Discussione generale
Data: 
Lunedì, 19 Giugno, 2023
Nome: 
Federico Gianassi

A.C. 887-A​ e abbinate

Grazie, signor Presidente. Onorevoli colleghe e colleghi, credo che dobbiamo consegnare al dibattito di quest'Aula verità e chiarezza.

Dall'intervento che mi ha preceduto è sembrato di cogliere che l'iniziativa legislativa, a prima firma dell'onorevole Varchi, fosse indirizzata a prevedere la gestazione per altri come reato nel nostro ordinamento. Non è così, perché la maternità surrogata è vietata dalla legge nazionale dal 2004 e la violazione della normativa nazionale comporta la commissione di un reato. Questo stabilisce la nostra legge nazionale e questo prevede il nostro ordinamento. Vi possono essere opinioni diverse tra chi è favorevole al divieto - e, dunque, in caso di violazione, al riconoscimento di un reato - e chi, invece, ha una sensibilità diversa e vorrebbe una legislazione di apertura, ma oggi, in Italia, la legge stabilisce che la maternità surrogata sia vietata e violarla costituisce un reato.

La proposta di iniziativa legislativa, a prima firma dell'onorevole Varchi, prevede altro, stabilisce di definire che la maternità surrogata sia un crimine internazionale; pretenderebbe di stabilire che il diritto penale dell'ordinamento italiano travalicasse i confini nazionali per andare a trovare attuazione al di fuori dei confini nazionali, all'interno dei confini di altri Stati, laddove, per l'appunto, la scelta del legislatore è stata diversa da quella del legislatore italiano (ad esempio, negli Stati Uniti d'America o in Canada, in cui il legislatore ha scelto di disciplinare la maternità surrogata diversamente da noi). Allora, questo è il tema e cioè se abbia legittimità politica, tecnica, nell'ambito delle relazioni internazionali che l'Italia intrattiene quotidianamente con altri Paesi, pretendere che il nostro diritto penale travalichi i nostri confini e vada a imporsi al di fuori di essi rispetto a scelte che altri legislatori, altri Stati nazionali hanno deciso di disciplinare diversamente.

Che il tema sia delicato lo si comprende leggendo i fondamentali del nostro ordinamento giuridico penale, il quale, non per la maternità surrogata, ma per tutti i casi ha stabilito alcune regole che consentono, in casi eccezionali e limitatissimi, di prevedere l'extraterritorialità del diritto penale. I casi sono specifici e sono sostanzialmente tre: o, come dice l'articolo 9 del nostro codice penale, esiste il principio della doppia incriminazione e cioè il fatto è punito dalla legge nazionale italiana e dalla legge del Paese straniero e allora è ben possibile, come dire, pretendere la punizione del comportamento commesso al di fuori dei confini nazionali, ma evidentemente non è questo il caso, perché, attraverso questa iniziativa legislativa, non si vuole andare a punire un fatto che è punito anche in un altro ordinamento straniero, ma si vuole andare a punire un fatto che è legittimo in un altro ordinamento straniero; oppure, ai sensi dell'articolo 7 del nostro codice penale, è possibile affermare l'extraterritorialità del diritto penale nazionale quando all'estero è commesso un delitto contro la personalità dello Stato, ed evidentemente non è ancora una volta questo il caso; oppure, quando siamo in presenza di crimini internazionali, che hanno tale natura perché sono universalmente riconosciuti come tali nella comunità internazionale, e, ancora una volta, non è questo il caso, perché il paradosso di questa proposta legislativa è che pretende di definire universale un reato che non è ritenuto universale nella comunità internazionale, perché molti altri Paesi hanno deciso di disciplinarlo diversamente dal nostro.

Allora, in questi contesti, una maggioranza che esprime fiducia al Governo, chiede allo stesso, se lo ritiene opportuno, di intraprendere un'iniziativa internazionale, di muoversi nell'ambito degli organismi internazionali per pretendere un riconoscimento della propria posizione, ma non si rifugia in un'iniziativa che presenta i tratti della demagogia, pretendendo di scrivere, in una norma dell'ordinamento nazionale, una regola che si pretende di far valere al di fuori dei confini, in altri Paesi stranieri, perché non funziona così. Vi sono crimini internazionali che hanno una dimensione universale, che universalmente la comunità internazionale riconosce come tali: il genocidio, il terrorismo internazionale, la schiavitù, i crimini sessuali. Pertanto, è possibile, è legittimo esercitare una giurisdizione per l'appunto universale. Ma ancora una volta non è questo il caso, perché, nella comunità internazionale, vi sono posizioni diverse delle quali la maggioranza è ben consapevole. A dire il vero, c'è una norma dell'ordinamento nazionale che consentirebbe, per valutazioni politiche, l'intervento del diritto penale nazionale che si spinge al di fuori dei propri confini ed è l'articolo 9, comma secondo, del nostro codice penale, il quale prevede che l'azione penale possa essere esercitata su richiesta del Ministro della Giustizia. Si chiede un intervento politico del Ministro perché si presuppone che esercitare, al di fuori dei confini nazionali la propria giurisdizione penale comporti necessariamente l'instaurazione di una relazione complessa, difficile con l'altro Stato nazionale. Evidentemente, mi verrebbe da dire, la maggioranza non riponeva tutta questa fiducia nel Ministero della Giustizia, se ha ritenuto che non fosse sufficiente quella previsione e non so quanti siano i casi, in queste settimane, in questi mesi, di attivazione del Ministero della giustizia. Si è scelta, quindi, un'altra strada, che presenta profili di incompatibilità, che renderà difficilissimo l'esercizio dell'azione penale, perché la raccolta delle prove all'estero sarà impossibile in quanto mina le relazioni con quei Paesi che hanno una disciplina diversa e creerà difficoltà nelle relazioni internazionali.

C'è un punto ulteriore di critica che noi muoviamo e non sono sufficienti le argomentazioni espresse dall'onorevole Varchi: è la dimenticata tutela dei bambini. Abbiamo provato con azioni emendative, anche su sollecitazione di sindaci italiani di orientamento politico culturale diverso, anche su questo tema, a dire che, nel bilanciamento tra interessi difficili, debba prevalere l'interesse del minore. Qualunque sia l'origine del rapporto genitoriale, se esiste quel rapporto genitoriale, il bambino merita di essere tutelato e non discriminato, perché certamente non porta alcuna colpa. Anche questi emendamenti sono stati rigettati ed è anche per questo motivo che esprimiamo le nostre critiche e le nostre riserve verso un'azione della maggioranza che è ideologica e divisiva e determina solo conseguenze negative.