A.C. 1511
Grazie Presidente, io la informo subito del fatto che utilizzerò non tutto il tempo a mia disposizione, non tutti i 30 minuti, però credo che ci siano delle cose che vadano dette intanto in premessa, alla luce della discussione che si è sviluppata fino a questo momento, innanzitutto sul piano del metodo, perché è vero, è un dato di fatto ed è oggettivo, che il metodo di costruzione di queste riforme costituzionali è dissimile dal metodo utilizzato nelle scorse legislature. risponde, però, io credo, questo metodo, oltre che a un principio di necessità, a un dato di fatto, di cui tutti faremmo bene a tenere conto, che abbiamo troppo spesso dimenticato e che è invece probabilmente la più rilevante novità con cui questo Parlamento è chiamato a confrontarsi. Gli italiani hanno archiviato alle ultime elezioni politiche definitivamente le coalizioni, tanto è vero che nessuna delle coalizioni che si è presentata al voto ha potuto disporre di una maggioranza assoluta. Questo obbliga il Parlamento, in materia costituzionale, a procedere anziché su disegno organico, pur scollegato diciamo dal tema della maggioranza di Governo, ma anziché a disegno organico, a cercare di volta in volta il massimo consenso parlamentare su singole riforme, non in contraddizione con lo spirito complessivo della Carta e quindi con un approccio diciamo necessariamente minimalistico e necessariamente minimalista, diversamente da come si è fatto in passato, quando, negli ultimi trent'anni, più di una volta, Commissioni bicamerali ad hoc o il Parlamento con diciamo la regia del Governo, hanno proceduto a tentativi di riforma organica della nostra Carta costituzionale. Può non piacere questo principio, ma è come la forza di gravità, c'è, può dare fastidio, non voliamo, ma è un principio a cui è corretto rispondere, se si interpreta bene, in conseguenza di una giusta interpretazione di quello che è avvenuto nel corso delle ultime tornate elettorali, nemmeno l'ultima, è un processo che è iniziato almeno nel 2013. La seconda premessa che vorrei fare è di carattere storico. Sarò breve, però mi sembra un punto cruciale. Quando l'Assemblea costituente ha chiuso i propri lavori, li ha chiusi trovando sul Senato, sulla forma del Senato e la sua composizione, un compromesso tra due tendenze che erano presenti all'interno dell'Assemblea costituente: una nettamente in favore del monocameralismo e un'altra nettamente in favore di un bicameralismo molto diversificato, nel quale, a seconda come dire delle tendenze culturali, il Senato doveva essere il luogo nel quale rappresentare i territori o le categorie e gli interessi economici, le categorie professionali e gli interessi economici. Questa profonda divaricazione, mai del tutto ricomposta, ha portato alla individuazione di una soluzione di compromesso nella costituzione di un Senato che ha e ha avuto le stesse funzioni della Camera dei deputati, pur in presenza di criteri di composizione diversi.
I due problemi che questa scelta dei padri costituenti ha lasciato aperti sono appunto quello di intervenire o sulle funzioni o sulla composizione del Senato per risolvere un nodo che è rimasto aperto e che la Costituzione ci ha consegnato come un problema aperto, ne è traccia il fatto che la giustificazione a quella scelta fu una giustificazione minimalista, cioè i padri costituenti giustificarono quella scelta di composizione del Senato invocando una diciamo necessità di riponderazione delle leggi e di ponderazione più approfondita delle leggi approvate dalla Camera dei deputati, quindi sostanzialmente individuando proprio nel freno che il Senato rappresentava la sua funzione, cioè quella di bilanciare la Camera e costringere ad una maggiore ponderazione dei testi legislativi. Resta aperto il problema: o intervenire sulla funzione o intervenire sulla composizione. Come è noto, nel corso soprattutto degli ultimi trent'anni della storia repubblicana, il legislatore si è concentrato sul tema della funzione, provando a risolvere il problema partendo da lì. Da questo approccio, una serie di proposte di riforma del Senato, funzionale a un nuovo assetto della Repubblica di carattere maggiormente federale rispetto a quando fu scritta la nostra Carta costituzionale, che non hanno trovato successo. Un approccio realistico, seppur minimalista, vuole che a questo punto la soluzione del problema venga trovata almeno nella composizione di questa seconda Camera, ragione per cui questo provvedimento, al netto - poi ci tornerò brevemente - della discussione sul taglio dei parlamentari e del referendum, che pure gli italiani hanno chiuso poche settimane poche settimane fa, al netto di questo elemento, si può affermare molto serenamente che oggi un intervento sull'elettorato attivo al Senato non solo è coerente con questo obiettivo. ma è anche diciamo non in contraddizione con lo spirito della Carta costituzionale, essendo un tentativo di rispondere a un problema che, per l'appunto, per il lunghissimo tempo della nostra storia repubblicana è rimasto aperto, tanto è vero che, come richiamava prima il collega Ceccanti, addirittura nella prima versione della nostra Carta costituzionale, il Senato aveva una durata diversa da quella della Camera e fu un problema a cui si avviò per via politica, sciogliendo il Senato contemporaneamente alla Camera, prima di provvedere a una riforma che rendesse la durata delle due Camere omogenea.
È del tutto evidente che questa riforma, seppur incompleta dell'elettorato, perché non affronta il tema dell'elettorato passivo, che pure sarebbe in coerenza diciamo meritevole di trovare una soluzione, perché viceversa è un processo non contraddittorio, ma probabilmente incompleto, la necessità di trovare momenti nei quali queste due Camere, con stessa funzione e a questo punto criterio di composizione molto simile, affrontano il voto insieme, vuoi sulle leggi di bilancio, vuoi sulla fiducia al Governo e quindi sulla formazione delle maggioranze politiche, è un tema che io credo sia giusto porre in coerenza con l'approccio che sin qui abbiamo tenuto.
Altrimenti si renderebbe, come dire, incompleta, insufficiente la riforma che stiamo qui discutendo.
Arrivo a un punto cruciale e, poi, mi avvio a concludere; io non sottovaluterei il fatto che noi con questa riforma, seppur minimale, ma il minimalismo, pur di necessità, ha i suoi pregi, mandiamo un messaggio ed estendiamo un diritto a una parte della popolazione giovanile italiana che - per l'appunto, io come l'onorevole Baldelli che mi ha preceduto ho votato “no” al referendum sul taglio dei parlamentari - ha affermato, ce lo dicono solo i cosiddetti flussi, quindi, non abbiamo elementi comprovati, e ha manifestato un'attenzione, una cura, un interesse verso il nostro Parlamento e che ha chiaramente detto di volersi sentire rappresentata. Ora, io credo che questa riforma offra non solo la possibilità di inviare a queste ragazze e a questi ragazzi un messaggio, ma anche di risolvere un problema che era aperto e che riguardava il fatto che c'erano italiani che votavano due volte e c'erano italiani che votavano una volta sola, cioè il fatto che la nostra Carta costituzionale, per come è fatta, attribuiva un diverso valore al voto politico, perché di questo si è trattato nel corso della storia repubblicana, a seconda della fascia di età. Mandare un messaggio a queste ragazze e a questi ragazzi, offrirgli la possibilità di partecipare appieno alla scelta politica principale che noi facciamo, cioè alle elezioni politiche, con la possibilità di scegliere anche di votare per la composizione del Senato, io credo che sia un fatto, oggettivamente, pregevole e, oggettivamente, di rafforzamento non solo della qualità della nostra democrazia, ma anche della nostra democrazia in sé, perché crea un legame nuovo tra queste generazioni e le istituzioni repubblicane.
Concludo con una sola riflessione e, poi, passo la parola. È vero - e concludo da dove ho iniziato - che questo Parlamento sta scegliendo e ha scelto una strada che chiamerei dei piccoli passi, gradualista, alle riforme costituzionali, è anche vero, però, che questa strada, probabilmente, pur in assenza della solennità del cosiddetto spirito costituente che, però, temo che nella storia repubblicana si sia palesato, non a caso, solo alla Costituente, pur in assenza della pienezza di questo spirito, può consentire, anzi, proprio perché sarebbe illusorio non notare l'assenza di questo spirito e velleitario non farci i conti, di trovare su singole riforme di buonsenso e di consolidamento delle istituzioni repubblicane un consenso che va e che vada oltre il perimetro delle forze di maggioranza e di rendere effettivo quel principio per il quale il Parlamento ha sempre rivendicato un'autonomia su materia elettorale e su materia di riforme costituzionali dagli schemi stretti delle maggioranze politiche. Io credo che il lato positivo di questo approccio possa essere quello di provare a inverare questo spirito nel lavoro, graduale, non organico, ma sensato, che possiamo fare all'interno di quest'Aula in questa legislatura.