi vanno a chi avrebbe già investito e non a chi poteva investire in un percorso strategico, perché, se si danno incentivi a tutti nello stesso modo in un territorio, la parte che ne ha più bisogno non ne riceverà. Peraltro, andavano stanziate molte più risorse, perché quelle previste sono solo la metà di quelle necessarie, senza considerare che per questo andava introdotto e mantenuto, se non rinnovato, il concetto di una ZES differenziata, soprattutto perché nel sistema del Mezzogiorno c'è bisogno di scegliere e di fare le scelte.

In tutte le politiche industriali c'è bisogno di scegliere, ma nel Mezzogiorno ancora di più. Peraltro, nella legge di bilancio, a proposito di Mezzogiorno, si taglia il Fondo di agevolazione fiscale, che fin qui è stato un elemento di grande impulso dell'economia del Sud. La Svimez ci segnala che alla fine il saldo negativo per il Mezzogiorno sarà pari a quasi meno 6 miliardi. Cioè, avevamo misure complessive per circa 14 miliardi e avremo circa 6 miliardi in meno solo nel 2025 per il Mezzogiorno. Alla fine il gioco delle tre carte poi emerge, emerge la quantità di risorse che sono disponibili ed emerge anche il fatto che quelle risorse disponibili diminuiscono quantitativamente e peggiorano sul piano qualitativo.

Tra le diverse modifiche c'è quella al bonus Natale, una misura che per noi è inaccettabile per principio: 100 euro dati senza nessun criterio; 100 euro a chi ha un figlio o a chi ne ha quattro; 100 euro per chi si trova sotto un certo reddito da lavoro subordinato con un'aliquota fiscale e 100 euro a chi è un lavoratore autonomo con un'altra aliquota fiscale. Adesso lo si estende alle coppie di fatto, ma non sta lì il problema, anzi.

Copre famiglie con redditi fino a 28.000 euro ed esclude completamente famiglie monoreddito, anche con più figli, con reddito fino a 35.000. È una vera e propria discriminazione per larghe fasce di cittadini. Se anche fosse distribuito con criterio, l'importo non è minimamente capiente a coprire l'incremento dei costi della vita per le persone. È solo una “marchetta”, servita per le elezioni europee, che costa quasi 400 milioni di euro, che potevano essere utilizzati per coprire altre esigenze più equilibrate e più ragionate che abbiamo cercato di proporvi con i nostri emendamenti.

E così, con i nostri emendamenti, che presentiamo anche alla legge di bilancio, abbiamo cercato di fermare quelle norme che rendono più difficile, se non impossibile, la vita al Terzo settore, e che voi promettete di correggere, sì, ma dopo. Eppure sono norme che scatteranno immediatamente, se nessuno fa niente, e trasformeranno il Terzo settore in un settore che sarà ridotto, dopo averlo acclamato, durante il periodo del COVID, come e quanto il sistema sanitario, a soggetti che vendono prestazioni piuttosto che soggetti che amplificano la qualità della vita sociale del Paese e che danno servizi di qualità, di integrazione e di coesione al Paese. Sempre dopo, ma poi il dopo arriva, i nodi vengono al pettine e i conti delle tante promesse non tornano.

Nel complesso, il decreto, anziché contenere interventi migliorativi, è solo una sommatoria di piccole misure, la maggior parte ingiuste, senza alcuna visione e senza alcuna prospettiva per il Paese. Serviva ben altro e forse vi eravate illusi che potesse servire per fare la grande riduzione delle tasse, ma in realtà si è consumata soltanto una resa dei conti nella maggioranza.