A.C. 1854-A
Grazie, Presidente. Non ritorno sulla ricostruzione del testo, su cui l'altra relatrice, la collega Calabria, ha già spiegato bene la genesi e le modifiche. Mi limito semplicemente a dire questo: in un dibattito su una riforma costituzionale dovremmo espungere qualsiasi riferimento a vicende politiche contingenti. Non ci interessa in questo momento che il sindaco o il presidente di regione sia questo o quello, che l'altro ieri sia stato questo o quello e che dopodomani sia questo o quello. Chi fa il sindaco o il presidente della regione lo decidono gli elettori. Noi qui facciamo una riforma costituzionale perché chiunque si trovi a governare Roma si trovi in condizioni migliori di quelle in cui si è trovato chiunque prima di lui o di lei, questo è il punto chiave.
Per cui eviterei qualsiasi riferimento contingente. In fin dei conti questo testo ci dice due cose: è possibile, in termini di poteri amministrativi, che la logica del testo unico sugli enti locali sia la stessa per tutti i comuni d'Italia, compresa la capitale? No, evidentemente. I poteri amministrativi devono conformarsi sulla differenza dei comuni, e questo è un comune che ha una sua estrema particolarità, in ultimo anche per le cose che diceva il collega Rampelli, come hanno detto anche gli altri oratori prima. Quindi, tutto quello che può aiutare ad avere poteri amministrativi confezionati appositamente su Roma, che sono cose diverse rispetto a quelle degli altri comuni, bene; poi dopo, ma anche durante, il legislatore ordinario può lavorarci, perché diverse cose si possono già fare anche ad articolo 114 invariato.
Poi, come noi sappiamo, cose più ardite si possono fare anche ai confini dell'articolo 114 attuale se, nel frattempo, si sta varando una riforma costituzionale che amplia ulteriormente queste competenze amministrative. Quindi, direi che c'è una prima scelta di fondo: ampliamo l'autonomia amministrativa, perché male non fa, Roma ha bisogno di una sua specificità; e facciamo in parallelo questo lavoro intanto con una legge, su cui dovremo ritornare nelle prossime settimane e mesi, a Costituzione invariata. Poi l'altra scelta riguarda il fatto che abbiamo visto che c'è un'esigenza di fare leggi, cioè norme generali e astratte anche a Roma, non solo competenze amministrative.
Questo non può portare a spaccare in due una regione, non può portare a frammentare ulteriormente il sistema sanitario nazionale che deve avere quelle caratteristiche unitarie che ha già; per cui, nell'ambito dell'articolo 117, esclusa la possibilità di spaccare in due una regione, esclusi gli interventi sulla sanità, che formano vastissima parte del bilancio, spetta all'autonomia di Roma individuare quali limitate competenze legislative possono avere un senso nella specifica situazione di Roma. Queste sono le due scelte. Se poi dopo su queste due scelte ci saranno dei dettagli nel fascicolo degli emendamenti, lo vedremo laicamente, fermo restando queste due scelte di fondo: più potestà amministrativa e inserire, con alcuni requisiti, su una spinta autonomistica da parte dell'Assemblea di Roma capitale, alcune competenze legislative.
Fermo restando questi due pilastri, se nel fascicolo degli emendamenti troveremo ragionevolmente soluzioni che scrivono meglio queste cose, le valuteremo attentamente e, nel caso, le faremo proprie. Dire questo può essere il migliore viatico per una legislatura che ha di fronte ancora nove mesi, che rappresentano un tempo più che ragionevole per fare ancora qualche limitata riforma costituzionale. Anch'io, come hanno fatto vari oratori, vorrei ricordare il professor Caravita, a cui tanto dobbiamo in questo sforzo di invenzione di un assetto originale, e non volevo dimenticarlo.