Presidente, esponenti del Governo, colleghe e colleghi, il Partito Democratico voterà a favore del decreto-legge Carige perché la sua rapida approvazione è utile all'Italia. Lo voteremo per due ragioni fondamentali: una riguarda le lavoratrici e i lavoratori della banca, i correntisti, le imprese che hanno crediti, la certezza dell'impatto drammatico che avrebbe il fallimento dell'ex Cassa di Risparmio di Genova e di Imperia sulla Liguria dove sono concentrate gran parte delle attività della banca.
L'altra ragione è la stabilità finanziaria dell'Italia, la tutela del risparmio delle famiglie, la consapevolezza che l'insolvenza di un'importante banca danneggerebbe l'economia nazionale già alle prese con il rallentamento dell'economia mondiale, proprio mentre il calo della produzione industriale ci porta dentro ad una vera e propria recessione. Altri in quest'Aula avranno più difficoltà a motivare il proprio voto favorevole senza smentire quanto detto in passato. Anzi l'impressione che abbiamo è che in queste ore, con gli attacchi forsennati alle autorità di vigilanza, si stia alzando una cortina fumogena per non far comprendere all'opinione pubblica che, con il decreto Carige, la maggioranza Lega-Cinquestelle si appresta a votare un provvedimento sulle banche in piena sintonia con l'intervento della Banca centrale europea e con le stesse azioni di Banca d'Italia, così come sono state illustrate nel corso delle audizioni in Commissione Finanze. Certo per noi del Partito Democratico è più facile votare a favore perché le coordinate del decreto sono state le coordinate dell'azione dei Governi Renzi e Gentiloni sulle banche che noi rivendichiamo integralmente e con cui il provvedimento in esame è in totale continuità, non solo per il cosiddetto copia e incolla con il decreto per la ricapitalizzazione precauzionale del Monte dei Paschi di Siena, ma perché il decreto Carige, che discutiamo oggi, corrisponde alla filosofia di fondo delle scelte fatte dal Partito Democratico negli anni passati, quando abbiamo difeso la peculiarità del sistema bancario italiano nel panorama europeo che andava rinnovato senza snaturarne la forza legata al radicamento territoriale e abbiamo difeso la stabilità finanziaria come condizione necessaria della capacità produttiva delle nostre imprese.
In Italia, infatti, a differenza di altri Paesi, dagli Stati Uniti alla Spagna, non è stata la crisi finanziaria a produrre la crisi dell'economia e delle imprese, ma la crisi economica e la conseguente difficoltà delle imprese a rimborsare i prestiti alle banche a generare le sofferenze che hanno prodotto le crisi bancarie, che sono state comunque complessivamente assai più limitate che in gran parte dei Paesi europei.
Bisogna ricordarlo ogni volta, anche per un equilibrato giudizio sul sistema dei controlli e sul ruolo delle autorità di vigilanza. Se, infatti, è stato doveroso l'intervento d'urgenza del Governo su Carige - a valle, bisogna ricordarlo, del commissariamento dalla Banca centrale europea -, bisogna anche dirsi che il commissariamento allude anche ad una rinnovata preoccupazione internazionale sull'affidabilità e credibilità dell'Italia. Allora, la discussione sul passato potrà essere utile solo se unita a un dibattito serio sulle scelte di politica bancaria e finanziaria che l'Italia e l'Europa hanno davanti.
Per parte mia, questo è il contributo che tenterò di dare in questo intervento nel tempo che c'è concesso e senza abusare dell'attenzione di chi ci ascolta.
Il decreto contiene due opzioni diverse sul futuro della banca, che però, a nostro avviso, è giusto mettere ambedue in campo contemporaneamente: la garanzia per le passività di nuova emissione e l'intervento sul capitale, la cosiddetta ricapitalizzazione precauzionale. Le due misure sono ambedue nel decreto, ma in una logica temporale diversa: la garanzia sui bond senior è funzionale alla prioritaria ricerca di una soluzione di mercato per Carige. Questa è l'opzione migliore, che meno impegna risorse pubbliche e più valorizza il patrimonio della banca.
Nel corso dell'audizione nelle Commissioni Finanze congiunte di Camera e Senato, il Ministro Tria ha detto che il Governo auspica la soluzione di mercato per Banca Carige. Il Presidente Conte ha ribadito in Europa lo stesso concetto. Io ritengo positivo che, dopo la conversione del decreto, con un ampio concorso delle forze politiche, si possa dire che il Parlamento auspica la soluzione di mercato per Banca Carige, e che da questa condivisione del sistema Paese possano trarre incoraggiamento gli istituti bancari potenzialmente interessati.
Non è, però, in contrasto con questo obiettivo la predisposizione di una possibile ricapitalizzazione precauzionale, che consenta il temporaneo ingresso dello Stato nel capitale della banca. Ancorché onerosa, la ricapitalizzazione è ciò che consente di render chiaro, a chi fosse interessato ad un'acquisizione di Carige, che non si può negoziare all'infinito contando sull'ulteriore indebolimento della banca. In tal caso, infatti, ci sarebbe l'intervento statale per evitare il fallimento. La successiva collocazione avverrebbe comunque a valore di mercato, poiché la ricapitalizzazione precauzionale ha comunque carattere provvisorio, proprio come nel caso del Monte dei Paschi di Siena.
Si tratta di una soluzione di ultima istanza, che noi non invochiamo né auspichiamo, ma che, se si rivelasse necessaria, non dovrebbe essere ostacolata dal Meccanismo unico di vigilanza e dalla Commissione europea sulla base di interpretazioni restrittive e improprie della direttiva sul salvataggio e la risoluzione delle banche e della comunicazione sugli aiuti di Stato del 2013, a maggior ragione se si guarda a ciò che sta avvenendo in Germania, dove è in corso un intervento di salvataggio che impegna 4 miliardi di euro di fondi pubblici - si tratta di una banca, la Nord LB, di cui è azionista il Land della Bassa Sassonia - che appare in possibile contrasto con l'attuale regolazione della disciplina degli aiuti di Stato.
Sarebbe bene che il Governo, invece che isolarsi attaccando Paesi come la Francia, che in questo campo possono avere interessi simili ai nostri, si attrezzasse per un difficile negoziato in Europa, che, come sempre accade, richiede capacità di fare alleanze e credibilità verso gli interlocutori, tanto più che in ballo non c'è solo l'eventuale - e speriamo non necessaria - autorizzazione alla ricapitalizzazione precauzionale ma, più in generale, il difficile negoziato sul completamento dell'Unione bancaria, dal perfezionamento dell'accordo sul backstop definito a dicembre al cruciale tema della garanzia europea sui depositi e, più in generale, il negoziato sul miglioramento del quadro normativo sulle crisi bancarie, a partire dalla possibilità di utilizzo di strumenti preventivi, come recentemente indicato dal Governatore Visco.
Ci sarà occasione, nella costituenda Commissione d'inchiesta sulle banche, di discutere tutte le vicende bancarie per il passato, quindi anche di Banca Carige. Il Partito Democratico non ha nessun timore ed è a favore di un mandato ampio alla Commissione che si andrà a costituire, anche se non possiamo non sottolineare già da adesso come nella scorsa legislatura la presidenza di quella Commissione fu affidata ad un parlamentare, come Pier Ferdinando Casini, che poteva svolgere quella funzione con imparzialità e autorevolezza, mentre adesso leggiamo il nome del futuro presidente sui giornali, che già rilascia interviste da presidente di parte e arriva addirittura a dichiarare che, su Banca d'Italia, obbedisce al suo capo politico. Sinceramente, non ci pare che il senatore Paragone, la cui nomina sembra frutto dell'ennesimo accordo politico di spartizione interno alla maggioranza, si presenti all'altezza del delicato compito a cui viene proposto.
Tornando a Carige, non si può non dire che l'incontinenza comunicativa dei dioscuri del Governo rischia però di fare danni all'Italia, perché gli attacchi contro Banca d'Italia indeboliranno il Paese in un negoziato difficile e dall'esito non scontato.
La BCE ha commissariato Banca Carige con un provvedimento d'urgenza che probabilmente sconta anche il calo di credibilità che questo Governo ha determinato in questi mesi, che già abbiamo pagato con l'aumento dello spread e dei tassi di interesse. Chi ha a cuore il destino di Carige, per quel che rappresenta per la Liguria, per i posti di lavoro, per le imprese e i risparmiatori e per gli stessi azionisti, si deve preoccupare in questo momento di unire e non di dividere, con l'obiettivo primario della tutela della stabilità finanziaria e del risparmio nazionale, da perseguire anche attraverso un confronto costruttivo con le istituzioni europee. Ciò perché è proprio grazie al dialogo portato avanti dai precedenti Governi che l'Italia ha ottenuto quella flessibilità nell'applicazione delle regole europee sulla gestione delle crisi bancarie che ha consentito gli interventi su MPS e sulle banche venete e che oggi è alla base del decreto su Carige.
Per quel che riguarda il Partito Democratico, non solo non temiamo la Commissione d'inchiesta sulle banche, ma non abbiamo difficoltà a discutere e a rivisitare le scelte fatte in questi anni, per dimostrare come siano state utili all'Italia e abbiano contribuito all'uscita dalla crisi iniziata nel 2008.
All'inizio della XVII legislatura, all'indomani della crisi economica più lunga e profonda del dopoguerra, ci si è dovuti misurare con le difficoltà specifiche di singoli istituti bancari frutto di errori manageriali, la necessità di migliorare la capitalizzazione e la qualità degli attivi delle banche e di rafforzarne la governance, nel quadro dell'introduzione della vigilanza unica e del nuovo quadro di Basilea 3. Si è, quindi, messa in campo una strategia organica di intervento nel settore finanziario con l'adozione di riforme incisive, mentre in parallelo si gestivano specifiche crisi bancarie in assenza inizialmente di adeguati strumenti.
Non possiamo non ricordare in questa sede le riforme della governance del sistema bancario, mirate a facilitare il processo di adeguamento del livello di capitale e a favorire operazioni e ristrutturazioni del settore, contribuendo a rafforzarlo. Le banche popolari di maggiori dimensioni sono state indotte a trasformarsi in società per azioni: un modello più idoneo ad attrarre capitali, favorire sistemi di governo più efficienti e trasparenti e competere nel contesto internazionale. La riforma delle popolari, a nostro avviso, inciderà positivamente sulle politiche di gestione del credito e attenuerà i rischi che si determinano per le diffuse coincidenze tra la figura di azionista e cliente.
La riforma delle banche di credito cooperativo ha affrontato con serietà l'elevata frammentazione del sistema del credito cooperativo italiano.
La riforma favorisce la concentrazione del sistema, conciliando le esigenze di accrescere la raccolta di capitali e migliorare i sistemi di governance e di controllo, tutelando, allo stesso tempo, la forma cooperativa e i vantaggi che derivano dal mutualismo e dal radicamento territoriale. Anche l'autoriforma delle fondazioni si iscrive nei positivi processi di cambiamento delle banche italiane avvenuti negli anni passati, anche grazie al protocollo d'intesa sottoscritto dal Ministero dell'Economia e delle finanze che ha segnato l'avvio del processo di autoriforma delle fondazioni bancarie.
Lo stesso sviluppo di un mercato dei crediti deteriorati è stato frutto di iniziative regolative nazionali e di un confronto con le autorità europee, che ha portato a soluzioni innovative, a cominciare dal progetto delle GACS, le garanzie sulle cartolarizzazioni delle sofferenze, che, avendo la Commissione europea convenuto sui criteri di determinazione del prezzo della garanzia dello Stato, non sono più considerati aiuti di Stato.
Mentre maturava questo processo di riforma, sono arrivate a compimento crisi bancarie frutto di una gestione manageriale inefficiente, che sono state, quindi, affrontate con modalità differenti, a seconda dell'evoluzione delle normative e della differenza fra gli istituti, nel confronto con le istituzioni europee, nel confronto con il Parlamento.
Banca Marche, Carife, Banca Etruria, CariChieti, Monte dei Paschi di Siena, Veneto Banca e Banca Popolare di Vicenza sono state tutte affrontate nell'ambito di una strategia che ha avviato un processo di consolidamento e riforma del settore bancario. Per questo, consideriamo il decreto Carige in totale continuità politica con le scelte fatte negli anni passati, perché non solo si muove dello stesso quadro normativo, ma sembra andare nella stessa direzione, cioè quella di favorire aggregazioni e acquisizioni che rafforzino la solidità del sistema. Una direzione europea che richiede comunque nuovo slancio e un impegno per questo obiettivo da parte dell'Italia, che è il Paese tra i più interessati al completamento dell'unione bancaria europea. Sebbene, infatti, i primi due pilastri del progetto di unione bancaria siano stati completati con successo e le regole prudenziali di gestione delle crisi siano state oggetto di continui affinamenti, non possiamo non vedere come da troppo tempo in Europa si sia bloccati in un estenuante dibattito tra riduzione del rischio e condivisione del rischio.
Sembrano smarriti gli obiettivi principali, cioè quello di rafforzare la capitalizzazione, e quindi la resilienza delle banche, e quello di garantire la stabilità finanziaria complessiva dell'Unione europea. Se è vero che con l'unione bancaria la supervisione e le decisioni sulla gestione delle crisi vengono ormai prese largamente a livello europeo in modo armonizzato, la garanzia di stabilità finanziaria complessiva è rimasta confinata a livello nazionale; quindi, in definitiva, dipende dalle posizioni fiscali dei singoli Paesi. Completare l'unione bancaria non è, quindi, soltanto un obiettivo in sé, ma è anche la chiave per ricostruire un rapporto di maggiore fiducia dei cittadini nei confronti dell'Unione europea. È tempo di realizzare un sistema unico di garanzia dei depositi che fornisca la stessa tutela ai risparmiatori in tutta Europa, a prescindere dal luogo in cui vivono. E sulla stessa disciplina di gestione delle crisi bancarie è necessario che in ambito europeo si definiscano regole per le banche di medie dimensioni, così da evitare che, in assenza di un intermediario finanziario interessato all'acquisizione di attività e passività, si debba forzatamente procedere con la liquidazione.
Carige, in questo senso, può fare scuola, perché gli errori di gestione non possono ricadere sulle spalle degli incolpevoli cittadini e la legislazione non può non tenere in considerazione l'impatto che una considerevole distruzione di valore determinato dalla liquidazione di una banca può avere sulla stabilità complessiva del sistema finanziario. Come si vede, c'è molto da fare in ambito europeo in nome di un interesse nazionale condiviso.
Per il Partito Democratico, indipendentemente dalla collocazione in maggioranza o all'opposizione, prevale l'interesse dell'Italia ad una stabilità finanziaria che solo la maggiore integrazione europea può produrre.
Consideriamo positivo l'unico emendamento approvato in Commissione finanze, frutto anche di una nostra iniziativa, che vincola il Governo a riferire in Parlamento con regolarità sull'attuazione del decreto, e chiediamo fin da ora alla presidente della Commissione finanze, Carla Ruocco, che sia illustrato in Commissione il piano industriale di Carige, la cui presentazione è stata annunciata per il prossimo 27 febbraio.
Per parte nostra, abbiamo chiesto sin dall'inizio che il decreto restasse limitato alle misure urgenti a sostegno della Banca Carige e non divenisse un omnibus per affrettate modifiche alla legislazione bancaria. Apprezziamo che fino adesso questa sia stata la scelta compiuta perché ciò rende più facile la più ampia convergenza parlamentare sulla conversione in legge del decreto, che darà più forza alle autorità politiche e monetarie per negoziare i passaggi successivi in Europa.
Inoltre, le possibili modifiche alla normativa in ambito bancario meritano un confronto di merito, un approfondimento, la partecipazione di competenze specifiche che è bene siano oggetto di un disegno di legge che non abbia la tagliola dei tempi ristretti di conversione di un decreto-legge.
Il Partito Democratico non farà mancare il proprio contributo, anche facendo tesoro delle considerazioni finali della Commissione parlamentare di inchiesta sul sistema bancario e finanziario che ha operato nella scorsa legislatura.
In conclusione, Presidente, il mio intervento vuole essere un contributo a che su questo provvedimento così importante, sia per le parti coinvolte direttamente che per i cittadini nel loro complesso, si mantenga il clima costruttivo che ha già caratterizzato i lavori in Commissione.
Il nostro auspicio è che il Governo sappia evitare il ricorso al voto di fiducia, che non appare né necessario né utile. Davanti al Paese il Governo riceverà dal Parlamento un mandato molto ampio per la conversione di questo decreto: ne sappia fare buon uso nei mesi che verranno