Discussione sulle linee generali
Data: 
Lunedì, 11 Febbraio, 2019
Nome: 
Massimo Ungaro

A.C. 1486-A

Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, il provvedimento in esame comporta misure urgenti a sostegno di Carige, la Cassa di Risparmio di Genova e Imperia a seguito della bocciatura dello stato patrimoniale dell'istituto a seguito delle prove di stress effettuate da parte del meccanismo di vigilanza unico europeo e la decisione degli azionisti di riferimento, lo scorso dicembre, di non procedere all'aumento di capitale che era necessario, appunto, per raggiungere i requisiti patrimoniali richiesti dal regolatore.

Il provvedimento prevede misure per garantire la liquidità e il rafforzamento patrimoniale di Carige. Si autorizza il MEF a concedere la garanzia dello Stato sulle passività di nuove emissioni dell'istituto fino a un valore nominale di 3 miliardi e si predispone un meccanismo di ricapitalizzazione preventiva fino a un miliardo di euro.

Per minimizzare il peso sulla finanza pubblica, il MEF potrà sottoscrivere le azioni di nuova emissione a condizione che avvenga prima una condivisione dei rischi e tutto questo in sintonia con la nuova normativa europea BRRD e che, quindi, chiederà la conversione in azioni delle obbligazioni subordinate che oggi sono possedute soltanto da investitori istituzionali. Per queste misure il provvedimento prevede uno stanziamento fino a 1,3 miliardi di euro.

Presidente, questo è un intervento giusto e necessario esattamente come necessari e giusti furono gli interventi a sostegno delle banche venete e del Monte dei Paschi di Siena.

Dobbiamo evitare che le crisi locali crescano incontrastate e divampino fino a ledere la fiducia dell'intero sistema bancario. Occorre spegnere questo focolaio il prima possibile. Carige è una banca solvibile; conta 577 sportelli bancari, 4.200 dipendenti, un milione di clienti e oltre 55 mila azionisti.

Dunque, bisogna ristabilire la fiducia. Infatti, solo così potremo preservare l'erogazione del credito all'economia reale e quindi mantenere l'occupazione. Tuttavia, dobbiamo limitare al massimo i costi per lo Stato, non solo perché abbiamo già un enorme debito pubblico, talmente grande che l'Italia è quel Paese dove la spesa per interessi sul nostro debito è superiore a tutta la spesa per istruzione e educazione, ma è un'enorme ingiustizia intergenerazionale che dovrebbe essere - quella sì! - la vera priorità di questo Governo.

Ma sappiamo molto bene che, invece, questo Governo guarda soltanto al beneficio elettorale nel corto termine. Preferisce fare debito per finanziare nuove pensioni invece di rilanciare l'economia con investimenti e diminuire quel debito. Un furto alla mia generazione e alle generazioni future.

Ma dobbiamo limitare il costo per lo Stato condividendo i rischi con gli attori privati che hanno diretto questo istituto per evitare un azzardo morale ed evitare che, appunto, gli utili siano privati ma le perdite siano pubbliche. Il rendimento deve essere collegato al rischio, altrimenti vincono sempre i furbi.

E, quindi, ben venga il principio di condivisione del rischio. Vogliamo trasparenza su quello che è accaduto e che ha potato Carige in questa situazione. Ben venga la trasparenza sugli interventi dello Stato e, quindi, apprezziamo che in Commissione siano stati approvati gli emendamenti di più parti politiche che chiedevano la relazione alle Camere da parte del MEF. È, dunque, la forza responsabile che ha governato questo Paese durante la più grave crisi economica del dopoguerra.

Sappiamo che sarebbe troppo facile, però, ascrivere lo stato di Carige solamente a comportamenti illeciti o a problemi di governance che non bisogna, comunque, assolutamente né sminuire né minimizzare. Ma se guardiamo ai bilanci e ai conti economici di Carige, intravediamo un istituto soffocato dal peso di crediti incagliati tra le sofferenze, le cui svalutazioni mangiano, da più di cinque anni, qualsiasi utile di esercizio. Crediti deteriorati frutto di una grave crisi economica specialmente dura in quei settori principali dell'economia ligure, quali il settore dei trasporti marittimi e il settore immobiliare. Le liti costanti tra i consigli di amministrazione e gli azionisti negli ultimi tre anni non hanno di certo giovato al faticoso percorso di risanamento e tracciano l'immagine di una governance del tutto inadeguata.

Ma per essere chiari andiamo dritti al punto vero di questo provvedimento, che mette in luce l'enorme ipocrisia di questa maggioranza.

È un provvedimento fotocopia di quelli approvati dai Governi precedenti, come hanno detto il Ministro Tria e le varie audizioni che abbiamo avuto in Commissione. Provvedimenti per i quali il MoVimento 5 Stelle e la Lega si sono opposti con tutte le loro forze: “non date i soldi alle banche”, dicevano e, ora, si ritrovano qui ad approvare in fretta e furia gli stessi identici provvedimenti. Siete dei populisti: per fortuna gli italiani lo stanno scoprendo, come rivela il risultato elettorale di oggi in Abruzzo, dove il MoVimento 5 Stelle ha più che dimezzato il suo consenso in undici mesi, passando dal 40 per cento delle elezioni politiche dell'anno scorso a meno del 20 per cento di oggi. Potete promettere tutto quello che volete, ma i nodi, prima o poi, verranno al pettine.

Esattamente due anni fa, in questa stessa Aula, nel febbraio 2017, l'attuale Presidente della Camera, Roberto Fico, allora relatore di minoranza al decreto-legge n. 237 del 2016, dichiarava: “Noi avremmo fatto chiarezza sui prestiti deteriorati della banca, sui legami tra i vari soggetti coinvolti, dagli amministratori alla politica, e avremmo fatto pagare il conto per le loro responsabilità. Questi sono tutti principi che in questo decreto non esistono, che non si trovano e di cui non vi è traccia”. Veramente, non ve ne è traccia neanche stavolta: lo stesso identico provvedimento, cari colleghi del MoVimento 5 Stelle. Il Presidente Fico concludeva così il suo intervento: “Quando si parla di banche, all'improvviso i soldi escono sempre, vengono sempre fuori ed è questo che dobbiamo cambiare: l'agenda politica del Paese, la mentalità del Paese e la cultura di questo Parlamento, che antepone gli interessi delle banche agli interessi dei cittadini”. I due partiti che allora non votarono quel provvedimento sono gli stessi partiti che oggi lo approvano: identico, uguale, sconfessando la pura demagogia della loro iniziativa politica ed istituzionale di allora. Sì, Presidente, questa è pura demagogia perché, a volte, quando il mercato fallisce, le banche sistemiche vanno salvate per evitare che l'economia crolli e salvare il lavoro di milioni di persone. Qualcuno avrà mai il coraggio di rivedere questo semplice concetto, in questo Paese?

Per noi il tema centrale è e rimane il lavoro, l'occupazione e capiamo, sappiamo il ruolo sistemico che ha Carige per l'economia ligure e l'economia italiana. Non faremo ostruzionismo e voteremo a favore del provvedimento.

Detto questo, chiediamo di fare luce su eventuali conflitti di interesse: da fonti stampa apprendiamo che un socio di lungo corso del Presidente del Consiglio, Guido Alpa, risulti essere stato consulente del gruppo Carige. Chiediamo che venga fatta trasparenza sulla questione.

Inoltre, sarebbe utile che il Governo chiarisca la sua posizione in merito al destino di Carige, il destino futuro. Il Ministro in audizione - lo menzionava poco fa il mio collega Claudio Mancini - ha indicato la preferenza per una soluzione privata, quindi l'acquisto da parte di un istituto più sano, invece il Vicepremier Di Maio ha più volte elogiato i vantaggi di una banca di Stato. Vorrei soltanto ricordare a tutti quanti gli onorevoli colleghi – e a lei, Presidente – che, nella storia di questo Paese e di moltissimi altri Paesi, le esperienze di banche commerciali di Stato non hanno certo brillato per efficienza o per etica. La nazionalizzazione deve essere l'ultima istanza e, comunque, temporanea.

Ci auguriamo una soluzione rapida e speriamo che non sia necessaria la ricapitalizzazione di Carige a carico dello Stato, aspettiamo di vedere il piano di ristrutturazione da parte dei commissari, il prossimo 27 febbraio. Ma parliamoci chiaro: sempre più istituti italiani si stanno sfilando, sempre meno istituti italiani si dichiarano interessati ad acquistare Carige. Dobbiamo, come Stato, incentivare l'aggregazione: per questo motivo, occorre isolare la mole di crediti deteriorati che pesano sulle spalle di Carige, evitando di creare buchi patrimoniali ingestibili. Occorre estendere al più presto le GACS, lo schema di garanzia dello Stato sulle operazioni di cartolarizzazione dei crediti in sofferenza: uno schema che ha contribuito a sostenere il mercato italiano dei crediti deteriorati e a smaltirne il volume, riuscendo a passare in pochi anni da 360 miliardi di euro a poco più di 200 miliardi di euro. È uno schema che funziona, perché non estenderlo, il prima possibile?

Occorre sostenere la Società per la gestione di attività, la SGA, l'intermediario finanziario pubblico specializzato nella gestione e nel recupero dei crediti deteriorati, ma, soprattutto - è questo il mio appello al Governo -, occorre agire in fretta: la politica economica sbagliata di questo Governo sta aggravando l'esistente rallentamento della congiuntura economica internazionale. Questo vuol dire una nuova recessione: se entreremo, speriamo di no, in una nuova recessione, le sofferenze attuali sarà molto più difficile recuperarle, si produrranno molte nuove sofferenze e sarà ancor più difficile tirare fuori Carige dal pantano in cui si trova.

Infine, il problema di questo provvedimento è anche la fonte delle coperture. Questi 1,3 miliardi si attingono dal Fondo per l'ambiente e dal Fondo per le organizzazioni multilaterali: anche qui, una scelta miope del Governo, che non capisce quanto la salvaguardia dell'ambiente e il multilateralismo siano obiettivi di interesse nazionale primario per l'Italia.

Venendo, più in generale, sul sistema bancario, pensiamo a trovare soluzioni pratiche, efficaci, prima fra tutte, la diminuzione dei tempi di recupero dei prestiti incagliati. Occorre agire per ridurre i tempi della giustizia ed estendere l'applicazione del patto marciano: questo è il motivo principale dietro ai pezzi compressi dei debiti incagliati, NPL, non fantomatiche collusioni ed allusioni. È questo il problema: è che la giustizia è troppo lunga, prende troppo tempo. Dobbiamo accelerare i tempi di recupero, lo dico in maniera pragmatica.

La stabilità finanziaria è una condizione necessaria per la tutela del risparmio: è un principio sancito dall'articolo 47 della Costituzione. Ricordiamoci che la stragrande maggioranza dei lavoratori non possiede beni immobili e non può diversificare: la liquidità depositata in banca, spesso, rappresenta l'unica protezione economica a loro disposizione. È quindi giusto tutelare i risparmiatori e che qualunque sottoscrizione di obbligazioni o azioni che siano state acquistate in circostanze ambigue e, comunque, senza una piena comprensione dei rischi associati debba essere rimborsata e l'ente venditore debba essere sanzionato. Neanche è giusto privare i cittadini del diritto di ricorso: da qui, i nostri emendamenti sul FIA, per cui deve rimanere impregiudicato il diritto di fare ricorso per ottenere il rimborso dei risparmi persi.

Per salvaguardare la stabilità finanziaria dobbiamo evitare di fare come nel 2009-2010, quando il Governo italiano si vantava di avere un sistema solido, di non aver bisogno di interventi, e sappiamo bene come è andata a finire. Occorre prepararsi alla prossima crisi e, quindi, completare al più presto l'unione bancaria - l'Unione Europea qui è parte della soluzione, non il problema -, implementando il piano di un fondo europeo per la risoluzione delle crisi bancarie. Solo così potremo recidere il circolo vizioso tra crisi bancarie e crisi del debito sovrano e solo così potremo affrontare le crisi giocando d'anticipo, creando l'equivalente europeo del TARP statunitense, quel fondo statale che, nel 2009, acquistò le sofferenze dalle banche americane, ripulendo i loro bilanci e, nel tempo, portando a plusvalenze, quindi generando un guadagno per i contribuenti di quel Paese.

Ma a voi non importa: in quanto populisti, guardate ovviamente ai fini elettorali di corto termine, non importa nulla delle conseguenze del lungo termine. Questo spiega il vostro attacco contro Bankitalia, di cui non sopportate l'indipendenza e l'autonomia d'azione, e la Consob, la nostra massima Autorità per la vigilanza dei nostri mercati finanziari, che avete ignorato per mesi, mesi nei quali abbiamo avuto la più alta volatilità sui mercati finanziari. Adesso nominate a capo di quell'Autorità un vostro Ministro, in barba a tutte le regole sull'incompatibilità. Non volete un pensiero indipendente o plurale, come avete dimostrato con le vostre proposte di azzeramento dei contributi all'editoria o l'occupazione di tutti gli enti pubblici possibili, fino al presidente dell'Agenzia spaziale italiana.

Ma, soprattutto, il miglior modo per salvaguardare la stabilità finanziaria, quindi, e assicurare la tutela del risparmio è la crescita, è tornare a crescere, invece di fare la caccia alle streghe. La vostra manovra si è rivelata recessiva, come attestano le ultime previsioni, che prevedono per l'Italia un più 0,2 per cento di crescita per il 2019: meno male che il vostro DEF prevedeva un più 1,5. Per la prima volta, dopo anni, in piena controtendenza all'area euro, le banche italiane stanno già restringendo le loro condizioni di erogazione del credito, segnalando un aumento dei loro costi di finanziamento. Guardiamoci intorno: il QE è terminato; a giugno di quest'anno, le banche, le nostre banche dovranno ricominciare a ripagare gli strumenti di liquidità offerti dalla Banca centrale europea, i TLTRO; lo spread è salito, e di questo ne parliamo tutti i giorni.

Con la recessione aumenteranno le sofferenze, interrompendo tre anni di discesa costante dei debiti incagliati. Ci state portando a sbattere. Invece di finanziare pensioni e attuare una politica decrescista ostile agli investimenti, rilanciate le infrastrutture e applicatevi per attuare l'unione bancaria il prima possibile, invece di usare ancora l'Unione europea come capro espiatorio.