Discussione generale
Data: 
Lunedì, 28 Marzo, 2022
Nome: 
Filippo Sensi

A.C. 2238-A

Grazie, Presidente. Colleghe e colleghi, non me ne vorrà se, un po' per mia personale resistenza su questi temi architettonici, un po' per evitare il millantato credito e la mitomania, che per un parlamentare sono sempre in agguato, mi appoggerò ad alcune considerazioni provvistemi dall'onorevole Ceccanti, la cui preclara dottrina supplirà con generosità alle mie lacune.

Se non ho male inteso, la cosiddetta “riforma Fornaro”, eroe eponimo di questa proposta di legge, prende le mosse dalla sciagurata - questo ce lo metto io, che pure l'ho votata; e che Dio sempre mi perdoni - riduzione del numero dei parlamentari. Il Senato, eletto su base regionale in presenza di un numero minimo di senatori, che si è considerevolmente ridotto in alcune regioni, sconta eufemisticamente alcuni problemi di pluralismo della rappresentanza. Di per sé questa modifica, che la sostituisce con una base circoscrizionale - lo ha ricordato benissimo il relatore -, non impone nulla, anzi concede margini superiori al legislatore ordinario che possa e voglia porsi questo problema. Essa tuttavia, Presidente, richiama anche una seria questione di sistema: finché entrambe le Camere separatamente danno - questo è quello che penso - la fiducia al Governo è nostro dovere e nostro compito favorire la formazione di maggioranze quanto più omogenee possibile in entrambe le Assemblee. Così si fece già nel 1963 - sentite il Ceccanti che scorre impetuoso dentro di me -, quando la durata temporale delle Assemblee fu allineata a cinque anni anche per il Senato, che in origine ne durava sei. Parimenti, su sollecitazione degli organi di garanzia, la “legge Rosato” fu voluta identica in entrambe le Camere e così in questa legislatura abbiamo allineato gli elettorati attivi a diciott'anni. Credo sia nell'interesse di tutti, Presidente: dà un effetto di stabilizzazione, richiamato, avere la certezza di esiti elettorali conformi nelle due Camere evitando asimmetrie e distorsioni, tanto più che non mi pare alle viste, dopo l'occasione sprecata per il referendum del 2016, un superamento del bicameralismo paritario.

Poi si parlerà, se del caso, di riforma elettorale, la quale, ove mai questo Parlamento fosse in grado di proporla ed approvarla entro i limiti di questa accidentata legislatura, potrebbe fondarsi su un terreno più solido proprio in virtù di miniriforme e aggiustamenti, insomma della sintonia fine di provvedimenti come quello che stiamo discutendo oggi in quest'Aula. Questo piccolo ragionevole cambiamento di buonsenso, Presidente, consentirebbe un passetto avanti nella direzione di una maggiore chiarezza e leggibilità del quadro istituzionale e di coerenza del disegno riformatore. “Non sprechiamola questa occasione, convinciamocene insieme”, mi sprona a concludere, con la sua phronesis, l'onorevole Ceccanti che mi abita. A me, Presidente, a questo punto non resta altro che scusarmi per la brevità di queste considerazioni e di ringraziare lei e i colleghi per la pazienza concessami.