(A.C. 1630)
Grazie Presidente. Il provvedimento oggi in discussione è paradigmatico della condotta politica del Governo Meloni, perché, con la promessa della proroga del superbonus e, per la verità, anche con altre promesse non mantenute, il Governo - com'è noto - ha vinto le elezioni, come ha vinto le elezioni, promettendo anche una soluzione rapida e soddisfacente al tema dei crediti incagliati, derivanti sempre dal superbonus. Ovviamente, come sembra succeda sempre più spesso al Presidente Meloni, non solo i problemi non sono risolti, ma diventano, se possibile, ancora più gravi e sembra persino un destino beffardo per la compagine governativa che, alla mancata soluzione dei problemi, seguano sempre pasticci o disastri sotto il profilo giuridico, perché, Presidente, questo decreto è l'ennesimo pasticcio normativo che lede alcuni dei principi più importanti della nostra Costituzione e del nostro ordinamento, un errore che è destinato a lasciare strascichi rilevanti non valutati rispetto ai contenziosi che lo Stato si troverà ad affrontare a causa dell'inaffidabilità del Governo.
Per settimane abbiamo assistito ai litigi tra i vari stakeholder di questo Governo, a un conflitto che è andato anche molto oltre la normale dialettica, che ha visto una componente importante della maggioranza uscire umiliata dal negoziato sul superbonus e, a pochissimi giorni dalla scadenza del 31 dicembre, il Governo ha licenziato un provvedimento che, non solo non risolve nessuna delle questioni su cui le associazioni di categoria avevano chiesto un impegno, ma addirittura aggrava la situazione quo ante: nessuna proroga per i lavori non completati, un sostegno che definirei ridicolo per le famiglie fragili e nuove restrizioni sulla cessione del credito e sul bonus per l'abbattimento delle barriere architettoniche.
Secondo le ultime stime ANCE, nei soli condomini – quindi, nell'edilizia non certamente di lusso - ci potrebbero essere lavori incompiuti per circa 12,8 miliardi di euro, con un numero impressionante di aziende che si apprestano a chiudere i battenti e, dall'altra parte della barricata, ci sono decine, se non centinaia di migliaia di famiglie, che, dal 1° gennaio, dovranno pagare di tasca loro la differenza del décalage dal 110 al 70 per cento.
A fronte di questo buco oggettivamente enorme, il Governo Meloni, dopo mesi di studio fra i massimi esponenti del Governo, ha scritto una norma che, se va bene, salverà l'1 per cento dei condomini a rischio. Da una parte, quindi un fabbisogno di circa - come abbiamo detto - 13 miliardi di euro e, dall'altra, un fondo governativo di 16 milioni circa, che peraltro serviranno per rimborsare e non per anticipare le spese sostenute, che resteranno quindi, per un periodo di tempo piuttosto lungo, a carico di persone che - lo ricordo - spesso sono anche al limite dell'indigenza. Peraltro, l'8 gennaio, Poste Italiane ha smesso di acquistare i crediti, nessuno è più disponibile ad acquistare a prezzi ragionevoli, ci sono decine di migliaia di cantieri avviati sulla base delle norme già citate, poi sospese, e quelle stesse leggi sono cambiate all'improvviso e talvolta in maniera retroattiva e, per non farci mancare nulla, iniziamo anche a contare contenziosi fra imprese committenti e class action che chiedono giustizia allo Stato. La domanda che si fa la gente, Presidente, è se è sano uno Stato che cambia le regole del gioco a partita in corso, se è giusto uno Stato che - come ha fatto l'attuale Governo - prima disattiva lo sconto in fattura e la cessione di credito senza alcun preavviso e poi smonta, pezzo dopo pezzo, una misura che ancora oggi sta permettendo all'economia di marciare, perché quello che manca in questo dibattito, Presidente, è una valutazione seria degli effetti del superbonus sull'economia del Paese. In questo Governo, Presidente, fino a prova contraria, valgono ancora i principi del legittimo affidamento e della certezza del diritto, anche se parlare di certezza e di rispetto del diritto in questo Governo è un po' una contraddizione in termini perché il provvedimento che esaminiamo infatti, come tanti altri licenziati dal Governo, presenta almeno due profili di incostituzionalità. Il primo è quello, a cui purtroppo ci siamo abituati, della mancanza dei presupposti della necessità e dell'urgenza, ai sensi dell'articolo 77, che davvero non trova riscontro nella storia politica repubblicana. Persino una norma che serve ad evitare il recupero dei bonus fruiti poteva trovare casa in altri provvedimenti, senza limitare ancora una volta i tempi e gli spazi di discussione a disposizione del Parlamento, tempi e spazi sempre più esigui. In secondo luogo, la grave lesione - ho finito, Presidente - del principio di uguaglianza, di cui all'articolo 3, considerate le irragionevoli disparità di trattamento che vengono a crearsi, tanto in ragione delle modifiche alla cessione del credito, quanto per la modifica al limite reddituale per l'accesso al contributo per le famiglie fragili e al bonus per le barriere architettoniche, di cui facciamo davvero fatica a comprendere la ratio, se non soltanto legata ad esigenze contabili del MEF. Per tutti questi motivi, Presidente, il Partito Democratico voterà a favore delle questioni pregiudiziali presentate, affinché non si proceda all'esame di un decreto ingiusto e peraltro inutile.