Discussione generale
Data: 
Mercoledì, 17 Maggio, 2023
Nome: 
Toni Ricciardi

A.C.1060-A

Presidente, onorevoli colleghe e onorevoli colleghi, Governo, noi ci ritroviamo, caro Presidente, in pochi, come sempre, anzi, in meno del solito, a discutere dell'ennesimo decreto “macedonia”, in questo caso utilizzo questo paragone, perché come al solito ci ritroviamo a discutere di un provvedimento che mette insieme tutto e il contrario di tutto, che passa nella comunicazione come il decreto-legge Bollette e di tutto parla fuorché di interventi sulle bollette. L'elemento ancora più sconvolgente, caro Presidente, è che per l'ennesima volta su un provvedimento del quale non si avvertiva la necessità, non si avvertiva, verrà posta l'ennesima fiducia e, non contenti, ecco l'ennesimo papocchio: tra qualche minuto, tra qualche ora lo stesso provvedimento dovrà ritornare in Commissione, perché nonostante le discussioni, nonostante i confronti, nonostante tutto il lavoro fatto è incompleto e bisogna rimetterci mano.

Ma arriviamo a toccare i singoli punti. Bollette: ascoltavo una delle relatrici poc'anzi dire “il teleriscaldamento, finalmente”. Sì, certo, intervento mirato territorialmente, chissà perché sempre con le stesse coordinate geografiche. Però, in realtà, la verità è un'altra, ce lo dicono le associazioni dei consumatori: le bollette per le famiglie hanno subito e continueranno a subire un rincaro medio di 300 euro. Questo è il dato, la possiamo raccontare come vogliamo in questo luogo, la possiamo raccontare come vogliamo dinanzi alle telecamere e ai giornali, ma, in realtà, poi, quando le bollette arrivano a casa delle famiglie, i costi sono questi.

Allora, la prima domanda, retorica, che mi pongo è: perché non si è pensato di intervenire su chi, nonostante la crisi energetica generata dal contesto geopolitico internazionale, ha prodotto extraprofitti, superprofitti? Perché? Perché non si può fare, perché non si vuole fare, perché, evidentemente, non si possono toccare alcune categorie.

E, ancora, sulle bollette siamo all'ennesimo spot: abbiamo finalmente aperto alle famiglie con quattro figli. Scusate, ma le famiglie di quattro figli, in questo Paese, quante sono? Quante famiglie accedono al beneficio? Facendo il «click day»? Non è che questo Governo ha deciso di concedere una premialità, un incentivo, un aiuto automatici. No, devi fare la domanda. E quante di queste famiglie, poi, concretamente, la faranno? Quindi, come vede, Presidente, siamo sostanzialmente agli annunci. Eppure, avevate un precedente: il Governo Draghi, sullo stesso tema, ha messo quasi 50 miliardi. Allora, capiamoci, se lo volete chiamare decreto Bollette o se lo vogliamo chiamare “decreto spot” o “decreto annunci”.

Arriviamo al secondo punto di questa ricca macedonia, Presidente: dopo le bollette, il fisco. Qui la sintesi è facile: ennesimo condono, cioè continuate a premiare l'infedeltà fiscale. Ho sentito dire poc'anzi da qualche collega che mi ha preceduto: noi finalmente siamo per riattrarre i cervelli, perché i cervelli non li vogliamo solo in fuga, li vogliamo riattrarre e, per questa ragione, abbiamo fatto il credito d'imposta fino a 200.000 euro per le startup. Per fare cosa? Per le attività di ricerca e innovazione. Io vi segnalo che i settori ricerca e studi delle startup non esistono, non ci sono, perché non hanno la capacità per farlo e per la ricerca e l'innovazione, ormai, il grosso delle aziende si rivolge alle università e ai centri di ricerca, dove si fanno queste cose. Quindi, fatemi capire, avranno la possibilità di mettere in carico fino ai 200.000 euro di investimento che faranno verso queste strutture? No, però ci riempiamo la bocca con il fatto che, poi, abbiamo fatto e dato qualcosa per l'occupazione giovanile.

Ma tocchiamo il punto essenziale: enti locali. Vorrei fare una domanda, perché, prima, è stato ricordato come venga dato un miliardo di euro per i comuni in pre-dissesto o in dissesto. Io le pongo una domanda, Presidente, per quel poco che ho letto, perché non ho fatto studi eclatanti come chi prima enunciava questo provvedimento: scusatemi, ma io ero rimasto che la distinzione tra gli enti locali era tra 5.000 e 15.000 abitanti, piccoli comuni fino a 5.000 abitanti e comuni oltre i 15.000 abitanti. Ora si stabilisce il criterio tra i 25.000 e i 35.000. Perché? Non si faceva prima a venire qui e dire: bene, abbiamo l'elenco di queste amministrazioni comunali che sono in dissesto, per le quali immaginiamo, e lo si condivideva. No, perché bisogna fare sempre il lancio spot.

Ma la super innovazione tecnologica di questo provvedimento, mi sia consentito Presidente, è sul fondo sui piccoli comuni, lì si è raggiunta l'apoteosi della scientificità. L'emendamento che tutte le forze politiche hanno firmato in Commissione, ha come titolo “Fondo per evitare lo spopolamento dei piccoli comuni”. E quanto ci mettiamo su questo fondo? Nove milioni, ma 9 milioni non extra, li prendiamo dalla capienza complessiva dei 30, abbiamo pochi soldi e va bene. E a chi lo destiniamo, Presidente, questo fondo? Ai piccoli comuni. Per farci capire, per chi non è provvisto di calcolatrice, quanti sono i piccoli comuni? I piccoli comuni, nella definizione, sono tutti i comuni al di sotto dei 5.000 abitanti. Sa quanti sono, Presidente? Sono 5.534, pari al 70 per cento dei comuni italiani. Significa che abbiamo fatto una misura che concede poco più di 1.600 euro a comune, con cui le segnalo non si paga nemmeno la banda musicale per la festa patronale. Però noi abbiamo fatto un intervento per limare lo spopolamento dei piccoli comuni.

Arriviamo al terzo punto, al terzo ingrediente di questo “decreto macedonia”: sanità. Sulla sanità ho la sensazione che stiamo mettendo toppe per buchi enormi che non riusciremo nemmeno a rassettare e a sistemare. C'è un criterio di fondo, perché, poi, le norme vanno intese nel principio del legislatore e non tanto nel singolo aspetto, cioè il principio di necessità e urgenza. Ma non necessità e urgenza di risolvere il problema, Presidente, necessità e urgenza delle procedure. Ormai ci stiamo avviando - e in questo provvedimento viene detto chiaramente - verso l'ennesimo smantellamento dell'apparato della sanità pubblica a favore dell'esternalizzazione dei servizi, a favore del privato - questo stiamo facendo, non stiamo facendo altro -, e stiamo rinsaldando una logica operativa che nella sanità, ormai, ci pervade da oltre 20 anni. Mi meraviglio, il COVID ci ha dimostrato che un certo sistema ha fallito, ma, evidentemente, bisogna continuare a rimpinguare l'acqua dei soliti pozzi dei soliti noti nelle solite regioni che questa maggioranza di destra governa da sempre. Allora capiamo dove vogliamo intervenire e come vogliamo intervenire.

Eppure, Presidente, in Commissione erano stati presentati degli emendamenti, è stato ricordato già da chi mi ha preceduto. Si è fatto un lavoro di concertazione, di discussione, di convergenza, come è giusto che sia, perché, in questo luogo, il compromesso - è bene ricordarlo - è una parola nobile, è una parola che deve avvicinare le istanze, i portatori di interessi diversi, diversificati e farne sintesi. Ma questo, purtroppo, non è accaduto. Perché? Abbiamo presentato emendamenti su come salvaguardare i plessi sanitari, per capirci, i pronto soccorso delle aree del margine, che vi segnalo sono da Nord a Sud, ovunque, e vivono tutte lo stesso problema, perché, quando hai un pronto soccorso di un piccolo ospedale, non è il pronto soccorso in sé, ma sono i reparti collegati a quel pronto soccorso che consentono di mantenere in vita quel pronto soccorso. Tradotto, se un'azienda sanitaria locale bandisce un concorso e questo va deserto una, due, tre volte o chi viene assunto ci sta per 15 giorni e, poi, se ne va e cambia posto o mobilità nella struttura sanitaria, voi capirete bene che questo è un problema. Avevamo chiesto di utilizzare una procedura che la Repubblica italiana utilizzava in passato ovvero quella del raddoppio ai fini di carriera della presenza nelle strutture del margine e ci è stato detto di “no”, avevamo chiesto un incentivo economico per operatori sanitari e medici e ci è stato detto di “no”, però, poi, veniamo in questa sede e sentiamo parlare di vallate, di aree interne e di marginalità.

Altro punto sulla sanità. Anche rispetto al rapporto tra spesa sanitaria e personale infermieristico, siamo fermi a 5,7 ogni 1.000 abitanti, quasi la metà rispetto agli altri principali Paesi europei, che sfiorano il 10 per cento, come Inghilterra, Germania e Spagna, e anche su questo nulla ora.

Ora, perché, in premessa, Presidente, le ho detto che era un provvedimento che non necessitava della fiducia? Perché questo provvedimento era l'occasione per poter discutere e affrontare dei temi che prima o poi dovremo affrontare in questo Paese. Lo dico a scanso di equivoci. Io rappresento una forza politica che è stata artefice, probabilmente, di un errore storico nel 2001: la regionalizzazione del sistema sanitario ha fallito. È chiaro? Ha fallito! È stato un errore, perché non ha migliorato la condizione del diritto alla sanità da nessuna parte, né nelle regioni che si sono spinte al 30 per cento di sanità privata convenzionata, che abbiamo sventolato come le eccellenze italiane ma che il COVID ha dimostrato che eccellenza non erano, né in quelle regioni periferiche, di gestione antropologicamente errata, come qualcuno potrebbe pensare, dove la regionalizzazione del sistema sanitario non ha fatto nient'altro che incrementare la migrazione sanitaria. Oggi noi avevamo l'occasione di affrontare il tema e di poterlo affrontare propedeuticamente a qualche idea di riforma - che sta balenato da quando è iniziata questa legislatura - che non è l'autonomia differenziata, ma lo “Spacca Italia”. E i dati ce lo dicono, ce lo siamo detti in Commissione. Eppure questo non è accaduto. Ma perché non è accaduto? E mi avvio a chiudere, Presidente. Non è accaduto perché, come diceva Aldo Moro, purtroppo, questo è il tempo che ci è dato vivere, e nel tempo che ti è dato vivere tu agisci politicamente.

Ora, noi abbiamo fatto discussioni nelle Commissioni congiunte: emendamenti di maggioranza, che l'opposizione ha sottoscritto, che sono stati cassati e rispediti al mittente, senza una giustificazione, senza un pezzo di carta di giustifica. Perché? Perché qualcuno nel Governo ha deciso che non si poteva toccare nulla. Allora, care colleghe e cari colleghi, noi dovremmo iniziare a discutere in questa sede se abbia ancora un senso la funzione legislativa, se abbia ancora un senso chiamarci Repubblica parlamentare, se abbia ancora un senso il lavoro nelle Commissioni, se abbia ancora un senso la rappresentanza popolare. Perché, se questo è l'andazzo, se questo è il modo con il quale noi stiamo lavorando, se i colleghi di maggioranza, che dicono cose intelligenti sostenute dall'opposizione, si vedono pedissequamente bocciati emendamenti senza aggravio di costo, allora fateci capire dove vogliamo portare questa nostra Repubblica.

Allora, l'invito è: mettiamo la parola fine a questa modalità, mettiamo la parola fine, perché altrimenti noi stiamo depotenziando e mortificando non l'esercizio della democrazia, ma noi stessi. Io faccio un richiamo all'orgoglio personale e alla dignità personale di ognuna e di ognuno di noi, perché non è possibile discutere in una maniera intelligente e costruttiva. Noi, come opposizione, come tutte le opposizioni, nessuna esclusa, ci siamo comportati in una maniera ragionevole, senza adottare ostruzionismo, senza venire in Aula e fare ostruzionismo. E nonostante questo, la funzione legislativa è utilizzata a mero zerbino, perché questo siamo divenuti. Se rispetto a temi così importanti per le persone, per le famiglie e per i territori, emergenze vere, come la sopravvivenza quotidiana di diritti quali quello alla salute, non troviamo lo spirito d'orgoglio comune della funzione - non del partito, della funzione! - per la quale siamo stati elette ed eletti, allora io non so dove stiamo andando a parare.

Per questa ragione, caro Presidente, suo tramite, mi permetto di fare l'ultimo appello: finiamola con la decretazione d'urgenza, non è nata oggi, lo so, non è nata oggi, saranno vent'anni e più che accade questo. Ma se su un provvedimento come questo, dove molti hanno detto cose intelligenti, dove bastava utilizzare il buonsenso, ciò non accade, allora io non so a quale deriva, a quale approdo e in quale porto porteremo le sorti di questo Paese e di questa legislatura. Per questa ragione, caro Presidente, è ovvio, se in questo provvedimento, alcune misure emendative, noi abbiamo contribuito a scriverle, a fornirle, a condividerle, poi a trovare le convergenze, e tu ci metti la fiducia, va da sé, è lapalissiano, stai dicendo al Paese: bene, abbiamo utilizzato il contributo delle opposizioni, ma i voti vostri non li vogliamo, perché dobbiamo mettere l'ennesima bandierina che non so dove ci porterà.